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Autore: Justice Gundam    12/12/2023    1 recensioni
Il Confine dell'Oceano, un gruppo di rigogliose isole nelle vicinanze del Primo Continente. Un gruppo di coloni, facenti parte di una spedizione del Regno di Estania, in cerca di un luogo dove iniziare la loro nuova vita. Gli avventurieri che vegliano su di loro e mantengono la sicurezza. Ma una minaccia terribile incombe su di loro: un esercito di insetti giganteschi e creature insettoidi è apparso all'improvviso e minaccia l'incolumità degli abitanti. Una manciata di esperti, maghi e combattenti saranno gli unici in grado di proteggere i coloni del Confine dell'Oceano da questa mostruosa invasione...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Pathfinder: L'Isola degli Insetti Giganti

Una fanfiction di Pathfinder scritta da: Justice Gundam

 

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Capitolo 14 - Situazione tesa su Abundancia 

 

"E così, hanno cominciato..."

La calma e il silenzio in cui il piccolo altopiano era immerso vennero disturbati solo per un attimo da una voce dal timbro aspro e stoico al tempo stesso... e la giovane donna seduta in meditazione sul costone di roccia in una posizione del loto aprì gli occhi di scatto. Le sue pupille brillarono per una frazione di secondo di una luce verde che aveva ben poco di naturale... ma la donna li chiuse di nuovo, si concentrò per un attimo, e i suoi occhi tornarono normali.

"Ne sei sicuro, amore mio?" chiese lei mentre si alzava e si voltava verso la persona che aveva parlato per prima, con la grazia letale di un serpente che si avvicinava alla preda. La sua pelle bronzea, resa lucida da un po' di sudore, sembrava quasi brillare sotto la luce del tramonto, in contrasto con la casacca e i pantaloni di colore neutro che indossava. Le gambe erano nude, a parte delle fasce attorno alle caviglie e ai talloni che le davano l'aria di una combattente. I suoi capelli erano verdi e scarmigliati, e sembravano quasi tanti serpenti aggrovigliati tra loro, mettendo in risalto il suo volto duro e dallo sguardo penetrante, e la sua bellezza fredda e distante. "Non credevo che avrebbero iniziato le loro operazioni così presto. Credevo che avessero bisogno di un altro po' di tempo per organizzarsi."

Quando la giovane donna cominciò ad avvicinarsi al suo compagno, i suoi splendenti capelli verdi sembrarono muoversi per un momento... e subito dopo, alcune teste di serpentelli verdi, con tanto di lingue biforcute, emersero dalla capigliatura.

E fu allora che apparve tutto fin troppo evidente - al posto dei capelli, quella bella e giovane donna aveva davvero un groviglio di serpentelli vivi!

"Lo so. Era quello che avevano detto anche a me." rispose il suo compagno - un mezzorco dall'aspetto rude, vestito di pelli di animali conciate sorprendentemente bene, protetto da un corpetto di cuoio borchiato che gli copriva il torace, l'addome e le spalle. Un paio di schinieri di pelliccia avvolgevano la parte inferiore delle sue gambe, e i suoi lunghi capelli neri, che certamente non erano stati lavati da qualche giorno, scendevano selvaggi sulla sua schiena, mentre un grosso bastone di legno duro, la testa rinforzata da chiodi di ossidiana, era appeso sulla sua schiena. Dava l'impressione di una persona indurita e disillusa, acuita anche dal cipiglio minaccioso che aveva quasi perennemente stampato in faccia. "Credevo che volessero attendere. Almeno finchè l'Ordine dello Sciame non avesse una presenza stabile a Tarago e non avesse portato dalla sua parte abbastanza coloni. Ma a quanto pare, alcuni eventi molto recenti li hanno costretti a passare direttamente alla fase finale."

"Capisco..." disse la giovane con i serpenti al posto dei capelli - chiaramente una medusa, una creatura in grado di trasformare le sue vittime in statue di pietra semplicemente guardandole negli occhi. Dopo averci pensato su un momento, la medusa alzò le spalle, pensando che in fondo non avrebbe fatto alcuna differenza. "In ogni modo, mio caro Gaderis, la cosa non dovrebbe cambiare il piano in generale. Ci sarà bisogno di aggiustare qualche elemento, ma alla fine tutto tornerà sotto controllo."

