Anime & Manga > Bleach
Ricorda la storia  |      
Autore: Nao Yoshikawa    20/11/2023    2 recensioni
E poi, lui le aveva sussurrato.
«Ci ho provato, Momo. Non dire che non ti avevo avvertito.»
Lei singhiozzò. Chiamò il suo nome. E lo chiamò quando lui affondò tra le sue gambe con la bocca e con le mani, quando sfiorò ogni centimetro del suo corpo, quando la prese facendola sua. Momo credette di essere amata da lui, per il modo in cui la faceva stare bene.
Momo Hinamori non aveva capito proprio niente di Sosuke Aizen.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinamori Momo, Rangiku Matsumoto, Sosuke Aizen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il bocciolo sfiorito
 
 
Si diceva, alla Soul Society, che il luogotenente Hinamori avesse perso la testa dopo essere stata tradita dal suo capitano. Tali voci erano arrivate ben presto alle orecchie di Momo stessa. Ma a lei non importava. Non sentiva, né vedeva nulla, prigioniera del suo mondo di vetri in frantumi.
Aveva contato i giorni, le ore. Poi aveva smesso, ma senza rassegnarsi.
Momo si sentiva indebolita e sfibrata nel corpo quanto nell'anima: aveva preso l'abitudine di dormire fino a tardi in certi giorni, a fermarsi nel bel mezzo delle sue attività con sguardo attonito a ripensare.
Rangiku Matsumoto era, come lei, una donna tradita e ferita che stava però reagendo in modo totalmente diversa. Facendo, come si diceva, buon viso a cattivo gioco.
Invidiava e ammirava quel suo modo così positivo di affrontare il dolore, anche se Momo poteva giurare di aver visto i suoi occhi farai lucidi più di una volta. Rangiku non parlava mai di lui, non lo nominava neppure per riguardo verso Momo.
E intanto, nella povera e compatita luogotenente della Quinta Compagnia, facevano a botte la sensazione di rabbia e umiliazione e la speranza che fosse tutto un inganno. Che Sōsuke Aizen sarebbe tornato da lei, stringendola tra le braccia come aveva fatto prima di trafiggerla con la spada.
Era davvero difficile accettare l'idea che l'uomo che in modo così viscerale ammirava e amava non fosse altro che un traditore, il peggiore di tutti.
A poco servivano le tenere attenzioni di Toshiro. Momo non poteva vedere il modo in cui quel giovane capitano voleva prendersi cura di lei, il modo speciale che aveva di guardarla. E in questa situazione, Rangiku Matsumoto si trovava in mezzo. Non contava sul suo lieto fine, ma forse poteva ancora salvare Momo.
«Cosa c'era fra te e il capitano Aizen?»
Rangiku aveva posto la domanda che chiunque ultimamente si era posto. C'era chi spettegolava su una possibile relazione ambigua tra il capitano e il luogotenente della Quinta Compagnia.
Possibile, dicevano in molti. Sōsuke Aizen sapeva il fatto suo e Momo Hinamori era così ingenua.
Glielo aveva chiesto un giorno qualunque, un giorno in cui Momo sembrava abbastanza in equilibrio. Eppure Rangiku aveva pensato molto al modo in cui chiederglielo, per poi capire che un giusto modo non esisteva.
L'aveva trascinata con sé a bere qualcosa (anche se Momo non beveva) e poi l'aveva trascinata a passeggiare sotto gli alberi. La Soul Society si trovava in uno stato di allerta continua e, secondo Rangiku, tanto valeva approfittare dei momenti in cui si era più tranquilli per fare ciò che più piaceva. Si era piantata davanti a Momo e aveva chiesto così, come se niente fosse.
Momo l'aveva guardata senza cambiare espressione. Da quando il capitano l'aveva lasciata, si sentiva trasparente e quasi effimera, sul punto di sparire.
Poi, d'un tratto, si era fatta nervosa. Quei cambi repentini di umore avvenivano spesso oramai.
«Tra me e il capitano Aizen c'era un normale rapporto capitano-luogotenente» aveva risposto con voce tremante.
Rangiku allora le aveva poggiato una mano su una spalla, con forza ma senza farle male.
«Io non sono gli altri. Mi considero una tua amica e un’amica si preoccupa di sapere cosa pensi e cosa provi.»
Momo si morse il labbro inferiore. Ogni qualvolta che si nominava il capitano, diveniva ipersensibile. Quasi isterica. Forse aveva ragione chi affermava stesse diventando pazza.
«So che di me si chiacchiera molto. Anche se non ci faccio caso.»
«La gente non ha di meglio da fare. Però mi chiedo quello che si chiedono anche loro. Che cosa poteva volere Aizen da te?»
All'improvviso ecco che lo sguardo di Momo era cambiato. Il luogotenente aveva smesso di essere insicura e aveva puntato gli occhi su Rangiku, mostrando quella sfumatura di rabbia che in molti ultimamente si limitavano a chiamare pazzia.
«Si domandando tutti cosa potesse volere il capitano Aizen da me. Ma nessuno si domanda mai, chissà perché, cosa potessi volere io da lui.»
Per la Soul Society, per il contesto in cui viveva, per il modo in cui si mostrava, era scontato pensare che Sōsuke Aizen fosse il carnefice e lei la vittima. Il che non era del tutto sbagliato, ma c'era anche altro.
Rangiku arrossì. Aveva combinato un disastro come al solito. Cercò di dissimulare l'imbarazzo con il suo solito tono giocoso e ironico.
«Amh, scusa Hinamori. Non pensare che voglia farmi i fatti suoi. Sono solo preoccupata per te. E anche il capitano Histugaya lo è…»
Rangiku aveva aggiunto altro, ma Momo era diventata sorda. Povero, ostinato e premuroso Toshiro. Si preoccupava per lei, quando lei non aveva che occhi rivolti all’uomo che aveva perso. All'uomo che aveva tanto desiderato, avuto, che amava e onorava in un modo così malato da non poterne (e volerne) uscire.
Il luogotenente Hinamori non era l'anima pura, ingenua è sprovveduta che molti credevano. Un’immagine che si era costruita senza farlo di proposito. Rilassò l’espressione. Non era ancora pronta a parlare di quello, nemmeno con Rangiku ché considerava la sua amica più cara. 
«Mi dispiace» il suo tono era tornato mite. «Vi sto causando molti problemi. È che sono molto scossa. Continuo a pensare che deve esserci un motivo se il capitano Aizen ha fatto ciò che ha fatto.»
«Ti ha quasi uccisa» le ricordò Rangiku. Momo fece un cenno con il capo. Non l'aveva verrò dimenticato e anche lei al posto di Rangiku avrebbe detto la stessa cosa. Ecco perché non rispose, ecco perché si limitò a guardare i rami degli alberi, i fiori, i boccioli. Alcuni sfioriti, alcuni ancora in attesa di nascere.
 
