Anime & Manga > Bungou Stray Dogs
Segui la storia  |       
Autore: Europa91    16/11/2023    1 recensioni
Odasaku è morto e Dazai non riesce ad accettarlo.
“Mettersi a piangere e urlare non avrebbe risolto nulla, anche se l’avrebbe aiutato a sfogarsi. Tornò con la mente al libro di Mori, quello sull’esistenza di realtà alternative e fu colto da un’illuminazione: se fosse esistito anche solo un mondo, un universo in cui Oda era ancora vivo, lo avrebbe trovato. Non importava come, lui avrebbe riportato Odasaku indietro. Se c’era anche solo una minima possibilità di salvarlo l’avrebbe trovata.“
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Sakunosuke Oda
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'People Exist To Save Themselves'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 


Chuuya non si dava pace, da quando aveva ripreso i sensi non faceva altro che pensare e ripensare alle parole di Dazai,

“Ti affido Odasaku. Non mi deludere” 

Aveva il suono di un addio. Quel idiota non poteva essere Dazai Osamu, una parte di lui si rifiutava di accettarlo. Non poteva trattarsi di quello stesso novellino che lui e Oda avevano conosciuto al termine del Conflitto Testa di Drago e che in breve tempo si era ritagliato il proprio spazio nelle loro vite diventando quasi un amico. Chuuya odiava associare quella parola a Dazai ma qualsiasi altro termine sarebbe stato pericoloso e assolutamente non necessario. Avevano già fin troppi problemi dei quali occuparsi, senza doverne sommare di nuovi. Il solo pensare a quell’idiota aveva il potere di fargli saltare l’intero sistema nervoso.

Strinse i pugni, soffocando un’imprecazione tra le labbra mentre la sua mente cercava di trovare una qualsiasi spiegazione che potesse decifrare gli atteggiamenti di quello Sgombro.

«A che gioco starà giocando quel idiota?» trovò il coraggio di domandare.

Oda, seduto su di una sedia accanto al suo letto, si abbandonò ad un sospiro stanco che tuttavia riassumeva perfettamente il proprio stato d’animo. 

Al risveglio Chuuya aveva trovato il dirigente al proprio fianco, insieme a Rimbaud. Aveva impiegato diversi secondi per ricordare quanto successo e come fosse finito in quelle condizioni. Era caduto in trappola come uno stupido. Per l’ennesima volta Dazai si era fatto beffe di lui. Gli fu sufficiente incrociare lo sguardo dell'amico per comprendere la gravità della situazione. 

Una parte di Chuuya voleva disperatamente credere nell’innocenza di Dazai anche se il suo tradimento in quel momento sembrava essere la loro unica certezza.

Arthur Rimbaud si trattenne per diversi minuti prima di venir richiamato al lavoro. Chuuya ringraziò il fatto che fosse solo e non in compagnia di Verlaine. Non voleva che il fratello lo vedesse in quelle condizioni e sarebbe solo servito a gettare benzina sul fuoco. Aveva abbassato la guardia e Dazai ne aveva approfittato.

Attesero che l’ex spia francese abbandonasse la stanza prima di iniziare a scambiarsi informazioni. Nonostante l’apparente freddezza Oda sembrava preoccupato per la situazione così come per il coinvolgimento di Dazai. 

«La Mimic è composta principalmente da ex soldati, mercenari provenienti dall’Europa» iniziò il minore incrociando le braccia al petto.

«Anche Arthur e Paul mi hanno fornito le stesse informazioni. Il leader dell’organizzazione si chiama André Gide. Le loro versioni coincidono» di fronte alle parole del dirigente, Chuuya storse il naso cercando di fare il possibile per mantenere la calma.

«Dazai mi ha pregato di tenerti lontano da quell’uomo» era quel particolare più di tutto a preoccuparlo,

«Questa è una delle cose più sospette» e anche Oda sembrava pensarla allo stesso modo

«Tu lo sapevi Saku? Sapevi che quell’idiota fosse una spia? Se fosse vero quel bastardo, lui non avrebbe fatto il doppio gioco ma il triplo. Solo quello Sgombro poteva rifilarci un tale colpo basso. Vorrei che fosse qui solo per poterlo prendere a pugni» era arrabbiato come non gli capitava da anni.

Osamu Dazai era fuggito insieme ad una Divisione del Governo. Chuuya aveva riconosciuto subito i loro distintivi, quelli dei servizi segreti. Non poteva sbagliarsi. I ricordi di quando quegli uomini gli davano la caccia erano impressi a fuoco nella propria memoria. Preferì concentrarsi su altro. Non doveva permettere agli incubi del proprio passato di inficiare il presente.

«Ho iniziato a pormi delle domande la sera in cui ci ha parlato di Nagano. Qualche giorno dopo, un paio di miei sottoposti mi hanno informato di una conversazione telefonica avvenuta tra Dazai e un numero sconosciuto proveniente proprio da quella prefettura. Abbiamo a che fare con due gruppi distinti, la Mimic e le forze speciali» spiegò Oda chinando il capo.

Chuuya imprecò sottovoce stringendo con forza il lenzuolo tra le proprie mani. Odiava quella sensazione di impotenza. Non era da lui.

«Cosa intendi fare?» domandò al superiore, pronto ad accettare qualsiasi piano Oda gli avrebbe proposto.

