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Autore: The Blue Devil    04/11/2023    1 recensioni
Un litigio tra marito e moglie porta ad una tragedia. Ma non tutto è come sembra. Sogno o realtà?
Genere: Drammatico, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non è uno scritto a scopo di lucro alcuno per cui non si infrangono Copyrights. I personaggi presentati, nomi e situazioni, sono di mia invenzione, ma traggono ispirazione da una canzone del 1983 il cui © rimane agli aventi diritto.
 
Buona lettura
  
 
 
NON PASSA PIÙ QUEL CASCO BLU…
 
 
Tic tac, tic tac, tic tac, tic tac…
Joanna sollevò la testa che, da qualche minuto, giaceva accoccolata tra le sue braccia, incrociate sul tavolo: per quanto tempo era rimasta in quella posizione a singhiozzare? Non lo seppe dire. Ma una cosa l’aveva compresa: aveva bisogno di una tisana per rilassarsi.
Si alzò, si asciugò le ultime lacrime, si diresse allo stipo dove teneva le tazze, lo aprì e afferrò la sua tazza preferita. Non seppe stabilire come, né perché, ma quella tazza le sfuggì di mano, andando a frantumarsi a terra.
«Maledizione! Oggi non me ne va bene una… la mia tazza preferita!», imprecò, quasi ricominciando a piangere, mentre si accucciava per raccoglierne i cocci.
Quando ebbe in mano il pezzo più grande, fu percorsa da un tremito, la sua mente fu travolta da un turbine di emozioni e la paura cominciò a salirle dal cuore: per sbaglio aveva preso la tazza di Gilles, suo marito, mandandola in mille pezzi.
Un presentimento che la spinse a correre da lui.
«Oddìo devo fermarlo! Forse sono ancora in tempo… ti prego, amore, mio aspettami!», esclamò, d’un tratto, con l’angoscia nel cuore.
Alzò la testa, lanciò un’occhiata all’orologio da parete e in un attimo fu in piedi; afferrò il soprabito e si lanciò fuori dalla porta, uscendo nel vialetto. La sua auto era dal meccanico ma, per fortuna, il circuito dove si doveva correre il Gran Premio – il Gran Premio di casa – non era tanto lontano dalla loro villetta e poteva raggiungerlo anche a piedi.
Doveva correre, fare in fretta. Per essere più libera nei movimenti, gettò via il soprabito e si mise a correre disperatamente…
 
 
QUALCHE TEMPO PRIMA
 
Marito e moglie si stavano fronteggiando, lui teneva in mano un casco di colore blu.
«Ti prego Gilles, non andare… resta con me, passiamo la giornata insieme, da qualche parte».
«No, Joanna, lo sai che lo devo fare».
«Sì, lo so, hai il cuore a pezzi, Patrick era un caro amico… ma perché non cerchi me? Ami quelle stupide corse più di quanto ami me?».
«Non insistere, Joanna, ho un contratto da rispettare».
«Al diavolo il contratto, al diavolo tutti! Stai rischiando e tu lo sai… perché lo fai? Resta qui con me».
Gilles sembrò irremovibile e, con tono duro, le disse:
«Al diavolo cosa? Gli orecchini d’oro e la collana di perle che indossi, da dove credi che arrivino? Secondo te con quali soldi te li ho comprati?».
«Ma cosa vuoi che me ne freghi degli orecchini, della collana… io voglio solo te!», disse Joanna, stizzita, strappandosi orecchini e collana e gettandoli in terra.
Gilles girò sui tacchi e si avviò alla porta.
Joanna esplose:
«Ti avverto: se esci da quella porta tra noi è finita!».
Gilles uscì.
La donna rimase pietrificata per alcuni istanti e poi lo seguì:
«Mi hai capita? È finita!».
Lui era già in auto; mise in moto.
«Ti odio! Va’ al diavolo! Addio!», urlò lei, più per disperazione che per rabbia, quando si rese conto che lui non sarebbe ritornato sui propri passi.
Joanna rimase a guardare l’auto, finché questa non scomparve dietro una curva, e poi rientrò in casa. Solo allora scoppiò a piangere, accasciandosi sulla sedia e incrociando le braccia sul tavolo, prima di poggiarvi in mezzo la testa.
 
