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Autore: Helen_Rose    13/11/2023    1 recensioni
[Mare Fuori]
La mia idea di futuro, di prendersi finalmente quel mare fuori, per alcuni personaggi che lo meritano veramente.
Ringrazio in particolare America per l'ispirazione del primo capitolo, Angy per la consulenza linguistica costante e per la prima parte del primo capitolo, IRoccoPerSempre per il supporto e chiunque avrà voglia di leggere!
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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T’agg ritt ca nun esist proprij ! C’hann a stà luntan !” Carmine alza la voce molto più del consueto.
Rosa accorre subito, con Massimo in braccio che oggi proprio non vuole saperne di fare il riposino; quando ha avvertito che fosse impegnato al telefono, non si è voluta intromettere, ma inevitabilmente la concitazione del marito la allarma a prescindere, benché speri che non allarmi l’intero condominio.
Sentendola sopraggiungere, il primo pensiero di Carmine è quello di maledirsi per non aver pensato che avrebbe agitato il piccolo; il secondo è che non ci sarà verso di sviare la moglie dall’accaduto; solo il terzo è rivolto a come gestirà la restante parte della controversa telefonata con Wanda Di Salvo.
Riprendersi dall’incubo della depressione post-partum ha richiesto uno sforzo titanico da parte di Rosa, nonché dal loro nucleo familiare. In particolare, le ripercussioni psicologiche su Carmine non sono state lievi, benché si sia sforzato di camuffarlo il più possibile, il che - naturalmente - costituisce parte del problema: ha sempre saputo che la moglie fosse tostissima, e in un certo senso, la ripresa dalla malattia non ha fatto altro che confermarlo; d’altro canto, se prima l’istinto protettivo nei suoi confronti era già molto sviluppato, l’impazzire alla sola idea che, nel suo cammino, possano insorgere ulteriori sofferenze ingenti rispetto a quelle già patite, si è tramutato in una realtà quanto mai tangibile.
In altri termini, averla vista dilaniarsi e ricomporsi letteralmente nel giro di qualche mese l’ha portato ad elevare all’ennesima potenza il meccanismo per cui cerca di evitarle qualunque stress superfluo, anche se significa portare unicamente sulle proprie spalle il peso di problematiche talvolta significative che, se di carattere lavorativo, perlomeno cerca di delegare in parte all’insostituibile socio Riccardo.
Non che certe macchinazioni passino inosservate a Rosa; nove volte su dieci, la comprensione che rasenta la condiscendenza per il solo fatto che sia tornata a lavorare e ad occuparsi attivamente dei bambini, la esaspera a tal punto da farle prendere seriamente in considerazione l’idea di strillare: proprio così, senza che nessun cuscino, pezzo di stoffa tra i denti o simili attutisca l’urlo selvaggio.
Quando poi si accorge che il marito le sta addirittura nascondendo preoccupazioni personali, parte per la tangente e lo sferza senza remore: se detestava essere trattata come fosse di cristallo da prima, dopo aver affrontato e superato la malattia si sente praticamente invincibile e soprattutto, benché non sia sano né utile, come le ripetono costantemente la psichiatra e Carmine stesso, in debito dal punto di vista del sostegno morale dovutogli, perciò è lei ad impazzire nell’accorgersi che edulcora la realtà.
Fortunatamente, i tempi in cui la sua concentrazione era inesistente sono quasi del tutto distanti; pertanto, si sente più che mai pronta a tornare alla normalità a 360°, persino nei litigi: sarà l’unica moglie del pianeta ad emozionarsi quasi, quando il marito dimentica di indossare i guanti bianchi; addirittura, la sua parte più sadica ha preso in considerazione l’idea di farlo infuriare di proposito.
Soprattutto, si sta sforzando di compiere un lavoro su sé stessa che il suo partner facilita solo in parte: dopo aver passato anni a ripeterle costantemente di non vergognarsi di mostrare i propri sentimenti, si rivela il primo a non mettere in pratica nella quotidianità questo fondamentale principio di vita.
Oltretutto, questo atteggiamento rischia di compromettere il percorso che stanno facendo con Futura: caratterialmente, si può dire che laddove non arrivi la genetica, arriva l’esempio dei genitori a indurla a omettere o mitigare i propri dispiaceri per non pesare sugli altri; peccato che si siano tanto sforzati e tuttora si sforzino per inculcarle la massima secondo cui siano sempre pronti ad accoglierne gli sfoghi. Paradossalmente però, soprattutto ultimamente, sono i primi a non rispettare le regole di trasparenza, benché si rifiutino di mentire in maniera spudorata e, piuttosto, preferiscano sviare le questioni. Ogni bambino dovrebbe svolgere un lavoro mirato sul riconoscimento corretto delle emozioni, perciò si confonderà dinanzi alla negazione da parte degli adulti di palesi arrabbiature o segnali di sconforto; potrebbe addirittura assimilare certi eccessi come normali, riproponendoli in modo disfunzionale.