«La Mimic al momento rappresenta la minaccia più pericolosa, anche se la perdita di Dazai…»

«Se ti vedesse con questa faccia delusa magari potrebbe ripensarci e tornare sui propri passi» lo prese in giro. L’ex sicario abbozzò un sorriso,

«Una parte di me ha sempre saputo che Dazai non era chi diceva di essere, chiamalo presentimento, sesto senso o quello che vuoi. Ho visto una profonda solitudine attraversare il suo sguardo, accompagnata da un’oscurità senza fine. Forse nella mia arroganza avevo semplicemente sperato di poterlo salvare da se stesso»

«Non puoi proprio evitare di prenderti cura degli orfani? Hai fatto lo stesso con me e Akutagawa» Oda tornò a sorridere anche se per un breve istante

«Ricordo il giorno in cui ci siamo incontrati. Mori ti aveva affidato alla mia supervisione dopo che avevi mandato all’ospedale altri due istruttori. Avevi quanto otto, forse nove anni? Ho pensato fossi incredibile» Chuuya sbuffò,

«Quei due idioti mi avevano trascinato con loro nella Mafia. Il giorno prima imparavo ad agire come una spia e quello dopo ad essere un assassino. Non è che la mia vita sia cambiata di molto. Con il senno del poi l’idea del Boss fu geniale, mettermi sotto il comando di qualcuno di diverso, che usasse il bastone e non la carota. É solo grazie ai tuoi insegnamenti se sono diventato tanto forte Saku» confessò.

Oda non dubitava dei metodi di Rimbaud, in fondo quell’uomo era il solo in grado di tenere a bada una belva come Verlaine. Lo aveva visto all’opera e meritava tutto il suo rispetto. C’era stato un tempo in cui Arthur Rimbaud era conosciuto come la spia più potente d’Europa. La Guerra unita ad alcune circostanze lo avevano portato in Giappone e in seguito era finito al servizio di Mori, insieme al proprio compagno e al fratello di quest’ultimo, il piccolo Chuuya.

Il ragazzo che aveva davanti agli occhi era stato allevato da due assassini, oltre a questo possedeva una delle Abilità più distruttive con cui Oda si fosse mai scontrato. In più di un’occasione Flawless lo aveva salvato dalla furia di Arahabaki. 

«Io e te siamo molto simili» si trovò ad ammettere abbozzando un sorriso. Lo pensava davvero, molte volte Chuuya gli aveva ricordato il giovane se stesso, il ragazzo arrabbiato che era prima di conoscere Natsume Soseki, prima di diventare il braccio destro del Boss.

«Già, mi avevi parlato del tuo passato come sicario» Oda Sakunosuke aveva deciso di cambiare la propria vita. Era stato l’incontro con quell’uomo misterioso a portarlo a maturare una simile decisione. Aveva smesso di uccidere ma continuava a vivere nelle tenebre, avvolto dall’oscurità. Ougai Mori non aveva fatto domande in merito, aveva accettato quel suo problematico credo spinto o per meglio dire, intrigato dalle parole di Soseki. Lo aveva promosso alla dirigenza e tenuto al proprio fianco, fino a quel giorno. 

La scomparsa di Osamu Dazai aveva cambiato ogni cosa, come la cieca fiducia che Oda aveva sempre riposto nel leader della Port Mafia.

C’era qualcosa di pericoloso in quella vicenda. Si trattava dell’ennesimo gioco di potere di cui non era ancora riuscito a comprendere bene le regole o le parti coinvolte.

«Per questo difendo la decisione di Verlaine e Rimbaud di crescerti nella Mafia. C’è un’oscurità peggiore nel mondo al di fuori da questa Organizzazione» fu il solo commento che uscì dalle sue labbra. Chuuya non doveva conoscere altri dettagli. Non poteva accusare il Boss di qualcosa senza possedere prove concrete del suo coinvolgimento.

«Dobbiamo forse salvare Dazai?» Oda abbassò il capo, non era ciò che intendeva ma forse andava bene anche così. 

«La vera domanda è: credi che Dazai voglia essere salvato?» era un dubbio legittimo in parte dettato dalla natura stessa di Dazai. La sua imprevedibilità unita a quella spiccata intelligenza lo avevano sempre affascinato ed attratto come una calamita. Chuuya lo sfidò con lo sguardo,

«Qualcosa mi suggerisce di come non avesse scelta. Devo pensarlo o niente potrà salvarlo dalla mia ira» di fronte a quelle parole Oda non potè fare altro che sorridere

«Prima o poi dovresti confessargli ciò che provi» Chuuya arrossì fino ad assumere la stessa tonalità dei propri capelli,

«Senti da che pulpito» sbottò incrociando le braccia,

«Che vorresti dire?» per la prima il volto del dirigente assunse un’espressione di pura sorpresa.

