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Autore: Europa91    05/11/2023    1 recensioni
Odasaku è morto e Dazai non riesce ad accettarlo.
“Mettersi a piangere e urlare non avrebbe risolto nulla, anche se l’avrebbe aiutato a sfogarsi. Tornò con la mente al libro di Mori, quello sull’esistenza di realtà alternative e fu colto da un’illuminazione: se fosse esistito anche solo un mondo, un universo in cui Oda era ancora vivo, lo avrebbe trovato. Non importava come, lui avrebbe riportato Odasaku indietro. Se c’era anche solo una minima possibilità di salvarlo l’avrebbe trovata.“
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Sakunosuke Oda
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'People Exist To Save Themselves'
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Dazai non poteva credere ai propri occhi mentre i due uomini dai capelli rossi prendevano posto al bancone, sedendosi accanto a lui. Cercò di fare il possibile per regolare i battiti impazziti del proprio cuore così come le proprie espressioni facciali. Non si sarebbe mai aspettato di incontrarli tanto presto ma soprattutto che fossero insieme.

«Ohi Dazai perchè ci stai ignorando?» non riuscì nemmeno a tirare un sospiro di sollievo che la voce squillante di Chuuya lo riportò alla realtà, accompagnata da una sonora pacca sulla spalla, non troppo dolorosa ma che lo fece comunque sobbalzare per la sorpresa.

«Abbassa la voce, penso che nostro amico abbia avuto una giornata particolarmente intensa» concluse Odasaku, rivolgendogli quel sorriso gentile che Dazai tanto amava e che da troppo tempo non vedeva comparire sul suo volto.

«Esatto anche se credo il termine più corretto per descriverla sia infernale» si limitò a rispondere l’ex dirigente prendendo un lungo sorso dal proprio bicchiere, per poi lasciarsi cadere a peso morto sul bancone.

Anche l’alcol stava iniziando a diventare insapore, scialbo, così come la propria esistenza. Dazai non riusciva nemmeno a guardare il tuttofare negli occhi senza rivederne la morte. Se chiudeva gli occhi e si concentrava, poteva ancora avvertire la sensazione di quel sangue sulle proprie mani. Quel tipo di dolore era diventato ormai una costante, un fedele compagno di viaggio che non accennava a volerlo abbandonare.

Era surreale trovarsi proprio in quel luogo in compagnia di Chuuya e Odasaku, anche se forse rappresentava solo un ulteriore prova di come quella non fosse la propria realtà.

Verlaine aveva ragione, nulla avrebbe mai potuto ridargli Odasaku o almeno l’uomo che aveva perso. L’ex dirigente però non si sentiva ancora pronto a rinunciare, non voleva. Nascose il viso tra le braccia pensando all’ennesima minaccia che avrebbe potuto privarlo di Oda. Era stato in quel momento che i due lo avevano raggiunto.

«Tz non ci hai neppure aspettato. Sei un vero idiota novellino» come previsto quella Lumaca era partita in quarta nell’insultarlo, Dazai però non ci fece troppo caso preferendo concentrarsi solo su Odasaku, dedicandogli tutta la propria attenzione.

«Mi dispiace non credevo che sareste passati» ammise guardando il sicario negli occhi. Entrambi gli uomini si scambiarono un’occhiata, confusi da quell’affermazione.

«Il terzo giovedì del mese ci incontriamo sempre in questo posto» sbottò Chuuya alzando un sopracciglio e incrociando le braccia al petto,

«Se non erro era stata proprio una tua idea Dazai, qui il giovedì mentre al casinò il lunedì per una bevuta in compagnia dopo esserci occupati delle varie scartoffie» gli fece eco Odasaku,

Dazai chinò di poco il capo «Scusate, credo di essere più stanco del previsto»

Doveva fare attenzione, non poteva permettersi di abbassare la guardia in presenza di quei due. Oda Sakunosuke e Nakaha Chuuya erano le persone che lo conoscevano meglio al mondo e questa regola non scritta sembrava essere condivisa da parecchie realtà.

«In effetti, lasciatelo dire, hai proprio un aspetto di merda» fu la semplice risposta del rosso dopo averlo osservato da capo a piedi

«Chuuya» lo ammonì Oda con il solito tono di voce pacato che lo contraddistingueva,

«Ma è vero, guardalo, sembra più pallido e strano del solito» Dazai per una volta si astenne dal replicare. Quel microbo non aveva tutti i torti anche se le ragioni dietro alla propria condizione psicofisica erano diverse da quelle che immaginava.

