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Autore: GingerGin    25/11/2023    0 recensioni
Bianca Romano, brillante neolaureata in Legge alla UCLA, si appresta a dare inizio al suo periodo di praticantato. E non in un posto qualsiasi, bensì presso il Pubblico Ministero della città di Los Angeles! Il mondo dei procuratori e della polizia, tuttavia, non è rose e fiori. Anzi, sembra la scenografia di un dozzinale legal drama: sul tutor di Bianca, il celebre procuratore Miles Edgeworth, girano strane voci e i tirocinanti, anziché lavorare, sono più impegnati a spettegolare su di lui e la strana amicizia che lega il commissario Gant al capo procuratore Skye. Tra colleghi indisponenti, avvocati difensori bizzarri e sedute spiritiche, riuscirà Bianca ad arrivare sana e salva all'esame finale?
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Miles Edgeworth, Nuovo Personaggio, Phoenix Wright
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Accaldata e sdraiata sul divano, Bianca era intenta a leggere un libro.
Accanto soffiava un vecchio ventilatore, rimediato pochi giorni prima in un mercatino dell’usato organizzato dal quartiere; vi si era da poco trasferita dopo la laurea, per intraprendere il periodo di praticantato. Appoggiato sulla scrivania in camera, invece, stava un lungo elenco dove la ragazza aveva tenuto traccia di tutti gli studi legali presso i quali si era recata per un colloquio. La prima riga era occupata dalla dicitura del Pubblico Ministero, accompagnata da un arzigogolato punto interrogativo.
Molti degli ex compagni di Bianca alla scuola di legge avevano provato a farla desistere dal presentare la propria candidatura, sostenendo che fosse improbabile, se non addirittura impossibile, ricevere una risposta senza avere i contatti giusti. Bianca, però, non gli aveva dato ascolto, certa che si trattasse di vani tentativi per indurla a dubitare di se stessa e delle sue capacità. Ma lei era Bianca Romano, niente e nessuno al mondo l’avrebbe mai potuta calpestare o svalutare. Tranne il caldo.
- Che afa! - esclamò di punto in bianco, sbuffando sonoramente e lanciando il libro sul tavolino da caffè. - Quand’è che arriva l’autunno?
Si massaggiò la fronte madida di sudore. Per quanto fosse felice di avere una casa tutta per sé, le mancava la leggera brezza del condizionatore nel salotto dei suoi nonni paterni. Anche le ore più calde diventavano piacevoli in quella stanza riccamente decorata da centrini, fiori e piccola argenteria. Era proprio lì che li aveva visti l’ultima volta, il giorno precedente al suo trasloco. Nonna Annunziata aveva preparato il gelato alla vaniglia, che Bianca e suo fratello Giovanni avevano divorato come due bimbi golosi. Era tradizione prepararlo per festeggiare i grandi avvenimenti in famiglia. Al ricordo, la ragazza sospirò nostalgica.
- Andrò a trovarli quando potrò portargli buone notizie.
Non voleva darlo a vedere, ma l’attesa iniziava a farsi snervante. Il Pubblico Ministero era stata la sua prima scelta e per esso – stupidamente – aveva lasciato in sospeso qualsiasi altra offerta ricevuta. Era convinta che solamente lì potesse ricevere la più autorevole preparazione per la sua futura carriera in campo giuridico. Ancora non si era decisa se diventare avvocata o procuratrice, preferendo tenersi quante più strade aperte. Sapeva, però, che il fuoco della giustizia bruciava in lei ardentemente. Era sempre stata insofferente nei confronti di qualsiasi ingiustizia, fin da bambina. Non sopportava chi puntava il dito alla cieca, senza prove; chi voleva a tutti i costi prevaricare a spese degli altri; chi rimaneva impunito e la faceva franca. E guai se a cadere vittima di tutto ciò fosse stato un suo caro amico. Ricordava bene ogni minaccia ricevuta da parte dei bulli che denunciava al corpo degli insegnanti. Tuttavia, anche a costo di ritornare a casa di nonna Annunziata con la faccia rossa o gonfia, lo avrebbe rifatto cento e più volte pur di vedere quei sorrisetti soddisfatti scomparire.