Ad ogni modo, isolarsi durante la restante parte della telefonata sarebbe inutile a questo punto; poi vuoterebbe comunque il sacco più per esasperazione che per la necessità di sfogarsi; anzi, spera che la presenza incombente dei parenti biologici si dissolva quanto prima, estirpando il morbo alla radice.
Nun m’interess, mà; che ce tras iss co’ ’e figl meij ? Arò stev quann tenev bisogn per l’affidamento di Futura? Arò stev quann è nat Massimo e Rosa…” Si blocca all’istante, avvertendo il peso del suo sguardo su di sé; gestire questa situazione lo sconvolge al punto da avergli fatto dimenticare per un attimo la promessa di non rivelare alla madre la problematica vissuta. “Ij e Rosa tenivm doij criatur ?”
E che c’azzecc mo, Cà…” lei sente replicare la suocera, tra l’esasperato e il velatamente consapevole.
C’azzecc, mà; pecché ce stiv tu, no iss. Tu, ’o comandante, ’a direttrice, ’e compagn nuost e basta.”
Pur sapendo di non essere vista poiché le sta dando le spalle, non può fare a meno di rivolgere a Carmine un sorriso orgoglioso: sta finalmente imparando quanto significhi, per la madre, sentirsi riconoscere esplicitamente i propri meriti… Addirittura essere citata prima di Massimo senior! Eppure era alquanto prevedibile che non s’accontentasse: “Semb co’ ’sto comandant; patet nun è iss.”
“Invece sì, ’o saij buon.” ribatte il figlio, irremovibile. “ ’E figl sò piezz ’e cor solo quann s’o ricord; per il resto sono di chi li cresce, mà: e come Futura è figlia a Rosa, accussì ij so figl a Massimo; figlm se chiamm accussì pecché, si iss nun ce stev, mo nun ce stev manc ij. Maritet nun c’azzecc pop nient.”
Naturalmente, seppur con le debite differenze, tale accostamento accarezza il cuore della moglie; gli s’avvicina per giocherellare coi capelli, soprattutto perché potrebbe aiutarlo ad allentare la tensione. Purtroppo, sul momento risulta impossibile, ma le bacia il palmo della mano per ringraziarla.
Avverte nettamente la difficoltà di Wanda: “Patet nun stev facenn ’a villeggiatura, stev aret ’e sbarr.”
Aret ’e sbarr ce sò stat pur ij, si t’e scurdat; però, ij agg semb fatt tutt chell ca putev pe’ fà stà buon a Futura; iss nun er buon a fa ’o pat manc quann stev for r’o carcr. Peppiacer, nun teng genij ’e parià.”
 “Cà, fà chell che vuò tu; però nuij simm ’na famigl, patet e fratet tenen ’o diritt ’e verè ’e niput lor.”
“È qui che ti sbagli, mà: chi tiene diritti coi figli nostri lo decidiamo io e Rosa; non tu, né quei due.” Già dall’uso dell’italiano, Wanda intuisce che il figlio abbia stabilito il termine della conversazione. Nel posare il cellulare, sospira passandosi una mano tra i capelli spenti: il guaio è che ha ragione lui.
Chist esce r’o carcr e mo bell e buon vuless concorrere come nonno dell’anno. C’o cazz, proprij.” Carmine si accascia sul divano, sperando che quelle carezze ai riccioli ribelli ritornino quanto prima. Non deve neppure aspettare mezzo secondo, che viene accontentato; appoggia la testa sulle gambe di Rosa e, per alleggerirla, oltre a ricevere ulteriore conforto, prende lui il bimbo e lo riempie di baci.
Improvvisamente, da quella prospettiva riesce a razionalizzare meglio ciò che gli si smuove dentro: “Quando Ezio insisteva per coinvolgermi negli affari, mio padre diceva che ero una scommessa persa. Forse tu non ci crederai, ma se da un lato mi sentivo sollevato, dall’altro mi rendevo conto del fatto che, qualunque cosa facessi, mi avrebbe comunque disprezzato. Perciò, forse la verità è che non sono solo preoccupato per noi… Non sono pronto a ritrovarmi tutto quello scherno davanti in una botta.”
