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Autore: Europa91    19/10/2023    1 recensioni
Odasaku è morto e Dazai non riesce ad accettarlo.
“Mettersi a piangere e urlare non avrebbe risolto nulla, anche se l’avrebbe aiutato a sfogarsi. Tornò con la mente al libro di Mori, quello sull’esistenza di realtà alternative e fu colto da un’illuminazione: se fosse esistito anche solo un mondo, un universo in cui Oda era ancora vivo, lo avrebbe trovato. Non importava come, lui avrebbe riportato Odasaku indietro. Se c’era anche solo una minima possibilità di salvarlo l’avrebbe trovata.“
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Sakunosuke Oda
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'People Exist To Save Themselves'
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Tornare nella propria realtà fu una sensazione liberatoria per Dazai anche se le parole di Verlaine e soprattutto le immagini dell’ennesima morte di Odasaku continuavano ad essere impresse nella sua mente. L’ex dirigente si sentiva ad un passo dall’impazzire, non faceva in tempo ad incontrare Oda che per un motivo o per l’altro si ritrovava a stringere il suo cadavere. Era assurdo, come vivere un lungo incubo senza fine.

Quando Dazai riaprì gli occhi non fu sorpreso di trovare Ango al proprio fianco. Era nell’appartamento che l’amico aveva messo a sua disposizione anche se gli sembrava trascorsa un’eternità dall’ultima volta che vi aveva riposato o anche solo trascorso qualche ora.

«Quanto tempo è passato dalla morte di Odasaku?» fu la prima cosa che domandò, scostando le coperte quel tanto che bastava per potersi mettere seduto. Ango rimase per una manciata di secondi ad osservare il profilo dell’ex mafioso, cercando di fare il possibile per nascondere sia la propria preoccupazione che il disagio provocato nell’udire quella domanda. Anche per l’impiegato governativo la perdita di Oda restava un tasto dolente. Stava facendo del proprio meglio per aiutare Dazai anche se si rendeva perfettamente conto di quanto la situazione gli fosse pian piano sfuggita di mano. Sakaguchi Ango desiderava fare ammenda per i propri errori ma non aveva messo in conto i sentimenti di Dazai o la forza di quel legame che lo univa al tuttofare. Il Demone Prodigio si era trasformato in una mina vagante, completamente in balia delle proprie emozioni.

Quante volte era finito con l’assistere alla morte di Oda? Eppure non sembrava intenzionato ad arrendersi. Per un solo istante Ango ammirò quella determinazione, ma poi come sempre il proprio lato razionale finì con il prendere il sopravvento.

«Quasi due settimane. Sono trascorsi dodici giorni» si limitò ad informarlo sistemandosi meglio gli occhiali sul naso. Dazai si fece pensieroso. Dal suo punto di vista era passato molto di più.

Si sforzò di sorridere, prima di iniziare a stiracchiarsi come un felino.

«L’ho perso di nuovo» di fronte a quell’ammissione Ango non rispose. Quando l’ex dirigente era comparso davanti ai suoi occhi e a quelli di Murray, era bianco come un cadavere. Gli era svenuto tra le braccia dopo aver compiuto un paio di passi. Solo il fatto che Dazai fosse tornato implicava di per sé un fallimento.

«Cosa hai intenzione di fare?» si azzardò a domandare l’impiegato, anche se una parte di lui temeva di conoscere già la risposta,

«Ancora un tentativo»

«Dazai-kun»

«Non preoccuparti. Sarà l’ultima volta. So bene che non posso continuare in eterno su questa strada ma soprattutto so che Odasaku non lo avrebbe voluto»

«Posso sapere cosa è successo?» Dazai gli regalò un sorriso stanco, malinconico eppure per certi versi ad Ango quell’espressione sembrò fin troppo familiare, era il giovane dirigente quello che si trovava davanti ai suoi occhi, quel Demone Oscuro la cui sola presenza bastava per annichilire i conflitti.

