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Autore: Ashla    06/11/2023    0 recensioni
All'apparenza, Daichi Sawamura è un ragazzo come tanti, ma la verità è che ha un'indicibile segreto: è Spiderman.
E quando, una notte, può decidere se svelare o meno l'identità del tanto bello quanto misterioso Gatto, Daichi si ritrova in dubbio: smascherarlo o non smascherarlo? È questo il problema che lo assilla.
Chissà...magari tu che leggi puoi aiutarlo.
[Spiderman!Au]
[Questa storia partecipa a "Tra bivi e porte scorrevoli" che ho indetto sul forum "Ferisce la penna"]
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daichi Sawamura, Koushi Sugawara
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Attenzione: questo capitolo contiene le conseguenze della scelta di non smascherare il Gatto, si vada al prossimo se si vuole leggere ciò che accade se Daichi sceglie di smascherarlo.
 
 

Oltre la maschera

(Daichi non smaschera il Gatto)

 
 

Daichi sbuffa incerto: smascherarlo o non smascherarlo?
Vorrebbe davvero farlo, vedere chi si cela dietro quel costume nero, scoprire se è davvero bello come lo immagina.
Gli sembra però così ingiusto, così sleale.
Soprattutto visto che l’altro, per evitare che venisse svelata l’identità segreta di Daichi, si è inimicato tutti i super cattivi della città, o almeno quelli che lavorano per Testa di Martello.
Non c’è infatti dubbio che Poisonous e Rhino abbiano fatto rapporto al loro capo sul tradimento del Gatto e che, arrivati a quel punto, il ladro sia solo e braccato da tutta la malavita della città.
Il Gatto è tante cose, ma alla fine è solo un umano con gadget super tecnologici fornitegli dallo stesso Testa di Martello.
Senza di essi come potrebbe sperare di difendersi dagli attacchi futuri da parte della gang?
Da parte sua, Daichi non può fare a meno di volerlo al sicuro.
Solo… come?
Forse potrebbe togliergli la maschera e ricattarlo per allontanarlo dalla città.
Sì, sarebbe la cosa migliore da fare.
Allunga la mano.
Tentenna: forse sarebbe la cosa migliore, ma resta il fatto che è comunque così disonesta.
Accade tutto in un istante.
Gli occhi ambrati del Gatto si schiudono appena ma, al veder quella mano protesa a pochi centimetri dal viso, in un attimo si spalancano terrorizzati e il Gatto rotola via con una velocità sorprendente.
Finisce per sbattere contro il muro e, imprecando, si rannicchia dandogli le spalle.
Daichi si sporge verso di lui, sfiorandogli la spalla.
«G-Gatto?»
L’altro lo scosta e poi scatta a sedere: nel suo sguardo c’è il fuoco.
«Cosa stavi pensando di fare, eh!?»
Al ringhio roco, Daichi alza le mani in segno di resa e si riaccomoda sulla sedia.
«Scusa. Davvero, io non…»
«L’hai tolta?»
L’eroe scuote il capo in segno di diniego.
«No! Non lo nasconderò: ero tentato, ma non l’ho tolta».
Per un istante il Gatto lo guarda con gli occhi assottigliati, diffidente, poi sospira, annuisce appena e posa la schiena contro il muro alle sue spalle, chiudendo gli occhi mentre si massaggia la fronte con due dita guantate.
«Stai bene?»
C’è un secondo di silenzio.
«Vuoi la verità? No, mi sento uno schifo. Che è successo?»
«Poisonous ti ha avvelenato, ti ha iniettato una siringa intera».
Gli occhi ambrati si sgranano ancora una volta e la mano libera scivola sul collo insieme allo sguardo di Daichi: il nastro nero con il campanellino è stato tolto e i segni rossi del tentato soffocamento e della puntura ricoprono la pelle altrimenti candida.
«Beh… questo spiega tutto».
Non parla più nessuno e qualche istante dopo il Gatto, nonostante gli occhi lucidi e arrossati, comincia ad esaminare la stanza con uno sguardo tale da far venire i brividi a Daichi.
Sembra che l’altro stia analizzando ogni centimetro della camera e il proprietario si chiede se non avesse dovuto togliere più robe ancora: magari i libri sugli scaffali e l’anonima felpa sulla scrivania.
«Siamo in casa tua?»
Potrebbe mentire? Magari dicendo che è solo uno dei tanti rifugi sicuri che ha sparsi per la città.
«Sì».
Un secondo di silenzio poi una sonora risata che si trasforma in fretta in uno scoppio di tosse.
Sotto la maschera, Daichi sgrana gli occhi.