***
 
Joanna correva a perdifiato, anche se sapeva che probabilmente sarebbe stato inutile. Una sconnessione del terreno la fece inciampare e cadere a terra: si era rotto un tacco; si liberò anche delle scarpe e proseguì nella sua corsa contro il tempo, stracciando le calze sotto la pianta dei piedi, che ora le dolevano e si riempivano di sangue. Ma non le importava, il dolore che provava adesso sarebbe stato niente in confronto a quello che avrebbe provato se… se cosa? Non riusciva neanche a pensarla, una cosa del genere.
Giunta dinanzi ai cancelli del circuito, si presentò all’ingresso riservato ai piloti e ai loro familiari, ma fu fermata da uno steward:
«Si fermi signora, di qui non si passa!».
Era uscita di fretta, senza borsa, ma, fortunatamente, nel taschino della camicia teneva il passi d’entrata: non lo aveva mai usato, poiché nelle due ore entro le quali si risolvevano le corse, era sempre rimasta in casa o in albergo; non ce la faceva a stare lì, in mezzo alla folla, ad attendere.
Mostrò il passi allo steward, che protestò ancora:
«Ma… signora… si rende conto in che stato si trova?».
«Non importa, il passi ce l’ho, mi faccia entrare!».
Mentre si dirigeva al paddock, incrociò un altro inserviente che, vedendola barcollare, le chiese se stesse bene e se avesse bisogno di un medico. Anche stavolta riuscì a passare.
Sgomitò tra la folla e trovò un buon punto d’osservazione; il turbine nella sua mente non si era placato, il cuore le batteva all’impazzata; sudori freddi cominciarono a imperlarle la fronte.
«Ti ho gridato in faccia addio! E tu te ne sei andato… perdonami… perdonami… questa pista è una pazzia… non gettare via la vita tua… perché non sei qui?».
Tic tac, tic tac…
Il grande orologio posto sulla tribuna centrale scandiva il tempo trascorso dall’inizio della corsa.
Tic tac, tic tac…
Nessuno sapeva che, in mezzo a quella folla, c’era una donna sola che aveva un unico desiderio: veder ritornare un casco blu. Nessuno si era accorto di lei, una fra tanti. Ma sola, terribilmente sola.
Tic tac, tic tac…
Eccolo il casco blu, in mezzo ad un gruppetto di monoposto. Un passaggio, due passaggi. Al terzo passaggio il casco blu era in prima posizione, con un vantaggio considerevole sugli inseguitori.
La donna sola era in preda alla disperazione:
«No, non così! Finirai per ucciderti, sei troppo veloce su questa pista… la pista killer… fermati, torna da me!».
Tic tac, tic tac...
Passò un gruppetto di vetture, ma Joanna non riuscì più a scorgere il casco blu…
«Ehi, non passa più quel casco blu?», esclamò uno degli spettatori, accanto a Joanna.
Il cuore le si fermò, quando vide un commissario di gara sventolare la bandiera rossa… un paio di mezzi di soccorso scattarono ed entrarono in pista, dirigendosi nella parte del circuito celata ai suoi occhi, azionando le sirene, che parevano urla di dolore.
Joanna cadde in ginocchio… un urlo straziante si confuse nel chiasso degli spettatori:
«Gilles! Gilles! Noooo…».
Si prese la testa fra le mani e tutto il mondo cominciò a vorticarle intorno, finché non udì più nulla, finché non vide più nulla. E fu il buio.
 
***
 
Joanna aprì gli occhi. Probabilmente erano state le lacrime che avevano continuato a bagnarle le braccia, incrociate sul tavolo, a svegliarla. In breve, realizzò di essere in casa, seduta al tavolo della cucina; il suo sguardo vagò per la stanza: sul pavimento i suoi orecchini d’oro e le perle scintillanti della sua collana, facevano bella mostra di sé.
«Che… che significa? Un… un sogno? Un sogno premonitore?», biascicò tra sé.
Alzò la testa di scatto, cercando con gli occhi l’orologio da parete: era ancora in tempo, la corsa doveva essere ancora a metà del percorso. Si alzò, scattando come una molla, inciampò nella gamba del tavolo e cadde in terra. Il ginocchio le doleva, ma riuscì a trascinarsi fino alla porta; si aggrappò alla maniglia e la aprì non riuscendo, però, a sollevarsi. I suoi occhi incontrarono un casco blu. Chi era la persona che lo teneva in mano?
«L’agente di Gilles? Il presidente della scuderia? Un compagno di squadra? Il fedele amico meccanico? Sono venuti a darmi la terribile notizia?», pensò Joanna, che sapeva che se fosse stato così, sarebbe morta all’istante, lì, sulla soglia della casa che era stata il loro nido d’amore. Se Gilles era morto era solo colpa sua… non avrebbe dovuto…
Lentamente alzò lo sguardo ma, prima di vederlo in volto, udì la sua voce.
«Joanna che hai fatto? Che ti è successo?», disse l’uomo, gettando via il casco e tirandola su, dopo averle messo le mani sotto le ascelle.
Finalmente lo vide. Si guardarono negli occhi per un tempo vicino all’eternità.
Joanna si riscosse e, tastandogli disperatamente il viso:
«Gilles! Sei tu! Sei vero, sei vivo! Ti amo Gilles, ti amo».
Joanna gli gettò le braccia al collo, mentre lui se la stringeva forte al petto. Lei piangeva, lui pure. Tra le lacrime, lui le sussurrò:
«Joanna… ti amo più di ogni altra cosa al mondo…».
Si baciarono…
 
FINE
 
 
© 2023, The Blue Devil
 
 
Fonte di ispirazione: Flavia Fortunato – Casco blu (Sanremo 1983)
 
 
https://www.youtube.com/watch?v=SU3gsd7PsDA
 
   
 
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