Non riuscì ad impedirsi di sorridere. Si trovava nel locale che per anni aveva fatto da sfondo ai suoi incontri con Odasaku e in questa occasione insieme a loro vi era anche Chuuya. Già di per sé quella situazione aveva un che di surreale. Quasi come l’inizio di una barzelletta o un racconto di pessimo gusto.

Si trovò a riflettere per l’ennesima volta su quanto il potere di Murray potesse risultare pericoloso ma al tempo stesso affascinante. Solo pochi giorni prima, Dazai aveva visto il nome del partner inciso su di una lapide in un cimitero in riva al mare, per non parlare delle innumerevoli volte in cui si era trovato a stringere contro al proprio, il corpo senza vita di Oda. All’ex mafioso ora sarebbe bastato allungare una mano per sfiorare entrambi, sincerarsi che fossero vivi, reali e non fantasie partorite della propria mente ormai vicina allo stremo.

«Domani partirò per Nagano» Fu tutto ciò che disse, attendendo una reazione che non si fece pregare,

«E che cazzo ci vai a fare?» esordì Chuuya alzandosi in piedi e sbattendo con entrambi i palmi sul bancone, guadagnandosi un’occhiataccia di rimprovero da parte del barista.

«Ricordo che la Port Mafia possiede solo un paio di uffici in quella prefettura» fu la sola osservazione di Oda,

«Esatto. Un viaggio inutile» ammise Dazai con aria annoiata. Aveva sperato che i due potessero fornirgli qualche informazione al riguardo ma sembrava l’ennesimo buco nell’acqua. Non poteva permettersi di perdere tempo con gli incarichi da doppiogiochista del proprio alter ego, doveva scoprire quale pericolo avrebbe minacciato Odasaku.

«E non puoi mandare qualcun altro al tuo posto?» tuonò Chuuya visibilmente alterato. L’ex dirigente sorrise ma inaspettatamente fu Oda a rispondere in sua vece,

«Dazai svolge un ruolo importante che non può delegare a terzi» il possessore di Arahabaki alzò gli occhi al cielo annuendo sconfitto. Il moro ne fu sorpreso, non lo aveva mai visto tanto arrendevole, ma forse era colpa del bicchiere di vino che in quel momento stava oscillando pericolosamente tra le sue mani.

Anche Dazai riprese a fissare il proprio scotch con fare pensieroso.

Nel suo mondo, Oda e Chuuya non avevano avuto molte occasioni di incontro. Forse non si erano mai neppure parlati. Dazai ricordava vagamente di qualche conversazione avvenuta durante gli ultimi giorni del Conflitto Testa di Drago ma poco altro, mai come in quel momento il passato gli appariva tanto sfuocato e distante.

Odasaku conosceva Chuuya, lo conosceva attraverso le parole non sempre lusinghiere di Dazai. Era stato lui a raccontare all’ex sicario del proprio partner. Aveva riempito la testa di Oda con storie che avevano come protagonista quel ragazzino tanto irascibile quanto distruttivo. Dazai ne parlava quando si trovavano davanti ad un piatto fumante di curry o mentre passeggiavano per le vie della città. Erano momenti effimeri che appartenevano soltanto a loro e ad un passato che Dazai lo sapeva, non sarebbe mai potuto tornare.

Per contro il vessillo di Arahabaki non conosceva nulla di Oda. Non vi era un motivo preciso, semplicemente Dazai aveva preferito tenere quella parte della propria vita celata agli occhi del rosso. Era stato lui a condurre Oda Sakunosuke verso quel mondo fatto di oscurità così come per certi versi aveva fatto con Chuuya. Il legame che lo univa ad Odasaku però era sempre stato differente.

Era un qualcosa di più intimo e profondo che Dazai non sarebbe mai riuscito a tradurre in parole. Solo dopo aver stretto quel corpo senza vita contro il proprio, il giovane dirigente aveva trovato finalmente un nome per descrivere quel sentimento. Accettando di amare Odasaku, aveva reso quel dolore reale e per questo insopportabile. Uccidersi sarebbe stato fin troppo semplice così come cedere a quella tentazione. Il destino però sembrava avere altri piani in serbo per lui.

Si abbandonò all’ennesimo sospiro stanco ma che venne notato da entrambi gli uomini al suo fianco.