Si affretta a passargli il bicchiere d’acqua che aveva in precedenza messo sul comodino.
Il Gatto sorseggia in silenzio per qualche secondo, poi gli sorride divertito.
«Davvero, ragnetto? Porti sempre i nemici in casa tua?»
Daichi fa spallucce.
«Solo quelli che combattono con me per difendere la mia identità segreta».
Il Gatto ci pensa su e sembra essersi convinto della sua logica perché annuisce.
«Sai essere proprio uno sciocco quando vuoi, ma… grazie».
Gli sorride e il cuore di Daichi perde un battito, colpito dalla sincerità che dimostra quell’espressione.
Per un istante nessuno dei due parla.
«Gatto… non dovresti più farlo».
Il ladro alza lo sguardo battendo piano le palpebre che sembrano intenzionate a chiudersi e il giovane super eroe stenta a riconoscerlo tanto l’altro sembra stanco.
«Cosa?»
«Farti vedere in giro come Gatto. Ora la gang di Testa di Martello si vorrà vendicare su di te».
Alle parole di Daichi, le labbra dell’altro si aprono in una piccola o, dura un istante poi un lieve sorriso divertito gli illumina a malapena il volto affaticato.
«Dì la verità, ragnetto: ti vuoi togliere dai piedi un avversario troppo bravo».
L’eroe ridacchia e finge di pensarci.
«Può essere… sì».
Il Gatto sorride e chiude gli occhi posando la nuca contro il muro poi, qualche istante dopo, la sua espressione si incupisce.
«Non posso».
«Come no? Perché?»
Daichi riceve uno sguardo diffidente, ma dopo il ladro sospira.
«Tu non capisci, mi servono soldi».
«Perché? Non c’è un modo più onesto?»
Il Gatto scuote piano il capo e distoglie lo sguardo, fissando la trapunta azzurra.
«Costa troppo».
È un sussurro a mala pena udibile, ma il giovane eroe riesce a sentirlo e si sporge in avanti incuriosito.
«Costa troppo?»
«Ho… ho spese importanti da sostenere. I lavori onesti non pagano abbastanza».
Sotto la maschera, Daichi si mordicchia il labbro pensoso.
Gli tornano in mente la collana rubata dal museo e i soldi che Poisonous ha dato all’altro per aver svolto il suo compito di attirarlo in trappola.
«Tra collana e contanti quanto avrai?»
Il Gatto tace per un istante.
«Un paio di mesi, forse tre se mi gestisco bene».
«Se ti lascio tenere i soldi e la collana tu…»
«Mi lasceresti tenere il mio bottino, ragnetto? Non è molto da supereroe».
«Non è neanche da cattivo difendere la mia identità segreta».
Si scambiano una lunga occhiata e, quando è chiaro che l’altro non ha intenzione di ribattere, l’eroe riprende.
«Dicevo… se ti lascio tenere la tua refurtiva, smetterai di rubare? Ti puoi trovare dei lavori onesti più remunerativi, sei pieno di risorse, non deve essere difficile per uno come te».
«Perché lo faresti?»
Già, perché?
Se lo chiede anche il giovane eroe. È consapevole dei furti dell’altro e sa quale sarebbe la giusta pena ma, di nuovo, non vuole condannarlo al carcere, non dopo che l’ha salvato.
Se fosse sincero con sé stesso, ammetterebbe quello che prova per il ladro, così capace di fargli perdere la testa, ma non lo fa e cerca di ignorare qualunque sentimento che non sia la gratitudine che prova nei suoi confronti.
«Mi hai salvato la vita, la vita dei miei cari. Alla fine sei una brava persona e non meriti di ritrovarti contro la gang di Testa di Martello».
Il Gatto sospira e per un secondo Daichi teme che stia per dire di no alla proposta ma poi, sorprendendolo, annuisce.
«Ci posso provare. Tanto anche volendo rubare non ho quasi più gadget per farlo».
Il giovane eroe ringrazia in silenzio la sorte, felice che per una volta sia a suo favore.
«Non ti assicuro niente, ragnetto. Ho ancora bisogno di soldi e non esiterò a riprendere se lo riterrò opportuno».
Ecco, era troppo bello per essere vero.
Daichi si lascia sfuggire un sospiro affranto.
«Immagino di dovermi accontentare».
Il ladro incrocia le braccia al petto.
«Immagini bene. Allora ora che si fa, ragnetto? Mi riporti a casa? O mi inviti per colazione?»
Per un solo istante, l’immagine del Gatto che mangia biscotti al tavolo della cucina gli balena in mente e Daichi ridacchia per poi scuotere il capo in segno di diniego.