"Io... spero soltanto che il supremo Echthrois sappia quello che sta facendo." rispose il mezzorco druido di nome Gaderis, guardando verso il terreno e tormentandosi quel po' di barba incolta che gli cresceva sul mento. Non sembrava minimamente preoccupato dai pericoli insiti nello sguardo della medusa. "Ho sentito dire da alcune delle nostre truppe che alcuni rifugiati di Pasiega sono riusciti a sfuggire all'armata principale, e adesso il comandante Kadox sta inviando alcune truppe in ricognizione per scovarli e distruggerli."

"Potremmo unirci alle squadre di ricognizione. Dubito che tra i coloni ci siano combattenti in grado di tenerci testa." propose la medusa. "Così non avremmo problemi ad eliminare il resto degli intrusi."

Gaderis sospirò e guardò in lontananza, verso il sole che tramontava. "Sì, mia cara Sidal, potremmo. Ma il supremo Echthrois non ci ha dato ordini in questo senso." affermò. "Sai che lui ci ha dato il compito di sorvegliare questo snodo e fare in modo che nessuno dei coloni si avvicini. Se dovesse accadere qualcosa mentre noi non ci siamo, non ce la farebbe passare liscia."

La medusa di nome Sidal strisciò un piede sulla roccia levigata. "Certo, hai ragione. Scusa, mi sono lasciata prendere la mano." affermò.

Il mezzorco si avvicinò a Sidal e la abbracciò con affetto. E dopo un attimo di sorpresa, la medusa ricambiò il gesto, e i serpenti sulla sua testa si mossero delicatamente, esprimendo lo stato d'animo rilassato della loro proprietaria. "Volevi soltanto dare una mano, Sidal. E ti sono grato per questo." affermò. I due restarono abbracciati ancora un po', prima che Gaderis si staccasse, con un po' di riluttanza, e raggiungesse il bordo del costone di roccia sul quale si trovavano. Il mezzorco sospirò e guardò verso la pianura incontaminata che si estendeva sotto di loro, la foresta e le formazioni rocciose che formavano un impressionante panorama, e che dalla loro posizione, i due potevano ammirare in tutta la sua grandosità.

"Guarda, mia cara." disse Gaderis, quasi trasognato. "Quest'isola. Questa natura incontaminata, mai sfiorata dalla mano della cosiddetta civiltà che corrompe tutto quello che tocca. E adesso, un gruppo di rappresentanti dell'arrogante umanità è arrivato qui, pretendendo di strapparlo ai loro legittimi proprietari e di fare di quest'isola un'altra delle loro conquiste. Tutto in nome della loro insaziabile sete di ricchezza e della loro illusione che la natura si pieghi ai loro voleri."

"E' un luogo stupendo, e non permetteremo mai che venga profanato." rispose Sidal, cingendo il suo amato. "I legittimi proprietari di quest'isola sapranno fare tesoro della sua natura e della sua purezza molto meglio di quando non facciano... queste cosiddette razze civilizzate."

"Pazienza, amore mio, pazienza." si raccomandò il mezzorco druido, mentre ricambiava l'abbraccio della medusa. "Echthrois e i suoi fedeli stanno già facendo quello che devono per liberare questo luogo dalla presenza degli invasori. E una volta che gli antichi artefatti di Isthmos saranno stati recuperati, non ci sarà più nulla ad impedire al potente Echthrois di portare la sua crociata oltre l'oceano. E noi saremo al suo fianco, perchè l'umanità comprenda qual è il suo posto."

Sidal sospirò, e alcuni dei suoi capelli-serpenti si strusciarono affettuosamente sul braccio muscoloso del mezzorco. Per un attimo, i due restarono dov'erano, godendosi la brezza e ammirando il paesaggio che si estendeva maestoso davanti ai loro occhi. In quei momenti, Gaderis e la sua amata Sidal erano esattamente dove avrebbero voluto - solo loro due, in quel luogo abbandonato da tutti, circondati dalla natura più selvaggia.

"Su, è il momento di cercare qualcosa da mangiare." disse infine la medusa. "Andiamo a cercare un po' di quella deliziosa frutta, come l'altro giorno?"

Gaderis si permise un raro sorriso. "Per me va bene. Basta non prenderne troppo e lasciarne abbastanza affinchè la natura possa continuare a fare il suo corso." rispose. "A proposito... quel frutto si chiama mango. Giusto perchè tu lo sappia."

"Si impara qualcosa ogni giorno." rispose la medusa alzando le spalle.