«Non fingere di non capire Saku. Ti ho osservato. Anche tu provi qualcosa per Dazai non provare a negarlo»

«Dazai è un amico» tentò di sottolineare,

«Anche Dazai è innamorato di qualcuno» lo provocò, anche se la faccia sempre più sorpresa di Oda fu la sola conferma della quale avesse bisogno,

«E ti ha forse detto di chi?» era troppo facile prendersi gioco del dirigente, oltre che divertente

«No, quel bastardo era troppo occupato a lanciarmi addosso palle cariche di veleno»

«Quanto pensi fosse serio?» Chuuya ci pensò per qualche istante,

«C’era qualcosa di strano in lui. Sicuramente te ne sarai accorto anche tu» Oda annuì piegando leggermente il capo,

«Per questo sono sicuro che non si trattasse dell’ennesima menzogna. Dazai sembrava diverso dal solito, quasi sofferente» disperato era il termine più appropriato ma non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, sarebbe stato nuovamente troppo da sopportare.

«Forse perchè si stava avvicinando l’inesorabile momento della verità. Quella sera al Lupin, Dazai in qualche modo sapeva che sarebbe stata l’ultima» si trovò ad ammettere con una punta di malcelata tristezza.

«Cosa facciamo Saku?» anche da un letto d’ospedale Chuuya non sembrava intenzionato ad arrendersi. Il dirigente rimase stupito da quella forza, quell’energia che aveva da sempre caratterizzato il possessore d’Arahabaki.

«C’è qualcosa che non mi torna in questa storia e temo che Dazai sappia più di quanto sembri. La Port Mafia ha deciso di attaccare la Mimic con tutte le forze a propria disposizione. Era di questo argomento che abbiamo discusso durante l’ultima riunione» si trovò ad ammettere alzandosi dalla propria sedia. Chuuya lo avrebbe scoperto comunque, mentire in quell’occasione non sarebbe servito a nulla. Preferiva renderlo partecipe della situazione come delle prossime mosse dell’Organizzazione.

«Devi tenerti alla larga dal leader della Mimic»

«Possiede la mia stessa Abilità non ci vedo nulla di così pericoloso» il più giovane non sembrò troppo convinto di quella risposta.

«Come pensi che potrebbe risolversi uno scontro tra di voi?» domandò preoccupato ma al tempo stesso incuriosito,

«Credo che messi alle strette tutto dipenda dalla nostra abilità con le armi da fuoco, non dimenticare che sono un sicario professionista»

«Lui però è un militare»

«Ti sto dicendo di non preoccuparti. Mi credi tanto debole?» Chuuya tornò finalmente a sorridere,

«No, assolutamente. Ora che ci penso, Akutagawa?»

«L’ho mandato insieme ad altri membri dello squadrone militare a sedare alcuni conflitti in città…» ma prima che potesse terminare la frase il proprio cellulare prese a suonare,

«Pronto. Qui Oda. Come? Cosa è successo? Ok arrivo subito, ritiratevi e cercate di non strafare»

«Che succede?» si azzardò a domandare il possessore di Arahabaki anche se il viso di Odasaku parlava per lui.

«Ti stavi chiedendo che ne fosse stato di Akutagawa. Sembra che il suo gruppo sia caduto in un’imboscata e che in questo momento stia combattendo contro Mimic al museo d’arte»

«Dobbiamo andare ad aiutarlo» mormorò tentando di alzarsi ma incespicando nelle lenzuola.

«No. Tu resterai qui. Ryuu-kun è un mio sottoposto»

«Grazie alla mia Abilità possiamo risolvere la questione in pochi secondi»

«Chuuya cerca di capire, voglio che tu sia al massimo della forma per quando troveremo Dazai. Pensa solo a recuperare le forze»

«Hai solo paura di cosa potrebbero farti quei due se scoprissero che mi hai portato con te, giusto?» Oda gli sorrise a mò di scusa,

«In parte, ma desidero solo che tu ti riprenda. Sei stato avvelenato, per queste cose ci vuole tempo anche se al momento è ciò di cui siamo a corto» il rosso annuì,

«Pensi davvero che troveremo Dazai?»

«Sono convinto che sarà lui a trovare noi»

 

***

 

In quello stesso momento, Osamu Dazai si trovava seduto su una sedia di uno degli uffici della Divisione Governativa per l’utilizzo delle Abilità Speciali. L’uomo davanti ai suoi occhi aveva detto di chiamarsi Taneda e da quanto aveva compreso, era il suo diretto superiore. Quella poteva essere la sua ultima occasione per salvare Odasaku, in fondo gli sarebbe bastato convincere quell’uomo a non fidarsi di Ougai Mori e delle sue parole.

«É un vero peccato che ti abbiano scoperto Dazai-kun» l’ex mafioso alzò le braccia, pronto a recitare al meglio la propria parte,

«Era solo questione di tempo» si limitò a rispondere iniziando a sondare il terreno

«Quando ci è giunta voce che eri stato rapito dalla Mimic abbiamo temuto il peggio» il moro sorrise 

«Non avete mosso un dito per salvarmi. Vi siete limitati ad aspettare che la Port Mafia facesse la propria mossa»

«Dazai-kun eri in una posizione delicata»

«Chissà come ci sono finito» Era questo atteggiamento che odiava, anche se doveva ammettere che il modus operandi del Governo non si discostava troppo da quello di Mori. Tutti loro non erano altro che pedine da usare e sacrificare a seconda del proprio interesse. Era il risultato finale della partita a contare.

«In questi due anni hai fatto un lavoro eccellente» proseguì il Direttore,

«Come intendete procedere con la Mimic? La situazione si sta facendo pericolosa o mi sbaglio?» Dazai si era stancato e aveva deciso di passare all’attacco.

