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Autore: Scarlett Queen    13/11/2023    2 recensioni
Prima di Underground, una ragazzina affronta le vicissitudini di una normale giornata alle scuole elementari... Bhe, forse non tanto normali...
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Father

 

    «Prima che mi arrabbi - Tok si portò la sigaretta alla bocca, osservando il parchetto della scuola fuori dalla finestra, dove gli altri bambini affollavano l'aria giochi - ti va di dirmi cosa è successo ragazzina? La preside mi ha detto che hai fatto del male ai tuoi compagni senza motivo».

    Stavano nel corridoio al primo piano, quello che portava all'ufficio della preside dell'istituto. La mole del capitano della polizia occupava quasi due sedie l'una accanto all'altra e Meghan, alla sua destra, pareva poco più di una pulce. La ragazzina si stropicciò le dita, scostandosi una ciocca di arruffati capelli neri dietro l'orecchio sinistro. Aveva un occhio nero, il destro. «Va bene, non mi arrabbierò a prescindere, promesso» Tok buttò il fumo fuori dalle narici. Era vestito bene, anche per uno con uno stipendio da capitano della polizia di Distretto e al polso aveva un orologio da sei cifre.

    «Non era motivo - sussurrò alla fine Meghan godniando le guance e intrecciando le braccia sotto al petto, agitando le gambette con le ciabatte da interno e la graziosa gonna nera - mi hanno fatta arrabbiare». Tok sospirò, prese un altro paio di boccate, in silenzio. Le pareti erano adornate con i disegni dei bambini, il pavimento in piastrelle bianche era lucido e pulito e l'intonaco sui muri fresco. Il riscaldamento funzionava. Il padre non voleva che Meghan crescesse viziata un qualche istituto rinomato, ma certo aveva cercato la scuola pubblica che avesse tutti i crismi. Sorrise a quel pensiero, suo padre lo portava al poker e lui, in risposta, portava Meghan in un bell'edificio come quello. 

    «Va bene, ti hanno fatta arrabbiare - concesse annuendo con la grande testa, distendendo la mano sinistra sulla coscia e poggiandosi con la nuca alla parete - ma solo per questo non va certo bene che tu gli faccia male. Tuo padre» e si indicò con il pollice «Non pestava la gente solo perché lo facevano arrabbiare, per quello c'erano le minacce, al massimo una macchina che saltava in aria, ma le persone non le toccava. Quindi dovrai dirmi qualcosa di meglio». Fuori faceva freddo, il grigio di fine autunno comprava il cielo con striature cupe e tetre e annunciava un brutto temporale. Meghan si umettò le labbra e sollevò il viso cerato di bianco sul genitore.

    «Prometti che non darai di matto?»

    «Croce sul cuore» rispose Tok, chinandosi su di lei e dandole una leggera schicchera alla punta del naso. Oltre la sua porta, la preside aspettava e tamburellava con le dita laccate sul ripiano della scrivania. Meghan prese un bel respiro e annuì. 

    «Beh vedi... Mi sono fatta un amico...»

    «Bene, bene, mi fa piacere... E questo tuo amico, è coinvolto nella cosa?»

    «Non direttamente... Stavamo giocando fuori no? Con la sabbia, ed è successo che...»

 

 

    Il nuovo arrivato se ne stava sempre da solo da quando era stato iscritto, due settimane prima. All'intervallo si recava presso le vasche con le sabbie, sotto gli alberi e si metteva seduto sull'orlo in legno, infilava le cuffie nelle orecchie e passava il tempo ad ascoltare la musica, facendo segni nella sabbia con dei pezzetti legno. La sua testa si muoveva a ritmo e con la testa le spalle, facendo schioccare le dita quando partiva il ritornello. «Deve piacerti davvero molto ascoltare musica vero?»

    Meghan gli si era piazzata davanti, con il giubbetto antivento addosso, la gonnella nera all'altezza dei polpacci e un sorriso amichevole sul volto, le mani intrecciate all'altezza del coccige. Il ragazzino di colore sollevò lo sguardo si di lei, su quella strana bambina con i capelli neri e il volto cerato, sulle labbra portava già un dato rossetto scuro. «Posso sapere cosa ascolto così tanto ogni giorno?» e quello annuì, si tolse una delle cuffie e gliela porse, Meghan gli si sedette accanto e stette un attimo ad ascoltare, prima di voltarsi e sorridergli, muovendo anche lei la testolina a tempo «Buona musica, buona davvero! Ehi, come ti chiami? Sei sempre per conto tuo, qualcosa non va? Lo sai che questi sono gli anni principali per imparare a socializzare fra noi?»