Il cellulare squillò sonoramente. Bianca si mise seduta, lo afferrò e rispose alla chiamata.
- Pronto?
- Ciao, sorellina. Disturbo?
- Tu? Sempre, ovvio. - scherzò.
- Prima o poi smetterai di dirmelo, ormai non fa più ridere. - si lamentò Giovanni. - Hai da fare a pranzo?
- Sì, devo sciogliermi sul divano. Dopo aver mangiato, è chiaro.
- E se ti offrissi del sushi take-away?
- Solo se vai tu a prenderlo, perché non ho intenzione di uscire con questo caldo.
- Andata. Hai ancora il menù di quel ristorante dove siamo andati l’ultima volta?
- Fammi vedere... Come sta andando la mattinata?
Mentre Giovanni le raccontava delle ultime novità a lavoro – come ogni mattina, era di turno al coffee shop – Bianca si alzò, diretta verso il frigorifero dove un magnete, il ricordo di una vacanza a Palermo, reggeva alcuni dépliant. Stringendo il telefono tra la testa e la spalla, li sfogliò uno a uno finché non trovò quello del ristorante giapponese suggeritole dal fratello. Non era la prima volta che ordinavano qualcosa da quel posto, il pesce era davvero buono e gli ingredienti di ottima qualità.
- Allora, vorrei una box piccola di sushi misto, gli involtini primavera e un piatto di udon alle verdure e uova strapazzate. Mi raccomando, ricordati la salsa di soia.
- Segnato tutto. Io stacco tra cinque minuti, il tempo di guidare fino al ristorante, ordinare, ritirare e sono lì da te per l’una e mezza. Ce la fai a resistere?
- Visto che offri tu, non credo avrò problemi. Grazie, fratellone, a più tardi!
Conclusa la telefonata, Bianca si apprestò a mettere in ordine il suo piccolo soggiorno. Spostò il ventilatore, affinché soffiasse sul tavolo da pranzo. Poi afferrò la tovaglia, stendendola, e vi poggiò due piatti, due bicchieri e due tovaglioli. Non c’era bisogno di apparecchiare anche le posate, perché sia lei che il fratello sapevano usare le bacchette; se bene o male, poco gli importava finché fossero in grado di afferrare il cibo.
- Meno male che ho comprato una bottiglia di birra qualche giorno fa. - disse ad alta voce. - Gliene offrirò un po' per il disturbo.
A un tratto suonò il campanello. Confusa, Bianca lesse velocemente l'ora. Non era possibile che Giovanni fosse già arrivato. Chi la stava cercando? Aprì cautamente la porta, trovando di fronte a sé il postino.
- Signorina Romano?
- In carne e ossa. Cos'è arrivato per me? - gli chiese, in parte intimorita.
Non era solita ricevere posta, eccetto per le cartoline da parte dei parenti in vacanza e le bollette, già saldate.
- Una lettera raccomandata. Se gentilmente può firmare l'avviso di avvenuta consegna...
Il postino le consegnò la missiva, poi una cartella dal quale penzolava una penna. Bianca firmó il documento, dopodiché salutò l'uomo e rientrò in casa con in mano la misteriosa busta. Non appena lesse l'etichetta con le informazioni del mittente, impallidì: quella lettera proveniva dal Pubblico Ministero.

Alcuni minuti dopo, Giovanni suonò il campanello di casa, reggendo in mano una piccola busta di plastica.
- Ho cercato di fare presto, spero che il pesce sia rimasto fresco. - si scusò.
Bianca, assente, lo fece entrare. Dopo aver poggiato la busta sul tavolo da pranzo, il fratello prese a estrarre una a una le vaschette.
- Ti ho anche preso un po’ di biscotti della fortuna, che ora come ora ti farebbe bene.
- Non ho fame.
- Tu che non hai fame? Questa mi è nuova.
- Non sto scherzando, mi si è chiuso lo stomaco.
Giovanni, che fino a quel momento non aveva preso sul serio la sorella, assunse un’espressione preoccupata.