 

oooooooooo

 

Pepa si era svegliata dopo qualche ora di sonno, un sonno leggero e tormentato dai ricordi di ciò che aveva visto da quando Pasiega era caduta sotto l'assalto degli insettoidi. Con attenzione, la ranger dai capelli rossi cercò la sua arma e il suo arco, assicurandosi che fossero ancora al loro posto sotto il suo letto. Sentendosi un po' più tranquilla, la giovane donna si passò una mano sulla faccia e si alzò, infilando i piedi negli stivali e gettandosi una giacchetta sulle spalle a causa del freddo della mattina. Anche se il clima era decisamente più clemente che in Estania, le prime ore del mattino erano fredde come ci si sarebbe potuti aspettare da una giornata autunnale.

La ranger si guardò attorno, vedendo che Damiàn ed Albion stavano dormendo su due giacigli vicini. Anche loro avevano finito per soccombere alla stanchezza, dopo intere giornate passate a guardarsi le spalle, con i nervi tesi per ogni possibile minaccia.

"La comandante Torreblanca ha ragione... tutta questa tensione avrebbe finito per distruggerci se non fossimo riusciti a riposare." disse tra sè mentre si rivestiva. A questo punto, dubitava che sarebbe riuscita a riprendere sonno, e pensò che tanto valeva andare a muovere qualche passo e fare una perlustrazione.

Una ventata fresca la colpì in piena faccia quando fece il primo passo fuori dalla tenda, e la giovane ranger serrò leggermente gli occhi mentre cercava di riabituarsi alla luce. Dopo aver preso fiato, Pepa si guardò attorno, vedendo che già alcuni miliziani stavano facendo i loro turni di guardia. Sicuramente, pensò Pepa, alcuni di loro erano rimasti svegli quella notte, in modo da poter vegliare su di loro e sul resto dei superstiti.

"Buongiorno." li salutò Pepa, avvicinandosi a loro. I due miliziani, due giovani che dovevano avere passato da poco i vent'anni, entrambi vestiti con uniformi estaniane che sicuramente avevano visto giorni migliori, ricambiarono il saluto con delle espressioni di gratitudine. "Vedo che... siete già all'erta. Non vi dispiace se mi unisco alla pattuglia, vero?"

"Signorina." disse uno dei due miliziani con un sorriso cordiale. "Certo non ci dispiace. Ma non pretenda troppo da sè stessa. Sappiamo bene che viaggio avete fatto lei e i suoi compagni."

"Non vi preoccupate, ho dormito abbastanza." rispose Pepa, riavviandosi i capelli con un gesto della mano. "Spero... che non si siano visti troppi di quei dannati insetti, questa notte."

"Abbiamo tenuto i fuochi accesi, signorina Pepa. E alcuni membri di questa spedizione sono pur sempre dotati di infravisione." disse l'altro miliziano, che Pepa riconobbe essere un mezzelfo grazie alle orecchie leggermente appuntite. "In effetti, poco prima dell'alba abbiamo visto alcuni di quei millepiedi giganti che cercavano di entrare nell'accampamento... e abbiamo visto anche alcune di quelle forbicine giganti. Ma per fortuna erano soltanto un gruppetto. Non avevano altri di quei maledetti insettoidi al seguito."

"Meno male. Ma ho l'impressione che non potremo restare qui a lungo. Dobbiamo cercare di raggiungere Tarago, è la nostra unica speranza di uscire vivi da questo incubo." affermò la ranger. Mentre si guardava attorno, Pepa riuscì a vedere che non era l'unica dei suoi compagni ad essersi svegliata presto. Hipolito, il vivace halfling druido, era seduto accanto ad una tenda, ed era ancora intento a cucire quella strana bambola che gli aveva visto intessere soltanto un paio di giorni prima. Sicuramente una delle sue stranezze da druido. Pepa non voleva saperne di più. Già era un po' un sacrificio per lei cercare di non farsi prendere la mano dalla sua animosità verso gli halfling, e gli eventi degli ultimi giorni non avevano migliorato il suo umore.

Tuttavia, quello che sorprese un po' Pepa fu vedere Serena, la giovanissima warlock, che sedeva accanto ad Hipolito, guardando con attenzione il suo lavoro. La ranger alzò le spalle e fece un sorriso un po' amaro. Serena era sempre stata un po' bizzarra... il fatto che adesso si mostrasse interessata a qualcuna delle invenzioni di quel druido svitato non avrebbe dovuto sorprenderla più di tanto.