«Sei sempre stato un ragazzo sveglio, per questo ti ho scelto per questa missione. Hai ragione, quel gruppo di fanatici può diventare una seria minaccia per la sicurezza della nostra amata città. Giusto questa mattina abbiamo ricevuto dalla Port Mafia una richiesta che…»

«NO» Taneda lo fissò confuso. Dazai aveva urlato quasi senza rendersene conto. Le immagini della morte di Odasaku gli erano tornate alla mente. Più vivide e dolorose che mai.

Avrebbe fatto il possibile per impedire a quella storia di ripetersi. Prese un lungo respiro cercando di calmarsi,

«Non possiamo fidarci di Mori Ougai, quell’uomo avrà sicuramente un secondo fine. Il Governo non può sottostare ai ricatti di un’Organizzazione criminale»

«Sembra vogliano qualche garanzia in cambio» rispose con calma il Direttore

«Desiderano ottenere la licenza per l’utilizzo all’uso delle Abilità Speciali» lo anticipò 

Taneda annuì.

«Forse non le sembrerà molto ma non possiamo concedergliela» 

Odasaku morirà per quel pezzo di carta,

«Ti vedo parecchio coinvolto in questa vicenda» l’ex dirigente sostenne lo sguardo del Direttore. Come poteva non esserlo, si stava mercanteggiando per la vita dell’uomo che amava. Concedere quella licenza avrebbe significato accettare l’aiuto della Mafia nel caso Mimic e vi era un solo uomo all’interno di quell’Organizzazione in grado di rivaleggiare con André Gide. 

Il Boss lo sapeva, dirigente o meno non ci avrebbe pensato due volte a mettere la vita di Oda sul piatto della bilancia.

«Non possiamo accettare, moriranno degli innocenti»

«Dazai-kun sei ancora così giovane, a volte per il bene di una comunità bisogna essere disposti a sacrificare gli interessi del singolo»

A volte, per un bene superiore, dei sacrifici vanno affrontati

Era stato uno dei primi insegnamenti che aveva ricevuto da Mori. Il Boss aveva pronunciato quella frase poche ore prima di assassinare il proprio predecessore e prendere le redini dell’Organizzazione. A quel tempo Dazai non aveva trovato nulla da obiettare. Quel vecchio non era altro che un folle e in qualche modo andava fermato. Aveva accettato di seguire Mori in quell’oscurità perché sperava di trovare un senso per la propria esistenza. Era entrato nella Port Mafia solo per quello, vivere a stretto contatto con la nera signora poteva aiutarlo a comprendere se stesso e dare un senso a quel vuoto che attanagliava il suo animo.

La presenza di Odasaku era stata come un balsamo su quelle ferite, per questo non poteva rassegnarsi alla sua morte.

Dazai sapeva di essere un ipocrita, se ci fosse stato qualcun altro al posto dell’amico non si sarebbe opposto e avrebbe condiviso quella linea d’azione. La vita di Oda però era qualcosa di prezioso e importante. Stava avvenendo tutto come nel proprio mondo, ma anche conoscendo in anticipo il finale di quella storia Dazai non sembrava in grado di modificarla. 

«Se le dicessi che moriranno dei bambini?» non poteva averne la certezza, tuttavia durante una delle conversazioni tra Oda e Chuuya aveva captato quel particolare. Odasaku poteva anche essere diventato un dirigente ma si occupava ancora degli orfani. Anche la morte di quei piccoli era qualcosa che Dazai avrebbe voluto o potuto evitare. 

Era stata la loro perdita a spingere Odasaku a scendere in campo e lui non aveva potuto fermarlo. Se chiudeva gli occhi rivedeva quell’auto in fiamme e la sua mano tesa a mezz’aria nel tentativo di afferrare l’amico. Oda non lo aveva ascoltato, andando incontro al proprio destino. Lo aveva lasciato, obbligandolo a vivere attraverso quella promessa che gli aveva strappato con il proprio ultimo respiro.

Sta dalla parte di chi salva le persone

In quella realtà Dazai giocava per la squadra dei “buoni” anche se la Divisione non sembrava esente da colpe,

«Hai forse delle prove? Abbiamo appena ricevuto una comunicazione di uno scontro avvenuto tra la Mimic e la Mafia presso il museo d’arte, non possiamo attirare troppo l’attenzione. Siamo in una posizione delicata Dazai-kun» l’ex mafioso stentava a credere alle proprie orecchie,

«No, non ho prove» si trovò ad ammettere. Le sue non erano altro che supposizioni che a quanto pare non sarebbero servite per avere un qualche appoggio da parte della Divisione. 

«Dovresti prenderti un paio di giorni di riposo, non hai un bell’aspetto ragazzo mio» Dazai ne avrebbe fatto volentieri a meno, non poteva riposare, non in una situazione simile. Era la quiete che precedeva la tempesta.

«Cosa avete detto poco fa Direttore? C’è stato uno scontro ad un museo?» nel suo mondo Odasaku aveva incontrato Gide proprio in quell’occasione, intervenendo per salvare Akutagawa. Era stato allora che il mercenario aveva appreso dell’Abilità dell’amico e si era convinto di come Oda fosse il solo a poterlo aiutare ad espiare i propri peccati. André Gide era un folle. Dazai lo avrebbe ucciso con le proprie mani se solo fosse servito a salvare Odasaku dal proprio destino.

