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Autore: Scribbling_aloud    22/10/2023    0 recensioni
Siete anche voi dell'idea che un ragazzo come il nostro Harry Potter dopo: infanzia con gravi carenze di affetto e tutori abusivi, traumi pesanti in adolescenza con minacce di morte, perdite di affetti rilevanti nel corso della vita, non avrebbe mai potuto avere una vita troppo facile con una famiglia alla mulino bianco e soprattutto una mente equilibrata e serena?! Secondo me PTSD come se non ci fosse un domani. Questa è una trilogia molto poco magica che, in un crescendo, esplorerà la sua mente e la sua vita famigliare con i suoi mille problemi e difficoltà data da tormenti mai risolti, una popolarità cresciuta a dismisura che non lo fa vivere bene, fragili equilibri nelle sue relazioni che si frantumano. Partiamo diciannove anni dopo, esattamente dove ci ha lasciati la Rowling. Il Natale di quell'anno.
ATTENZIONE: comincia molto leggero, quasi frivolo, ma ci tengo a precisare che non è un testo per bambini. Da più o meno metà del primo libro e poi nel terzo, ci sono parecchi punti intensi, violenza e tratta temi delicati. Specie il terzo libro, dove ho raffinato un po' la mia scrittura quindi le immagini sono più vive.
E' una traduzione dall'inglese.
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Teddy/Victorie
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Sono tornata un’ora dopo con un po’ di spesa. Avevo il timore che Harry avesse cambiato l’incantesimo per entrare ma apparentemente non è ancora tornato.
Ho risolto la questione delle pozioni abbastanza facilmente. L’infermiera ha deciso che la cosa migliore fosse dare le dimissioni immediatamente sotto mia gentile raccomandazione e da ora in poi eviterà Harry come se fosse la peste.
Ma alcool e droghe può ottenerle facilmente dovunque.
E mentre sto meditando su tutto questo nella camera di James, sento la porta aprirsi e un tintinnamento di bottiglie.
‘Sei ancora lì?’ Harry urla dalla cucina ‘Puoi venire giù. Non ti mangio.’
Con la bacchetta stretta nella mano, guardinga, obbedisco.
Sta bevendo un liquido non identificabile da un bicchiere e, giudicando da quello che c’è nelle buste di plastica sulla cucina, non è succo di zucca. La sua espressione è ancora cattiva anche se non violenta ma questo non mi farà abbassare la guardia.
‘Ne vuoi uno?’ dice, sventolando il bicchiere nella mia direzione.
‘No, grazie. Mi faccio un thè’ rispondo cominciando a prepararne uno. Riesco a percepire il suo sguardo sulla mia schiena mentre sono all’opera, e un involontario tremito mi percorre.
‘Dovresti bere qualcosa di più forte; ti aiuterebbe a metterti a tuo agio’ dice ridacchiando ‘O hai paura di me? Ti perdono l’interferenza.’
‘Non ho paura di te’ rispondo in tono di sfida portandomi la tazza al tavolo, dove siedo.
‘Dovresti invece’ risponde un po’ troppo seriamente ‘Allora, cosa ti porta qui? A cosa devo il piacere della tua imposta compagnia? Immagino altre interferenze da persone che conosciamo entrambi.’
‘Harry, non sono interferenze. Siamo preoccupati per te’
‘Perché? Sto bene, non vedi?’ risponde sarcastico.
‘Vogliamo solo aiutarti.’
‘Non ho bisogno di nessun aiuto.’
‘Invece sì.’
E attraverso questo scambio percepisco un po’ di tentennamento che si fa largo nell’ostilità.
‘Ora preparo il pranzo e vorrei che lo mangiassi.’
Non acquiesce né protesta ma quando gli servo il pasto, dopo venti minuti di completo silenzio, lo mangia senza lamentarsi.
‘Ieri ho trovato una lettera di Albus mettendo in ordine. E’ chiusa. Non vuoi leggerla?’
Nessuna risposta.
‘Posso aprirla?’
Non mi guarda neanche.
‘Lo prendo come un sì.’
Apro la lettera per scorrerne il contenuto. Povero ragazzo, riesco a percepire in ogni riga che gli manca Ginny e ha bisogno di sostegno paterno. C’è come un tono di supplica nell’ultima frase nel quale chiede una risposta che mi spezza il cuore. Questa non è chiaramente l’unica nonostante non ne abbia trovate altre. È molto importante che riceva una risposta.
La leggo di nuovo allora, questa volta ad alta voce e assisto alla sua espressione che cambia durante la lettura; del disagio che si fa largo. Ma arrivati alla fine è di nuovo indurita.
‘Perché non rispondi?’
Mi guarda cupo.
Non lascio che quello sguardo mi faccia vacillare. Devo insistere; Albus ha bisogno di una lettera da suo padre.
Prendo dell’inchiostro e fogli da un cassetto e glieli metto di fronte.
‘Scrivi’ ordino.
E, sorprendentemente, comincia a scrivere. Non me lo aspettavo. Questo mi fa nascere subito un dubbio; è stato anche fin troppo facile convincerlo.
Per confermare il mio sospetto un ghigno gli si dispiega lentamente sul viso.
‘Ho fatto. Vuoi sentirla signorina Impicciona?’ chiede appoggiando la penna sul tavolo una volta finito.
Annuisco sospettosa.
‘Caro Albus, grazie per la lettera. Non so esattamente cosa scrivere quindi ho deciso di darti un importante consiglio da padre a figlio. Vedi, qualche giorno fa ho fatto una scoperta interessante. Ho avuto il piacere di essere intrattenuto da ragazze non molto più grandi di te. Quell’esperienza mi ha aperto gli occhi (e qualcos’altro ma vogliamo tenerla adatta ai bambini, giusto?)’ aggiunge sorridendo maliziosamente ‘Non ti innamorare mai se non vuoi appendere una condanna di morte sulla testa di quella povera ragazza. Non fare bambini perché poi o ti odiano o ti muoiono. Fai semplicemente quanto più sesso che puoi…’ a quel punto mi alzo oltraggiata e scioccata. Prendo la lettera dalle sue mani e la faccio a pezzi.
Mi guarda senza alterare la sua espressione ‘Peccato, stavo arrivando alla parte sull’amicizia tra uomo e donna’
Non posso fare a meno di arrossire, ferita.
‘Harry, ha bisogno del tuo supporto! Sei suo padre!’
Lui scatta in piedi, la rabbia che rimpiazza il ghigno ‘Allora scrivigli tu se ci tieni così tanto!’ grida inferocito afferrando la lettera dal tavolo con un chiaro intento di strapparla, ma si ferma vedendo la scrittura di Albus e il suo viso si trasforma in una smorfia di profonda afflizione. Ci prova di nuovo senza successo e poi, sconfitto, ringhia in frustrazione facendomi rabbrividire di dolore assistendo a questa tortura mentale. La sbatte sul tavolo e sparisce svelto dalla stanza.
Guardo quella richiesta d’aiuto abbandonata e sospiro, affranta. Non sarà facile.
   
 
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