- Che c'è? Ti senti male? È per via del caldo?
Bianca gli si avvicinò, sventolandogli addosso la busta che aveva ricevuto. Lui la afferrò per poi guardarla curiosamente.
- Dal Pubblico Ministero? - esclamò, sorpreso. - Bianca, ti hanno risposto!
Fu il silenzio inaspettato di lei a far scemare precipitosamente la sua allegria.
- Non dovresti essere contenta? Che ti hanno detto?
- Non l'ho ancora aperta… - ammise faticosamente Bianca.
- Perché? Hai paura? - le disse, stuzzicandola.
- Io? Paura? Tsk, per chi mi hai preso! - rispose la sorella, sulla difensiva. - Ti stavo aspettando per aprirla insieme.
Giovanni trattenne a stento una grassa risata. Anziché ribattere, conscio che la sua cara sorella stava mentendo spudoratamente, stette al gioco.
- Allora, aprila. Possibilmente prima che il pesce muoia una seconda volta ed entro le due, perché devo rientrare a lavoro.
Bianca, indispettita, aprì la busta con un unico e sonoro strappo e diede le spalle a Giovanni per nascondere le sue mani tremanti. Lesse velocemente, alla ricerca di una specifica frase, scorrendo con il dito sul testo. Gli occhi si inumidirono, offuscandole la vista. Tirò su con il naso, trattenendo a stento le lacrime. Giovanni, preparatosi al peggio, non fece in tempo ad avvicinarsi alla sorella che questa prese a saltellare per tutta casa, canticchiando e sventolando la lettera per aria.
- Giovanni, mi hanno presa! Mi hanno presa!
Corse ad abbracciare il fratello, che la strinse forte a sé, congratulandosi profusamente. Poi, Bianca si fermò di colpo sul posto, colpendosi la fronte.
- Devo dirlo ai nonni! - esclamò.. - E devo anche chiamare il ministero!
- Suppongo che dovrò mettere il sushi in frigorifero… - concluse il fratello, sorridendo.

Dopo una breve telefonata, l’incontro fu fissato per il dieci agosto. E alla notizia, da brava nonna credente, Annunziata riservò alla nipote una lunga preghiera affinché il colloquio si svolgesse senza intoppi.
Quel giorno, Bianca si alzò di ottimo umore e piena di energie. Era così desiderosa di fare una – seconda – ottima impressione, che prima di andare a dormire aveva preparato un completo per l’occasione: elegante, ma comodo e leggero per sopportare il caldo. Dopo aver indossato la sua camicia in raso e spruzzato un po' di profumo sui polsi, infilò ai piedi un paio di scarpe con tacco basso. Infine, uscì e attese l’autobus alla fermata, cercando sotto la pensilina riparo dal sole.
Durante il tragitto, diretta verso il distretto giudiziario di Downtown, la ragazza non poté fare a meno di sognare a occhi aperti, con lo sguardo perso sui grattacieli della città. Avrebbe camminato tra i corridoi del Pubblico Ministero, imparando al fianco di un illustre procuratore, o procuratrice! E chissà, magari mettendo da parte qualcosa, avrebbe potuto comprarsi una piccola utilitaria e dire addio ai lunghi e noiosi tragitti in autobus; dopotutto, era il Pubblico Ministero, forse le spettava un sostanzioso rimborso spese. Sospirò dolcemente, soprattutto per calmare l’ansia che aveva iniziato a pesarle sul petto. Guardò il proprio riflesso sul vetro del mezzo, sorridendo per farsi forza. Si sentiva nervosa proprio come il giorno del colloquio conoscitivo, di fronte alla commissione esaminatrice.
Dopo essersi registrata presso la segreteria e ottenuto il badge riservato all'ingresso del pubblico, Bianca si recò verso gli ascensori per salire all'ultimo piano. Entrò nel mezzo, dalle pareti lucide e il pavimento in moquette finemente decorato, e premette con l'indice il tasto del piano desiderato. Mentre le porte si chiudevano lentamente, strinse a sé la cartella con i propri documenti, accarezzandola come un tesoro prezioso e ripassando a mente saluti e cortesie per presentarsi al meglio.
