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Autore: Alexander33    09/12/2023    2 recensioni
Una trappola intessuta dalla regina più spietata che mai, decisa ad usare un’arma insolita per battere il suo acerrimo nemico. L’odio si mescolerà all’amore con la complicità di un personaggio inedito.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harlock, Raflesia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Jarka Strahl stava rincasando a bordo del camioncino scassato color ruggine, dopo aver passato la mattinata in città.

Si era intrattenuto più del dovuto col proprietario del magazzino agricolo dal quale si riforniva, per discutere del più e del meno. Entrambi si erano lagnati del clima arido che aveva messo a dura prova le colture e i raccolti della stagione: l’uno attribuiva la responsabilità alle emissioni inquinanti delle fabbriche che lavoravano l’uranio beta, l’altro agli esperimenti del governo. 

Ma chiunque ne fosse l’artefice, il risultato non cambiava: siccità e raccolti scarsi e di pessima qualità.

 

Mentre guidava assorto sulla via del ritorno, ripensando alla conversazione di poco prima e alle grane che tutta quella situazione gli aveva procurato, fu distolto da un bagliore luminoso nel cielo innanzi a lui.

Duró solo un istante.

 

Pensó che la vista gli stesse giocando qualche scherzo: Euterpe era un pianeta minuscolo. Nessun meteorite era catturato dalla sua debole gravità, sovrastata di gran lunga dalla presenta di Cerbero, il buco nero al centro del sistema. E non poteva essere nemmeno un velivolo: su Euterpe si levavano solo le gigantesche navi del Consorzio Galattico, le quali stazionavano fuori orbita e inviavano passeggeri e merci a terra per mezzo del teletrasporto.

Dopo le ultime guerre per il controllo del commercio nella galassia, i governi planetari, di comune accordo, avevano nominato un Consorzio rappresentato da un membro per ogni mondo.

Solo alle sue navi era concesso il monopolio di viaggi e scambi commerciali.

 

Accostó il furgoncino a lato strada, frugó nel cruscotto e tiró fuori un piccolo binocolo.

Prese a scrutare la porzione di cielo nella quale gli era parso di vedere il bagliore ma non notò nulla di strano.

 

“Ti stai proprio invecchiando…” pensó.


Vide la donna quando si trovò a pochi passi dalla porta di casa. Intento com’era a cercare nelle tasche la chiave, non aveva fatto caso alla figura rannicchiata, celata da un grande foulard che le ricopriva il capo e le spalle, raggomitolata a ridosso della porta d’entrata. Stringeva al petto un fagotto.

Si fermó, sopreso, mentre i grandi occhi verdi della donna lo guardavano spaventati.

 

«Ti prego… abbiamo bisogno d’aiuto…»


Non sembrava pericolosa, lei e il bambino, poco più di un neonato.

Quindi Jarka li fece entrare in casa e offrì dell’acqua. La donna afferró il grosso bicchiere bevendo a grandi sorsi.

«Grazie signore… grazie infinite…»

 

La donna era molto bella. Lunghi capelli biondo cenere, un viso pallido e allungato, adombrato da lunghe ciglia dal color del grano maturo. Longilinea, altissima e aggraziata. Gli occhi avevano un che di malinconico.

Il bambino era il lattante più bello che avesse mai visto.

 

«Dimmi donna, perché sei qui? E cosa posso fare per te?»

 

Intanto si era scoperta un seno generoso e lo stava offrendo al bambino, evidentemente molto affamato. Senza nessuna vergogna, quasi non avesse avuto davanti un uomo sconosciuto con quasi il doppio della sua età.

 

«Io sono Limüe, e vengo dalla Dorcas: l’ammiraglia della regina Raflesia…» Mordred le aveva consigliato di essere estremamente sincera con lo sconosciuto.

 

Jarka grugnì «mazoniana… avrei dovuto immaginarlo. Bella e invitante… chiaro!»

 

«Fammi spiegare, te ne prego! Sto cercando di salvare la vita a questo bambino. E tu mi devi aiutare!»

 

«Devo? Non ti devo nulla donna…»

 

A Limüe non rimase altro che iniziare a raccontare la sua storia. A partire dall’incarico affidatole da Raflesia: fare da balia al piccolo principe orfano di madre, figlio della principessa e del pirata fuorilegge; fino alla scoperta dei poteri del piccolo. Di come lui desiderasse tornare da suo padre, di come l’avesse convinta ad avvicinare la sua ex amica Sephiroth, a convincerla, con l’inganno, a portarla su Euterpe.

 

“…avrá già scoperto che il bambino non è mio? Che ha contribuito al rapimento del nipote della regina? Che l’ho tradita una seconda volta?” Rabbrividì al pensiero.



 

Jarka l’osservó, dopo aver ascoltato tutta la storia.

Gli occhi della donna sembravano sinceri. 

 

Lo sguardo si sofferma ancora sul seno scoperto. È turgido, gonfio di latte.

Abbassa lo sguardo, pensieroso.

 

Limüe, per nulla imbarazzata, si ricompone, tirando su il lembo della veste.

 

«Va bene donna… ti credo. Ora dimmi: cosa vuoi… cosa volete da me? È lui che ti ha detto di venire a cercarmi? Come crede possa aiutarvi?»

 

Jarka è stupito dalle sue stesse parole. Questa femmina sembra aver intessuto una qualche sorta d’incantesimo. Ha smesso da un pezzo di provare interesse per le donne, soprattutto quelle tanto più giovani di lui. Troppi rischi, troppe incognite…

 

«Te lo dirà lui stesso».

Limüe avvicina Mordred all’uomo, il piccolo allunga una manina e sfiora la grande e ruvida mano dell’agricoltore.

 

“Salute a te Jarka Strahl!” lo saluta, col suo linguaggio a metà tra le parole e le immagini, direttamente nella sua testa. L’uomo ha un piccolo sussulto, sorpreso, ma non spaventato.

 

“Sei un brav’uomo, onesto, e riservato. Non devi fare nulla, solo ospitarci finché mio padre mi raggiunga. Deve venirmi a prendere…. E…. La donna, la mia balia… non potrà più tornare dalla sua gente. Tienila con te, quando me ne saró andato, sarà per te una buona compagna…”

 

Gli occhi di Jarka ritornano brevemente su Limüe, che non sta partecipando a questa muta conversazione, ne ignora ogni dettaglio.

 

Jarka fa un mezzo sorriso e pronuncia a voce alta «e tu, piccoletto, sei sicuro che lei lo voglia?»

 

“Lo vorrá, Jarka Strahl. Hai la mia parola.”

 

Gli occhi incredibilmente blu acceso del piccolo emanano una forza interiore e un fascino misterioso irresistibile ma al contempo fragile e indifeso e il rude solitario uomo non puó far altro che arrendersi.




 

«Euterpe…» Meeme pronuncia il nome quasi sovrappensiero, una parola sospesa, apparentemente senza significato.

Si alza dal letto, nuda, con solo i lunghissimi capelli d’opale a coprirle i minuscoli seni e si avvicina alla parete vetrata, cercando con gli occhi da quale direzione le giunge il richiamo. Poi si gira verso Harlock che si sta infilando i pantaloni.

 

«Tuo figlio ci sta aspettando. Dobbiamo arrivare prima di Raflesia!»

 

Harlock finisce di rivestirsi con un misto di urgenza e timore, mentre il torpore che l’ha pervaso, dopo una notte passata ad amare teneramente Meeme, lascia il posto all’affanno.

   
 
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