Sarebbe improprio affermare che Rosa sia stupita nell’udire questa confessione esplicita: sa fin troppo bene quanto si assomiglino anche nel nascondere il dolore provocato dalla disapprovazione paterna, nonostante siano pienamente convinti delle proprie scelte. Eppure, a perderci sono solo i genitori. “Cap ’e fierr, sei l’uomo più coraggioso che conosca, il più leale nel proteggere chi ama, at che piecr. Tuo padre e tuo fratello non hanno mai saputo accorgersene, e te ne sei fatto una ragione tempo fa. Perciò, prenditi il tuo tempo per decidere come agire, ma sappi che io sarò sempre dalla tua parte.”
-
“Futura, muovitiii! E non t’azzardare a rispondermi: ‘ancora cinque minuti’; ne sono già passati venti!”
Rosa sbuffa, esasperata. La miglior qualità della figlia non è certamente la celerità nel prepararsi al mattino, soprattutto quando l’ora è antecedente alle 10 e tocca rincorrere il suono della campanella. Continuano a rassicurarla sul fatto che nessun bambino sia collaborativo in queste circostanze; ciò nondimeno, perde regolarmente la pazienza, che, non essendo particolarmente mattiniera lei stessa e - da brava madre - dovendo comunque rispettare una rigida tabella di marcia, di per sé è agli sgoccioli.
Finalmente, emerge dalla sua stanza. “Mamma, posso stare a casa da scuola? Non mi sento bene…”
Essendo riuscita a calmare Massimo dopo svariati tentativi, Rosa lo riadagia nella culla. Dopodiché, si adopera in quella che è la prevedibile diretta conseguenza dell’affermazione allarmante della piccola: appoggia prima il palmo, poi il dorso della propria mano sulla sua fronte; la sfiora con le labbra – come controprova - e, dopo aver indugiato per qualche istante, le schiocca il bacio del buongiorno. Proprio come faceva sua madre; a dire il vero, dispensava baci a qualsiasi ora del giorno e della notte.
“Non mi sembri calda… Misuriamo comunque la temperatura?” le chiede, facendole una carezza.
“Boh, forse non ho la febbre, però ho tantissimo mal di testa…” Fin qui, se l’è preparata a dovere: persino i bugiardi dilettanti sanno che il dolore dell’emicrania è incontestabile in quanto inverificabile.
Carmine è già uscito, quindi la decisione spetta solo a lei: “Per stamattina, non ci stanno problemi; però, oggi pomeriggio ho degli appuntamenti, quindi dovrai comunque stare con noi al salone…”
“Oppure, potremmo chiedere a zia Nad se io e Massimo possiamo stare con lei e Valentina…?”
La rapidità con cui ha già suggerito un’alternativa è uno dei segnali che qualcosa non quadri, insieme all’espressione strana di Futura; Rosa la scruta con un piglio indecifrabile, interiorizzando il seguente pensiero: ‘Pure se dovessi pentirmene, t’agg ’a ’mbarà ij a ricr ’e bucie, figlia mij; ndimen, si pegg ’e patet…’ Il punto è che la bimba non si è mai abituata a mentire perché non ne ha mai avuto bisogno. L’unico modo per farla crollare è smontare pazientemente e indirettamente il suo castello di carte: “Vedremo. Intanto, rimettiti a letto; mo ti raggiungo con una spremuta d’arancia, o preferisci altro?”
“Mi porteresti anche una fetta di pane da toast con la nutella sopra, per piaceeere?” supplica, tenera. Peccato che si stia già tradendo: quando non si sente bene, Futura non ha mai voglia di golosità.
“Come no!” acconsente la madre, con un sorriso che trasuda la poker face degna di Rosa Rì originale.
“Mentre ti aspetto, posso prendere il tablet e scegliere un cartone?” incalza quella volpe della figlia.
Con il tono più neutro di cui è capace, Rosa ribatte: “Gioia, se hai mal di testa, non ti darà fastidio?”
L’espressione che si è dipinta sul viso di Futura è impagabilmente comica: dovrà farsi dare ripetizioni dalla sua migliore amica Greta, che in quanto a sotterfugi ben orchestrati non è seconda a nessuna. “Mamma, ma se non faccio niente mi annoio…” tenta maldestramente di giustificarsi.
Contro ogni pronostico, la rimbecca in modalità genitrice antica: “E allora, aiutami a pulire, scusa.”
La figlia, stranita, china il capo, dubitando fortemente del fatto che replicare a tono sia un’idea saggia.