Quella notte, Momo non riusciva a prendere sonno. Da quando il capitano Aizen aveva tradito la Soul Society, in realtà, aveva problemi a dormire serenamente e a ben poco servivano le erbe e gli infusi che la Quarta Compagnia le preparava. L'ultima volta che aveva risposato in tranquillità era stato tra le braccia del capitano. Sōsuke, così lo aveva chiamato, col suo nome. Glielo aveva detto lui.
Voglio sentirti chiamarmi col mio nome.
E lei lo aveva fatto. Avrebbe fatto qualsiasi cosa le avesse comandato.
Momo fissò il soffitto. Era certa che di lì a qualche tempo avrebbe rivisto il capitano e allora gli avrebbe chiesto spiegazioni, sarebbe stata ancora una volta dalla sua parte, a prescindere da tutto. Non poteva essere altrimenti, dopo come lui l'aveva legata a sé e lei a lui. Socchiuse gli occhi, nel buio, nella comodità del suo futon e riassaporò i dolci ricordi di quell'ultima notte.



Momo era sempre stata affascinata all’idea che il capitano fosse un intellettuale: un uomo mite che nel tempo libero leggeva e scriveva. Un animo un po’ malinconico, pensieroso, non del tutto leggibile. Era questa l’idea che il suo luogotenente si era fatta e, anche se non lo sapeva ancora, non era andata poi così lontana dalla realtà. Era capitata nelle sue stanze quasi per caso, era rimasta seduta a fissare la sua schiena. Sosuke scriveva, intingeva il pennello nell’inchiostro. Momo osservava, attenta spettatrice, ogni suo movimento. Non aveva idea di cosa si fosse messa in testa: il fatto che una come lei fosse diventata il luogotenente del capitano Aizen era già grandioso di suo. Ma sperare che quell’uomo la guardasse come qualcosa di più che una semplice- seppur fidata e preziosa – sottoposta, era assurdo. Momo lo sapeva, non era una sciocca. Era ben consapevole che tra lei e il capitano ci fosse una differenza di età, di esperienza e forza, che li rendeva incompatibili.
Ma aveva anche un animo romantico e le attenzioni – per lo più educate, premurose e quasi paterne del capitano, avevano acceso in lei la luce della speranza.
Non intendo dichiararmi, non mi esporrei mai e non potrei metterci in una situazione tanto sconveniente. Ma se lui lo capisse senza che io parlassi, mi basterebbe e nessuno dei due dovrebbe sentirsi a disagio con l’altro.
«Capitano Aizen» la sua voce era arrochita, come se non parlasse da ore. «Si sta facendo tardi, forse dovrei andare…»
«Non è un problema. Se ti viene sonno, addormentati pure. Ho ancora del lavoro da sbrigare.»
Momo sentì il cuore sprofondarle dritto giù, nello stomaco. Non significava nulla di compromettente. Non era sicuramente il capitano a formulare pensieri impuri. Era lei. Oh, chi la conosceva avrebbe subito uno shock, se avesse saputo a quali atti innominabili si lasciava andare la notte, nel suo futon. E, nel buio, pronunciava sempre il suo nome. Sōsuke.
«Sicuro che non è un disturbo?» mormorò.
Che stupida. Si sentiva un impedita totale, anche se cercava di assomigliare ad una donna adulta. Toshiro glielo diceva sempre: guardi Aizen come se fosse chissà chi, a me però non piace. C’è qualcosa in lui che non mi convince, come Ichimaru. Quei due se la intendono e non è una cosa positiva.
Ma né Toshiro, né Rangiku né nessun altro avrebbero potuto capire ciò che le passava per la testa. A volte non si capiva nemmeno lei.
«Hinamori, sei la mia preziosa luogotenente, ovvio che non disturbi.»
Aveva parlato con la sua voce calda e profonda. Il capitano era così rassicurante. Momo si spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Era ora o mai più.
«Capitano, ecco… non era previsto che venissi qui, stasera. Ma visto che ci sono, vi devo assolutamente parlare di una cosa.»
Sbagliato, tutto sbagliato. La voce tremava troppo e risultava impaziente come una bambina. Cosa avrebbe pensato lui?
Non si era accorta che il capitano aveva smesso di scrivere ed era rimasto per qualche istante con il pennello nella mano sospeso a mezz’aria. Riposò tutto con calma e poi si volse finalmente a guardarla.
