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Autore: NyxTNeko    30/11/2023    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 157 - Il coraggio è come l'amore: si nutre di speranza -

Milano, 13 luglio

Il palazzo Serbelloni, dopo un breve periodo di relativa calma, era tornato ad essere in fermento, soprattutto da quando la moglie del comandante Bonaparte era giunta nella città lombarda, tre giorni prima. Alla carovana, partita da Parigi, si era aggiunto il cittadino Serbelloni, ansioso di poter ritornare nella sua dimora, ma anche di incontrare nuovamente quel giovanissimo generale di origine corsa; inoltre, sapendo quanto fosse grande l'amore che provava per la moglie, voleva che il palazzo fosse il più accogliente possibile, decorato con il preciso intento di accontentare, sia la sobrietà repubblicana dei francesi, sia la traboccante ricercatezza aristocratica dei milanesi, oltre allo stesso Bonaparte.

- Tutto sommato questa città non mi sembra male, Rose, a parte il caldo soffocante - disse felicemente sorpreso Hippolyte Charles, il quale aveva apprezzato la calorosa accoglienza che avevano ricevuto, non appena erano giunti a Milano - Ci trattano quasi come fossimo principi - accarezzò la stoffa pregiata della poltrona, su cui i due si erano accomodati.

- Lo sai che lo fanno perché sono Madame Bonaparte, mio marito è riuscito a conquistare una città così prestigiosa e non solo militarmente - emise quasi sbuffando Joséphine, sventolava stancamente il ventaglio - Il duca che ci ospita non ha fatto altro che parlarci delle riforme che Bonaparte ha portato qui a Milano, ne sta già giovando a quanto pare... - La creola non sapeva cosa provare realmente di questa situazione, era contenta dei risultati che il marito stava ottenendo, ma al tempo stesso soffriva nel trovarsi in quel posto, con quella calura insopportabile, non era abituata a viaggiare, le faceva sempre venire una certa nostalgia.

Le ricordava di quando aveva dovuto lasciare la sua isola natale, la Martinica e tutto ciò che amava per seguire il primo marito, adesso le sembrava di fare la medesima cosa, abbandonare una città che ormai era diventata parte di lei, Parigi e le persone con cui si era legata, e seguire ancora una volta un uomo, il suo secondo marito "È possibile che il mio destino sia sempre legato a quello di uomini che non amo?" Si chiedeva osservando il suo giovane amante, avrebbe voluto che fosse lui la persona da seguire, anche in capo al mondo. Lo vezzeggiava sulla guancia rasata da poco e si soffermò sui baffi che sfoggiava orgoglioso, come andava di moda tra gli ussari.

- È una buona cosa, Rose! - esclamò Charles con particolare entusiasmo - Potremo fare affari facilmente, senza doverci inventare qualche stratagemma, ma solamente con i finanziamenti all'esercito di Bonaparte! - ribadì, quel suo sorriso stampato rendeva la sua faccia ancora più comica di quanto non fosse, in realtà - Te lo avevo accennato già durante il viaggio

Era riuscito a convincere facilmente la donna in precedenza, la vedeva annuire come se volesse confermare nuovamente. Josèphine sapeva che le servivano tanti soldi per condurre una vita agiata e di piacere, specialmente in quel momento: era circondata dalla nobiltà locale, che la guardava ammirata e anche un po' invidiosa, come accadeva sempre quando si otteneva una posizione prestigiosa.

Un servo bussò alla porta, interrompendo quel discorso - Cittadini - udivano provenire dall'esterno la voce di un uomo - Perdonate se disturbo, ma il cittadino duca mi ha mandato a chiamarvi, per avvertirvi dell'arrivo del cittadino generale Bonaparte a palazzo - aveva riferito quasi di getto, probabilmente per non dimenticare quanto doveva riferire.

Dopodiché era rimasto in silenzio, attendendo una risposta, i due amanti si guardarono istintivamente e si fecero forza: dovevano, a tutti i costi, evitare che Napoleone venisse a sapere della loro relazione, augurandosi che coloro che avevano dei sospetti, tacessero su questa storia, soprattutto il fratello Giuseppe, che sembrava quasi odiare la donna. Joséphine aveva ormai compreso quanto fosse grande la gelosia assillante del marito, sin dalle prime volte in cui avevano iniziato a frequentarsi e le lettere avevano confermato i segnali, che aveva comunque percepito.