    «N-non sono molto bravo con le persone - balbettò il ragazzino stringendosi le ginocchia al petto - ho dovuto cambiare scuola perché è successo un casino e così tendo ad isolarmi... ti piace davvero questa musica?»

    «Oh si! Mio padre la ascoltava molto durante il vecchio lavoro e anche ora ogni tanto si addormenta con questa nelle orecchie. Avete gusti simili, gli piaceresti proprio... com'è che ti chiami?»

    «Ke-kendall, e tu invece sei M-meghan, giusto? A naso direi che sei famosa quina scuola»

    «Oh, più che altro è famoso mio padre, è il capitano della polizia del Distretto lui quindi godo di fama riflessa, ma non credere, io faccio solo di testa mia» gli mostrò un palmo di lingua e si mise in equilibrio sull'orlo in legno, allargando le braccia e portando lentamente un piede davanti all'altro. 

    «Sei strana - disse Kendall piegando il capo da una parte - strana bene però» di affrettò ad aggiungere. Meghan ridacchiò, scendendo a terra e si stiracchiò distendendo braccia e gambe, voltandosi con un'allegra piroetta. «Insomma... Nessuno si fa mai avanti con il ragazzo silenzioso, è un po' la regola non scritta no? Devi essere super popolare».

    «Nah, meno di quanto credi! In molti mi hanno sempre chiamata strana, ma mai “strana bene”» disse facendo le virgolette con l'indice e il medio di entrambe le mani «Ma papà lo dice sempre: avere qualcosa che ci rende strani e unici è un bene, è il modo migliore per distinguersi... Allora Kendall, vuoi giocare con me o restiamo a fare cerchietti nella sabbia? A me vanno bene entrambe le cose».

    «Oddio ragazzi guardate qua! Un negro e Faccia Bianca! Se si accoppiassero sarebebero vita ad un panda come minimo».

    Meghan si voltò di scatto, alzando gli occhi al cielo e sbuffando, scuotendo il capino da una parte e dall'altra. Kendall si alzò veloce, infilando telefono e cuffie nelle tasche, deglutendo a vuoto e abbassando lo sguardo. «Cosa vuoi Bernard? Stavamo divertendoci benissimo da soli». La ragazzina lo guardò seccata, le mani sui fianchi, gonfiando le guance. Bernard Hills era dell'ultimo anno, a dieci anni era forse il più alto della scuola e attorno a sé spadroneggiava sugli altri bambini più piccoli, divertendosi a metterli in difficoltà. Gente come lui, aveva Pensato Meghan appena si erano incrociati, suo padre ne aveva mandati parecchi, all'altro mondo.

    «Divertirti con una scimmia del cazzo? Eddai Meghan, credevo avessi gusti migliori... Mi senti scimmietta? Sai anche salire sull'albero?» Bernard fece un passo verso Kendall, spingendolo nella sabbia e scoppiando a ridere, con altri sei amichetti che ridacchiavano di gusto, sghignazzavano “come dementi” pensò Meghan. Bernard parlava come uno dei grandi, si atteggiava come uno dei grandi .. ma nche di quelli, la ragazzina aveva visto suo padre averci spesso a che fare e alla fine non c'erano molte cose per ragionarci.

    «Lascialo in pace se non vuoi che la mamma debba raccoglierti da terra con un cucchiaino... ah no è vero, scusa. La mamma i cucchiai li usa per farsi di Crack, non è vero?» la bambina arricciò le labbra, mettendosi fra lui e Kendall, guardando Bernard dal basso all'alto, piegando la testa da una parte. Sentì che gli altri bulletti si zittivano, guardandosi nervosi l'uno con l'altro. Bernard ebbe un tic all'occhio e in tutta risposta la spinse a piene mani sul petto, sghignazzando crudele mandandola con le gambe all'aria, le mutande in vista.

    «Avete visto ragazzi, la troietta ha la lingua lunga. Ehi Meg, quelle mutandine dove le hai trovate, nello stare “sgualdrine&affini”?». Meghan rimase distesa faccia a terra, sputò della sabbia e sollevò gli occhi su Kendall. Sorrideva. La manciata di polvere raggiunse Bernard negli occhi, il bambino imprecò, indietreggiando e la moretta gli fu addosso, afferrandolo alla vita e facendolo cadere all'indietro, sedendosi sul suo addome.