Portarla a scuola di peso sarebbe un’altra tipica mossa da genitrice antica, quella che si è ripromessa di essere davanti alla disubbidienza e ai palesi tentativi di sfidarla, quella che non farà differenze tra Futura e Massimo - quando sarà cresciuto - , che non farà sconti di alcun tipo alla primogenita in quanto biologicamente non sua; men che meno per via del senso di colpa pregresso legato al periodo in cui non era così presente mentalmente: sta lavorando sul non attribuirsi responsabilità per questo.
Eppure, non solo Futura non ha mai avuto né inclinazione per le menzogne, né appunto la necessità di inventarsene; ma non è neanche tipa da saltare la scuola volontariamente, anzi, le piace andarci. Certo, alzarsi presto la mattina per lei è un trauma; ma è sempre desiderosa di imparare nozioni nuove e, soprattutto, ha un talento naturale in una sfera talvolta ostica per Rosa: socializzare. Naturalmente, sono insorte delle difficoltà anche in quest’ambito, e molto probabilmente ricapiterà; tuttavia, di norma non si rifiuta di saltare la scuola solo perché ha problemi con una o due compagne. A prescindere, i genitori avrebbero notato se fosse stata triste in tal senso, perché sa farsi riconoscere.
Tutti ottimi motivi per portare Rosa a considerare l’altra faccia della medaglia che rappresenta quello che, a parer suo, è il modello ideale di genitrice: sovvertire l’ordine di priorità inculcatole dal padre, secondo il quale la rilevanza dei desideri, e soprattutto dei sentimenti dei figli, era del tutto inesistente. Ovviamente, ciò non significa che lei e Carmine siano permissivi e che la bambina li tenga in pugno; solo, evitano di imporsi se non è necessario, preoccupandosi di ascoltare anche il suo punto di vista.
E in questo caso, a suo avviso, il punto di vista di Futura è l’assoluta priorità; ragion per cui le pone la domanda standard, eppure nient’affatto scontata: “Mi vuoi dire perché non vuoi andare a scuola?”
La piccola parte di lei che si dimostra sollevata perché la madre ha posto fine allo sforzo di reggere la sceneggiata sta diventando sempre più dominante; confessare la verità le pare quasi una passeggiata: “Oggi c’è la verifica di grammatica, ma non ho proprio capito come si distingue se ci va o non ci va la i nei plurali delle parole tipo ciliegia o camicia, le cose specifiche dei predicati e dei complementi…”
Rosa inarca un sopracciglio, presagendo la possibile risposta, ma decidendo di formulare comunque la domanda per correttezza: “E non hai chiesto alla maestra di spiegarti meglio questi argomenti?”
Futura torna ad abbassare lo sguardo: ha evitato il più possibile la faccenda, non saprebbe stabilire se più per vergogna verso di sé o timore di scatenare l’ira funesta della madre contro l’insegnante, ma ormai è stata beccata, non ha più senso raccontare mezze verità: “Sì… Li ha rispiegati un’altra volta, solo che a quel punto avevano capito tutti, quindi mi ha detto di farmi aiutare dai miei compagni…”
Oilloc, n’ata ca nun tien genij ’e faticà’ commenta fra sé e sé Rosa, col fumo che le sta già uscendo dalle orecchie; peccato che debba mascherarlo: “Capisco, ma quello sarebbe il lavoro suo…”
La figlia esita. Rispondere per esteso significherebbe sganciare la bomba definitiva, ma d’altronde non è certo colpa sua se la maestra è ’na granda… “Dice che sono argomenti facilissimi e di arrangiarmi.”
La madre diventa paonazza, si impone di inspirare ed espirare profondamente per non sbottare. Preferisce non indagare se il termine ‘arrangiarsi’ sia frutto di una libera reinterpretazione di Futura; per quanto la riguarda, è sufficiente la prima parte dell’aberrante affermazione trasudante meschinità. Fosse per lei, sradicherebbe direttamente almeno metà del corpo docente di quella scuola e di altre; ma le hanno insegnato che minare l’autorità degli insegnanti davanti ai figli, perlomeno finché sono piccoli, è scorretto da un punto di vista educativo. Perciò, benché a parer suo niente sia più diseducativo che trasmettere l’idea secondo cui, in quanto piccoli, debbano accettare passivamente che vengano messi loro i piedi in testa, in parte per reazione alla propria stessa educazione e in parte per carattere, si sforza di omettere completamente un commento riguardo all’atteggiamento di quella.
“Perché non hai chiesto aiuto a me e a tuo padre?” domanda piuttosto, per quanto le costi sviare.