«Si, uno scontro a fuoco tra Mimic e Mafia, ci sono state parecchie vittime, per fortuna nessuna tra i civili»

«Abbiamo modo di recuperare le riprese fatte dalle telecamere?»

«Certo ma non capisco a cosa possano servire»

«Voglio solo scoprire di più su questa faccenda»

Dazai sapeva già cosa quelle immagini gli avrebbero mostrato, aveva escluso Chuuya dall’equazione perché ancora convalescente a causa del veleno. Le forze speciali avevano dovuto ricorrere ad una dose extra per mettere KO il vessillo di Arahabaki. Sicuramente Oda si era recato da solo sul posto e come nella propria realtà doveva aver salvato Akutagawa, finendo così per attirare l’attenzione di Gide.

Verlaine aveva ragione, non poteva cambiare le cose ma nulla gli avrebbe impedito di provarci.

 

***

 

Chuuya stava fissando il paesaggio al di fuori della propria stanza. Si trovava ancora presso la clinica privata nella quale era stato ricoverato, una delle tante affiliate alla Port Mafia. Aveva ricevuto solo pochi istanti prima un messaggio da parte di Oda che lo informava sugli ultimi sviluppi di quella missione. Il dirigente era riuscito a salvare Akutagawa finendo però con lo scontrarsi direttamente con il leader della Mimic. Chuuya aveva stretto i pugni maledicendosi per non essere andato con lui. Un leggero bussare lo costrinse a tornare con la mente al presente.

«Sei sveglio» Paul Verlaine era l’ultima persona che in quel momento desiderava vedere, forse solo Dazai lo superava nella sua personale classifica di gradimento.

«Cosa sei venuto a fare?» domandò annoiato, sprofondando dentro le proprie coperte,

«Non posso preoccuparmi per mio fratello?» Chuuya preferì non rispondere. Odiava quando lo chiamava in quel modo.

«Hanno usato del veleno, ciò significa che erano a conoscenza del tuo punto debole» proseguì il biondo per nulla turbato da quel comportamento

«Sai che novità, sarà stato quell’idiota di Dazai. Come sempre è tutta colpa sua» di fronte a quell’ammissione Verlaine alzò un sopracciglio

«Dazai?» quel nome non gli era nuovo,

«La spia che ha fornito alla Mimic i codici di accesso per l’armeria. Era un novellino che faceva parte dei servizi segreti»

«L’agente scomparso su cui stavate lavorando tu e Oda giusto?» Chuuya annuì,

«Appena lo vedo lo ammazzo» sbottò riemergendo dalle lenzuola.

«Dovresti solo pensare a riposare»

«Senti da che pulpito»

«Cosa vorresti insinuare?» il rosso tornò a fissare un punto imprecisato al di fuori della finestra, preferendo evitare di incrociare il viso dell’altro,

«Ufficialmente non ne so nulla ma accetta un consiglio spassionato, quando tu e Arthur litigate cercate di moderare il tono di voce. Dalla mia stanza si sente tutto» Verlaine arrossì colto in flagrante,

«Hai solo questo da dirmi?» domandò dopo qualche secondo il Re degli Assassini, incrociando le braccia al petto. Non poteva negare di essersi aspettato una reazione diversa da parte del fratello.

«Non penso siano affari che mi riguardano»

«Chuuya»

«Sono felice per voi? Anzi lo sarò di più quando tutta questa faccenda con la Mimic sarà conclusa. Tu a Arthur conoscevate questo Gide, giusto?»

Lo sguardo di Verlaine tornò improvvisamente serio.

«Lo abbiamo incontrato sul fronte tedesco, allora era agli ordini di Hugo. Ho scoperto solo qualche anno dopo di come quella vecchia volpe avesse manipolato quell’unità per i propri scopi»

«Pensi che ci sia lo zampino di Victor Hugo in questa storia?» il biondo scosse il capo,

«Impossibile. Quel bastardo è un abile stratega ma preferisce muoversi nell’ombra. Tutto l’opposto del modus operandi di Gide» Chuuya accettò quella spiegazione. 

Come sempre preferì non domandare altro. Hugo era un tassello del passato dei suoi genitori dal quale intenzionalmente volevano tenerlo all’oscuro.

«Tra quanto potrò andarmene questo posto? Mi sto annoiando e non posso lasciare a Saku tutto il lavoro»

«Ero venuto per dirtelo, sarai dimesso domattina. Il medico preferisce attendere i risultati delle ultime analisi» Chuuya finalmente sorrise,

«Paul» iniziò titubante «prima non stavo scherzando sono davvero felice per voi» il biondo alzò gli occhi al cielo prima di avvicinarsi per scompigliargli i capelli

«Lo so o mi avresti scagliato contro qualcosa» lo prese in giro

«Prenditela con i miei genitori. Ho preso da loro» rispose con una linguaccia

«Beh direi che tutto sommato non abbiamo fatto un cattivo lavoro»

Chuuya annuì. Non avrebbe potuto desiderare di meglio ma non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce. Lui e Paul erano fin troppo simili per questo riuscivano ad intendersi con poche parole. 

Fu in quel momento che il suo cellulare prese a vibrare. La chiamata proveniva da un numero sconosciuto. Si chiese chi potesse avere il proprio contatto anche se una parte di lui conosceva già la soluzione di quell’enigma.