«Vuoi per caso raccontarci di come è andata la giornata?» tentò Odasaku, appoggiandogli una mano sulla spalla. Dazai tremò di fronte a quel contatto inaspettato.

«Sicuramente non può essere stata peggiore della mia, ho dovuto sbaragliare da solo un gruppo rivale che aveva alzato troppo la cresta nei pressi del porto. E meno male che, stando le parole del Boss, il traffico delle gemme avrebbe dovuto essere un’attività tranquilla» si intromise Chuuya strappandolo da qualsiasi fantasia.

«So già tutto, tuo fratello me ne ha parlato» dopo l’esclamazione di Oda, il rosso soffocò una bestemmia tra le labbra,

«Non parlarmi di quell’imbecille. Oggi avevate una riunione giusto?» Dazai si fece improvvisamente più attento di fronte a quello scambio di battute, poteva contenere informazioni utili al proprio scopo, come fornirgli altri dettagli su quella realtà.

«Nulla di che, abbiamo solo parlato dell’andamento dell’Organizzazione. Verlaine mi è sembrato più volte sul punto di addormentarsi» Chuuya si trovò suo malgrado a sorridere, immaginando la scena

«Te l’ho detto è un idiota. Ancora non mi spiego come possa essere finito alla dirigenza»

«Lo sai benissimo, Randou-san lo ha raccomandato»

«Un’altro idiota»

Dazai stava iniziando a comprendere. Pezzo dopo pezzo il puzzle nella sua mente stava prendendo forma. Lui e Chuuya non si erano incontrati come nel suo mondo, tuttavia il rosso era ugualmente entrato a far parte dell’Organizzazione. Rimbaud era ancora vivo e da quanto appena appreso occupava un posto alla dirigenza insieme al proprio partner. Sembravano anche essere in buoni rapporti con quella Lumaca.

«Chuuya non dovresti parlare in questo modo di loro» Dazai accennò ad un sorriso, Oda risultava sempre la voce della ragione,

«Sono insopportabili e apprensivi, anche Albatross lo pensa, giusto l’altro giorno…» anche quel nome non gli era nuovo. Doveva trattarsi di un amico del rosso, uno dei tanti assassinati dal Verlaine del suo mondo nel vano tentativo di riprendersi il fratello. Dazai ricordava la disperazione di Chuuya, le sue lacrime, l’umanità che aveva sempre contraddistinto quel dio della Distruzione.

Quella realtà sotto molti aspetti si stava rivelando migliore della propria.

L’Osamu Dazai di quel mondo non aveva mai incontrato il Boss. Non era stato reclutato dalla Port Mafia e per questo motivo molte persone erano ancora in vita. Restava solo da risolvere il mistero di come Oda e Chuuya fossero entrati nell’Organizzazione ma forse si trattava semplicemente l’ennesimo scherzo del destino.

«Si preoccupano per te, non puoi fargliene una colpa» la voce di Odasaku lo sottrasse al filo dei propri pensieri.

«Beh un giorno anche io otterrò un posto alla dirigenza e allora vedranno. Non sono più un bambino, tra qualche mese compirò diciotto anni»

Dazai non poté evitare di sorridere. Quel microbo non sarebbe mai cambiato in nessun universo o ucronia. Non sapeva se esserene rincuorato o meno.

«Sei fortunato ad averli al tuo fianco» questa volta non riuscì ad esimersi dal commentare

Il Nakahara Chuuya che Dazai conosceva aveva sempre dovuto lottare da solo contro il mondo. In un certo senso, l'idea che il proprio partner potesse avere qualcuno che tenesse tanto a lui lo rincuorava.

Scosse la testa per l’assurdità dei propri pensieri. Stava diventando troppo sentimentale nei confronti di quella Lumaca. Preferì dare la colpa di tutto a quel futuro che mai avrebbe permesso potesse realizzarsi.

Dazai non avrebbe mai lasciato Chuuya in balia della propria Abilità. Lo aveva deciso tanti anni prima, nell’esatto momento in cui aveva assistito per la prima volta alla portata di quel potere. Non era più un Demone senza cuore, aveva promesso a Odasaku che sarebbe migliorato ma in nessun caso avrebbe abbandonato proprio partner. Fu questo pensiero a colpirlo, più di ogni altro.

«Prova a viverci insieme e poi ne riparliamo, altro che tentare il suicidio» sbottò il rosso incrociando le braccia. La conversazione tra i due stava procedendo e Dazai era intenzionato a non perdersi nulla di quello scambio.