«Dimmi tutto.»
Forse Momo stava volando troppo in là con la fantasia, ma le era parso di avvertire una nota di nervosismo nella sua voce.
Bene, lo aveva davanti. Aveva un mondo di cose da dirgli, ma nessuna giusta modalità in mente. Prese a torturarsi le mani.
«Mi sono sempre chiesta una cosa: perché, fra i tanti, proprio io ho avuto l’onore di starvi accanto?»
Momo si scherniva. Poteva anche essere brava nel kido, ma aveva ancora tanta strada da fare. Eppure il capitano aveva sempre una parola gentile nei suoi confronti. Era per questo che lo ammirava. Era per questo che lo amava.
Doveva essere amore, quello.
Le labbra di Aizen si distesero.
«Come sei seria, Hinamori. Mi pare ovvio, il motivo. Ho visto in te un grande talento e una grande determinazione. O forse non ti fidi del mio giudizio?»
Due chiazze rosate erano apparse sulle guance di Momo. Iniziò ad agitarsi.
«N-non è assolutamente così! Accidenti, che disastro. Mi sento così sciocca.»
Aveva sentito una risata calda, profonda. La risata del capitano. E a quel punto ogni traccia di nervosismo era sparita.
«Stavo solo scherzando, Hinamori. Non c’è motivo di essere così tesi. Dopotutto, il rapporto tra un capitano e il suo luogotenente deve basarsi sulla fiducia. Non sei d’accordo con me?»
Momo, in seguito, non avrebbe saputo dire dove avesse trovato il coraggio per spostarsi e diminuire notevolmente la distanza che li separava. Però lo fece, gli si sedette più vicino e senza rendersene conto assunse un’espressione languida. Con una tale ingenuità che Aizen capì immediatamente cosa volesse dirgli, senza che ci fosse bisogno di parole. Anzi, a dire il vero lo aveva già capito da un pezzo.
«Hinamori.»
«Capitano. Sono un disastro con le parole. Sono timida e spesso impacciata. Però voglio starvi accanto. Come luogotenente e non solo.»
Lo sentì sospirare. Di sollievo, eccitazione, frustrazione?
«Hiamori. Io capisco, però…»
«Vi prego, non ditemi una banalità. Però sarebbe inopportuno viste le nostre posizioni. Tutto, ma non questo.»
Forse era iniziata a impazzire proprio in quel momento. Rivolgersi così al capitano Aizen!
«Oh, no. Non è affatto per questo. Ma saresti profondamente infelice. Ci sono tante cose che non sai.»
Momo si considerava ingenua, timida e impacciata. Ma non era così stupida da non sapere ciò che voleva.
«Però so chi siete voi e so chi sono io.»
Quasi come se fosse svenuta, Momo cadde in avanti sul suo petto e sulle sue braccia. Con le labbra sulle sue, aggrappata a lui. Nel disperato tentativo di tenerlo a sé, di dirgli guardami. Aveva creduto che il capitano l’avrebbe respinta ancora, che l’avrebbe infine allontanata. E invece, con sua grande sorpresa, il capitano Aizen l’aveva stretta tra le braccia.
«Ci avevo visto giusto. Hai una grande determinazione» le sussurrò con un tono che Momo quasi non riconobbe. Così languido. Un attimo dopo, il capitano la stava baciando. Non con la dolcezza con cui era abituata a essere trattata, ma con impazienza e violenza, quasi volesse divorarla. E lei lo lasciò fare. Aveva tante domande da porgli: perché lo fate, cosa saremo dopo, cosa succederà dopo. Ma non voleva interrompere l’idillio di quel momento, rovinarlo con le sue sciocche domande. Voleva esserci, viversi l’attimo.
Il capitano Aizen era sopra di lei, la divorava in tutti i modi, la guardava attraverso i vetri appannati degli occhiali. Momo provò a sfilarglieli, ma lui le bloccò le braccia sopra la testa.
E poi, lui le aveva sussurrato.
«Ci ho provato, Momo. Non dire che non ti avevo avvertito.»
Lei singhiozzò. Chiamò il suo nome. E lo chiamò quando lui affondò tra le sue gambe con la bocca e con le mani, quando sfiorò ogni centimetro del suo corpo, quando la prese facendola sua. Momo credette di essere amata da lui, per il modo in cui la faceva stare bene.
Momo Hinamori non aveva capito proprio niente di Sosuke Aizen.
 