- Mi scusi... A quale piano deve recarsi?
Bianca sussultò, sorpresa. Una mano si era frapposta tra le porte che, aprendosi, rivelarono la figura di un uomo, vestito elegantemente in un completo all'antica purpureo. Per un momento la ragazza, ancora sorpresa, non rispose. Si limitò a guardarlo silenziosamente, perdendosi nel suo sguardo. Era un uomo davvero affascinante, simile a un principe: capelli argentati e lucenti, dall'espressione risoluta e fiera. Per un momento, ripensò alle fiabe che nonna Annunziata era solita raccontarle prima di andare a dormire.
- Mi scusi. A quale piano deve recarsi? - ripeté, seccato.
Sfortunatamente, al contrario del principe della sua fiaba, non sembrava avere un temperamento gentile. Come dargli torto però, Bianca lo stava fissando così intensamente da risultare quasi fastidiosa.
- Ultimo piano. - gli rispose, ripresasi dall’incanto.
L'uomo annuì, premette lo stesso bottone e le porte si chiusero. In piedi, distanti l'uno dall'altra, i due attesero silenziosamente che l'ascensore arrivasse a destinazione. Attesa che Bianca impiegò per studiare ancora il suo misterioso accompagnatore. Nessun badge in vista, perciò doveva trattarsi di un procuratore. Guardandolo meglio, Bianca ebbe il presentimento di averlo già visto altrove. D’altronde, le vesti che indossava erano piuttosto curiose e insolitamente antiche, anche se ben si sposavano con l’atmosfera del luogo; un portamento simile difficilmente sarebbe passato inosservato. Dove o quando l’avesse incontrato, però, non lo sapeva per certo. Prima che potesse formulare un’ipotesi, l’ascensore sobbalzò leggermente, costringendo la ragazza ad aggrapparsi al corrimano per non cadere. Infine, il mezzo si bloccò del tutto. Istintivamente Bianca accorse alla pulsantiera, premendo più volte il bottone per l’ultimo piano, invano. L’ascensore non accennava a muoversi.
- No, no, no, ho un appuntamento importantissimo, non posso fare tardi! - esclamò, infastidita.
Un colpo sordo alle sue spalle richiamò la sua attenzione. Voltandosi, Bianca vide l’uomo seduto scomposto con la schiena contro la parete, il viso pallido stravolto dalla paura e la bocca aperta in cerca d’aria. Allora, la ragazza infilò frettolosamente la cartella nella borsa e cercò il tasto per chiamare i soccorsi.
- Numero di serie dell’ascensore e in quanti siete dentro. - pronunciò una voce metallica.
- Uno, uno, sei e tre. Siamo in due, ma fate presto, credo che la persona che è qui dentro con me soffra di claustrofobia.
- Una squadra di soccorso e i vigili del fuoco accorreranno sul posto. Vi chiediamo di non agire senza nostre istruzioni.
Dopodiché Bianca si inginocchiò, avvicinandosi cautamente all’uomo.
- Riesce a sentirmi? - gli chiese, risoluta ma calma.
Con il volto abbassato lui annuì, tenendo la mano sul petto che si alzava e abbassava velocemente. Bianca si sedette per assisterlo.
- Soffre di attacchi d’ansia o di panico?
- È s-solo un calo di zuccheri. - farfugliò, scuotendo la testa.
Ma Bianca già sapeva che si trattava di una bugia: l’espressione, la testa abbassata, la postura dicevano altro.
- Ascolti attentamente ciò che le dico. Innanzitutto, si tolga la giacca, ha bisogno di respirare.
- S-se respiriamo, l’ossigeno finirà! - la riprese duramente.
- Non c’è stato un calo di corrente per cui si fidi di me, non accadrà. - tentò di rassicurarlo.
Lo aiutò a sfilare la giacca, riponendola con cura sulle proprio gambe per non sporcarla.
- Ora, respiri dal naso ed espiri dalla bocca. Segua il mio ritmo, d’accordo? Usciremo da qui tra pochi minuti.