«Scusami Chuuya ma in questo caso non posso essere dalla tua parte, so cosa significa essere un genitore e tu non hai certo un carattere facile da gestire» fu il solo commento di Oda,

«Quei due non fanno altro che litigare, fanno fronte comune solo quando si tratta di criticare una mia scelta» si lamentò il più giovane

«Sai bene cosa rappresenti per loro» esordì Dazai facendo improvvisamente calare il silenzio. L’ex dirigente aveva pronunciato quelle parole quasi senza riflettere, memore della chiacchierata avvenuta con Verlaine nella propria realtà. Sapere di come in quel mondo, le due spie avessero allevato Chuuya non era stata una novità, anche se avrebbero potuto lavorare di più sull’insegnamento delle buone maniere,

«Non mi sembra di avervi mai parlato di questa storia» confessò il rosso lanciandogli uno sguardo truce dopo aver terminato il proprio bicchiere di vino

«Conosci Dazai, per un membro dei servizi segreti, essere al corrente di certe informazioni è la prassi»

Inconsapevolmente Odasaku lo aveva salvato da una situazione pericolosa ma allo stesso tempo gli aveva fornito un'ulteriore prova a sostegno della propria tesi. In quella realtà Dazai aveva assunto il ruolo di Ango. Non nutriva più alcun dubbio al riguardo. Era una spia del Governo all’interno della Port Mafia ma anche un agente della Mafia infiltrato nella Mimic. Il solo pensiero gli provocava diversi capogiri. Doveva destreggiarsi tra quella posizione scomoda e al tempo stesso proteggere Odasaku. Rimpianse il fatto di non aver riposato qualche ora in più. Gli sarebbe sicuramente servito.

«Non mi piace che questo Sgombro conosca informazioni riservate»

«Il fatto che tu sia stato allevato da due ex spie dell’intelligence francese non è un segreto per nessuno» concluse Odasaku divertito,

«Così come tutti sanno del dirigente dal cuore d’oro che adotta gli orfani delle guerre della Port Mafia»

A quelle parole il cuore di Dazai perse un battito. In quella realtà Oda era un dirigente. Aveva colto un riferimento qualche minuto prima, quando avevano accennato ad una riunione ma fino all’ultimo aveva sperato di essersi sbagliato.

«Oggi sei fin troppo silenzioso questa cosa non mi piace, è sospetta» quando Dazai alzò il capo si trovò il volto di Chuuya ad una spanna dal proprio. Anche quella sensazione stava diventando familiare, così come il calore dal quale venne accompagnata.

«Ve l’ho detto è stata una giornata orribile» preferì continuare con quella recita, sperando che il rosso lasciasse perdere la questione.

«Propongo un brindisi, alle giornate orribili» se ne uscì Odasaku salvandolo da ogni impiccio. Dazai incrociò il suo sguardo. Non avrebbe mai potuto rassegnarsi alla morte di quell’uomo. Gli sarebbe bastato rincorrere in eterno quell’illusione per essere felice.

«Alle giornate orribili» rispose alzando il proprio bicchiere.

Come poteva lasciarlo andare?

Con la coda dell’occhio adocchiò Chuuya. Aveva ordinato un secondo bicchiere ed era pronto ad unirsi a loro.

Nonostante la tua faccia da schiaffi sei sempre stato un pessimo bugiardo.

Dazai preferì ignorare quella voce annegando qualsiasi altro pensiero in un sorso di scotch. Anche mentire a se stesso stava diventando sempre più difficile.

 

***

 

«Sei sicuro di non volere che ti accompagni fino a casa? Prima Chuuya non stava esagerando. Non hai un bell’aspetto Dazai» il moro sorrise di fronte a tutta quell’apprensione. Forse in un’altra occasione ne avrebbe gioito.

Odasaku era sempre stato così, sin dal loro primo incontro. Anche quando Dazai non era altro che uno sconosciuto non si era tirato indietro dall’aiutarlo, assecondando ogni sua richiesta o capriccio, prima con rassegnazione e poi con caparbietà.