«Da dove posso iniziare» esordì incrociando le braccia al petto, riprendendo il solito piglio allegro,

«Oh giusto in questa realtà mi sono ritrovato nel futuro» concluse divertito,

«Futuro?» Ango alzò un sopracciglio perplesso chiedendosi se fosse una metafora o una presa in giro,

«Esatto, l’Abilità di Murray mi ha portato di ben quattro anni nel futuro…»

Ango ascoltò in silenzio. Ogni parola uscita dalle labbra di Dazai sembrava assurda, anche se verosimile. Nel corso della propria vita l’impiegato aveva assistito a fin troppi avvenimenti privi di senso o logica. La decisione di Mori di sacrificare Oda era solo l’esempio più recente. Per Sakaguchi Ango il mondo non era mai stato bianco o nero ma composto da innumerevoli scale di grigio. Era stato questo pensiero a spingerlo ad aiutare Dazai, insieme ovviamente al proprio senso di colpa. Prese un lungo respiro, l’ennesimo di quella giornata,

«Quindi, secondo la tua ipotesi è il destino di Oda ad essere segnato?» Dazai scosse il capo,

«Sarebbe molto più semplice se si trattasse solo di quello. Penso che Next Dimension in qualche modo riesca a riconoscere il preciso istante in cui la vita di Odasaku è in pericolo. Non si limita a mandarmi in un’altra realtà, c’è una logica consequenziale, come uno schema dietro ad ogni viaggio»

«Quindi il potere di Murray è molto più pericoloso di quanto sembri» Dazai fece un cenno di assenso prendendo a fissare un punto imprecisato al di fuori della finestra. Giorno, notte, ormai aveva perso completamente la cognizione del tempo. Era esausto ma non si sentiva ancora pronto a gettare la spugna. La sua mente era in cerca di risposte. Comprendere quell’Abilità forse lo avrebbe aiutato in quella personale battaglia. Si passò una mano sul volto scostandosi alcune ciocche, portandosele elegantemente dietro ad un orecchio.

«Queste sono solo mere supposizioni, tutto trae origine dal mio desiderio di salvare Odasaku quindi quest’analisi potrebbe non risultare obiettiva. Ciò non toglie che Murray-kun possieda una capacità notevole»

«Ma se fosse vero e se Leinster Murray imparasse a controllare la propria Abilità…»

«Lascio volentieri l’onere di questi problemi alla Divisione e al governo giapponese» concluse l’ex mafioso con un sorriso divertito a dipingergli il volto.

«In merito a questo Dazai-kun…»

«Non mi unirò alla Divisione» lo anticipò e Ango si abbandonò all’ennesimo sospiro rassegnato.

«Non era ciò che intendevo»

«So che stai tentando di cancellare il mio passato» non era una domanda. Dazai come sempre aveva previsto ogni sua mossa. Solo la morte di Odasaku sembrava essere stata in grado di sorprendere il più giovane dirigente nella storia della Port Mafia.

«É il minimo che io possa fare» si sentì in dovere di specificare l’impiegato.

«Quanti favori hai chiesto? Non sei il tipo che si sporca le mani»

«Non preoccuparti, è il solo modo che conosco per espiare questa colpa» Dazai abbassò il capo, accettando quella spiegazione.

«Sai, c’erano dei dettagli che in ogni realtà nonostante tutto rimanevano immutati» iniziò con il raccontare «Io sono una creatura destinata a vivere nell’oscurità, non importa cosa faccia o come, finirò sempre con il ferire le persone. Però ho promesso a Odasaku che sarei migliorato» confessò abbozzando un sorriso cercando di scacciare il ricordo di quella scena dalla propria mente.

«Sono certo che tu stia facendo del tuo meglio» e Ango lo pensava davvero

«A volte fare il proprio meglio non è sufficiente»

«Perché continui a farti del male?»

«Hai forse dimenticato che sono un aspirante suicida?»

«Ero serio Dazai-kun, penso che tu abbia fatto più che abbastanza»

«Un’ultima occasione. Ho bisogno di sapere di aver fatto tutto il possibile per salvarlo»

«Sono solo preoccupato per te» Dazai abbassò il capo, leggermente sorpreso da quelle parole

«Quando si possiede uno specchio già rotto, non ha molta importanza se si frantuma in altri pezzi, giusto?»

«Se i suoi cocci continuano a sbriciolarsi però lo specchio finisce con il scomparire» l’ex dirigente finalmente tornò a guardarlo negli occhi. Ango deglutì. Il Dazai che aveva davanti agli occhi sembrava l’ombra di se stesso, le sue iridi erano nere e vuote. Dopo quella che parve un’eternità riprese a parlare,

«Ango. Hai già fatto abbastanza. Portami un pc così ti scriverò l’ennesimo rapporto»

«Non mi serve un rapporto ma la certezza che starai bene» non capitava spesso che Sakaguchi Ango arrivasse a perdere la pazienza. Quando l’impiegato governativo raggiungeva livelli di stress elevati semplicemente esplodeva. Dazai sapeva riconoscere tutti i segnali che precedevano un tale avvenimento, così come era in grado di prevedere le sfuriate di Chuuya. Il rimando al proprio partner fu inevitabile quanto doloroso ma non riuscì ad evitarlo.