Questo sì che è un tasto dolente: l’ultima cosa che Futura vorrebbe è metterli in imbarazzo… Sa bene che sposterebbero montagne pur di renderla felice, ma li sente ironizzare un numero imprecisato di volte al giorno sulla loro ignoranza. Qui occorre una mezza verità: “È che lavorate sempre tanto…”
Rosa alza gli occhi al cielo: “Non mi sembra che ti abbiamo mai isolata, chiusa a doppia mandata.”
“A che ora sarebbe questa verifica?” incalza, passando direttamente alla risoluzione pratica.
“Alle 11, subito dopo l’intervallo…” risponde Futura, perplessa: sta per imporle di andare comunque?
“Perfetto, significa che abbiamo circa tre ore per prepararci a questa battaglia.” È stato più forte di lei.
La bimba la scruta sbigottita: “Mamma, devo entrare a metà mattina? Ci vuole una giustificazione…”
“Diremo che avevi una visita medica. Lo so, ti ho sempre insegnato che non bisogna mentire…” taglia corto sbrigativamente. “Ascoltami bene, cor mij” si china alla sua altezza e le posa le mani sulle spalle: “Devono sapere che sei andata apposta per fare la verifica, che Futura Di Salvo non è una che molla.”
“Ah no?” ribatte istintivamente la diretta interessata, mordicchiandosi il labbro inferiore come fa sempre quando è nervosa. A volte, le sembra di non riuscire a fare neppure il minimo indispensabile.
“No.” conferma Rosa; negli occhi e nel tono, tutta la convinzione di questo mondo, che spera di poter trasmettere a sua figlia, anche fosse in minima parte. Tutti dovrebbero amarla come la ama lei; ma è proprio l’impossibilità che ciò si verifichi a spingerla a fornirle gli strumenti per amarsi da sé. Soprattutto se, come in questo caso, chi dovrebbe fornirglieli per contratto è più occupata a sminuirla. Futura dovrà avere a propria disposizione ogni genere di opportunità per diventare chi vorrà essere. Se ha bisogno di più tempo per assimilare un concetto, non significa che non potrà mai riuscirci; anzi, Rosa si ritrova a pensare sorridendo, in tal senso lei stessa è la dimostrazione vivente di tale principio.
D’altro canto, Futura non vorrebbe risultare indelicata, però deve: “Ma quindi, tu le sai queste cose?”
Con un’espressione e un tono fintamente offesi, la madre ribatte: “Ci starà una regola scritta, no?”
La bimba si affretta ad annuire, desiderando di sparire: si sente proprio ingrata, oltre che stupida…
Jamm bell ; vai a pigliare libro e quaderno. Nel frattempo, mamma ti prepara la famosa spremuta… E pure quel pane e nutella, ja, che per studiare servono energie.” la sprona, facendole l’occhiolino.
Ancora titubante, Futura obbedisce più per inerzia. Poi si ferma a metà strada, retrocede, abbraccia la madre da dietro, spingendola a voltarsi subito per ricambiare, e le dice semplicemente: “Grazie.”
Rosa è più liquefatta di un ghiacciolo al limone sotto il sole d’agosto. “Ringraziami quando avrai preso il voto più alto della classe.” Attribuirsi parte dei meriti filiali e caricarla d’aspettative: sgarri compiuti.
Per tutta risposta, Futura scoppia in una risata liberatoria; contro ogni pronostico, si sente invincibile.
Dopo un’ora e mezza trascorsa a sviscerare la grammatica italiana forse anche più del dovuto, giusto perché Rosa Ricci ha intenzione di dimostrare di saperne più di una laureata all’università della fuffa; siccome c’ha preso gusto, la figlia le chiede di aiutarla anche a memorizzare dei vocaboli in inglese. Non è affatto abituata a ricevere assistenza nei compiti, perciò si sta godendo il momento, cercando di prolungarlo il più possibile; e poi, inglese le piace, però qualcuno deve verificare che non si confonda.
A riprova dell’aver puntato sul cavallo vincente, la madre le suggerisce di scrivere in stampato grande i termini in inglese e incollarli sui corrispettivi oggetti e cibi, in modo da associarli con maggiore facilità. “E pensare che, a scuola, m’annoiavo durante le lezioni di inglese…” commenta, sorpresa da sé stessa.
“Forse t’annoiavi perché eri brava, mamma…” osserva Futura, tra l’invidiosa e l’orgogliosa di lei.
Accompagnandola a scuola perfettamente in tempo per svolgere la verifica, Rosa saluta la sua bimba appoggiando la propria fronte contro la sua e spronandola a completare il motto: “Futura Di Salvo…”
Con un mezzo sorriso, sul momento le dà retta più per accontentarla: “Non è una che molla.”
