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Autore: Scarlett Queen    21/11/2023    2 recensioni
La Città aveva così tante luci da soffocare quelle dell'anima.
L'uomo non aveva spazio nella nuova realtà.
Ma Meghan, in una notte gelida, tanto luminosa quanto scura, trovò la sua luce, una luce che brillava intensa, pura, viva.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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   [https://youtu.be/44UaY-AN6ho?si=lwnDo6qPkHgBWcEN]

    L'uomo non era altro che una pozza d'acqua che rifletteva la realtà attorno a lui... O almeno, così pensava Meghan.

    Se ne stava seduta su di una panchina, una di quelle notti fredde che spingevano la Città a rinchiudersi su sé stessa. I palazzi erano illuminati dal riverbero delle strutture adiacenti e alzando lo sguardo, la ragazza poteva quasi credere che ci fosse qualcosa, in alto.

    Ma poi, gli occhi si abbassavano, e Meghan tornava a confrontarsi con la sua realtà, quella fisica, reale, che ammorbava l'anima spegnendone la luce. Lei le vedeva: tanti, decine di migliaia di anime che si spegnevano, lasciando dietro di sé un individuo vuoto e plasmato ad immagine della Città.

    Per questo il gruppo era tanto importante per lei. Ognuno di loro alimentava la luce dell'altro con un riverbero neanche troppo dissimile da quello dei palazzi. Loro, rifletté, erano i palazzi della loro città, una città dove le anime brillavano intensamente, anche se oltre la sottile linea fra legalità e anarchia.

    Agitò lo zippo, la fiamma dell'accendino lambì l'estremità della sigaretta e se la portò fra le belle labbra. Era uscita senza neanche sapere perché... Cosa stava cercando? Cosa voleva fare in quelle ore di solitudine? Gli altri non c'erano, Misty non c'era... Era sola, quella notte.

    Si alzò in piedi, si mise una mano in tasca, procedendo lungo il marciapiede bagnato dalla pioggia. Aveva voglia di piangere, di disperarsi, di strapparsi i capelli. C'erano così tante persone attorno a lei, ma le loro anime erano spente. Erano esseri viventi riprogrammati in un modo sottile e letale, che non lasciava la libertà al singolo.

    Alla fine si mise a correre, gli stivaletti in pelle nere picchiavano contro le pozza genere, sollevando gelidi schizzi, i raggi al neon e, le luminarie delle insegne, i faretti di luce... La sagoma dei fulmini, il riflesso dei lampi... C'erano così tante luci, la fuori, da soffocarla.

    Quindi corde, corse più in fretta di quanto le fosse possibile, fendette quei pochi, pochissimi che avevano avuto l'ardire di affrontare il gelo notturno, con le lacrime a rigarle le guance, le labbra tremanti, e quella voglia di gridare, di sbraitare che le saliva da dentro. Non era vita, quella... Non era nulla. Solo un trascinarsi, giorno dopo giorno.

    Corse a lungo, senza una vera meta e alla fine sentì il fiato mancarle; si piegò in avanti, poggiandosi ad una parete con la mano destra. Il sudore si mescolava alle lacrime, aveva gli occhi rossi e gonfi, la gola le doleva. Si guardò attorno.

    Palazzi di corporazioni, edifici in metallo, urla nella sua testa. Affondò i polpastrelli fra i capelli e cadde in ginocchio. E lì, dove nessuno poteva sentirla, ci fu un lungo, atroce grido silenzioso. Non c'erano luci attorno a lei, solo un'oscurità eterna che fagocitava tutto ciò che trovava sul suo cammino.

    «Scusa... Ti senti bene?»

    Meghan batté le palpebre. Abbassò la braccia a terra e voltò piano la testa, lo sguardo annebbiato dalla disperazione e dalle lacrime. C'era una ragazza davanti a lei, uno scricciolo di ragazza sotto un ombrello di plastica trasparente, ciocche ramate e occhi dolci. E brillava.

    Meghan vedeva come l'anima di quella ragazza trasmettesse una luce propria, autentica, una luce pura e viva. Deglutì a vuoto, asciugandosi gli occhi con le maniche a maglia della camicetta e si alzò. «Ti prenderai un malattia vestita così - continuò la ragazza - ecco, prendi questa». Le porse l'ombrello, Meghan lo prese esitante e la ragazza si tolse il pesante giaccone di dosso, mettendoglielo attorno alle spalle.

    «Non preoccuparti per me, tanto stanno per venire a prendermi» le sorrise, inclinò la testa da una parte. Meghan fece cadere l'ombrello a terra... In quel momento, l'oscurità venne dissipata dalla luce emanata dall'anima di quella ragazza. Scoppiò nuovamente in lacrime, le si buttò addosso, stringendola in un forte abbraccio, poggiandosi a lei, lasciando che le lacrime scivolassero via.

    «Ehi, ehi - sussurrò l'altra, sorridendo dolcemente, ricambiando la stretta - va tutto bene... Fa bene piangere. So che alle volte tutto sembra difficile... Ma tu sembri forte lo sai? Sono certa che riuscirai a far andare tutto bene». Poco dopo, una macchina passò sul marciapiedi, la ragazza si scostò, con le gote appena arrossite e la salutò vivace, salendo sui sedili posteriori e facendole un cenno dal finestrino.

    In quel momento, l'anima di Meghan brillò del riverbero della luce di quella ragazza. Si tolse il giaccone, osservando il colletto; una piccola etticcheta le grattava la pelle sulla nuca e vi lesse il nome sopra. “Kari Harris”. Sorrise, fra le lacrime e affondò il volto in quel tessuto, lasciando che le lacrime avessero campo libero. 

    «Grazie» mormorò.

   
 
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