«Un ultimo tentativo Ango, in fondo me lo devi» non voleva giocare quella carta ma l’impiegato non gli aveva lasciato molta scelta. Far leva sul suo senso di colpa era la strategia migliore. Contrariamente a lui Sakaguchi Ango era una brava persona.

«Starò bene» aggiunse dopo qualche minuto, anche se dall’espressione comparsa sul suo volto non sembrava crederci nemmeno lui.

«Cerca di riposare» come sempre Ango aveva finito con l’arrendersi di fronte alle richieste di Dazai. L’impiegato non avrebbe mai pensato che quella storia potesse andare tanto per le lunghe. Forse perché non aveva mai creduto per davvero alla possibilità di riportare indietro Odasaku. Aveva semplicemente sperato di espiare le proprie colpe, aiutando Dazai a superare quel lutto.

Ango avrebbe vissuto il resto della propria esistenza consumato dal rimorso per quanto successo, il minimo che poteva fare in quel momento era salvare Dazai da se stesso. Era una sua responsabilità. Avrebbe continuato ad agire nel proprio interesse sperando nel frattempo di arrivare a guadagnarsi il suo perdono.

Il primo errore di Ango era stato quello di non aver compreso i sentimenti di Dazai così come non era riuscito a leggere oltre i comportamenti di Oda. La spia governativa aveva sempre agito nell’interesse della propria missione, cercando di non tradirsi di fronte alle uniche due persone che era arrivato a considerare come amici.

«In fondo tu non hai mai creduto che l’Abilità di Murray potesse aiutarmi» Ango si era aspettato una risposta simile. Prese un lungo respiro prima di decidersi ad afferrare la maniglia della porta davanti a lui,

«Sappiamo entrambi che non ti è mai importato nulla della mia opinione» il sorriso che mai aveva abbandonato il volto di Dazai si allargò

«Quando vuoi sai essere un vero stronzo Sakaguchi Ango»

«Mi dispiace. Vorrei ricordarti che Oda era anche un mio amico» aggiunse prima di lasciare la stanza.

Dazai si passò una mano sul volto. Come poteva dimenticarlo. Non appena chiudeva gli occhi le immagini di quelle serate trascorse insieme al Lupin gli tornavano alla mente. Quel legame che loro tre avevano condiviso, quel qualcosa impossibile da definire a parole ma che li aveva avvicinati. Ango e Odasaku erano stati i suoi primi amici.

Non scordarti di Chuuya.

La voce della propria coscienza stava iniziando a diventare fastidiosa. Non avrebbe potuto dimenticare quella Lumaca nemmeno volendo. Non dopo essere tornato da una realtà dove quel microbo era morto.

Durante la conversazione avvenuta con Ango, Dazai aveva fatto il possibile per non pensarci. Aveva preferito concentrarsi sull'idea di futuro e sulle implicazioni che avrebbe potuto avere questa scoperta sull’Abilità di Murray.

L’ultima realtà che aveva visitato lo aveva lasciato con più dubbi che certezze. Erano troppe le cose che non tornavano, esattamente come le sibilline dichiarazioni ottenute da Verlaine.

Interrogare la spia francese era fuori discussione, non sarebbe tornato alla Port Mafia. Tuttavia quelle parole continuavano ad agitarsi nella sua mente. Di norma Dazai non vi avrebbe dato troppo peso, ma questa volta era diverso. Era come se Verlaine stesse parlando per esperienza, come se avesse vissuto sulla propria pelle qualcosa di simile.

Quel mostro era fin troppo umano, così come lo era Chuuya.

In quella storia il solo Demone era Dazai. Era lui che aveva iniziato una personale battaglia contro il fato perché incapace di affrontare il dolore per la perdita della persona amata. Ed era sempre lui che continuava a perdere ogni match di quella partita.

Se Verlaine si era arreso, lui non poteva permettersi di farlo.

Aveva bisogno solo di un ultimo tentativo ma soprattutto di ottenere delle risposte.


 

***


 

Così aveva ceduto alla propria curiosità ed era riuscito ad organizzare un incontro con Verlaine. L’ex Re degli Assassini godeva di una certa libertà all’interno della Port Mafia, essendo da poco stato promosso al grado di dirigente. L’ex spia francese aveva scelto di propria sponte di unirsi all’Organizzazione giapponese, così come aveva accettato di incontrare Dazai in piena notte, in una vecchia discarica abbandonata nei pressi del distretto di Suribachi.

«Che familiare sensazione di déjà-vu» esordì il più giovane non appena riconobbe la figura del biondo avvicinarsi all’edificio fatiscente che aveva scelto come rifugio.