La creola rivolse lo sguardo al comodino vicino al letto, lì teneva conservate le ultime lettere che aveva ricevuto in quei giorni, rispetto alle precedenti erano davvero molto brevi e coincise: una era del 18 messidoro, ovvero il 6 luglio, da Roverbella, una cittadina poco distante da Mantova e l'altra del 23 messidoro, 11 luglio, da Verona. In entrambe accennava di piccoli scontri che aveva risolto, così come parlò poco dei suoi sentimenti e della stanchezza che lo aveva colpito. "In tre giorni è arrivato qui" pensò, per poi rispondere al servo, che ancora attendeva dietro la porta - Sì riferisci al cittadino Serbelloni che ci prepariamo e arriviamo...

Napoleone, nel frattempo, accompagnato da alcuni dei suoi fedelissimi aiutanti di campo, tra questi Luigi, aveva corso come un forsennato dalla carrozza al palazzo, sperando di trovarsi subito davanti la sua adorata moglie, invece c'era Giuseppe ad aspettarlo, assieme a Junot. Madido di sudore, le guance rosse, si fermò bruscamente per riprendere fiato e sorrise, era felice di rivedere suo fratello maggiore e uno dei suoi uomini più coraggiosi, significava che il viaggio era stato sostanzialmente tranquillo e privo di pericoli.

- Sempre il solito turbolento, Napoleone? - domandò retoricamente Giuseppe, nel vederlo così trafelato e scombinato - Potevi prenderla con calma, la tua cara moglie si sta ancora preparando, si fa sempre aspettare - aggiunse, cercando di non essere troppo duro nel parlare della cognata, in sua presenza.

- Vostro fratello ha ragione - si intromise Junot, infastidito non solamente dal caldo - Tanto ha comunque la compagnia di una persona - emise, senza rendersi conto del tono sarcastico e pungente che aveva utilizzato, nell'enfatizzare il termine persona. Se ne accorse e sussultò di paura nel vedere Murat, alle spalle del comandante, sbiancare e sentire lo stesso Napoleone tuonare - Quale persona? Chi c'è con lei?

Per fortuna, l'abilità diplomatica del fratello Giuseppe riuscì a calmarlo - Uno degli ussari sotto il generale Leclerc, un certo Hippolyte Charles - riferì, senza scendere nel dettaglio, anche perché aveva solo dei sospetti sulla loro relazione, non delle conferme o delle certezze. E poi era meglio non far turbare Napoleone, altrimenti non sarebbe stato sufficientemente concentrato durante la Campagna d'Italia, un'impresa in cui Bonaparte stava dando tutto se stesso e che avrebbe deciso il suo destino. Gli diede una pacca rassicurante sulla schiena - Non devi temere, fratello, è qui solo per aiutarti con i finanziamenti alla tua armata...

- Se è solo per questo, allora non ci sono problemi - rispose Napoleone, rassicurato da tali parole, pur non avendo accantonato il presentimento che gli stessero nascondendo qualcosa di importante, si mise a braccia conserte - Purché non si sbilanci troppo! - non aggiunse altro, ma tale esclamazione allarmò comunque Junot e Murat, che si fissarono silenziosi e con intesa; Giuseppe e Luigi non ne rimasero affatto stupiti, conoscevano benissimo il lato geloso, quasi ossessivo, del fratello.

- Bonaparte, sei arrivato! - Napoleone riconobbe quella voce soave, quell'accento particolare ed esotico e si illuminò quasi, allontanando tutti i dubbi e le domande, che si stavano formando nel suo animo irriquieto. Il cuore prese a battere forte, lo sentiva in gola e scattò come in fulmine verso di lei, stringendola a sé. Aveva aspettato questo momento da troppo tempo, aveva immaginato, bramato sua moglie, sotto ogni forma, illudendosi di diminuire la lontananza che li aveva tenuti distanti per mesi.

- Oh... Joséphine! Mia amata Joséphine! - le sussurrava con dolcezza, baciandole quel collo liscio e profumato - La tua mancanza mi stava facendo impazzire! - la teneva stretta, come se potesse sfuggirle, al pari della sua immagine che occupava i suoi sogni "Non si sente mai tanto di amare come quando si rivede l'oggetto amato".