 
 
Mordeva le lenzuola per non mordersi le dita. E piangeva lacrime di umiliazione e delusione. Si era fidata e si era illusa. Si era lasciata sfiorare sia nel corpo che nell’anima per poi uscirne distrutta. Sosuke Aizen se n’era andato, portandosi dietro un pezzo di lei.
Odiava Sosuke Aizen. Eppure lo amava anche in maniera così profonda da non poter fare a meno di starci male.
La notte, infine, l’aveva passata insonne. Non ci aveva nemmeno provato, al risveglio, a coprire le occhiaie scure.
Il capitano Hitsugaya era passato a trovarla come faceva spesso: sempre con l’espressione corrucciata e una severità che mal celava la sua preoccupazione.
«Hai un aspetto orribile, Hinamori.»
Lei aveva sorriso. Sempre il solito Toshiro. Meno male. Almeno lui non sarebbe cambiato.
«Non dormo bene ultimamente.»
«Ho notato. Il mio luogotenente mi ha detto che avete discusso, l’altro giorno. Matsumoto sa essere insopportabile, ma ha buone intenzioni.»
Avrebbe voluto chiederle per quale motivo avessero litigato, ma lo sapeva già. Tutta colpa di quel maledetto di Aizen. Che, poteva giurarci, avrebbe ucciso con le sue stesse mani per il male che stava causando a Hinamori.
Momo arrossì.
«Lo so, non era mia intenzione alzare la voce, io… vorrei scusarmi con lei.»
Il capitano le aveva dato le spalle.
«Allora ti conviene farlo adesso, perché entro oggi dovremo partire per il mondi degli umani.»
«Per fare cosa?» sussurrò Momo. Lui non la sentì. O magari fece finta di non udirla.
 
Non era difficile trovare Rangiku. Il luogotenente della Decima Compagnia, se non impegnata a molestare il suo capitano, trascorreva la maggior parte del tempo a leggere riviste, mangiare, dormire, bere in compagnia del capitano Kyoraku o stare in compagnia del luogotenente Ise.
Rangiku si era detta di volere bere qualcosa prima della sua partenza per il mondo degli umani, ma si era dovuta trattenere perché il capitano Hitsugaya le aveva fatto promettere di non esagerare. Quindi si limitava a barcollare e a essere semplicemente un po’ allegra.
«Hinamori! Ma che bello vederti!» esclamò gettandole le braccia al collo.
Non sembrava per niente arrabbiata.
«Emh, ciao! Io… io ero venuta qui per parlarti… possiamo spostarci?» domandò Momo, arrossendo. C’erano fin troppi occhi e orecchie attorno a loro. Rangiku l’aveva guardata seria, per poi annuire.
 