Osamu Dazai era entrato come un gatto randagio nella vita di Oda Sakunosuke, sconvolgendola completamente. Con il senno del poi c’erano così tante cose alle quali il giovane dirigente avrebbe potuto prestare attenzione. Sin dal principio, Dazai si era rifiutato di lasciare andare quell’uomo, arrivando con il trascinarlo nella propria oscurità. Non lo aveva mai obbligato, né gli aveva puntato una pistola alla tempia, Odasaku aveva scelto di propria sponte di entrare nella Mafia. La loro amicizia, in fondo, era nata in seguito ad una serie di fortuite coincidenze. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare un simile epilogo per quella storia. Dazai era abituato a giocare morte, tanto da considerarla una fidata compagna, ma la brutalità con cui Oda era stato strappato alla vita lo aveva portato a percorrere quella crociata impossibile. La nera signora si era così trasformata nel nemico da sconfiggere e abbattere.

Fu in quel momento che la propria mente traditrice gli ripropose delle immagini della prima realtà visitata, quella in cui Odasaku era diventato uno scrittore. Dazai ricordò il sorriso che l’amico gli aveva rivolto un attimo prima della tragedia. Strinse i pugni, era simile all’espressione che in quel momento dipingeva il volto dell’Oda Sakunosuke ad un metro da lui. Si esibì nel più falso dei sorrisi.

«Saprò cavarmela. Piuttosto dovresti occuparti di quella Lumaca, è ubriaco fradicio» mormorò indicando Chuuya intento a vomitare dietro un cassonetto. Aveva perso il conto di quanti bicchieri si fosse scolato, probabilmente un’intera bottiglia.

«Sai quanto sia suscettibile riguardo al proprio passato» Dazai fece spallucce, per nulla pentito del proprio comportamento. Non era stata una critica né un ammonimento, solo una mera constatazione.

«Tutti noi abbiamo degli scheletri nell’armadio» ammise lanciandogli un’occhiata piuttosto eloquente,

«Oggi hai davvero un qualcosa di diverso» si scambiarono un’occhiata carica di sottintesi. Dazai avrebbe voluto aggiungere altro, raccontargli della propria storia ma l’eco dei propri errori passati lo portò a desistere. Abbassò il capo.

«Sarà un’impressione. Su ora va da lui» Oda esitò per un istante ma fece quanto detto,

«Buona fortuna a Nagano. Ci vediamo tra un paio di giorni» sussurrò prima di allontanarsi.

Dazai sorrise mentre osservava l’amico correre al capezzale di Chuuya, lo vide sollevarlo per poi caricarselo sulle spalle. Tra le braccia dell’ex sicario il possessore di Arahabaki sembrava ancora più piccolo. L’ex dirigente provò un leggero senso di fastidio al ricordo di quella realtà dove quei due erano amanti. Scacciò in fretta quel pensiero molesto e affrettò il passo. Avrebbe trascorso il resto della serata ad indagare su quel mondo. Sul proprio coinvolgimento con il Governo e la Port Mafia ma anche su quei Chuuya e Odasaku.

Raggiunse in pochi minuti l’albergo dove soggiornava. Aveva trovato una tessera magnetica nel proprio cappotto e così era risalito al proprio indirizzo. Anche in quello era simile ad Ango. Stesso modus operandi. Dazai si ricordava perfettamente di una telefonata tra lui e Odasaku avvenuta nel proprio mondo in cui veniva menzionata la residenza di quel traditore. Era stato in quell’occasione in cui Oda era caduto vittima di un agguato e in cui avevano recuperato i primi dettagli sul caso Mimic. Non fece in tempo ad entrare nell’edificio che venne raggiunto da un paio di uomini armati.

«Non mi aspettavo una vostra visita così presto» ammise divertito alzando le braccia, arrendendosi senza opporre resistenza.

Disponeva di meno tempo del previsto.


***

 

Tutto si era svolto secondo un copione già scritto. Solo gli attori principali che figuravano in quella tragedia sembravano essere stati sostituiti, riuscendo però a mantenere intatto lo spirito dell’opera originale.

Erano questi i pensieri che affollavano la mente di Dazai mentre veniva scortato fuori città. Nonostante fosse incappucciato, il moro era riuscito a scorgere ogni dettaglio del proprio rapimento, dal numero di uomini coinvolti, alla targa e modello dell’auto su cui stavano viaggiando. Anche la destinazione non fu difficile da immaginare, era la stessa del proprio mondo.

Dazai venne abbandonato in un edificio diroccato, dopo essere stato incatenato ad una sedia. I suoi rapitori non dissero nulla, limitandosi a posizionare ovunque cariche d’esplosivo.

Quando se ne andarono, intorno a Dazai scese un silenzio quasi irreale e per nulla piacevole.