«Mi spiace, niente colazione insieme».
«Peccato».
Daichi sorride e con una ragnatela prende una vecchia sciarpa, che di proposito aveva tirato fuori.
«Ti devo bendare».
Il Gatto annuisce e si sposta in avanti sul letto prima di girarsi dandogli la schiena per facilitargli il compito.
«Forse non sei così sciocco come credevo».
L’eroe alza gli occhi al cielo divertito e procede a bendarlo poi, dopo essersi assicurato di averlo fatto bene, lo aiuta ad alzarsi e lo prende in braccio, facendosi dire dove andare.
Quasi inconsapevole, trattiene il respiro quando le gambe dell’altro gli circondano la vita e il suo volto si posiziona nell’incavo del collo.
Se il Gatto lo nota, però, non fa commenti a riguardo, limitandosi a dargli il luogo della loro destinazione prima di tacere.
Escono dalla finestra con cautela e, complice il sole che non è ancora sorto, riescono ad allontanarsi non visti dalla casa.
Solo più tardi, quando Daichi è a qualche isolato di distanza, comincia a piroettare tra un’oscillazione e l’altra per mascherare ancora di più la strada anche se è quasi convinto che l’altro si sia appisolato.
Dopo l’ennesimo volteggio, il Gatto sbuffa.
«Mi stai facendo venire la nausea, ragnetto. Se ti vomito addosso non ti lagnare».
Daichi ridacchia e rallenta un attimo le oscillazioni mentre lotta con l’impulso di stringerlo più a sé.
Si fermano mezz’ora dopo, sul tetto piano di un vecchio magazzino abbandonato nella zona industriale.
«Sicuro che vada bene qui?»
Chiede l’eroe cercando di mascherare la sensazione sgradevole che prova a causa dell’assenza del calore dell’altro contro il suo corpo.
Il Gatto si guarda intorno con attenzione e annuisce.
«Non posso mica invitarti a casa mia… io».
Il ladro gli sorride divertito e Daichi sa già che gli mancherà quell’espressione, sospira.
«Giusto».
Per un attimo c’è un imbarazzante silenzio, poi il giovane eroe prende l’iniziativa.
«Stai attento».
«Hey, non sono io il supereroe qui».
Ridacchiano entrambi.
Quando smettono, Daichi si porta una mano alla nuca esitante, dovrebbe andarsene ma non riesce, non vuole credere che quella rischia di essere l’ultima volta che vedrà il Gatto.
Certo, è meglio così e l’ha convinto lui a proteggersi, ma non riesce a non sentirsi un po’ male all’idea di non incontrarlo più se tutto va bene.
«Dovresti andare».
Sono le parole del ladruncolo ad attirare la sua attenzione e lui annuisce, non potendo però non sentirsi deluso dal comportamento dell’altro.
Forse era un po’ infantile, ma sperava che quell’ultimo saluto andasse in maniera diversa, che durasse un po’ di più.
Annuisce.
«G-giusto, sì. Ciao».
Daichi si volta e fa per andarsene quando una mano lo blocca, stringendogli il polso, e lui si volta confuso e allo stesso tempo imbarazzato verso il Gatto che gli regala un sorriso malizioso.
«Stavo pensando… dovrei quanto meno ringraziarti, no?»
«Uh… ecco…»
Le mani del Gatto scivolano lungo il suo petto, facendolo arrossire, e si fermano sotto il mento, dove la maschera incontra la tuta.
Un secondo, poi l’altro comincia a spostargli il pezzo di stoffa che gli cela il viso.
Daichi si irrigidisce e gli stringe i polsi tirandosi appena all’indietro.
«Tranquillo ragnetto, solo la bocca. Parola di micio».
Sussurra divertito il Gatto e l’eroe molla la presa quasi senza rendersene conto, trattenendo il fiato mentre l’altro torna ad alzare la maschera e si ferma proprio dove aveva detto.
Per un istante non succede nulla, poi le labbra del rivale incontrano le sue e il cuore di Daichi prende a battere furioso mentre le orecchie gli ronzano più forti di qualunque senso di ragno.
È un secondo solo, veloce il contatto si spezza, lasciandolo imbambolato a portarsi una mano sulla bocca.
L’altro l’ha baciato.
Riesce a pensare solo a quello mentre sente le guance scaldarsi e una sensazione di calore piacevole invadergli il petto.
Realizza forse, anzi sicuro, troppo tardi perché quando batte le palpebre non c’è più nessun altro sul tetto.
Il Gatto se ne è andato.
Daichi non sa che fare: una parte di lui vorrebbe solo seguirlo per baciarlo ancora, un’altra non riesce a muoversi mentre cerca di comprendere fino in fondo quello che è appena accaduto e ciò che ha provocato in lui.