«Non ho tempo da perdere ragazzino, parla» il francese non era cambiato dal loro ultimo incontro, anche in realtà differenti Paul Verlaine manteneva sempre la propria compostezza e un certo allure di mistero. Oltre che vantare una somiglianza impressionante con un ragazzino dai capelli rossi a cui Dazai si stava sforzando di non pensare.

Chuuya apparteneva al passato, a quella vita che aveva abbandonato.

«Mi scuso per il poco preavviso così come per il luogo scelto per il nostro rendez-vous. Sono felice che tu abbia accettato il mio invito» l’espressione sul viso del biondo non mutò. Dazai aveva dovuto fare ricorso ai propri trucchi migliori per convincere l’assassino ad abbandonare il proprio covo. Verlaine non si era recato lì di sua volontà ma perché obbligato dalle parole di quel giovane Demone.

«É vero ciò che si dice? Hai abbandonato la Port Mafia?» domandò con una punta di malcelata curiosità. Il moro gli sorrise, facendo un paio di passi in avanti e uscendo dalla penombra nella quale si era rifugiato.

«Perché credi che ti abbia dato appuntamento in una discarica? Se avessi potuto sarei venuto a trovarti nei sotterranei, a proposito come prosegue l’addestramento della mia piccola Gin? Ha del talento non credi?»

«Dazai» il francese stava iniziando ad innervosirsi. Anche in questo era simile a Chuuya, entrambi non possedevano molta pazienza.

«Si. Ho lasciato la Port Mafia» si trovò ad ammettere con un’alzata di spalle, come se non stessero discutendo di un possibile tradimento,

«Perché?» di fronte all’ennesima domanda, l’espressione sul volto del più giovane mutò, trasformandosi in una maschera più seria, matura.

«Ho perso una persona» sussurrò con un filo di voce ma abbastanza forte da essere udito dall’assassino

«Nel nostro ambiente sono cose che succedono»

«Hai pensato lo stesso quando hai saputo della morte Randou o forse dovrei chiamarlo Rimbaud?» Verlaine strinse i pugni mentre Dazai tornò ad esibirsi nel solito ghigno divertito.

Aveva ottenuto quello che voleva, una reazione da parte dell’essere artificiale. Il biondo era così facile da provocare e manipolare, esattamente come Chuuya. Paragonarli gli veniva naturale.

«Dimmi cosa vuoi e non girarci troppo intorno» gli intimò.

«Cosa sai delle ucronie e delle realtà alternative?» la sorpresa sul volto del francese non durò che un istante.

«So solo che non si può cambiare il passato e che ognuno di noi deve imparare a convivere con il peso delle proprie decisioni» Dazai non si sorprese per quella risposta veloce e concisa. Aveva ricevuto una prima conferma sulla propria ipotesi. Anche Paul Verlaine aveva provato quell’esperienza.

«Ne hai mai parlato con Chuuya?»

«Cosa vuoi sapere Dazai?»

«Quante volte hai assistito alla morte Randou?»

Il francese fece un paio di passi in avanti, appoggiandosi elegantemente ad una parete e incrociando le braccia al petto;

«Per caso abbiamo già avuto questa conversazione?» gli domandò divertito,

«No, ma il tuo comportamento ha appena confermato la mia ipotesi. Anche tu hai cercato di modificare il passato» il biondo scosse la testa,

«Non è come credi. Volevo semplicemente rivedere Rimbaud, parlargli. Non potevo accettare la morte del mio partner o almeno non le circostanze nelle quali era avvenuta» Dazai annuì invitandolo a continuare. Forse nel racconto dell’ex agente segreto avrebbe trovato qualche dettaglio utile alla propria causa.

Verlaine lo mise al corrente di quella storia, dei fatti che avevano preceduto il loro primo incontro e il suo arrivo in Giappone. L’ex dirigente si limitò ad ascoltare in silenzio, pesando ogni informazione con cura. Quando il biondo terminò il racconto si accese una sigaretta e Dazai per l’ennesima volta rimase stupito dalla somiglianza tra quell’essere artificiale e il proprio partner. Deglutì senza volerlo, cercando di non pensare al rosso. Il ricordo di quella lapide recante il suo nome era fin troppo vivido nella propria memoria. Così come la consapevolezza di non averlo potuto salvare. Di essere arrivato per l’ennesima volta troppo tardi.

«Chuuya non sa nulla di questa storia, vero?» si azzardò a domandare dopo qualche minuto, cercando di scacciare dalla propria mente le immagini di quel futuro visto attraverso l’Abilità di Murray.

