Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: wolfymozart    24/10/2023    0 recensioni
Spesso ci si scorda che la vita va attraversata con leggerezza; essere leggeri, come una piuma. Mai smettere di credere che qualcosa di bello si nasconde appena dietro l'angolo.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Musica alta, caldo soffocante, risate e discorsi non sense già dettati dall’alcol. Ogni tanto il finestrino si abbassa e lascia entrare il freddo gelido di quella notte invernale: una boccata d’aria, per stemperare il calore dell’efficiente impianto di riscaldamento della nuova Golf GTI. La strada corre veloce e ghiacciata, su per la valle, tra gallerie e viadotti; il silenzio del bosco e delle rocce tutt’attorno contrasta con il pulsare ritmico delle casse sulle note di una musica house. Si fa serata, in quella notte di gennaio ormai inoltrata, e la meta è un piccolo locale, una remota discoteca nell’angolo più remoto della valle, l’ultimo paese, che la chiude adagiandosi sui pendii delle piste da sci. Una birra o una vodka al bar, l’unico, aspettando l’apertura di mezzanotte. È questo il programma della festa di compleanno di Francesco. Vent’anni. Ha riunito tanti amici della valle e ha dato loro appuntamento proprio lì, in quella piccola discoteca. Lo sbattere delle portiere e lo scricchiolio delle scarpe da tennis sulla neve ghiacciata indicano che la meta è stata raggiunta: i quattro si dirigono verso il bar, infagottati nei loro piumini North face, le mani in tasca e la berretta sulla testa per difendersi dal freddo, ancor più pungente di quando poco prima erano usciti dal ristorante, più a valle. Devono aspettare gli altri, il folto del gruppo con le ragazze, poche e piuttosto riservate; scambiarci due chiacchiere e, forse, il numero di telefono, così si fa conoscenza e una cosa tira l’altra, come in un qualsiasi sabato sera in qualsiasi parte del mondo. Eugenio ha già conosciuto Emma qualche sera prima, ad una confusionaria festa di Capodanno, sull'altro versante della valle; sono già in contatto, non è il numero che vuole scambiare quella sera, ma quattro chiacchiere, per approfondire la conoscenza, e, forse, qualche bacio. Non si spinge però troppo avanti con il pensiero, mentre sorseggia un boccale, scherzando con gli amici. Fabrizio lo prende un po’ in giro dalla notte di Capodanno, quando, d’accordo con gli altri, li hanno lasciati soli a parlare. È la serata giusta, per provarci gli dice; il compleanno di Francesco gli ha servito l’occasione su un piatto d’argento. Ma Eugenio è tipo riservato, si tiene le sue cose per sé; sta allo scherzo ma senza rivelare nulla, nessun dettaglio in più. Non dice che già si scrivono da qualche giorno e che, forse, insistendo un po’, riuscirà a strapparle un appuntamento.


L’attesa è finita; due auto spengono simultaneamente i fari parcheggiando sul piazzale; ne esce una decina tra ragazzi e ragazze, alcuni brilli, che scivolano sul ghiaccio, altri, sobri, che li afferrano al volo tra le risate generali. La comitiva si scambia i saluti, tra cori da stadio e canzoni d’auguri di buon compleanno, poi, a passo lento e con frequenti fermate, si avvia verso il centro del piccolo paese. Duecento abitanti o poco più durante i periodi morti, qualcuno in più d’estate e durante le vacanze natalizie: ma gli sfarzosi palazzoni a sette piani con tanto di torretta restano per lo più con le tapparelle abbassate e le porte sprangate, vestigia dei fasti degli anni Ottanta, quando la cittadina era un fiore all’occhiello del turismo locale. E non solo. Ma ora, attraversando le sue strade in quell’anonima notte di metà gennaio, appaiono quasi spettrali, così incombenti e disabitati, come se della ridente località montana non restasse altro che una città fantasma, desolata e irrimediabilmente in declino. La comitiva passa davanti al vecchio minimarket con la porta d’ingresso chiusa da una catena: nel buio si possono osservare i carrelli ancora ordinatamente disposti come se aspettassero i clienti, ma gli scaffali vuoti ricordano al passante che il tempo non si può riportare indietro. Il fiato esce condensato ad ogni parola, ad ogni risata, ad ogni canto, mentre i ragazzi si avvicinano al palazzo della piazzetta centrale, l’unico che abbia qualche finestra accesa. Eugenio non conosce bene i nuovi arrivati, alcuni gli sono noti solo di viso, con altri invece non ha mai avuto a che fare; pertanto resta nel gruppo con i suoi amici, ma lancia di quando in quando qualche occhiata in direzione di Emma, che cammina a braccetto con un’amica, circondata dal resto della compagnia.

