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Autore: ChiiCat92    11/11/2023    0 recensioni
Anche quest'anno, come sempre, provo a portare a termine la challege del writober. Non so ancora se ci saranno solo cose originali, ogni storia verrà flaggata singolarmente all'inizio nell'introduzione.
Here we are again!
Questa storia partecipa al writober indetto da fanwriter.it, mi trovate anche su wattpad al link: https://www.wattpad.com/user/KiiKat92
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Yaoi, Yuri
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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#angst #writober #09 #pumpNIGHT #etereo #fanwriter #drugsaddiction #yellow
 

Il Bianco aveva un sapore particolare. Non somigliava a niente che avesse mai assaggiato prima; non era cremoso, non era secco, non era né duro né molle; non era liscio, non aveva protuberanze, non era acido, non era neanche salato: era solo Bianco. Non avendo parole per descriverlo a se stesso, Aris lo lasciava rotolare sulla lingua. Ogni volta che toccava un dente, il Bianco cambiava sapore. Contro i molari inferiori destri era farinoso e secco, gli incisivi superiori lo trasformavano in qualcosa di gelatinoso che si attaccava al palato, i canini invece rimandavano una sensazione di gelo che gli faceva schiudere le labbra per liberare una nuvoletta di condensa. Non sapeva come definire il Bianco, ma sapeva che gli piaceva. Gli piaceva dal primo momento che l’aveva provato, mentre si scioglieva al centro della sua lingua, nel vicolo che puzzava dell’umido caldo che esalava dal terreno, dove le suole delle sue scarpe si incollavano se non sollevava di continuo i piedi. Da quella volta era diventato dipendente dal Bianco. Il pensiero dell’ovattata sensazione che gli riempiva la bocca, che non sapeva descrivere ma che, in qualche modo, si faceva sempre più precisa e chiara alla sua mente ogni volta che l’assaggiava, occupava tutti i suoi pensieri. Persino quando dormiva sognava il Bianco. Si era reso conto, giorno dopo giorno, che il Bianco era diventato per lui più importante dei suoi impegni, dei suoi amici, della sua famiglia, di qualsiasi cosa. L’unico problema era vivere in un mondo di merda che non consente a chi vuole di avere quello di cui ha bisogno senza pagare. Lo stupore era arrivato quando Aris aveva capito di potersi permettere il Bianco per un bel po’ prima di vedere il suo conto in banca prosciugarsi del tutto; lo stupore dipendeva dal fatto che non credeva di essersi dedicato così tanto al suo lavoro da essere ricco, ricco di Bianco senza neanche saperlo. Più noiose e molto più difficili da accantonare erano state le relazioni con la sua famiglia e i suoi amici. Quanto rompicoglioni può essere una persona se lasci le spunte blu su Whatsapp senza rispondere per più di un mese! Fino a citofonare alla porta del suo appartamento, pare, proprio come gli esattori delle tasse, i tecnici di luce, gas e acqua, il suo padrone di casa. Tutti ratti, brulicanti e sudici, che non conoscevano il piacere del Bianco. I soldi avevano sistemato qualcosina, il Bianco aveva messo a posto il resto. 

Aris andava a prendere il Bianco sempre nello stesso posto, sempre dalla stessa persona. Di quella persona conosceva solo il profilo netto sotto il cappuccio, le gengive esangui ritirate sui denti, le narici frementi e arrossate che annusavano in lui il bisogno del Bianco, e i soldi per pagarlo. Non sapeva come si chiamava, né cosa facesse oltre a vendere il Bianco, ma non importava. In quel mondo senza consistenza in cui finiva quando lo metteva dentro di sé non erano importanti i legami, i rapporti, né ne aveva la morte, o la vita. Entrambi erano stati toccati dal Bianco, e quando facevano lo scambio, lo scambio sporco e tangibile di denaro per Bianco, c’era in loro un momento di comunione profonda che trascendeva i confini della normale percezione, qualcosa che Aris non aveva provato con il suo compagno, neanche prima che fosse sepolto sotto tre metri di terra in quella bara di legno chiaro. Non bianca, i suoi genitori non avevano voluto che fosse bianca, anche se lui aveva scritto con esattezza come dovesse essere, ma acero chiaro, la cosa più vicina al bianco senza essere bianco. La bara bianca è solo per i bambini, gli aveva detto non sapeva chi, la forma del corpo e il suo della voce distorti dall’urlo costante, continuo, che sentiva nelle orecchie e che non era più andato via, non era più andato via finché non aveva provato il Bianco. Ai bambini la bara bianca perché sono senza peccati: funzionava così in quel mondo, lo stesso che voleva denaro in cambio di qualsiasi cosa, anima e carne. Più ci pensava, più Aris non trovava in Jami alcun peccato, quindi perché la bara bianca? Nessuno gli aveva saputo rispondere, né sembrava volerlo fare. Erano stati bravi solo a battere e battere sulla porta del suo appartamento quando aveva smesso di rispondere, ma nessuno aveva voluto rispondere.  