«Come potrei dirglielo?» i loro occhi si incrociarono e per una volta Dazai provò pietà per quel bellissimo mostro. Erano più simili di quanto avesse immaginato.

«Prima o poi questo passato tornerà a bussare alla tua porta e Chuuya finirà con l’esserne coinvolto» si limitò a fargli notare. Verlaine sbuffò,

«Quando la tempesta arriverà sarò pronto a riceverla» Dazai accennò ad un sorriso, la determinazione che leggeva in quello sguardo gli era fin troppo familiare.

«Non siamo mai andati molto d’accordo Paul, tuttavia permettimi di darti un consiglio, è meglio che quel nanetto scopra la verità da te piuttosto che da qualche Poètes di passaggio»

«Hai ragione, non mi sei mai piaciuto Dazai. Ai miei occhi non sei altro che un insetto fastidioso, un ostacolo che mi ha impedito di raggiungere diversi obiettivi. Il mio passato e le mie scelte non ti devono riguardare» l’ex dirigente incassò il colpo. Verlaine non aveva tutti i torti. Normalmente non gli sarebbe importato ma Chuuya era il suo partner. Un cagnolino fedele che per anni si era divertito a manovrare.

Non è solo questo e lo sai. Per quanto ancora intendi scappare Dazai?

Preferì ignorare la voce della propria coscienza, tornando a concentrarsi sul Re degli Assassini a pochi metri da lui.

«Mi aspettavo una risposta simile. Sei testardo come quella Lumaca»

«Lumaca?» Di fronte all’espressione confusa del biondo, Dazai trattenne a stento una risata,

«Un soprannome che ho dato a Chuuya e ora che ci penso trovo sia molto azzeccato, in Francia non le mangiate quelle cose?» Verlaine non si scompose,

«Non hai intenzione di chiedere altro?» si limitò a domandare preferendo ignorare la battuta precedente

«Intendo fare un ultimo tentativo per riprendermi Odasaku. Non posso credere che non esista una qualche realtà in cui possa sopravvivere» il francese alzò un sopracciglio,

«A quale scopo? Sai già che fallirai»

«Probabile, ma anche tu sapevi fin dal principio che nulla avrebbe mai potuto farti riavere Rimbaud, eppure sei arrivato a far evadere un prigioniero da Meursault oltre che inimicarti mezzo continente europeo» Verlaine arricciò il naso con la solita aria di superiorità che per un istante gli ricordò quella di Rimbaud. Non aveva mai pensato a quanto pure loro potessero essere simili.

«Mi restava comunque Chuuya» Dazai comprese il messaggio racchiuso in quelle poche parole.

Aveva perso Odasaku ma il proprio partner era vivo.

Chuuya non lo avrebbe abbandonato. Era un cane fedele. Era il moro a non volerlo al proprio fianco. Sicuramente Verlaine doveva aver frainteso il legame che condivideva con quella Lumaca.

«Forse non hai capito»

«Invece temo di sì. Hai una mente brillante Dazai, la prova sta nel fatto che mi hai sconfitto, però sotto molti aspetti rimani ancora un ragazzino»

«Che vorresti dire?» Verlaine gli regalò un’occhiata di biasimo,

«Puoi ingannare chiunque ma non te stesso»

«Parli ancora per esperienza?»

«Può darsi, anche se in fondo io non sono altro che un’anima artificiale, non posso comprendere quali sentimenti si agitino nell’animo umano» fu il turno di Dazai di sorridere

«Randou ha mai creduto a questa scusa?» il francese scosse la testa perdendosi in ricordi di stagioni lontane,

«Era una delle cose che maggiormente odiava» ammise con nostalgia.

Dazai preferì non replicare. Paul Verlaine aveva perso ogni cosa, tranne la propria vita che aveva messo a disposizione della Mafia. Forse era solo una scusa per espiare le proprie colpe o semplicemente un modo per restare accanto a Chuuya.

«Ti ringrazio per avermi raccontato della tua storia» concluse avviandosi verso l’uscita di quel capannone. Aveva ricevuto molte più informazioni di quante si sarebbe aspettato. Verlaine tornò a prestargli tutta la propria attenzione.

«Non ne avevo mai fatto parola con nessuno» gli confidò, spegnendo la sigaretta che reggeva ancora tra le mani.

«Sono certo che Chuuya ti perdonerà. Ha solo bisogno di tempo. Per un pò sarà arrabbiato con il sottoscritto, dovresti sfruttare l’occasione che ti sto offrendo e parlargli»

«Dazai?»