La Mimic doveva aver appreso del proprio doppiogioco così aveva deciso di ucciderlo facendolo ardere tra le fiamme dell’inferno. C’era un che di ironico in quella situazione, anche se Dazai preferiva interrogarsi sulla propria sorte.

Nel suo mondo avevano salvato Ango grazie alle proprie capacità di deduzione. Dubitava che in quella realtà ci fosse qualcuno di altrettanto intelligente. Secondo quanto accaduto nel proprio universo, era altamente probabile che Mori avesse affidato l’onere del suo salvataggio a Oda e Chuuya. Ancora una volta l’amico sarebbe stato esposto ad un fuoco incrociato e allo stato attuale, lui non avrebbe potuto fare nulla per impedirlo.

Alzò di poco lo sguardo. La luna era alta nel cielo e una leggera brezza gli scompigliava i capelli. Se solo avesse potuto avrebbe azionato lui stesso il detonatore e fatto saltare in aria l’intero edificio. Con la morte di Dazai forse l’accordo tra Governo e Port Mafia sarebbe saltato. Era un’ipotesi fin troppo ottimista e semplicistica. Dazai così come nel suo mondo lo era stato Ango, non era altro un semplice impiegato, non aveva un tale valore, per nessuna delle due fazioni. La sua vita, così come la sua morte non avrebbero inficiato sul finale di quella storia. Lui non era che una mera comparsa in quella tragedia. Erano altri gli attori principali.

Un tempo Dazai lo avrebbe trovato meraviglioso ma in quel momento il pensiero di perdere nuovamente Odasaku non gli dava pace. Continuava a ripensare alla conversazione avvenuta al Lupin, ai loro sguardi. Non si sarebbe mai arreso al destino, se solo fosse servito avrebbe barattato la propria vita con quella dell'ex tuttofare. 

Chiuse gli occhi, immaginando la fine di quell’incubo. Sperando per l’ennesima volta in un epilogo differente.

 

***

 

Venne svegliato qualche ora dopo da Chuuya e dai suoi insulti lanciati direttamente contro le proprie orecchie.

«Sei davvero un idiota» a malincuore Dazai si trovò a sorridere,

«E questa non è nemmeno una delle cose peggiori che tu mi abbia detto» gli fece notare.

«Dovresti ringraziare Saku, se sono qui è solo per merito suo» Dazai annuì. Preferì non soffermarsi troppo su quel soprannome come sulle ipotesi che già avevano preso a farsi strada nella propria mente. Non aveva mai sperimentato la gelosia. Era un sentimento nuovo legato a ciò che provava per Odasaku e che mai era riuscito a confessare.

«Tra poco questo posto esploderà» si limitò a ribattere mentre il rosso utilizzava il proprio potere per liberarlo.

«Dimmi solo perché dovrei fidarmi di un bastardo doppiogiochista» ruggì contro il suo collo.

«Sai che sono sempre stato dalla parte della Port Mafia»

«Però ti sei infiltrato nella Mimic»

«Era un ordine del Boss»

Un’esplosione al piano inferiore li obbligò ad interrompere quel diverbio.

«Te l’ho detto non abbiamo molto tempo, Chuuya» ma il rosso non sembrava volerlo ascoltare,

«Sto per saltare dalla finestra, seguirmi o meno, la scelta spetta a te» la calma studiata con cui Dazai pronunciò quella frase ebbe solo l’effetto di innervosire di più il vessillo di Arahabaki

«Odio quando la metti in questi termini, con te non si tratta mai di una vera scelta»

«Devi solo fidarti di me»

«Ti odio»

Si guardarono negli occhi prima di gettarsi nel vuoto.


***

 

Oda era pensieroso. Grazie all’intervento di Akutagawa e della sua squadra era riuscito a catturare alcuni membri della Mimic e scoprire il luogo in cui Dazai era tenuto prigioniero. Più pensava a quella storia però e meno ne trovava un senso.

Dazai doveva essersi infiltrato in quell’Organizzazione su ordine del Boss, non poteva esserci altra spiegazione. Era quello il motivo che aveva spinto Mori ad affidare a lui e Chuuya quel caso. Anche se in realtà era stato il possessore di Arahabaki a ricevere quell’incarico e il dirigente aveva finito con l’esserne coinvolto.

Nonostante il possessore di Arahabaki urlasse ai quattro venti di odiarlo, Oda sapeva di quanto in realtà tenesse a Dazai e lo stesso si poteva dire di lui.