La creola si sentì travolta dalla sua presa, in quei mesi non era diminuita la passione che lo contraddistingueva da sempre, non era nemmeno cambiato il suo profumo di pulito, nonostante fosse umido di sudore, riusciva a lavarsi persino mentre era in campagna, ma restava comunque trasandato. Di questo, però, non poteva dargli completamente la colpa, era consapevole dei problemi che attanagliavano la sua piccola armata. Lo accarezzò sul viso liscio e sollevò la testa, Napoleone la stava scrutando con i suoi intensi occhi grigi, messi in risalto dalle occhiaie, dalle borse e dalle lunghe ciglia nere - Anche tu mi sei mancato Bonaparte...seppur non possa sembrare così dalle lettere...

Il generale fissava in silenzio gli occhi scuri della sua amata, così provocanti, così amabili era comparsa qualche ruga leggera ai lati, evidenziando quei sei anni in più, che sul contratto di matrimonio erano stati ridotti. Poi fece scivolare la mano lungo il ventre, coperto dal sottile e provocante abito bianco, era piatto come lo ricordava - Ma... la gravidanza?

Josèphine si era preparata a quella domanda, non voleva farsi cogliere impreparata, altrimenti avrebbe potuto capire che fosse una bugia - Oh... be' ecco in realtà mi ero sbagliata...tesoro... - lo fissò, per conferire maggiore veridicità a quanto stava dicendo - Perdonami se ti ho fatto sperare invano... - si coprì il viso piagnucolando - Ti ho fatto anche preoccupare...per la mia salute...caro Bonaparte...io...

- Ora non piangere, mia adorata Joséphine, il tuo bel viso non dovrebbe essere sconvolto dalle lacrime...questo struggimento rattrista il mio cuore, voglio che la mia stupenda moglie sia sempre serena... - la rassicurò Napoleone, abbracciandola amorevole - Avremo il tempo per riprovare di nuovo, tesoro mio, ho un paio di giorni a disposizione

- Solo un paio? - chiese la donna, riprendendosi dalla tristezza quasi simulata, stupita dall'ingenuità del marito, credeva ancora alle sue recite e menzogne? Era ancora così follemente innamorato da non coglierne i segnali? In realtà Napoleone aveva intuito da qualche tempo, che quella della gravidanza fosse una frottola per poter restare a Parigi, Giuseppe e gli altri, che erano stati con lei, non avevano insistito nel parlare di tale argomento, forse era stata soltanto un po' male.

- Sì, purtroppo le condizioni della guerra non mi permettono di restare di più con te - disse profondamente rammaricato, sospirò "Se solo la gloria non fosse così perigliosa e grandiosa..." riflettè sul fatto che il destino lo stesse mettendo costantemente alla prova "Devo rinunciare quasi sempre alla mia felicità completa... posso goderla solo per pochi istanti, ma se serve per arrivare alla realizzazione del mio progetto... lo farò".

Sul viso del generale era scesa un'ombra che la moglie aveva imparato a conoscere: era sempre stato molto strano come individuo, dall'espressività incredibile. Subito dopo gli occhi lampeggiarono in modo sinistro - Amore... - gli diceva civettuola Joséphine, prese le sue mani delicate e le lisciava, similmente al manto di un cavallo - Basteranno questi pochi giorni, Bonaparte, comprendo quanto sia difficile organizzare una campagna così complicata, contro un nemico tanto arduo, potente, complice pure la poca collaborazione da parte del Direttorio... - gli spostò alcune ciocche di capelli che avevano coperto in parte quel volto affilato - Quindi adesso dovresti pensare a riposarti un po'...

- Non posso permettermi di riposare... - replicò subito il generale, non voleva perdere del tempo, gli austriaci non erano ancora stati sconfitti, li aveva soltanto un po' confusi, messi in difficoltà. Liberate le mani dalla debole presa della moglie, strinse i pugni - Lo hai detto tu stessa che ho una guerra da vincere!

- Vero, ma ora ci sono io qui con te, Bonaparte... - bisbigliava Joséphine, con tono suadente, sfiorando in modo provocante le braccia magre e delicate di Napoleone - Hai desiderato la mia presenza da tanto tempo, ora vuoi rinunciarci? - avanzava lentamente verso la sua stanza, facendo indietreggiare e trascinando, di conseguenza, il giovane marito - E poi hai la stanchezza stampata sul volto, mio caro, con le mie coccole, le mie carezze e il mio amore vedrai che tornerai in forma... - lo vide arrossire completamente - Non sono la sola ad aver attraversato interi paesi per raggiungere l'amato - lo toccò sull'ampio petto, all'altezza del cuore, che batteva veloce e forte per l'emozione.