«Si?»

«Non si può cambiare il passato ma solo accettarlo»

«Probabilmente hai ragione. Io però non posseggo la tua forza. Se non fosse stato per una promessa mi sarei già tolto la vita» la facilità con cui pronunciò quelle parole sorprese l’ex spia francese.

«Ho perso il mio partner, l’uomo che per anni aveva rappresentato tutto il mio mondo. Rimbaud mi ha donato una seconda possibilità non intendo sprecarla.»

Paul Verlaine non aveva mai rincorso la morte, sarebbe stata solo la soluzione più semplice. Doveva vivere per espiare le proprie colpe, per trasformarsi in quell’essere umano che Arthur aveva creduto potesse diventare.

«Odasaku era un amico. Nessuno potrà mai prendere il suo posto»

L’ex dirigente si allontanò nell’oscurità lasciando il francese da solo con i propri pensieri. Dopo molti anni, Verlaine si era rassegnato alla scomparsa di Rimbaud. Era il comportamento di Dazai ad averlo sorpreso. Così come l’apprendere dell’esistenza di un’Abilità in grado di creare ucronie. Scosse il capo prima di afferrare un cellulare dalla tasca dei propri pantaloni. Aveva solo un numero salvato in rubrica. Il solo di cui avesse mai avuto bisogno.

«Cosa cazzo vuoi?» la voce di Chuuya lo fece sorridere, così come quei modi poco raffinati,

«Posso offrirti da bere?» dall’altro capo della linea il silenzio durò solo una manciata di secondi,

«Ti costerà caro» le labbra del biondo si incurvarono in un sorriso spontaneo

«Posso contare su uno stipendio da dirigente»

Un’imprecazione, seguita da uno sbuffo lo informarono della resa del più giovane

«Dimmi dove trovarti»

Una volta terminata la chiamata Verlaine si perse qualche istante ad osservare il cielo. Era un’abitudine alla quale aveva rinunciato, essendo accompagnata solo che da ricordi dolorosi. Ripensò a Dazai e ai suoi tentativi di riavere l’amico scomparso.

«Sei davvero uno stolto» mormorò tornando con la mente a Chuuya e alla possibilità che il proprio passato potesse in qualche modo minacciarlo.

Starà bene, è forte

La voce di Rimbaud nella sua mente lo fece sorridere. Quel ragazzino era più forte di lui o dello stesso Dazai. Non ne aveva il minimo dubbio, anche se come ogni genitore non poteva evitare di preoccuparsi.

Arthur lo avrebbe sicuramente preso in giro o accusato di essere troppo apprensivo ma quando si trattava di Chuuya, Verlaine non riusciva a rimanere obiettivo.

Dazai gli aveva confidato di aver lasciato la Mafia in seguito alla morte di una persona cara. Gli era difficile da immaginare eppure la decisione che aveva letto nello sguardo dell’ex dirigente era sincera.

Era solo la possibile reazione di Chuuya a preoccuparlo.

Si incamminò verso il luogo del loro incontro preparandosi a raccogliere di pezzi.

Gli parlerai anche del passato? Dei Poètes?

«Ogni cosa a suo tempo» mormorò infilandosi le mani in tasca e procedendo per le vie della città.


 

***


 

Dazai continuava a ripensare alle parole di Verlaine e al suo racconto. L’Abilità utilizzata dal francese era meno potente di Next Dimension ma ugualmente pericolosa. Conoscere quei dettagli gli aveva permesso di comprendere meglio anche il comportamento del biondo durante l’incidente che li aveva visti coinvolti un paio di anni prima. Chuuya era la sola cosa che rimaneva all’ex Re degli Assassini, era l’eredità che Randou gli aveva lasciato. L’unica preoccupazione di Dazai a quel punto rimaneva il fronte europeo. Presto o tardi qualcuno sarebbe venuto a reclamare Arahabaki e la sua forza. Scosse la testa più volte.

Perché continuava a pensare a Chuuya invece che prepararsi alla prossima realtà? Sicuramente apprendere della morte del rosso in quel mondo futuro lo aveva sconvolto ma non come rivedere Oda spirare per l’ennesima volta tra le sue braccia.

Quando tornò ai propri alloggi trovò Ango ad attenderlo. L’ex dirigente non si mostrò sorpreso, vi erano diciassette telecamere e quindici cimici che monitoravano ogni sua mossa. Sakaguchi Ango non si fidava di lui e Dazai non poteva certo biasimarlo. Aveva perso il conto dei propri tentativi di suicidio, anche se dalla scomparsa di Odasaku la sua mente si era proggressivamente concentrata su altro.