L’aria fresca e l’ombra degli alberi la stavano aiutando a riprendersi un po’dalla sua non-sbronza. Si era distesa sotto un albero e i suoi rami in fiore, rotolandosi.
«Ah, come si sta bene! E dunque, di cosa volevi parlarmi?»
Le labbra di Momo tremavano appena. Sentiva che stava per esporsi e la cosa la spaventava.
«Volevo chiederti scusa per ieri. Ho reagito in modo esagerato.»
Rangiku spalancò gli occhi, mettendosi seduta e massaggiandosi la testa dolorante.
«Ma dai, non c’è bisogno di essere così serie. Io sono un’impicciona certe volte.»
Momo si inginocchiò davanti a lei, le labbra serrate e gli occhi lucidi.
«Mi hai chiesto che rapporto ci fosse tra me e il capitano Aizen. Non lo so nemmeno io, la verità è questo. Lo amavo, lo amo ancora. Lo so, è assurdo, vero? Come si può amare un traditore, una persona che ha tentato di uccidermi?»
Le sue labbra si erano distese in un sorriso amaro.
«Alcuni dicono che sono impazzita. Mi sa che hanno ragione. Io pensavo che in qualche modo anche lui mi amasse. La notte prima che inscenasse la sua morte l’abbiamo passata insieme e io ero felice. Ma poi tutto è crollato e… e… dimmi, Rangiku. Sono forse una persona orribile se spero, nonostante tutto, che il capitano ritorni per portarmi via con sé?»
Il suo corpo era scosso dai fremiti. Stava piangendo anche se cercava di trattenersi. Rangiku, che l’aveva ascoltata con attenzione, allargò le braccia e la strinse a sé.
«Eh?» sussurrò Momo. Era strano. Avvertiva calore, ma Rangiku non avrebbe dovuto disprezzarla?
«Non sei una persona orribile. Sei innamorata e non c’è razionalità quando si ama»
Parlava con grande consapevolezza. Momo la guardò negli occhi e vide una storia lunga una vita che forse un giorno avrebbe sentito raccontata dalle sue labbra.
«Però, Momo, devi stare attenta a non perderti. Questo è molto importante. Aizen ci ha traditi e si è macchiato di colpe gravissime. E ne sei consapevole. Quelli come lui, magari sanno anche amare, ma lo fanno a modo loro. E in questa guerra dovrai decidere da che parte stare, se non vuoi sprofondare anche tu.»
Aveva parlato con una certa durezza, ma erano parole che Momo aveva bisogno di sentirsi dire. Quella ragazza non era pazza. Si trovava solo in balia della tempesta, vittima di un amore che non aveva scelto, piegata ad un uomo che non avrebbe mai potuto capire il suo animo.
Momo annuì.
«Io… questo lo so. E ne sono consapevole. Però sono certa che ci deve essere una spiegazione al comportamento del capitano. Ho la sensazione che sia altro dietro. Ed è quello che ho intenzione di chiedergli, quando lo rivedrò.»
Dirgli ti sbagli, non c’è niente dietro le azioni di Aizen, se non la sua voglia di potere sarebbe stato inutile. Momo aveva bisogno di aggrapparsi quella speranza e Rangiku non voleva strappargliela via. Ci avrebbe drammaticamente pensato il corso degli eventi. E poi, la capiva. In fondo anche lei amava un traditore.
«Se sei pronta a sentire la risposta e ad affrontarne le conseguenze, allora non ho più nulla da dirti. Sei una donna, oramai. Non ti serve la mia guida, né quella di nessun altro. Però, ti prego: fai attenzione.»
Momo sorrise, annuì, poi guardò i fiori accarezzati dal vento.
Rangiku si ritrovò a pensare che Momo Hinamori sarebbe stato un fiore bellissimo se solo non avesse avuto addosso l’ombra di un amore malato che, inevitabilmente, la faceva sfiorire.
 


NDA
A me Momo non piace come personaggio. Lo trovo mal gestito e sinceramente insopportabile, tuttavia la sua fissazione per Aizen mi affascina e ho voluto provare a immaginare come si sia sentita, quali potessero esserei i suoi sentimenti (ovviamente li ho interpretati in chiave romantica, anche se sono abbastanza sicura che nel manga ci fosse un sottotesto del genere, anche se implicito). Purtroppo lo sappiamo cosa succede quando ci si innamora del bad boy di turno, si finisce con il consumarsi, anche se per fortuna poi Momo rinsavisce (certo, dopo che Aizen l'ha quasi ammazzata, ma dettagli ahahha).
Alla prossima,

Nao
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Bleach / Vai alla pagina dell'autore: Nao Yoshikawa