Sospira e stringe a sé la sciarpa con cui aveva bendato l’altro mentre cerca di capire.
Si è davvero innamorato del Gatto?
 
 
Quella domanda lo perseguita per tutto il fine settimana, ma quando il lunedì mattina Daichi si avvicina propria classe, il dubbio è un altro: i suoi amici saranno ancora arrabbiati con lui?
Per sua fortuna, Hayato e Michimiya sembrano aver perdonato la sua assenza alla partita della ragazza perché gli vanno incontro mentre entra in aula.
«Eccoti! Ci deve essere qualche brutto malanno in giro, ma almeno tu sembri essere guarito del tutto».
Daichi guarda Michimiya confuso e lei si limita ad indicare qualcosa, o meglio qualcuno, con un cenno di capo che l’altro segue con lo sguardo: Sugawara è chino sul banco e sembra dormicchiare con la testa sulle braccia incrociate.
«Quando è entrato in classe ho preso un colpo, sembra che sia appena tornato dall’aldilà».
Sbotta Hayato, incrociando le braccia al petto, e Yui annuisce con un’espressione preoccupata in volto.
«Già, però insiste a dire che sta bene».
I tre rimangono a fissare l’altro fino a quando un colpetto di tosse li fa voltare.
Il professore è fermo sulla soglia e li guarda in attesa.
Gli amici si affrettano ad andare al proprio posto e, passando vicino a Sugawara, Daichi gli sfiora una spalla per svegliarlo.
Il ragazzo dai capelli cinerei scatta seduto e si guarda intorno con gli occhi sgranati e in stato di allerta, nonostante le profonde occhiaie.
Daichi si affretta a sorridergli seppur stupito da quella reazione esagerata da parte dell’altro.
«Scusa, è arrivato il professore».
A quel sussurro, Sugawara sembra calmarsi, gli sorride dolce e si alza lasciandosi sfuggire un piccolo sbadiglio.
Sedendosi al proprio posto, Daichi lo fissa in silenzio con lo sconcerto per quanto accaduto che si mescola alla preoccupazione che prova per il compagno di classe.
Se sta così tanto male perché è a scuola? Non poteva rimanere a casa?
Durante le lezioni del giorno, di tanto in tanto lo guarda di sottecchi, ottenendo solo sbuffi da parte di Hayato che deve ormai ritenerlo innamorato di Sugawara.
«Sawamura, con chi farai il lavoro di gruppo?»
A quelle parole, Daichi sobbalza e distoglie lo sguardo dal ragazzo dai capelli cinerei, fissando invece il professore dell’ultima ora della mattina.
Esita e si guarda intorno alla ricerca di un possibile candidato.
Hayato sospira esasperato per poi tirargli una gomitata, indicando con un piccolo cenno di capo Sugawara.
«Con… Sugawara?»
Sembra più una domanda che un’affermazione tanto che il compagno di classe si volta a fissarlo confuso, prima di annuire grato mentre il professore approva il gruppo e passa oltre.
«Magari è la volta buona che ti confessi».
Gli sussurra l’amico e Daichi si limita ad alzare gli occhi al cielo, non sapendo come fargli capire che non prova niente per l’altro.
La lezione finisce in fretta e, dopo un veloce pranzo, Michimiya e Hayato lo lasciano solo, desiderosi di cominciare la ricerca.
Daichi rimane così da solo in classe, o meglio... quasi solo, perché quando si guarda intorno scopre che anche Sugawara è rimasto.
Lo osserva in silenzio: il suo panino giace abbandonato sul banco e il ragazzo è di nuovo chinato sulla scrivania, con il capo sulle braccia incrociate.
Solo che, a differenza di quella mattina, il volto del compagno di classe è voltato verso di lui che può quindi vedere l’espressione tranquilla.
L’altro sembra così vulnerabile e Daichi vorrebbe solo prenderlo, avvolgerlo in una coperta e portarlo al sicuro.
Il giovane eroe arrossisce a quel pensiero saltato fuori dal nulla e si affretta a scacciarlo con un cenno di mano, prima di andare a sedersi al contrario sulla sedia del banco davanti a quello del ragazzo.
Per qualche istante lo fissa in silenzio indeciso sul da farsi: svegliarlo o non svegliarlo?
È la seconda volta nel giro di pochi giorni che ha un dubbio davanti ad una persona dormiente.
Allontana anche quella riflessione, deciso a non pensare al Gatto, e poi chiama il compagno di classe con un sussurro non volendo farlo sovra reagire come ad inizio della giornata.