«Dove sei stato?» domandò l’impiegato governativo con un tono simile a quello di un interrogatorio. Dazai però non si scompose nè lasciò intimidire,

«Avevo bisogno di prendere una boccata d’aria» spiegò con un’alzata di spalle,

«Una volta ti impegnavi di più nel mentire»

«Mi serviva del tempo per pensare, avevo bisogno di uscire da queste quattro mura»

«Dovresti riposare»

«Al mio posto ci riusciresti?» Ango si sistemò meglio gli occhiali sul naso. Non aveva dormito per due giorni interi dopo la notizia della morte di Odasaku. I suoi nervi si erano calmati solo in seguito all’incontro con Dazai. L’averlo in un certo senso sotto controllo lo aiutava nel dosare le proprie emozioni. Non era una situazione facile per nessuno dei due ma l’impiegato stava cercando di gestirla al meglio delle proprie capacità. Aveva chiesto innumerevoli favori per ottenere la collaborazione di Murray o per insabbiare il passato di Dazai.

«Non sei lucido. E se qualcuno ti avesse riconosciuto?» si limitò a fargli notare

«Sono ancora perfettamente in grado di badare a me stesso»

«A me non sembra»

«Sono tornato. Sto bene»

«Sei svenuto solo qualche ora fa»

«Ho incontrato Verlaine» Ango si passò una mano sul volto, iniziando a massaggiarsi le tempie, avvertiva un principio di mal di testa che la presenza di Dazai avrebbe finito con l'acuire.

«Il Re degli Assassini, quel Verlaine?» era una domanda retorica che tuttavia si sentì in dovere di porre,

«Conosci forse altre spie francesi che dimorano a Yokohama?»

«Abbiamo parecchi file su di lui. Sul suo passato. Molte Organizzazioni europee lo stanno ancora cercando» Dazai annuì,

«Tempo fa è ricorso a un’Abilità Speciale per tentare di riavere il proprio partner» prima che Ango potesse ribattere si affrettò ad aggiungere,

«Secondo Verlaine non si può cambiare il passato o il corso del destino. Sono condannato a perdere Odasaku»

«Un’Abilità Speciale? Non ho mai sentito nulla di simile»

«La Torre dell’Orologio, i Poètes o l’Europole avranno insabbiato la cosa. Paul non ha molti amici, penso sia per questo che ha accettato di lavorare per Mori. Si sta nascondendo dal proprio passato»

«Pensi che fosse sincero?»

«Non aveva motivo di mentire» Si potevano dire tante cose sull’ex spia ma non che non tenesse a Chuuya. I sentimenti che il biondo provava per quella Lumaca erano sempre stati fin troppo chiari per Dazai. Non avrebbe mai fatto nulla per metterlo in pericolo. Forse dietro quella confessione si celava un’implicita richiesta di aiuto.

Ripensò alle conversazioni avvenute con i vari Verlaine di quelle realtà alternative. Ogni mossa del francese era sempre stata nell’interesse del rosso.

Mi restava comunque Chuuya

Dazai strinse i pugni, ripensando a quelle parole.

Era lo stesso per lui ma non avrebbe usato il proprio partner come sostituto di Odasaku. Chuuya non lo meritava. La Port Mafia era il suo ambiente naturale, sarebbe riuscito a sopravvivere anche senza di lui. Di nuovo l’immagine di quella lapide tornò a tormentarlo, sostituita con frammenti delle varie morti di Oda.

«Ti senti bene?» Ango si era alzato dal divano e gli si era avvicinato,

«Forse hai ragione dovrei provare a dormire per qualche ora»

«Dazai-kun se hai deciso di rinunciare…»

«Domani utilizzerò l’Abilità di Murray. Sarà l’ultima volta poi accetterò la sconfitta»

«Speravo davvero di poterti aiutare»

«Lo hai fatto»

In quel momento Dazai era troppo stanco per continuare ad odiare Ango. Non riusciva ad avercela con lui. Non completamente. Sapeva di come l’impiegato avesse solo obbedito agli ordini, anche se aveva sfruttato la loro amicizia per i propri scopi. Nemmeno Ango avrebbe potuto prevedere la morte di Odasaku o la scelta di Mori di renderlo il proprio agnello sacrificale per ottenere quella stupida licenza.

Una volta che il quattrocchi se ne fu andato Dazai recuperò dalla tasca dei propri pantaloni una bottiglia di rum. Era una di quelle piccole, contenute nei minibar che l’ex mafioso aveva sgraffignato mentre tornava all’appartamento. Aveva bisogno di stordirsi per riuscire a riposare e soprattutto a non pensare.