    Lo colpì con il pugno destro ad un occhio, con il sinistro al naso, e ancora con il destro al labbro. Bernard a terra urlava, tendendo di salvarsi da quella selva di colpi, col sangue che schizzava dal naso rotto e uno degli altri sollevò Meghan, la strattonò per colpirla al volto ma la bambina gli diede un calcio nei testicoli e quando si sentì afferrare per il giubottini, se lo slacciò, usandolo poi per tirare verso di sé un altro dei bulletti e lo colpì all'articolazione del ginocchio, facendolo piegare su una gamba. Bernard piangeva, il volto ridotto ad una maschera di sangue e con un sibilo Meghan si guardò le nocche. Le facevano male e pulsavano, andando gonfiandosi, con gocce scarlatte che cadevano sull'erba del parchetto.

    «Beh, ne volete anche voi? Andate in infermeria prima che vi facciate male» disse rivolgendosi a quelli che restavano e questi annuirono in silenzio, raccolsero i loro amichetti e corsero via. Meghan sorrise deliaizata e balzò sulle punte, aiutando Kendal ad alzarsi in piedi e dandogli dei colpetti per liberarlo dalla polvere. «Idioti... Ma dubito torneranno, farsi battere da una mocciosa la metà di dolore non deve essere molto bello».

    «T-tu - balbettò Kendall, indicandola con l'indice destro che tremava - sei... INCREDIBILE. BUM!BAM! LI HAI SUONATI COME TAMBURI, COME NEI FILM! DOVE HAI IMPARATO?»

    «Oh» Meghan arrossì, incapace di nascondere un certo autocompiacimento e fece spallucce «Mio padre, lui... Mi dà qualche dritta, ogni tanto...»

 

 

    «Poi la maestra è venuta di corsa e .. come si suole dire, il resto è storia, giusto?» sollevò gli occhioni sul volto del padre. Tok aveva ascoltato in silenzio l'intera storia, lasciando che la sigaretta si consumasse fra le dita e alla fine si alzò con un borbottio indistinto, gettando la cicca in uno dei cestini e si abbassò sulle gambe, prendendole i polsi fra le sue grandi, rudi mani, mani che, per quanto gentili, erano pregne di sangue e osservò le nocche di sua figlia. Effettivamente erano ancora gonfie e livide e dalla posizione delle sbucciature... Non riuscì a trattenere un sorriso che però nascose sotto una maschera di imperturbabilità.

    «Questo negretto, Kendall, deve essere molto in gamba per farti fare una cosa del genere. Ma hai detto che Bernard ti ha visto le mutande? Vieni con me» la prese per mano e bussò all'ufficio della preside, entrando senza aspettare la risposta e indicò alla figlia la sedia vicino al termosifone prima di sedersi e sorridere alla donna, con fare conciliante, la sedia cigolò sotto il suo peso «Perché non mi ha detto che il ragazzino che mia figlia ha aggredito ha fatto il prepotente con lei?»

    «Signor Tok - la donna sorrise con un'alzata di spalle - Bernard al massimo può averla spinta, ma questo non giustifica il doverlo mandare in infermeria con la faccia coperto di sangue, non crede?» parlò in tono accondiscendente dietro gli occhiali, come se stesse mostrando una risposta ovvia ad un bambino. Tok annuì spostando il capo da una parte e dall'altra e si accese un'altra sigaretta, prima di ricambiare il sorriso.

    «Ovviamente... Ovviamente lei avrebbe dato solo una spinta se si fosse ritrovata in terra a mostrare i mutandoni ad un gruppo di teppisti vero? E magari vedere un ragazzo aggredirne un altro non è motivo sufficiente per alzare le mani, oh no. Restiamo dalla nostra parte giusto? E dire che dicevano che i miei metodo educativi fossero riprovevoli». Si alzò in piedi, guardandola dall'alto al basso «Se la mamma di Bernard volesse fare una denuncia... Le dica che il Capitano Tok sarà pronto ad accoglierla... Meghan, andiamo. Oggi apre quel nuovo fast food, potremmo pranzare li, che ne pensi? E se ti va invita Kendall, voglio davvero sapere se il negretto e io apprezziamo la stessa musica».

    «Però non lo spaventare papà - Meghan gli tenne dietro, prendendolo per la grande, calda mano - basta vederti in faccia per prendersi un colpo... e non chiamarlo negretto, è razzista!».

    «Ah, è così che si parla ai grandi al giorno d'oggi? Piccola prepotente... Ma dimmi te che mocciosa». Camminarono lungo il corridoio, ridacchiando di gusto a quell'ultimo scambio di battute. Quello fu il primo incontro fra Meghan e Kendall, fu la prima volta che Meghan alzava le mani per difendere qualcuno... E la prima che, si rese conto, la cosa non le dispiaceva affatto.

   
 
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