Dopo un paio di richiami, Sugawara alza piano il capo e batte le palpebre disorientato, poi lo vede e accenna ad un lieve sorriso.
«Hey…»
Daichi aggrotta le sopracciglia per il tono di voce dell’altro che gli sembra diverso dal solito.
Il compagno di classe sembra svegliarsi un po' di più e tossicchia portandosi una mano al collo e alla sciarpa azzurra che lo copre.
«Ciao, scusa, devo essermi appisolato. Cosa posso fare per te?»
Daichi, sentendosi in colpa per averlo svegliato, si gratta la nuca.
«Uh, volevo chiederti se possiamo già accordarci per il lavoro di gruppo, ma se vuoi ti lascio riposare».
«Nono, va bene, Sawamura. Quando e dove?»
 
 
Il giorno dopo, Daichi apre la porta della propria camera e si sposta di lato per far passare Sugawara.
«Vieni, accomodati».
Dice Daichi, ma l’altro rimane fermo, guardandosi intorno con gli occhi sgranati poi, dopo qualche istante si ricompone e tossicchia imbarazzato.
«Scusa, è che… è grande quasi contro il mio appartamento».
Daichi non sa come rispondere a quella frase perché ha visto stanze ben più grandi rispetto alla sua misera cameretta e di certo non si aspettava un commento del genere da parte del compagno di classe.
Per un attimo è sul punto di chiedergli dove abiti, ma poi nota che c’è solo una sedia e sospira.
«Perdonami, mi sono dimenticato di portare su una sedia in più. Accomodati pure, arrivo subito».
Si affretta ad uscire dalla camera, ancora confuso dalle parole dell’altro, e quando torna lo trova seduto alla scrivania, così intento a fissare qualcosa da non voltarsi neppure.
Si avvicina in silenzio e il suo sguardo scivola sulla superficie piana e sull’oggetto abbandonato su di essa.
La sciarpa con cui aveva bendato il Gatto è ancora lì, macchiata d’argento.
Perché quegli splendidi capelli non sono mai stati naturali, non che Daichi avesse qualche dubbio a riguardo, ma da quando ne ha la prova evidente non può non chiedersi di che colore siano davvero.
Scuote piano il capo, cercando di cacciare via quel pensiero per concentrarsi sul compagno di classe e su ciò che devono fare insieme.
«Sugawara».
Gli poggia una mano sulla spalla e l’altro, sobbalza accorgendosi infine della sua presenza.
«Scusa, stavo pensando».
Daichi annuisce e, sistemata la sedia, si accomoda al suo fianco, lanciando via la sciarpa sul letto nella speranza di riuscire a dimenticarsi del Gatto che, da quando se n’è andato, continua a tornare nei suoi pensieri a tradimento.
Il giovane eroe si ancora al presente, fissando il compagno di classe che in quei giorni pare non essere in sé, ma forse è solo perché è stato male durante il fine settimana.
«Brutto pensiero, Sugawara?»
Il ragazzo gli lancia uno sguardo indecifrabile, poi accenna ad un sorriso e scuote il capo.
«No, tranquillo. E comunque puoi chiamarmi solo Suga».
«Oh… allora chiamami Daichi».
Si sorridono.
«Bene, Daichi, allora iniziamo, ti va?»
C’è qualcosa di diverso nel tono di Suga e Daichi, a sentir pronunciare il suo nome in quel modo, viene percorso da un piccolo fremito e distoglie l’attenzione, sentendo le sue guance riscaldarsi.
Una risatina contenuta riempie il silenzio che si è creato dopo la domanda.
«Lo devo prendere come un sì? Il gatto ti ha mangiato la lingua?»
Daichi tossicchia imbarazzato.
«S-Sì, iniziamo».
Cominciano così il lavoro di gruppo e il giovane eroe non può non rimaner sorpreso dal compagno di classe che non sembra più così timido e silenzioso come in classe, ma si dimostra pronto a scherzare e stuzzicarlo con aria bonaria ogni volta che fanno una pausa.
Stanno studiando da un ore quando il cellulare di Sugawara, o meglio Suga, squilla e il ragazzo subito si affretta a rispondere.
«Hey, fratellino».
Daichi si lascia sfuggire un piccolo sorriso a quelle parole e si allontana, facendo capire a cenni all’altro che sta andando a prendere dell’altra acqua, per dare ai due la privacy necessaria che il suo super udito non garantisce.
È ancora in cucina quando, cinque minuti dopo, Suga lo raggiunge con lo zaino in spalla.
«Scusami, devo proprio andare o finisce l’orario di visita».
Daichi rimane confuso a quell’affermazione: orario di visita? Suo fratello è in ospedale o cosa?