«Ciao Chibi» l’inconfondibile voce di Dazai gli provocò un brivido lungo la schiena. Cercò di mantenere la calma di fronte a Verlaine, se avesse sospettato qualcosa sarebbe partito all’attacco e non sarebbe rimasto nulla dell’idiota bendato.

«Parla non ho tempo da perdere» dal tono di voce Dazai comprese che non fosse solo, probabilmente era in compagnia di Verlaine o Rimbaud. Solo per questo si stava trattenendo dall’insultarlo

«Sei ancora in ospedale? Dovresti essere dimesso domattina giusto?»

«Sei incredibile» non potè evitare di sorridere, quell’idiota sembrava essere sempre un passo avanti a tutto e tutti

«Ho bisogno del tuo aiuto Chuuya, si tratta di Odasaku» il rosso si fece più attento. Non si aspettava una richiesta simile. Non da Dazai.

«Credo sia in serio pericolo» proseguì il moro dall’altro capo della linea

«Ma che cazzo stai dicendo?»

«Ora non posso spiegarti. Vediamoci tra mezz’ora al mio vecchio appartamento»

«Perché dovrei fidarmi di te?»

«Perchè sei l’unico che puoi aiutarmi» 

Chuuya rimase per qualche secondo a fissare lo schermo del proprio cellulare. Odiava Dazai ma forse detestava più se stesso per non riuscire a negargli nulla. La sua mente gli urlava di non farlo, non andare, che quella poteva essere l’ennesima trappola. Il suo cuore però gli suggeriva l’opposto. Il tono di voce di Dazai sembrava disperato e così diverso dal solito. Soffocò un’imprecazione fra i denti.

«Va tutto bene?» per un istante si era scordato della presenza di Verlaine.

«Si era Lippman» mentì usando il primo nome che gli passò per la mente, ricordandosi solo in un secondo momento di come al fratello il più abile negoziatore della Port Mafia non stesse troppo simpatico,

«Quel attore da strapazzo»

«Solo perchè mi ha proposto una parte in un suo film non puoi odiarlo a vita» Rimbaud era comparso sulla soglia,

«Come stai Chuu?» domandò qualche secondo dopo, avvicinandosi al suo letto,

«Bene, non vedo l’ora che mi dimettano»

«Sta già pensando a come festeggiare con i suoi amici» si sentì in dovere di aggiungere l’ex spia dai capelli biondi,

«Chuuya ha diciotto anni smettila di fare il geloso. Ti stai rendendo ridicolo» il rosso si sforzò di non ridere. Arthur Rimbaud era il solo in grado di zittire Verlaine e poter sopravvivere per raccontarlo.

«Lo dimettono domani mattina»

«So anche questo Paul»

«Allora che sei venuto a fare?» il moro alzò gli occhi al cielo,

«Volevo sincerarmi delle condizioni di mio figlio e vedere dove fosse finito il mio compagno» rispose passandogli accanto e mettendo una mano sulla sua spalla.

«Per favore se dovete fare i piccioncini fatelo fuori da questa stanza» in realtà Chuuya era abituato a quei comportamenti ma doveva allontanare quei due in modo da poter fuggire per incontrare Dazai. L’arrivo di Rimbaud era stato in un certo senso provvidenziale. Entrambe le spie lo fissarono sorprese. 

«Forse è meglio andare, mi sta venendo fame» fu il solo commento di Verlaine. Il partner lo fissò confuso,

«Chuuya sa tutto» aggiunse con un sorriso prima di alzarsi e afferrarlo per un braccio,

Arthur spalancò gli occhi per la sorpresa,

«Congratulazioni» fu il solo commento del rosso mentre li osservava uscire dalla stanza.

Attese una manciata di minuti prima di recuperare i propri vestiti, sgattaiolando dalla finestra. Avrebbe risolto con Dazai per poi tornare alla clinica prima che qualcuno potesse accorgersi della sua assenza.

Chuuya non poteva evitare di ripensare alle parole di quello Sgombro come al fatto che la vita di Oda potesse essere in pericolo. Che quel mercenario possedesse la stessa Abilità del dirigente era un dato di fatto, ed era fin troppo semplice arrivare ad ipotizzare lo scenario peggiore.

Saku lo aveva in un certo senso rassicurato anche se Chuuya era conscio della forza dell’ex sicario professionista. Il tono di Dazai però non faceva che impensierirlo. Era come se la spia del Governo sapesse già a quale sorte sarebbero andati incontro.

C’era qualcosa di strano in quel Dazai, non sembrava lo stesso novellino che lui e Oda avevano coinvolto nelle loro serate. Era più serio, maturo e sofferente. Il rosso non sapeva come spiegarselo era solo una sensazione che però non gli dava pace.

Quando giunse al luogo scelto per l’incontro lo trovò appoggiato ad una parete. Mani in tasca, avvolto dall’oscurità, il ragazzo che aveva di fronte agli occhi sicuramente non era l’Osamu Dazai che conosceva.

 

***

 

Dazai non avrebbe voluto coinvolgere Chuuya, ma dopo il rifiuto da parte di Taneda il rosso era il solo al quale avrebbe potuto chiedere aiuto. In fondo era stato così in ogni realtà, aveva sempre potuto contare sulla presenza del proprio partner. Quando in quel futuro Chuuya era morto, Dazai si era sentito perso. 