In realtà, aveva il presentimento che sarebbero rimasti lì dentro ancora per un po’, ma era meglio non farlo intendere a quell’uomo o non si sarebbe mai tranquillizzato. Bianca prese a inspirare ed espirare, invitando l’uomo a fare lo stesso. Inizialmente titubante, questi si lasciò poi guidare. Come iniziare la giornata, pensò la ragazza, che tutto si aspettava tranne che trovarsi rinchiusa con uno sconosciuto in un ascensore rotto. E meno male che nonna Annunziata aveva pregato per lei.
Passarono alcuni minuti. Il respiro dell’uomo sembrava essersi stabilizzato e il petto si alzava e abbassava a un ritmo più lento. Per accertarsene e al contempo aiutarlo a distrarsi, Bianca prese a parlargli.
- La sua giacca è davvero elegante e di ottima fattura. Ha buon gusto. - si complimentò.
L’uomo si limitò a un breve cenno di ringraziamento. O non era un gran chiacchierone oppure non si era del tutto tranquillizzato. Bianca tentò un approccio diverso, ma fu interrotta dalla suoneria del proprio telefono. Sullo schermo comparve il nome di Giovanni.
- Giovanni, non è il momento. - rispose, imbarazzata.
Come aveva potuto dimenticare, inoltre, di mettere il telefono in silenzioso! E se avesse suonato durante il suo incontro?
- Ciao anche a te… Non ricordo, a che ora avevi il colloquio? O è già finito?
- Il mio colloquio deve ancora iniziare. Poi ti racconto.
Senza dargli il tempo di rispondere, Bianca interruppe la chiamata, riponendo il cellulare nella tasca dei pantaloni. Accaldata, agitò la mano vicino al viso per farsi aria. Forse la corrente era stata davvero interrotta, perché l’aria condizionata non stava funzionando a dovere. La ragazza tolse il badge dal collo, per non bagnarlo con il sudore, e si raccolse i capelli.
- Potrei riavere la mia giacca? - chiese l’uomo, con un filo di voce.
- Certo, mi scusi! - disse Bianca, mortificata. - Vuole che l’aiuti?
- È ancora in tempo per il suo colloquio? - rispose, ignorando il suo invito.
Conscia che fosse inutile insistere, Bianca rivolse lo sguardo al suo orologio.
- Ho ancora due minuti per arrivare in orario. - constatò, un po’ preoccupata. - Spero solo che non mi stiano già aspettando…
- Se dovesse aver bisogno, posso spiegare io cos’è successo.
- Lo farebbe? Lo apprezzerei molto. - e gli sorrise. - Non vorrei perdermi questa grande opportunità per un banale malfunzionamento, non ora che ci sono così vicina.
- Farà parte dei nostri futuri tirocinanti?
- Affermativo. - e allungò il braccio per recuperare la borsa e la cartella. - Sono venuta per firmare qualche ultimo documento e ufficializzare il tutto.
- In tal caso, mi auguro che le venga affidato un tutor preparato.
- Per caso, lei è un procuratore? - gli chiese di punto in bianco.
- Corretto.
- E com’è lavorare per il pubblico ministero?
- Assai impegnativo e non adatto ai deboli. Ci vuole costanza, lucidità e assoluta perfezione.
- Per nulla stressante quindi. - concluse sarcasticamente Bianca. - A proposito, come si sente? Va meglio?
Il procuratore rivolse lo sguardo altrove, ignorando ancora le premure della ragazza. Nonostante le maniere a tratti rudi, Bianca si rassicurò nel vederlo tornare in sé. Il cigolio delle porte, che qualcuno stava forzando, interruppe nuovamente il silenzio. Si presentò così ai loro occhi un gruppo di meccanici, seguito da un paramedico. Quest’ultimo fece per entrare, ma il procuratore si alzò di scatto liquidandolo, stizzito dalla sua presenza. Tuttavia, prima di andarsene, porse la mano a Bianca per aiutarla ad alzarsi. Lei la afferrò timidamente, quasi per paura di rovinarla. Una salda eppure delicata presa che durò solo un attimo, finché alzatasi, il procuratore si allontanò presto dalla scena.