Il compagno di classe sembra leggergli nella mente perché annuisce.
«Sì, il mio fratellino è in ospedale. Beh, grazie… per tutto».
Suga gli sorride e Daichi, mentre lo accompagna alla porta, ha l’impressione che ci sia qualcosa che gli sfugge, ma non riesce proprio a capire cosa.
Perché ringraziare? Non ha fatto niente di che.
«Ci vediamo domani, Daichi».
Dice Suga e si allontana lungo il vialetto.
All’improvviso si ferma, si volta per tornare veloce sui suoi passi e, prima ancora che Daichi possa chiedergli qualcosa, gli lascia un veloce bacio sulla guancia per poi, come se nulla fosse, andarsene, lasciandolo immobile a fissarlo dal pianerottolo.
 
 
Sabato sera, Daichi si guarda allo specchio e si sfiora la guancia che Suga gli ha baciato ad inizio settimana.
Non ne hanno più parlato; per tutta la settimana si sono visti a scuola, ma di quello strano saluto non n’è stata fatta alcuna menzione, né Suga non ha compiuto più nulla di così strano.
Anche se, almeno nei suoi confronti, si è dimostrato più libero e aperto, tanto da suscitare la curiosità di Hayato e Michimiya, ormai simili a delle vecchie pettegole visto quanto hanno continuato ad insistere per scoprire come mai l’altro sembrasse diverso in sua presenza.
I suoi amici si sono convinti che ci fosse qualcosa tra di loro e non c’è stato modo di far cambiare loro idea.
Daichi sospira a quel pensiero, poi sbadiglia e, strofinandosi i capelli con l’asciugamano, esce dal bagno dirigendosi in silenzio verso la propria camera.
Escludendo lo strano comportamento di Suga, la settimana è andata più che bene e di super cattivi non c’è stata nemmeno l’ombra quindi può dirsi felice di quella pausa inaspettata, anche se ammette che è abbastanza confuso e la cosa lo preoccupa un po’.
Arrivato alla porta, un brivido lo percorre bloccandolo prima che possa abbassare la maniglia, si acciglia nel buio del corridoio e rimane in attesa.
Dalla stanza proviene solo un brusio indistinto della radio lasciata accesa in precedenza, nulla lascia presagire il motivo del risveglio del suo senso di ragno.
Daichi sospira e scuote il capo: è solo stanco e una volta andato a letto tutto si sarebbe risolto.
Entra in camera e per un attimo rimane nella penombra poi, all’improvviso, la luce sulla sua scrivania si accende senza che lui abbia fatto nulla.
«Hey, ragnetto…»
Quella voce così familiare e, allo stesso tempo, estranea in quel contesto fa sussultare Daichi che si volta verso di essa con gli occhi sgranati.
Il Gatto è nella sua stanza e se ne sta mezzo seduto contro la scrivania, fissandolo con un debole sorriso divertito sulle labbra.
«C-chi sei?»
Chiede, fingendo di non riconoscerlo, mentre il suo cuore batte veloce.
La vera domanda è però un’altra: come ha fatto il Gatto a trovarlo?
Credeva di essere stato abbastanza attento nel portarlo fuori dalla camera quindi non riusciva proprio a capire.
«Dai, ragnetto, non prendermi in giro. O basta qualche giorno di assenza per dimenticarmi?».
Il ladro ridacchia, ma ben presto la risata si trasforma in un gemito e lui si piega appena in avanti stringendosi un braccio intorno al ventre mentre con la mano libera si tiene ancorato al bordo della scrivania lasciando del rosso su di essa.
Sangue.
Il cuore di Daichi perde un battito a quella realizzazione e si muove in avanti di un passo prima di immobilizzarsi.
Andare a soccorrere un noto criminale non è una cosa che un normale cittadino farebbe, ma l’altro è ferito, ha bisogno di lui.
Cosa deve fare? Come si deve comportare?
«Ragnetto… Daichi».
La voce spezzata del Gatto lo riscuote dai suoi pensieri e Daichi alza lo sguardo sentendo il cuore impazzire: quel secondo richiamo gli risulta così familiare eppure non riesce ancora a collocarlo.
Il Gatto stacca a fatica la mano dal ventre e se la porta al viso, sfiorando il bordo della maschera.
Daichi deglutisce a vuoto capendo ciò che sta per succedere.
Il braccio del ladro ricade, incapace di svolgere quel semplice compito; il suo capo crolla in avanti e l’intruso barcolla.
«Daichi…»
Il petto del ladro si muove convulso, il suo corpo trema eppure non si arrende e si stacca dal sostegno fornitogli dalla scrivania per fare qualche passo verso il padrone di casa che lo fissa immobile.