-
Due giorni dopo, all’uscita da scuola, Rosa non fa in tempo a cercare di individuare Futura nella folla di bambini euforici alla prospettiva di un pomeriggio di relax, che la figlia le si butta addosso a razzo. “Mamma, mamma, avevi ragione, avevi ragione tu, grazie, grazie!” non smette di ripetere, saltellando.
“Mi fa piacere sapere di avere ragione, modestamente, ma mi spieghi?” la placca, curiosa e divertita.
“Ho preso 10 mamma, solo io, solo io nella classe! Ho fatto tutto giusto, come mi hai insegnato tu!”
È in quel momento che Rosa si ritrova a pensare come questo genere di soddisfazione le interessi, proprio che abbia preso il massimo dei voti, proprio che sia stata l’unica tra i suoi compagni, alla facciaccia di quell’ignorante non sulla carta ma dei sentimenti, che ha osato sottovalutare sua figlia. Però non lo esterna, non sarebbe giusto. Opta per la versione politically correct di quello che poi è comunque un principio in cui crede: “Ti sei impegnata, cor mij, e sei brava, perciò non avevo dubbi.”
“Non è vero, mamma, mi hai aiutata tu.” protesta Futura, in parte perché ci crede veramente.
“Io ho solo fatto quello che avrebbe dovuto fare la maestra… Il cervello è tuo, amore di mamma, e hai saputo collegarlo alla tua mano in modo giusto, come sempre.” ribatte, irremovibile e fiera. “Senza contare il fatto che… Tien a cap’e fierr ’e patet, perciò puoi spostare le montagne, se lo vuoi.”
La figlia soppesa le sue parole, trovandosi poi costretta a darle ragione: è autonoma e determinata.
“E adesso corriamo a dirlo a papà, che sicuramente sarà felicissimo.” Le prende la mano e si avviano.
-
“10? Il voto più alto della classe? Ma siamo proprio sicuri che la verifica fosse la tua, pernacchiè?”
Rosa lo fulmina con lo sguardo: c’è voluto tanto per rasserenarla, ci mancano solo le sue battute.
Ma Futura conosce perfettamente l’umorismo del padre, così come conosce l’alta considerazione che ha di lei, al pari della madre; perciò, gli risponde come merita e come si conviene al suo soprannome, aggiungendo: “Puoi sempre chiederlo alla maestra, ma se poi ti dice di no, chi la sente la mamma?”
Sentendosi chiamata in causa, ne approfitta per precisare: “La prossima volta in cui chella granda…” Stavolta è Carmine a rivolgerle uno sguardo ammonitore, ma sa perfettamente quando trattenersi. “Grandissima scansafatiche ti dirà di arrangiarti, dimmelo immediatamente, ché le vado a parlare.”
“No, mamma, è meglio che mandi papà…” osserva Futura, ridacchiando sotto i baffi, mentre l’altro genitore si sta proprio facendo delle grasse risate senza alcun ritegno: sono soddisfazioni, queste.
“Non diciamo sciocchezze: io l’ho iniziata e io la devo finire, ’sta tarantella.” protesta, per l’appunto.
“Hai usato il termine giusto, proprio per questo io lascerei perdere…” la invita Carmine, sornione.
Sbuffa. “Vabbuò. Futura, a mamma, seconda lezione: a volte, devi rassegnarti davanti ai tuoi limiti.”
“Ma perché, Rosa Ricci ha dei limiti?” Per mitigare lo sfottò, il marito le si struscia contro da dietro.
Scuotendo la testa, Futura espone la sua teoria: “Secondo me, no; d’ora in poi, in inglese mi aiuti tu.”
“Hai licenziato zio Filippo, pernacchiè?” indaga Carmine, divertito, senza interrompere la sua attività.
La figlia sospira, intristendosi. “Lavora sempre; e poi, Valentina ha spesso la febbre ultimamente…”
Si stacca dalla moglie, le si avvicina e abbozza un sorriso. “Ma ti vuole un bene di pazzi, lo sai, sì?”
Futura annuisce. “Sì…” Esita, ma ogni tanto una soddisfazione deve pur dargliela: “Non come te.” Suo padre è l’unico – tranne, in parte, Rosa - a trattarla in modo identico da quando è nato Massimo. Proprio perché se ne assicura ma senza la certezza di riuscirci, la avvolge in un abbraccio stritolante.