Dopo aver firmato frettolosamente la deposizione per il guasto, Bianca si affrettò alla ricerca dell’ufficio dove era attesa. Il rumore dei tacchi delle sue scarpe echeggiava incessante per il corridoio. Arrivata alla porta d’ingresso, la ragazza bussò, ansimando per la corsa.
- Avanti.
Cercò di ricomporsi per rendersi presentabile, per poi entrare. Una donna in uniforme sedeva dietro un’elegante scrivania in mogano, intenta a scrivere.
- Sono Bianca Romano, mi scuso profondamente per il ritardo, ma c’è stato-
- Un guasto, ne sono già al corrente. Si sieda pure, dottoressa Romano. - disse la donna, imperturbabile.
Possibile che quel procuratore avesse già informato chi di dovere? Non gli aveva detto con chi doveva incontrarsi; nemmeno lei lo sapeva. Bianca si sedette, lasciandosi scappare un sospiro affaticato. Mentre attendeva che la donna completasse il suo incarico, si guardò intorno. Un ufficio piuttosto lussuoso e grande per una semplice impiegata. Il suo sguardo cadde su una targa placcata in oro: inciso su di essa, C.P. Lana Skye. Bianca drizzò immediatamente la schiena, imbarazzata, chiedendosi per quale ragione la donna più importante del Pubblico Ministero fosse stata incaricata dei suoi documenti. Fece per scusarsi una seconda volta, ma dopo una rapida occhiata alla sua interlocutrice, si decise di non farlo. A giudicare dalla sua postura rigida, lo sguardo inflessibile e i modi di fare decisi, Lana Skye doveva essere quel tipo di donna che non amava perdere tempo in facezie inutili. Era davvero un onore averla lì accanto, pensò Bianca, di nuovo in preda all’ansia.
- Il suo tirocinio inizierà il quattro settembre. Dal lunedì al venerdì, dalle nove e mezza alle sei e mezza. Per la pausa pranzo, disponiamo di un servizio mensa. Per quanto riguarda il rimborso spese, può consultare il suo contratto. - spiegò velocemente la donna.
Fece scivolare un paio di fogli verso la ragazza, che prese a leggerli attentamente.
- Ci sono domande?
- Solo una. - pronunciò Bianca. - Chi sarà il mio tutor?
Guardando il contratto, proprio come aveva sperato, la paga era davvero buona. A sorprenderla, i vari benefit e welfare previsti. Di certo non avrebbe trovato un simile trattamento in un semplice studio legale. Afferrò la penna offertale dalla procuratrice, ponendo infine la sua firma sul documento.
- Dato il suo eccellente curriculum, abbiamo ritenuto più conveniente per il suo apprendimento e la sua crescita professionale affidarla al nostro migliore procuratore, Miles Edgeworth.
E se a definirlo tale era Lana Skye in persona, doveva essere vero. Bianca si limitò ad annuire, senza protestare.
- Ultima cosa, ma non meno importante. Si ricordi di ringraziare il professore Adams, il suo relatore. Ha intercesso per lei con grande fervore e fiducia nelle sue capacità. Fiducia ben riposta, aggiungerei. - concluse la donna, accennando un piccolo sorriso. - È vero quello che dice su di lei?
- Cosa ha detto su di me? - chiese curiosamente Bianca, un po’ tesa.
- Che lei è una persona fortemente empatica e acuta. Per come me ne ha parlato, per un momento mi è sembrato che stesse descrivendo una supereroina.
- Il professor Adams è sempre stato troppo adulatore. Diciamo che sono solo un’attenta osservatrice.
- In questo lavoro, l’osservazione è fondamentale, dottoressa Romano. Utilizzi sapientemente questa sua capacità.

Prima di congedarsi, le due donne si strinsero la mano e infine, Bianca uscì dall’ufficio. Scendendo le scale – dopo quel mattino, non avrebbe preso l’ascensore per un po’, si risolse di andare a trovare il suo relatore per ringraziarlo di persona. E magari, porgli una o due domande su quello che sarebbe divenuto il suo tutor.

   
 
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