Accade quello che mai Daichi si sarebbe immaginato: l’aggraziato Gatto inciampa nel nulla.
Incespica sui suoi stessi piedi e sarebbe di certo crollato a terra se Daichi non si fosse fiondato ad afferrarlo: lo stringe tra le sue braccia, arrestando la rovinosa caduta, mentre lo chiama preoccupato.
Il Gatto alza appena il capo per guardarlo mentre con mano tremante si toglie la maschera.
Daichi sgrana gli occhi, apre la bocca e la richiude sentendola secca.
Il Gatto… no, Sugawara Koushi sorride appena poi, all’improvviso, i suoi occhi ambrati si rovesciano e Daichi si ritrova a dover sostenere da solo il peso dell’altro.
Per un secondo non si muove, troppo stordito da quello che è successo.
Come? Perché? Non riesce a credere che il ladruncolo dai capelli argentei sia il suo compagno di classe.
Non ha senso, è così strano, perché un ragazzo della sua età dovrebbe andare a rubare rischiando di farsi del male?
Suga è ferito.
Non appena gli torna in mente la cosa, Daichi impreca e si affretta a distendere l’altro sul letto poi, non senza imbarazzo, gli toglie la parte superiore della tuta nera.
Per un secondo rimane a guardarlo non riuscendo a credere che, sotto i maglioni oversize, ci possa essere un fisico così ben allenato.
A dire la verità non si sarebbe mai aspettato che sotto la maschera del Gatto ci fosse Sugawara Koushi quindi…
Quando si accorge che lo sta fissando ancora, arrossisce e distoglie lo sguardo, prima di correre a recuperare il kit di pronto soccorso che tiene nell’armadio.
Che è successo al Gatto? Perché è lì quando gli aveva promesso che non avrebbe più rubato?
Daichi non riesce proprio a capire che cosa abbia spinto Suga a ritornare dei panni del ladro visto che era più che consapevole dei rischi che avrebbe corso.
Sbuffa e scuote la testa per cacciare via quei pensieri invadenti, prima deve dedicarsi alla ferita sul fianco del ragazzo, poi avrà tutto il tempo per scervellarsi.
Cura con attenzione il taglio e sospira sollevato quando questo si rivela meno grave di quanto sembri, abbastanza superficiale.
Aggrotta la fronte: se è quasi solo un graffio, allora perché l’altro pare moribondo? Possibile che ci sia dietro Poisonous con i suoi veleni?
Afferra il cellulare e scorre le notizie alla ricerca di qualche informazione.
Un articolo di giornale di neanche mezz’ora prima dice che il Gatto è stato costretto a lottare con Poisonous.
Daichi sospira, odiando aver ragione, e lancia uno sguardo all’altro che, steso sul letto, riposa provocandogli una strana sensazione di dejà vu.
Perché il Gatto, Suga, non gli aveva dato retta?
 
Il panorama dalla cima del grattacielo è stupendo.
«Ragnetto, guarda che vista qua. Questa non è finzione».
Daichi si volta di scatto verso il Gatto.
Non c’è il ladro, no, c’è Sugawara, avvolto in un maglione azzurro.
È seduto sul bordo del letto, con le gambe che penzolano nel vuoto.
Daichi aggrotta la fronte: perché Suga è lì? Dov’è il Gatto?
«Non sei mai stanco di fingere, ragnetto?»
Gli occhi ambrati sono tristi, spenti.
Daichi non capisce: perché Suga lo chiama come il Gatto?
Sugawara allunga una mano e Daichi si tira indietro di scatto.
Un sorriso tanto dolce quanto mesto compare sul volto dell’altro.
«Hey…»
 
«Hey…»
A riportarlo alla realtà dal suo sogno è un semplice sussurro.
Daichi sobbalza e solo i suoi riflessi pronti gli impediscono di cadere in modo rovinoso dalla sedia su cui è seduto.
Per un attimo non capisce cosa ci faccia lì, poi realizza: stava vegliando sul Gatto, su Sugawara Koushi, che è ferito nel suo letto.
Di scatto punta poi lo sguardo sull’altro solo per trovarlo sveglio, intento a fissarlo dalle palpebre schiuse.
Il cuore di Daichi comincia a battere veloce mentre lui si sporge in avanti.
«Sei sveglio, stai meglio?»
Sugawara annuisce e distoglie lo sguardo, mentre con una mano si sfiora la fasciatura sul ventre.
D’impulso Daichi lo blocca poi, rendendosi conto di ciò che ha fatto, arrossisce e lo lascia come scottato, facendo ridacchiare l’altro per un secondo.