Durante l’ultima serata trascorsa insieme al Lupin, il moro gli era sembrato in qualche modo diverso. Era silenzioso e quasi sofferente. Forse era già a conoscenza del proprio rapimento? O semplicemente se lo aspettava? Dazai si era ribellato ad un ordine dei piani alti? Non se la sentiva di escludere nessuna di quelle opzioni.

Nel frattempo aveva raggiunto una delle sale riservate della Port Mafia per presenziare all’ennesima riunione d’emergenza. Non fu sorpreso di trovare già una persona seduta ad attenderlo.

«Oggi sei in anticipo» gli fece notare Kouyou iniziando a giocherellare con il proprio ventaglio. Oda aveva imparato a proprie spese di dover fare attenzione a quella donna, Ozaki Kouyou sapeva sempre di più di quello che lasciava a intendere.

«Sto lavorando ad una missione, ero per strada quando ho ricevuto la convocazione» si limitò ad ammettere, cercando di simulare disinteresse. Si trovava insieme a Chuuya nel momento in cui Mori lo aveva informato della riunione. A malincuore aveva lasciato l’onere del salvataggio di Dazai proprio al possessore di Arahabaki ed era questo pensiero a tormentarlo. Sperò che tutto si fosse risolto per il meglio e che entrambi stessero bene.

«Stai forse parlando del rapimento di quel tuo amico?» c’era d’aspettarselo, Kouyou era la migliore nel reperire informazioni.

«Dazai è solo un compagno di bevute» rispose forse troppo in fretta. La donna gli sorrise,

«Come vuoi, anche se non ti ho mai visto assumere un’espressione tanto preoccupata. Se fosse rivolta a me ne sarei lusingata ma purtroppo non hai mai accettato nessuno dei miei inviti» il dirigente abbassò il capo colpevole.

«Mi spiace, ma non sono preoccupato visto che al momento se ne sta occupando Chuuya»

«Cosa c’entra Chuuya?» Verlaine era comparso sulla soglia e ovviamente si era intromesso in quella conversazione. Rimbaud alle sue spalle si limitò a sorridere a entrambi,

«Perdonatelo ma è da un paio di giorni che non abbiamo sue notizie» spiegò a mo’ di scusa,

«Oh si l’ho ospitato a casa mia» di fronte all’espressione omicida del francese, Oda si affrettò ad aggiungere,

«Stiamo lavorando a un caso piuttosto complesso, c’entra un’organizzazione europea, forse voi saprete illuminarmi»

«Se possiamo essere di un qualche aiuto» rispose il moro prendendo posto accanto al dirigente dai capelli rossi.

«Si chiama Mimic, per ora è tutto ciò che sono riuscito ad estrapolare da uno dei nostri ostaggi»

«Il loro capo si chiama André Gide e possiede un’Abilità simile alla tua» iniziò a spiegare Rimbaud stupendo i presenti ad accezione di Verlaine che assunse un’espressione a metà strada tra l’irritato e l’offeso.

«In che senso simile?» domandò Oda

«Può vedere di qualche secondo nel futuro» il sicario non poteva credere alle proprie orecchie,

«Più che simile direi che è uguale» mormorò Kouyou tornando a giocherellare con il proprio ventaglio mentre nel frattempo l’ex spia si toglieva dall’ingombro di sciarpa e cappotto.

«Che altro sapete dirmi?» Oda stava iniziando a preoccuparsi,

«Gide e i suoi uomini facevano parte di gruppo mercenari che operava durante la Guerra in Europa»

«Li avete mai incontrati?» i due francesi si scambiarono una lunga occhiata,

«Abbiamo incontrato un sacco di gente in quel periodo» tagliò corto Rimbaud

«Quel conflitto ha cambiato per sempre le sorti di questo mondo insieme all’opinione riguardo alle persone dotate di Abilità Speciali» fu il pacato commento di Kouyou. Gli strascichi di quel conflitto ogni tanto tornavano ad intaccare il presente.

«Gide operava principalmente sul fronte tedesco» si intromise Verlaine, come se si fosse appena ricordato di un qualche dettaglio importante,

«Non avete idea del perché ora si trovi in Giappone?»

«Gide è un mercenario starà lavorando per qualcuno»

«Voglio sapere cosa c’entra Chuuya con questa storia» di fronte all’ennesimo intervento del biondo, Rimbaud si limitò ad alzare gli occhi al cielo.