-
Ed è proprio quell’abbraccio che, come d’abitudine, Carmine torna a cercare nel momento in cui il peso della giornata, ma soprattutto di certe conversazioni e di certi pensieri, rischia di schiacciarlo. Solitamente, si dice che i genitori costituiscano il punto di riferimento dei figli; nel suo caso, si rende sempre più conto di come valga soprattutto il contrario, di come un gesto d’affetto, un sorriso, una parola dei suoi gioielli lo aiuti a ricentrarsi, a tornare a respirare dopo l’apnea; vale anche per Rosa.
Massimo è ancora troppo piccolo per formulare consapevolezze di alcun genere, nella mente e nei gesti; d’altro canto, Futura è visceralmente legata al padre, e così come lui la conosce perfettamente, vale anche la reciproca: per quanto possa sforzarsi di mascherare la stanchezza e la sofferenza dietro un pallido sorriso, sua figlia sa individuarle al primo sguardo, dall’espressione del viso, dalla presa che è un po’ più fiacca, dal fatto che punti immediatamente il divano invece di andare a salutare la moglie, nonostante si siano visti poche ore prima… E spera che, prima o poi, realizzi che è inutile camuffarle.
L’unico sistema per sgamarlo è porgli una domanda diretta alla quale non potrà sottrarsi, poiché a prescindere, Carmine e Rosa tengono molto alla trasparenza nei sentimenti: “Ma stai male, papà?”
Abbozza un mezzo sorriso consapevole, la invita a raggiungerlo sul divano e le dà un bacio sulla testa. “Non ti preoccupare, vita mij… E comunque, mai quando sto con te.” Ed è la pura e semplice verità.
Tuttavia, sperare che si accontenti della rassicurazione è utopico; infatti, incalza: “La mamma lo sa?”
Carmine decide di giocarsi la carta dell’equivoco: “Ca me faij passà t’te cos ? E comm no…”
Futura scuote la testa. “Di sicuro, non deve sapere che mi parli in dialetto, anche se sotto sotto…”
Il padre sbuffa. “Sotto sotto, le fa piacere, e comunque si fida del fatto che non saranno parolacce.”
“Per quelle, basta tuo fratello…” osserva la piccola, tappandosi la bocca quando ormai è tardi.
È incredibile come il pensiero di Carmine sia volato immediatamente al Chiattillo, tanto da sbottare: “E da quando in qua, tuo zio Filippo ti insegna le…” A quel punto, s’interrompe e riflette più a fondo: è impossibile che c’entri lui. Il famoso richiamo del sangue, invisibile e rinnegato ma inestirpabile, torna prepotentemente a reclamare i suoi diritti; solo che riesce unicamente a ghiacciarglisi nelle vene. Esiste un unico, possibile responsabile di uno sconvolgimento di questo tipo, e con questo si riferisce anche al fatto che Futura, notoriamente fin troppo discreta, si sia lasciata sfuggire tale esclamazione.
La conseguenza obbligata è dirigersi subito da colei che, con tutta probabilità, è la diretta interessata. Innanzitutto, saluta il figlio con un bacio, e dato che la mamma l’ha appena lavato, spera stia buono almeno per qualche minuto; senza manco dare il tempo a Rosa di fiatare, si chiude con lei in camera.
M’e a ricr mo mo si Ezio t’ha chiammat, accussì nun perdimm tiemp e pozz ì a fà carn’e maciell.”
La moglie alza gli occhi al cielo: maledetta la lingua lunga dei bimbi, giusto ora doveva rispolverarla? “Calmt, Cà, nun è comm staij penzann; sì, m’ha chiammat, però nun m’ha trattat ’na chiavica…”
Lui le rivolge uno sguardo di fuoco. “Rosa, nun m piglià pe’ fess, peppiacer;” - se l’ha chiamata con il nome intero e con quel tono, ’o fatt è serij - “si Futura ha sentut ’na mala parol, nun ce crer ca è stat n’amichevole conversazione. E pò,’o conosc buon a chill omm’e nient, pur si pe’ iss la nullità song ij.”
Per tutta risposta, riceve uno sbuffo di disapprovazione: ci manca solo che venga sottoposta a un processo in cui non ha responsabilità alcuna! “Te vuò calmà o no? Pò foss’ij ’a cap fresc, ah !”
Carmine si rassegna ad ammutolirsi; ma se non l’ha definito cap’e fierr, è perché sa fin troppo bene che, quando si tratta delle loro famiglie, a pensar male generalmente ci si azzecca. Ma non con Rosa. Certo, non penserebbe mai che gli nasconda qualcosa di rilevante; semmai, che edulcori per tutelarlo.