Aris camminava con le mani in tasca a stringere le fascette di banconote che gli servivano per comprare il Bianco. Dopo quelle avrebbe dovuto trovare un altro modo per comprare il Bianco, ma tutto quello che riusciva a pensare era se il mogano stesse bene con l’acer chiaro. Quella mattina, dal basso si alzavano volute di nebbia che Aris attraversava senza disturbare, come se non avesse peso. Le falcate sul terreno gelato si ripercuotevano su tutto il suo corpo, dalla punta dei piedi dentro le scarpe di tela, le vecchie converse di Jami, fino alla ginocchia che si piegavano con lo sforzo del desiderio: ancora uno, cammina, destra e sinistra, e ancora, ripeti. Fino al vicolo dove comprava il Bianco. Non sapeva se la persona che aveva il Bianco fosse un uomo o una donna, in ogni caso non importava a nessuno dei due; l’unica cosa che importava era che si trovasse lì. Dal caldo al freddo, dalla pioggia al sole, o in mezzo alla nebbia, era sempre lì, con il cappuccio calato sul naso che nascondeva il continuo fiutare della sua disperazione, le mani in tasca a nascondere il Bianco, i piedi rivolti uno verso di lui l’altro verso la strada. La cerimonia era sempre la stessa, ma stavolta sarebbe andata in modo appena diverso: ce l’hai? Ce l’ho. Il prezzo? Il solito. Fammi vedere. Certo, amico. Va bene, dammi tutto. Tutto? Tutto. Amico così non ne ho per gli altri. Ti posso pagare. Vediamo… cazzo, sei pazzo amico, va bene. Okay. Okay, alla prossima. E Aris aveva già in tasca il suo Bianco, più pesante e morbido dell’ultima volta, più pungente e rumoroso. L’avrebbe consumato nel posto preferito di Jami, tutto, l’avrebbe consumato tutto, fino all’ultima briciola, particella, fiocco di neve sciolto sulla lingua. 

Era un albero, solo, al parchetto vicino al suo appartamento. D’estate coperto di foglie, in primavera di fiorellini bianchi, adesso rigido ma non morto, con le dita nodose rivolte verso l’alto, in attesa. Faceva troppo freddo perché qualcuno si arrischiasse a passeggiare nel parco, e le strisce di nebbia portavano all’oblio chiunque le attraversasse. Sotto le suole delle scarpe Aris sentiva il crocchiare fragrante del terreno che si spaccava sotto il suo peso, quel sottile strato che assomigliava del tutto a lui, fastidioso come una sveglia in un giorno di riposo. Aris si avvicinò all’albero, poggiò la mano sul tronco che era un respiro trattenuto, concentrato verso l’interno e rinsecchito contro le costole di legno. Poi preparò il Bianco. Tutto, tutto quello che aveva comprato, come aveva detto al venditore nel vicolo. 

Mogano e acero chiaro. Uno vicino all’altro, tenuti insieme dal bianco etereo del nulla. Il mondo si sfilacciò diventando meno che nebbia, i contorni disfatti, accesi agli angoli dal fuori che bruciava ogni pagina, le foglie secche quando si vuol fare pulizia. Aris respirò Bianco, gli riempì ogni orifizio finché ce n’erano ancora da riempire, poi ogni capillare, ogni molecola, e alla fine fu lui a diventare Bianco. Mogano e acero chiaro. 

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The Corner 

Ciao a tutti, so che è passato un mese, che il writober è finito, ma io sono stata SUPER impegnata tra lavoro e stesura della tesi. Non voglio abbandonare il progetto, per cui ho deciso che anche in maniera estemporanea continuerò a scrivere finché non arrivo a 31.
Ci proviamo, insomma.

Chii

 
   
 
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