Il Gatto viene azzittito da un gemito e l’eroe si china in avanti posandogli una mano sulla spalla con gli occhi sgranati per la preoccupazione.
«Hey…»
«Tranquillo, ragnetto. Sto bene».
Sugawara gli sorride dolce e Daichi deglutisce a vuoto, annuendo senza un preciso motivo.
L’altro diventa serio all’improvviso.
«Scusami. L’ho seminato, ma non sarei dovuto venire».
Daichi ci mette un secondo a comprendere, ma poi scuote con decisione il capo.
«Non lo pensare neanche. Sei ferito, hai bisogno di cure».
«Ma…»
Sugawara si interrompe umettandosi le labbra e Daichi non perde tempo e, preso il bicchiere dal comodino, gli solleva appena il capo per aiutarlo a bere.
E mentre Suga beve, Daichi lo osserva in silenzio facendo ancora fatica a credere a ciò che ha appena scoperto.
L’altro deve leggergli nel pensiero perché, una volta finita l’acqua, gli sorride con una scintilla di divertimento negli occhi stanchi.
«Sorpreso?»
«Molto. Ho così tante domande».
Sugawara annuisce a quella risposta.
«Comprensibile».
Si fissano per qualche istante in completo silenzio.
«Perché? Mi avevi promesso che non ti saresti più fatto vedere come Gatto».
«Hai ragione, purtroppo però Sugawara Koushi non può andare a vendere al mercato nero un gioiello rubato».
Giusto, la collana. Se ne era dimenticato.
«Immagino che abbia senso, sì».
Daichi accenna ad un sorriso, poi torna serio, colto da un pensiero improvviso.
«Lo fai per tuo fratello».
Non è una domanda ma Suga, umettatosi le labbra, annuisce.
Il giovane eroe sospira e si massaggia la fronte con due dita.
Gli è tutto più chiaro e l’idea che l’altro lo abbia fatto per altruismo e non per avidità lo rasserena, ma comunque non può permettergli di continuare.
«Ti prego, non farlo mai più. Ti prometto che troveremo un modo alternativo».
«Come vuoi tu, ragnetto».
Suga gli sorride malizioso e Daichi per un istante rimane spaesato da quell’espressione così estranea, e allo stesso tempo così conosciuta, sul volto del compagno di classe.
Dura solo qualche secondo perché poi arrossisce e nessuna maschera lo può proteggere.
Gli occhi ambrati del Gatto brillano divertiti e il giovane eroe deglutisce a vuoto, grattandosi la nuca.
«Mi fai impazzire quando mi chiami così».
«In senso buono o in senso cattivo?»
«In senso buono...più che buono».
«Davvero? Non si vede... e sì che hai la tuta attillata…»
Daichi sente le guance andargli a fuoco come non mai e si ritrova a boccheggiare, incapace di rispondere.
Suga ridacchia, poi solleva appena il busto e, passatagli una mano sulla nuca, lo tira piano verso di sé facendo sfiorare le loro labbra.
È solo qualche istante, poi Suga si ritira di poco, giusto quanto basta per guardarlo bene negli occhi.
«E questo? Ti fa impazzire in senso buono?»
«Sì. Diamine, sì».
Suga sorride prima di baciarlo ancora e Daichi, quella volta, si gode tutto: dalle labbra screpolate dell’altro al respiro caldo sulle sue.
Il cuore gli rimbomba furioso nel petto.
Quando si separano, si sorridono, poi Daichi sussulta vedendo Suga tremare per lo sforzo e così con delicatezza lo spinge contro il materasso.
«Dovresti riposarti».
Sussurra sistemandogli una coperta addosso.
Suga gli prende una mano.
«Resti con me? C’è spazio, sai?»
Daichi coglie quell’invito sottinteso e, pur arrossendo appena, sorride e annuisce, stendendosi al fianco dell’altro, poi chiude gli occhi mentre stringe piano a sé quel ragazzo pieno di vita, risultato della sua giusta scelta, prova della sua vittoria più grande.
 
 
 
NdA:
Eccoci alla fine di questo capitolo!
Sono proprio curiosa di scoprire quanta gente abbia “sbloccato” questo finale che tra i due è il mio preferito (oltre ad essere il primo a cui ho pensato).
Spero che sia piaciuto.
Ammetto che, a partire da questa fine, ho già in mente un paio di altre fic sequel (e un prequel) ma si vedrà!
Grazie a chi ha partecipato a questo esperimento di fic interattiva.
Ogni commento è ben accetto, ora fuggo!
Ciao,
Aiko
 
   
 
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