Eccoli arrivare davanti ad una porta in legno, piuttosto grezza, su cui torreggia l’immagine di un feroce orso bruno con le fauci spalancate. Qualcuno spalanca la porta e fa strada agli altri, che in fila indiana fanno il loro ingresso nel locale. Un tempo affollato luogo di svago dopo una giornata sugli sci, era ben frequentato dai giovani milanesi in villeggiatura e, nelle serate d’inverno degli anni ’80, quelle pareti in legno sentivano risuonare le note di All night long oppure di  Don’t you want me o ancora di Girls Just Want to Have Fun. Ora il synth pop non lo si ascolta più, la musica è cambiate, ma le ragazze hanno ancora voglia di divertirsi. O così sembra a Eugenio che osserva di sottecchi Emma ballare con un ragazzo alto, dai capelli piuttosto lunghi, che ondeggiano al ritmo del brano che sfonda le casse in quel momento. Lui sta lì appoggiato al bancone, sorseggia il suo drink, osserva impassibile. Non dice nulla, è un tipo di poche parole, troppo dignitoso per far domande di cui può intuire la risposta. Semplicemente si disinteressa di tutto ciò che non porta a nulla, o almeno così vuol dare a vedere. Fabrizio lo chiama al tavolo degli amici, lui si avvicina e si siede su di un divanetto poco discosto. Fa due parole con Francesco ed un altro ragazzo che non conosce, senza mai perdere di vista Emma che ride e scherza con il capellone. Nemmeno Fabrizio la perde di vista, ogni tanto le fa un cenno che, però, lei non coglie. Infine gli risponde con la mano e lui la invita a sedersi un po’ con loro. La scena non sfugge a Eugenio che, pur chiacchierando e ridendo con Francesco, tende l’orecchio. È molto difficile distinguere le parole, nel rimbombare dei bassi amplificati dalle casse; ma lui ha un buon udito, che si fa ancor più acuto quando sente pronunciare dall’amico il suo nome. Tra il serio e il faceto, ma più che altro con goliardia, sta chiedendo ad Emma come va con lui, se si sono visti e, insomma, se ci saranno sviluppi. Eugenio vede lei soffocare una risatina e, indicare, con un sorriso obliquo il ragazzo con cui si era intrattenuta fino a
quel momento. Non si riescono a sentire le parole che rivolge ad Fabrizio, forse evasive, ma si sente distintamente la conclusione dell’amico che suggella la conversazione:

- Insomma, non te ne frega niente. – afferma con una certa ironia Fabrizio, sorridendo alla ragazza con fare a metà tra il complice e il deluso. Ma quello che Eugenio vede negli occhi dell’amico è un lampo di scherno nei suoi occhi, quasi una sorta di rivincita su di lui, un voler riaffermare la sua superiorità. Ma è troppo dignitoso per rimproverargli quel gesto e quelle parole, è troppo orgoglioso per domandare direttamente ad Emma quale sia stata la sua risposta a quell’affermazione lapidaria. Avrà confermato? Avrà negato? Sa bene che non ha alcun senso porsi troppe domande, saranno i fatti, semmai a parlare.


La musica si spegne, il locale sta per chiudere e i pochi avventori di quella sera spingono la porta in legno per uscire nel freddo della notte di gennaio che ormai sta per cedere al mattino. Sostano davanti all’ingresso, c’è chi fuma, chi, ormai ubriaco fradicio, vomita sulla neve, chi, nonostante l’ora tardissima, ha ancora la forza di scherzare e di cantare. Eugenio sta appoggiato al muro e cerca di incrociare lo sguardo di Emma: quella sera lei gli ha rivolto a stento la parola e lui vuole fare un ultimo tentativo di strapparle un appuntamento, anche se dovesse insistere un po’. È quella l’occasione. Fabrizio gli si avvicina e gli dà una pacca sulla spalla, dice qualche stupidaggine che lui non ascolta nemmeno. Ecco, Emma in quel momento è sola, l'amica l’ha appena salutata per salire sulla macchina di uno dei ragazzi. Si fa coraggio, Eugenio, e si stacca dal muro per andarle incontro, ma uno della compagnia, spintonato da qualcuno più fradicio di lui, gli si para davanti, urtandolo. Il ragazzo si scusa e, traballante, si scosta per lasciarlo passare; ma la visuale che gli si offre appena gli lascia il passo lo blocca all’istante: il ragazzo alto è stato più svelto di lui, si è fatto incontro ad Emma, le ha cinto la schiena e in quel momento la sta baciando.


Scuote la testa e riprende il suo cammino verso il parcheggio, senza voltarsi indietro. I sui passi scricchiolano sotto la neve mentre passa davanti al minimarket: dà uno sguardo ai carrelli ordinati, obbedienti, che aspettano clienti che non arriveranno più. Il tempo non si può riportare indietro. È assurdo rincorrere il passato. Arrivato al parcheggio, si tasta le tasche alla ricerca delle chiavi e si accorge di un fatto strano: si trova tra le mani un piuma, una piccola piuma bianca. Certamente staccata dall’imbottitura del piumino. Ma questo piccolo segno, chissà perché, lo fa sorridere. In quel momento una macchina si ferma al parcheggio: ne scendono festanti degli sciatori che, intirizziti dal freddo, si accingono a smontare gli sci dal portapacchi. Qualcuno allora torna a ripopolare queste piste, qualcuno ancora ripercorrerà le vie di questo paese fantasma portandosi a spalla gli sci, per poi fermarsi a bere un caffè caldo al piccolo bar. La vita riprende, e man mano brulica la strada dei fari di altre macchine, di altri sciatori, di altri nuovi avventori. Sorride Eugenio a questa scena: la città che credeva fantasma si sta rianimando. Si sente leggero come una piuma, come quella piuma. Alza gli occhi e verso la valle il cielo si sta tingendo di azzurro a oriente, brillano all’orizzonte le luci dell’alba. Di un giorno nuovo, di un nuovo inizio.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: wolfymozart