Nel mentre i due raggiungevano la camera, che il padrone di casa aveva fatto preparare per i coniugi Bonaparte, i due aiutanti, Giuseppe e Luigi poterono quasi tirare un respiro di sollievo, alla fine era andato tutto bene - Potevate rovinare tutto, Junot! - lo rimproverò Murat, sovrastandolo con la sua imponente statura e figura - Che diavolo vi è saltato in mente? - stava per afferrarlo per il colletto dell'uniforme, ma venne fermato da Luigi.

- Sono ancora nervoso per come quella donna ha licenziato la mia dolce Louise! - borbottò il giovane a braccia conserte, nervoso. Credeva che madame Bonaparte fosse davvero una persona comprensiva, a modo e invece aveva allontanato la dama di compagnia, che il militare stava seducendo e pure con successo, solo perché non accettava tale relazione. Non era stata brusca o particolarmente crudele, l'aveva fatta allontanare in maniera educata; tuttavia a Junot, un simile trattamento continuava a non andare giù - Non glielo perdonerò mai!

- Posso comprendere il vostro astio, Junot - intervenne il fratello più giovane di Napoleone, Luigi, poggiando una mano sulla spallina - A nessuno della nostra famiglia piace quella donna, solo Napoleone sembra esserne follemente attratto e innamorato...

Giuseppe annuì e continuò il discorso, sistemandosi la cravatta bianca attorno al collo - Tuttavia non abbiamo alcuna prova certa del possibile rapporto adultero tra Joséphine e quel bamboccio di Charles, solo qualche congettura e non si può accusare una persona senza essere certi della sua colpevolezza - chiuse gli occhi chiari e sollevò il dito - Come diceva Beccaria, una persona è innocente fino a prova contraria!

- Essendo voi esperto di leggi, monsieur, non posso che condividere questa posizione - confermò Murat, rivolgendo lo sguardo in direzione del corridoio che univa le varie stanze - Anche perché il comandante moriva dalla voglia di poter stare con la sua adorata moglie, nonostante fosse concentrato sul lavoro, c'era sempre una parte del suo pensiero rivolto a lei e il passare un po' di tempo con lei, gioverà senza dubbio sul suo umore e sulla sua concentrazione

Junot si grattò la testa leggermente incipriata - Magari poi mi dite a che punto della Campagna siamo arrivati, Murat, perché sapete a Parigi non mi sono tenuto aggiornato sugli ultimi sviluppi militari...

- Immagino quali siano stati i vostri impegni parigini - disse beffardo Murat, conosceva il suo collega e la propensione ad andare sempre dietro alle gonnelle. Un elemento che li accomunava, seppur non ci fosse sempre il lieto fine, durante le loro scappatelle - Da un certo punto di vista invidio il comandante, ha solo una donna da amare, nessun'altra preoccupazione, non deve nascondersi o scappare furtivamente dalle amanti!

- Però se dovesse esserci davvero il tradimento da parte della moglie... - emise, quasi soffuso Giuseppe, leggermente preoccupato nell'immaginare un simile scenario - E lo venisse a sapere, per il rivale non ci sarebbe scampo, riverserebbe su di lui tutta la sua rabbia, tutto il suo livore e non esiterebbe un istante dal divorziare da quella vecchia - Sogghignò leggermente e riprese - Di questa sua decisione non sarei affatto dispiaciuto, al contrario la appoggerei, senza alcuna esitazione

Luigi era impensierito quanto Giuseppe, riguardo tale faccenda "Napoleone dimostra quasi sempre autocontrollo e tolleranza, è disposto al dialogo e all'ascolto, quando riceve un torto o un'ingiustizia particolarmente gravi, però, sa essere ferocemente vendicativo" il fratello generale aveva dimostrato questo suo lato più oscuro e violento, non soltanto in Corsica, ma anche durante la Campagna, in più di un'occasione. Era certo che non sarebbero state le ultime, per il momento, quindi, pensava che fosse meglio se la situazione rimanesse così, un po' incerta, ma tutto sommato tranquilla.