Si primm me faciv parlà…” lo incenerisce con uno sguardo che racchiude il concetto di cui sopra “sapresti che le parolacce erano un intercalare; poi, se proprio ci tieni a saperlo, pure qualche insulto rivolto a te…” svela, trattenendo un sogghigno davanti all’espressione più che eloquente del marito. “Ovviamente, non avevo impostato il viva voce, però ’o saij ca ’e creatur stann semb ’a sentì ’sti cos.”
Vabbuò, se pò sapè che t’ha ritt?” incalza Carmine, divorato dall’ansia; non prova manco a chiedere, né a chiedersi, come abbia avuto il suo numero di cellulare, perché preferisce non sapere la risposta.
Rosa fa spallucce, vista la prevedibilità della risposta; ma decide comunque di essere eloquente, pena un esaurimento nervoso del marito che non si è praticamente mai verificato da quando lo conosce. Comprende perfettamente come possa sentirsi, ma ormai dovrebbe sapere che non è fatta di cristallo. “Voleva sapere se abbiamo intenzione di prestarci al ricongiungimento familiare tanto desiderato… Ovviamente, ho detto che la decisione spetta a te e, quando l’avrai presa, vi spiegherete tra voi, ecco.”
Ah, mo agg capit; iss sperav ca ’na Ricci convincesse ’o piecr ca ’a famiglia soja è sacra, comm…” L’espressione sprezzante rivela quanto abbia sofferto per come Ezio sia sempre stato sopravvalutato.
Quella della moglie, che rispecchia perfettamente la sua, rivela la sua piena consapevolezza di quanto tutti si siano sempre sbagliati sul conto dell’intelligenza di Carmine, che dà le piste a chiunque altro. “Qualunque cosa abbia pensato - anche perché non conosce per niente né la Rosa Ricci di un tempo, né quella attuale - se la può tenere per sé: io non faccio un solo passo, se non sei tu a chiedermelo.”
“Intanto, come prima cosa, tu cambi il numero di cellulare, immediatamente. E prima di darlo a mia mamma, passerà un bel po’.” stabilisce innanzitutto Carmine, irremovibile, per schermare il resto.
Rosa gli rivolge un’occhiata condiscendente. “Cà, sai che può esserselo procurato in mille modi…”
’O sacc.” conferma lui, sofferente poiché la madre si trova intrappolata tra due fuochi senza volerlo, perché l’ha sentita poco prima e ha dovuto mantenersi distaccato benché gli sia pesato indicibilmente, perché capisce che voglia solamente ricomporre la famiglia, ma non si sente compreso nelle proprie ragioni e, benché non costituisca un fattore di novità, tale mancanza riesce comunque a ferirlo ancora.
Finalmente s’è seduto sul letto; lei lo raggiunge e gli prende la testa tra le mani, dolce eppure ferma. Forse per la prima volta, è Rosa a sforzarsi per richiamare Carmine a sé: “Ammmor mij… Guardam.”
Lui reagisce d’istinto, sentendosi tirare e avvolgere dal filo rosso indissolubile che li ha sempre uniti.
“Io mi fido di te. A occhi chiusi. Da quando mi hai salvato la vita letteralmente, fino a rendermi conto di farlo a prescindere, perché mi stavi salvando in tutti i modi in cui una persona può essere salvata…” le si spezza la voce e gli occhi s’inumidiscono seguendo un impulso irrefrenabile, di pancia e di cuore. “E da allora non hai mai smesso di farlo. Perciò, non solo voglio esserci, ci sono e ci sarò io per te; ma per una volta, devi pensare a te, a cosa è meglio per te, a cosa ritieni più giusto, e noi ci saremo.”
Carmine, del tutto sciolto, abbassa lo sguardo. “Come puoi pensare che la mia priorità non siate voi?”
Peppiacer, stamm a sentì: chiama l’unico che dissolverà ’sto macigno.” Gli posa una mano sul cuore.
La rimbecca tra la contrarietà e il sarcasmo: “E menu mal che non dovevi interferire, eh, Tarantè?”
Per tutta risposta, lei scuote la testa, divertita. “Sei andato a pensare al ramo della famiglia sbagliato…”
A quel punto, il suo volto è illuminato da un sorriso consapevole. Perciò, segue il consiglio di Rosa. Descrive senza risparmiarsi i conflitti che lo lacerano, confessa il timore di tradire un rapporto sano, timore che viene prontamente sradicato. Decide comunque di rimandare - giusto per non mostrarsi troppo categorico - la riunione col padre biologico ed Ezio. E il padre del cuore approva pienamente.
 
   
 
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