Scivolò nell'oblio cullato dalle immagini di Odasaku che sempre più spesso andavano a sovrapporsi a quelle di Chuuya.

Non si era mai sentito tanto confuso riguardo ai propri sentimenti.


 

***


 

«Sei proprio sicuro?» Dazai annuì con decisione prima di regalare l’ennesimo falso sorriso a Murray.

«Concedetemi questo ultimo capriccio» Ango si abbandonò ad un sospiro stanco mentre osservava l’amico scomparire per l’ennesima volta davanti ai suoi occhi.


 

***


 

Quando riprese conoscenza l’ex mafioso si trovò seduto ad una scrivania. Aveva il volto completamente schiacciato contro la tastiera di un pc, tanto da poter avvertire la consistenza dei tasti contro la propria pelle. Fu lo squillo di un telefono a svegliarlo. Dazai provò ad ingnorarlo ma quel rumore insistente gli impediva di riposare.

«Pronto?» mormorò con voce impastata. Il ricordo di come nella terza realtà avesse finito con il condannare Oda con una telefonata simile lo portò ad andarci cauto.

«Ora dove ti trovi?» era una voce maschile che Dazai non conosceva o che comunque in quel momento non riusciva ad associare ad un volto in particolare.

«Alla mia scrivania» rispose.

«Domani incontrerai un nostro contatto alla stazione di Nagano. Lo riconoscerai subito indosserà un cappotto blu» Dazai annuì prima di riagganciare.

Non aveva compreso il senso di quella telefonata né il motivo per il quale dovesse recarsi proprio a Nagano. Ricordava che la Port Mafia avesse un paio di agenzie di facciata in quella prefettura ma la sua presenza non si era mai resa necessaria. Fu allora che la porta davanti a lui si aprì, facendolo sobbalzare per la sorpresa.

«Novellino abbiamo bisogno di recuperare questi documenti, potresti controllare negli archivi?» Dazai sbatté le palpebre un paio di volte. Nessuno aveva mai osato rivolgersi a lui in quel modo. Prima che potesse replicare però il mafioso se ne era già andato.

«In che diavolo di realtà sono finito?» si domandò prima di iniziare una veloce ricerca al pc. Stando a quelle poche informazioni, Dazai Osamu era un semplice agente della Port Mafia arruolato qualche mese prima del Conflitto Testa di Drago.

Il suo alter ego non aveva mai incontrato Ougai Mori. Eppure per qualche ragione era finito lo stesso in quel mondo oscuro. Fu in quell’istante che notò un paio di cimici sotto la propria scrivania.

Ci volle solo mezz’ora per giungere alla soluzione di quell’enigma. L’Osamu Dazai di quella realtà era un infiltrato della Divisione. Per uno strano scherzo del destino era finito al posto di Ango e si era trasformato in un cane del Governo. Era un’idea talmente assurda che quasi stentava a crederci.

Non disponeva delle autorizzazioni necessarie per indagare su Odasaku ma non si sarebbe lasciato scoraggiare facilmente. Avrebbe recitato la propria parte, giocato al doppiogiochista e nel frattempo recuperato tutte le informazioni necessarie sull’amico. Era un piano perfetto.

«Novellino stiamo ancora aspettando quei documenti»

«Arrivano ho avuto problemi col pc»

Era la sua ultima occasione e non poteva sbagliare.


 

***


 

Dazai aveva corso su e giù per il proprio ufficio per tutto il resto della giornata. L’ex mafioso non ricordava di aver faticato tanto durante gli anni trascorsi alla dirigenza. Si chiese come Ango avesse potuto reggere ad una tale pressione o allo stress mentale che il doppiogioco richiedeva. Era esausto ed era arrivato in quel mondo solo da qualche ora.

I suoi piedi si mossero da soli trascinandolo nell’unico posto di cui al momento aveva bisogno.

Il bar Lupin sembrava identico a quello del proprio mondo. Non era cambiato e questo fu un pensiero confortante. Gli pareva trascorsa un’eternità dall’ultima volta che aveva varcato la soglia di quell’edificio o che si era gustato un drink in pace. Dazai si sarebbe intrattenuto per qualche minuto per poi tornare alla ricerca di informazioni sull’Odasaku di quella realtà.

Si era appena seduto al bancone quando una voce fin troppo familiare attirò la sua attenzione seguita da un’altra che gli provocò l’ennesimo colpo al cuore. Alzò il capo.

Oda e Chuuya avevano appena fatto il loro ingresso nel locale.



 

  
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