«Un nostro amico è stato rapito e il Boss ci ha affidato il compito di recuperarlo»

Verlaine sembrò accettare quella spiegazione. Mori Ougai scelse quel momento per fare la propria comparsa sulla scena,

«Bene. Visto che ci siete tutti direi che possiamo iniziare con la riunione»

Odasaku si mise a sedere ripensando alle informazioni ottenute dai due francesi.

Dazai era stato incaricato di indagare sulla Mimic e per questo rapito ma c’era qualcos’altro che non tornava in quella storia. Chi mai poteva aver aiutato Gide e i suoi uomini ad entrare nel Paese? Se veramente erano dei mercenari dovevano vantare amicizie potenti.

Non era una missione come le altre, il suo sesto senso gli suggeriva di non abbassare la guardia. Lanciò una breve occhiata in direzione di Mori, doveva molto a quell’uomo anche se al momento il suo nome figurava in cima alla lista dei propri sospettati.

 

***


Dazai avvertiva dolore ovunque.

«Dannazione sono ancora vivo» riuscì a mormorare rotolando su un fianco e andando a urtare contro qualcosa, o meglio qualcuno

«Certo che lo sei» Chuuya lo fissò in cagnesco, come se non fosse affatto felice della cosa.

«Ogni tanto rimpiango il fatto che la mia Abilità annulli la tua, avrei preferito una caduta più dolce» sbuffò prendendo a massaggiarsi il fondoschiena

«Non sei tu quello che adora giocare al suicidio? Quando ti ho dovuto recuperare perchè eri rimasto impigliato in un albero non hai fatto tutte queste storie»

«Ora come ora vorrei solo potermi suicidare insieme alla persona che amo»

Dazai si accorse un secondo troppo tardi del senso di quelle parole, precisamente quando vide un’espressione scioccata comparire sul volto di Chuuya,

«Ami qualcuno eh?» lo provocò

«Amo ogni donna del pianeta»

«Non avrei mai pensato che un idiota spreco di bende come te potesse provare un sentimento simile, o forse questa non è altro che l’ennesima menzogna dannato spione?»

Dazai alzò le spalle.

«Pensala come ti pare»

«Diresti lo stesso se al mio posto ci fosse Saku?»

«Cosa c’entra Odasaku?»

«Nulla lascia perdere. Allora mi vuoi spiegare che cazzo sta succedendo con questa Mimic? Davvero fai il doppio gioco per questi bastardi?»

Dazai tornò serio.

«Cosa sai di loro?» Chuuya sembrava disporre di parecchie informazioni, poteva approfittarne

«Gli ostaggi torturati da Akutagawa ci hanno fornito solo questo nome, non so dirti altro» l’ex dirigente prese un lungo respiro, se i suoi calcoli erano esatti non gli rimaneva molto tempo,

«Devi tenere Odasaku il più possibile lontano da loro» Chuuya sgranò gli occhi, odiava ricevere ordini soprattutto da una nullità come Dazai

«Perchè mai? Nel caso te ne fossi scordato Saku è un dirigente»

«Non possiedi l’Oracolo d’Argento

«Non lo userei mai» sbottò offeso, «ha accettato di darmi una mano solo perché si trattava di te» Dazai avrebbe voluto gioire per quella notizia ma quel costante senso di preoccupazione per la vita di Oda glielo impedì.

Anche in quella realtà le pedine sulla scacchiera si stavano allineando seguendo una logica e un ordine preciso.

«André Gide, il leader della Mimic possiede la stessa Abilità di Odasaku. Ti prego Chuuya devi tenerlo il più possibile lontano da quell’uomo, non permettere che si incontrino o affrontino. Devi promettermelo» non gli importò di apparire folle o disperato.

Chuuya era la sua unica possibilità.

In quel momento una palla entrò nel proprio campo visivo. Dazai ne seguì il percorso fino a quando questa non andò ad arrestarsi ai piedi del mafioso dai capelli rossi.

«E questa da dove cazzo viene?» sbottò Chuuya prima di chinarsi a raccoglierla. Fu questione di pochi istanti, sentì improvvisamente le palpebre farsi pesanti e un leggero cerchio alla testa.

«Veleno?» riuscì a dire mentre con l’ultimo barlume di lucidità osservava Dazai sparire nella boscaglia affiancato da un gruppo di uomini armati.

«Perdonami Chibi ma era l’unico modo. Ti affido Odasaku. Non mi deludere»

«Vaffanculo stronzo»



 

 

  
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