Quel piccolo irascibile era ciò che lo rendeva umano. Era Chuuya a riportarlo al presente ogni volta che perdeva la testa. Era sempre stato così sin da quando avevano entrambi quindici anni e le parole del vessillo di Arahabaki lo avevano esortato a smettere di sparare a un cadavere. Dazai si era trovato ad abbassare la pistola e per la prima volta, ad obbedire senza fiatare. 

Chuuya non era Odasaku e non lo sarebbe mai stato. 

L’idea di averlo perso però gli era sembrata insopportabile. Forse perchè nella sua mente il rosso era invincibile. Aveva passato gli ultimi due anni a creare strategie in modo da imbrigliare quella forza, plasmarla secondo propri scopi. 

Rimbaud era riuscito a controllare quel mostro di Verlaine e Dazai aveva fatto lo stesso con Chuuya. Gli aveva messo un collare e lo aveva addestrato a seguire i propri comandi. Il rosso gli era rimasto fedele in ogni realtà conosciuta e questa consapevolezza non lo aiutava. L’ex dirigente sapeva dei sentimenti che probabilmente Chuuya provava per lui. 

Li aveva usati per i suoi comodi, per tentare di salvare Odasaku, fallendo ogni volta.

Chuuya non lo aveva mai accusato di nulla. Gli era rimasto accanto e come sempre lo aveva sostenuto.

Dovresti ammettere di provare qualcosa per lui

La voce di Odasaku andò dritta al punto. Colpendo un nervo scoperto.

«Farò quanto possibile per salvarti»

Devi lasciarmi andare Dazai

«Non posso farlo»

In quel momento avvertì uno spostamento d’aria. Chuuya doveva trovarsi nelle vicinanze. Lo vide comparire dopo qualche secondo, avrebbe riconosciuto ovunque quei capelli rossi così come il suono dei suoi passi.

«Hai fatto presto» furono le parole con le quali lo accolse, andandogli incontro. Chuuya gli regalò un’espressione furente,

«Voglio prima chiarire una cosa stronzo: dimmi chi cazzo sei» Dazai non potè evitare di sorridere.

In ogni realtà il partner riusciva a scorgere oltre le proprie menzogne. Anche quel Chuuya si era accorto di come non fosse il Dazai che conosceva. Forse il loro legame era più profondo di quello che immaginava.

Gli raccontò ogni cosa, della morte di Odasaku e delle realtà che aveva visitato.

«Aspetta, nel tuo mondo tu saresti il braccio destro di Mori e mio partner?» ovviamente quella era la notizia che più lo aveva scioccato,

«Già, ci siamo incontrati a quindici anni nel distretto di Suribachi»

«E cosa ci siamo andati a fare in quel posto? Non è un quartiere residenziale?»

Dazai non ci aveva pensato. Cosa poteva raccontare a quel Chuuya? Per il momento era meglio evitare quella parte della storia.

«Perchè ora stai esitando?»

«Nulla, concentriamoci su Odasaku. Sai dove si trova?» il rosso rispose con un’alzata di spalle. Il messaggio che aveva ricevuto lo informava dell'esito dell’operazione ma non riportava altro.

Mostrò il proprio cellulare a quel Dazai così diverso eppure simile a quello che fino a qualche giorno prima conosceva.

«Forse potremmo chiedere ad Akutagawa»

«Ho scritto un messaggio a Doc, si sarà occupato lui di medicare i feriti dell’attacco»

«Ogni tanto conservi ancora il potere di sorprendermi Chibi»

«Alcuni amici non ti pugnalano alle spalle»

Dazai si morse la lingua pensando a quanto accaduto nel proprio mondo. Il Chuuya che conosceva era stato usato e ferito più volte da coloro che gli erano più vicini. Il ragazzo che aveva di fronte non solo era cresciuto circondato da una famiglia ma anche dall'affetto dei propri compagni. In quella realtà non era mai esistito nessun Re delle Pecore

Dazai si chiese se quell’ucronia non fosse la migliore. Per Chuuya, Odasaku o per se stesso. 

«A cosa stai pensando ora?»

«A nulla»

«Una volta eri più abile nel mentire»

«Anche Ango me l’ha fatto notare. Sto iniziando a perdere il mio tocco»

«Ango?»

«L’impiegato governativo di cui dovrei aver preso il posto»

«E non sai dove si trovi in questo mondo?»

«Non ho avuto modo di scoprirlo. Dopo il mio arrivo in ogni realtà non faccio in tempo a mettere insieme i pezzi che finisco col perdere Odasaku, è davvero frustrante»

«E secondo te ci sarebbe una specie di logica che può spiegare questo fatto?»

«Per ora mi limito a fare delle ipotesi ma secondo quanto accaduto nel mio mondo so che non disponiamo di molto tempo. Dobbiamo mettere al sicuro gli orfani di cui Odasaku si occupa»

«Ma che stai dicendo? Cosa c’entrano gli orfani?»

«Dopo aver assistito allo scontro tra le loro Abilità, Gide si è convinto di come Odasaku possa essere il solo il grado di sconfiggerlo ma lui si rifiuterà di combattere»

«Ma quel pazzo non può sapere dei bambini»

«Ti sei chiesto di come abbia fatto la Mimic ad entrare nel Paese? Qualcuno l’ha aiutata e quel qualcuno è proprio la Port Mafia. Sarà Mori a vendere quegli orfani a Gide» il rosso trattenne il fiato

«Il Boss non farebbe mai una cosa simile» anche se non ne era del tutto convinto.