- Mi fa piacere che questo Charles sia impegnato ad occuparsi di Fortunè - riferì veramente soddisfatto, sdraiato sul letto, con indosso soltanto la camicia bianca dalle ampie maniche e le braghe aderenti sino al ginocchio, che enfatizzavano il fisico lievemente asciutto di Bonaparte. Tenendo le mani dietro la testa e la gamba sinistra piegata, aggiunse ridacchiando - Sapevo che non lo avresti lasciato a Parigi, ma almeno quando ci sarò io non avrò quel carlino tra i piedi

Josèphine sorrise un po' tirata, non le piaceva che parlasse così della sua adorata cagnolina, non poteva negare, però, che tra i due non ci fosse intesa - Infatti ho pensato al morso che ti aveva lasciato sul polpaccio - ricordò con tono provocatorio, attendendo la sua reazione, aveva fatto in tempo a girarsi per non farsi scappare qualche risatina e irritarlo. Invece della sua proverbiale permalosità, che la donna si aspettava, Napoleone stava ridendo di gusto. Stupita, si voltò nuovamente.

Si era messo seduto e, nel mentre riprendeva a respirare regolarmente, sfilò le calze sino al calcagno: vi erano ancora i segni del morso - La cicatrice della ferita di Tolone che ho sulla coscia sinistra è meno evidente di questa! - esclamò quasi lamentoso Napoleone, per poi risistemarle, nonostante il caldo asfissiante di quasi metà luglio. Sporse le braccia verso la sua amata, la abbracciò e avvicinò la bocca alle sue orecchie, mormorò - Nonostante il sudore non riesco a rinunciare alla spinta di tenerti vicino a me, tesoro - l'eccitazione lo stava travolgendo - Al contrario ti rende ancora più attraente, affascinante - il generale le riempiva di baci il collo, il petto scoperto fino al seno e le spalle.

Josèphine era colpita dalla scioltezza che Bonaparte stava dimostrando, nell'esprimere il suo sentimento, rispetto alle prime volte "A quanto pare aveva soltanto bisogno di qualcuno che gli insegnasse come comportarsi, in queste circostanze" rifletteva tra sé, nel frattempo ricambiava il suo amore, per non alimentare i suoi dubbi. Napoleone, poi, la fece sdraiare nuovamente, senza staccarsene e la donna poté osservare quei lineamenti tanto particolari che saltavano subito alla vista, rendendo qualsiasi altro uomo, compreso Hippolyte, banale, insulso, affine a tanti altri - Caro, la guerra ti sta rendendo più maturo rispetto a come ti ricordavo - riferiva la creola per farlo insuperbire, sfiorando con le dita, prima il naso lungo, aquilino, scendendo sulle labbra sottili, disegnate, che si erano incurvate in un delizioso sorriso.

Napoleone, infatti, con espressione furbetta e il suo tipico sarcasmo ribatté - Così non si noterà tanto che la vecchietta tra noi due sei tu - il corso notò lo sbuffo e le smorfiette che Joséphine emetteva e lo facevano ridacchiare, era meravigliosa pure quando mostrava il tipico lato capriccioso e frivolo delle donne - Anche se devo ancora compiere i ventisette anni, ma manca poco, mia adorata...

"Lui ci scherza, ma questa differenza d'età è evidente, sei anni non sono tantissimi, ma neppure pochi" pensava, pur essendo in balìa del suo amato, che si era addormentato, russando leggermente "Con Hippolyte che è ancora più giovane di Bonaparte non mi faccio problemi perché non abbiamo pretese, è solo un rapporto extraconiugale che mi fa respirare e mi rende allegra". Lo sguardo si era spostato dal marito e si era soffermato sull'uniforme da generale che aveva lanciato sulla sedia, assieme alla spada e alla fascia, gli stivali, già consumati, poggiati vicino al letto, il cappello era il solo elemento che aveva appeso con cura "Ma saprò dare un figlio a Bonaparte? Anche se non lo amo quasi per niente, so quanto ci tenga ad averne uno tutto suo, nonostante sia sempre più affezionato ai miei bambini" .

Quel giovane corso stava dimostrando un talento militare fuori dal comune, tanto da allarmare lo stesso Direttorio e di questo era contenta, soprattutto riguardo a Barras. Non aveva dimenticato il modo con cui l'aveva scaricata e ceduta a Bonaparte. Però il timore dimostrato dal governo non le sembrava affatto infondato, la determinazione, la tenacia e l'ambizione di Napoleone erano reali "Ho con me la mia spada e con essa andrò lontano". Quella frase, che non riusciva a dimenticare, testimoniava il suo bruciante desiderio di migliorare la propria condizione sociale "Qual è l'obiettivo a cui aspiri, Bonaparte? Fino a che punto vuoi spingerti e portarmi con te?" Si chiedeva, toccando leggermente i ciuffi di capelli bagnati, che coprivano la sua ampia fronte.

 

   
 
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