«Chuuuya. Tu non hai idea dell’oscurità presente in questo mondo. Hai conosciuto solo la luce»

«Smettila con le stronzate» anche Oda gli aveva rivolto parole simili,

«Nel mio mondo il distretto di Suribachi si è trasformato in una zona povera e senza legge, è un cratere formatosi qualche anno fa in seguito a un’esplosione di origine misteriosa»

«Un’esplosione?»

«Una bestia circondata da fiamme nere, ti ricorda qualcosa, anzi qualcuno?»

«Che significa?»

«Il giorno in cui Verlaine e Rimbaud ti salvarono da quel laboratorio di ricerca finirono con il litigare per il tuo futuro. Verlaine voleva crescerti al sicuro lontano dall’Europa e dall’influenza di quei leader che lo avevano reso un’arma durante l’ultima guerra, Rimbaud voleva seguire gli ordini»

«Non voglio sapere altro»

«Sei cresciuto potendo contare solo sulle tue forze. Quando ci siamo incontrati non eri altro che un ragazzino arrabbiato che combatteva contro il mondo intero»

«Quei due idioti come stanno nel tuo mondo?» si azzardò a domandare,

«Verlaine sta bene»

«E Arthur?» Dazai abbassò il capo

«Non ti dirò altro Chibi»

«Chi è stato?»

«Non insistere. Era un altro mondo un’altra vita»

«L’ho ucciso io? Paul non avrebbe mai potuto fare qualcosa del genere» Dazai prese un lungo respiro, prima di confessare,

«Siamo stati entrambi» Chuuya cadde sulle proprie ginocchia prendendosi il volto con entrambe le mani. Non poteva credere a quelle parole, il volto fin troppo serio di Dazai però non lasciava adito a molti dubbi.

Nel mondo di quell’idiota aveva ucciso l’uomo che gli aveva fatto da padre e insegnato ogni cosa. Era semplicemente assurdo.

«Per questo non volevo dirtelo ma sei sempre così insistente»

«Avevo il diritto di saperlo»

«No, non l’avevi»

«Come sta Paul?» non riusciva ad immaginarlo,

«Ora bene anche se tempo fa era impazzito»

«Deve essere tremendo sopravvivere alla persona amata» si accorse troppo tardi del senso delle proprie parole, precisamente quando incontrò lo sguardo di Dazai,

«Ho visto Odasaku morire tra le mie braccia e ogni volta fa male come se fosse la prima. Non ci si abitua a quel dolore ma ci si impara a convivere. Verlaine è andato avanti solo per te. Eri tutto ciò che gli restava»

In quel momento lo schermo del cellulare di Chuuya si illuminò,

«Doc ha risposto alla mia mail. Ha medicato Saku qualche ora fa ma ora non ha idea di dove sia finito. Non era nulla di grave, Akutagawa era quello messo peggio»

«Dobbiamo salvare quei bambini Chibi, da loro dipende il futuro di Odasaku»

Il rosso annuì preferendo ignorare quella strana sensazione di gelosia che da qualche minuto non faceva altro che agitarsi nel proprio petto. Dazai aveva iniziato quel viaggio tra universi e realtà alternative per salvare Oda. 

Lo aveva fatto solo per lui. 

Quella verità non era facile da accettare. Poteva raccontarsi tante cose, di come quello non fosse il Dazai Osamu che conosceva ma non avrebbe potuto negare quel sentimento. Quello era presente anche nel proprio mondo.

Chuuya aveva da sempre sospettato qualcosa. Sin dal loro primo incontro era come se Dazai e Oda vivessero in una dimensione tutta loro, fatta di sguardi e parole non dette. Il rosso era un buon osservatore, forse perchè cresciuto a stretto contatto con due idioti francesi che non facevano nulla per nascondere i propri sentimenti. Ciò che legava Dazai a Oda era simile a quello che aveva visto nei genitori. Gli occhi di Dazai in quel momento riflettevano solo tutta la propria apprensione per la sorte dell’amico. 

Chuuya non lo aveva mai visto in quelle condizioni, per una volta il moro sembrava sincero. Non stava giocando. Era bastato un solo sguardo a convincerlo. 

«Ho chiesto ad Albatross di darti un passaggio. Sarà qui tra pochi minuti. Se non fosse per la tua Abilità di annullamento potevamo ricorrere alla mia per arrivare sul posto. Se non ti spiace ti precedo» aggiunse prima di spiccare il volo ed atterrare su un tetto.

Dazai annuì rispondendo con un cenno della mano.

Chuuya lo stava aiutando. Per l’ennesima volta. Non avrebbe potuto sperare in un partner migliore.

Dovrai perdere anche lui prima di accorgerti dei tuoi sentimenti?

Scosse la testa, preferendo ignorare le parole di Odasaku

«Ti salverò, questa realtà è perfetta, qui tutti sono felici»

La realtà perfetta non esiste

Presto o tardi Dazai avrebbe dovuto accettarlo.

 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Bungou Stray Dogs / Vai alla pagina dell'autore: Europa91