Mentre riprendeva il giro di ispezione, la giovane donna osservò attentamente i rifugiati che già si erano svegliati e cercavano di contribuire a modo loro alla difesa e alla sicurezza dell'accampamento. Alcuni di loro stavano cucinando, in modo che ci fosse almeno un po' di colazione per tutti. Altri stavano intagliando alcuni strumenti in legno, e altri si occupavano di medicare i feriti, o facevano pratica con le armi per tenersi pronti per ogni evenienza.

"Okay! Adesso... alzate la guardia, avanzate e colpite!" esclamò una voce possente che Pepa riconobbe ancora prima di vedere chi stesse parlando in quel momento. La giovane donna vide che un possente e muscoloso dragonide dalle squame rosse si era messo alla testa di un gruppetto di miliziani, e stava brandendo con abilità una lunga lancia, facendo loro vedere come si usava. I miliziani osservavano attentamente le sue mosse, e cercavano come potevano di imitarle - alzavano le braccia, in modo da proteggersi con l'asta delle loro lance, poi sferravano degli affondi.

"Più forte! Con più energia! Dovete trafiggere il nemico, non punzecchiarlo!" esclamò Draig, tenendo ancora più stretta la sua lancia. "Guardate, si fa così! HAH!"

Con sorprendente agilità per un guerriero così muscoloso, Draig alzò la lancia e la fece volteggiare sopra la testa per mezzo secondo, per poi sferrare un affondo tremendo contro un manichino da addestramento. La punta della lancia penetrò nella stoffa e uscì dall'altra parte, perforando il manichino... e infine, Draig lanciò un ruggito furioso, che esprimeva perfettamente la frustrazione che lo aveva tormentato per tutto quel tempo, e tirò verso l'alto, sradicando il manichino da terra! Lo sollevò in aria, ancora impalato sulla lancia, e poi lo fece schiantare per terra con un frastuono terrificante, sparpagliando tutt'attorno paglia e trucioli di legno. Draig riprese fiato un paio di volte... e poi scagliò una palla di fuoco dalla bocca, dando fuoco ai resti del manichino da allenamento!

"Uff... uff... ecco, così si fa! Non fatevi scrupoli. Quando quei fottuti insetti vi aggrediscono, nessuna pietà. Fateli fuori, e tutti i sistemi sono buoni!" esclamò. "Okay, ragazzi! Riprendiamo gli allenamenti! Non ci faremo più cogliere di sorpresa da quei dannati ammassi di zampe e antenne, vero?"

"Per Estania!" esclamarono tutti assieme i miliziani, mentre riprendevano l'addestramento sotto la guida di Draig.

Pepa guardò con attenzione le mosse del dragonide barbaro, la cui espressione severa e decisa era ben diversa da quella sicura di sè e gioviale che aveva di solito quando si trovavano lì a Pasiega. La ranger aveva la netta impressione che Draig desse la colpa a sè stesso per non essere riuscito a fare di più o a salvare più persone... e adesso che aveva preso a cuore le parole della comandante Torreblanca, stava cercando di dare una mano ai miliziani rimasti, in modo che diventassero abbastanza forti di proteggere i loro compatrioti quando fossero stati attaccati di nuovo. Un modo per aiutarli a difendersi quando lui non fosse stato in grado di salvarli tutti...

Un lieve sorriso apparve sul muso da rettile di Draig quando vide i miliziani gettarsi nell'addestramento con ancora maggiore zelo, e riuscire ad avvicinarsi alla velocità e alla potenza che lui aveva mostrato. Pepa si sentì un po' più tranquilla - quel sorriso le ricordava quell'atteggiamento spaccone ed amichevole per il quale Draig si era fatto subito conoscere a Pasiega. Sulle prime, la ranger aveva trovato quel suo modo di fare irritante e sconveniente per un soldato di Estania. Ma adesso, vedere Draig che sembrava recuperare un po' della sua sicurezza le dava l'impressione che le cose un giorno avrebbero potuto tornare ad essere quelle di un tempo...

Pepa si sgranchì la schiena e fece cenno ai due miliziani a cui si accompagnava. C'era ancora una bella camminata da fare per assicurarsi che non ci fossero altri insetti nei dintorni...

 

oooooooooo

 

Gli occhi violetti e profondi di Serena seguivano attenti i movimenti di Hipolito, mentre il druido halfling continuava il suo lavoro di tessitura. Una sorta di strano pupazzo fatto di foglie di ortica, ramoscelli e giunchi di edera stava prendendo forma tra le abili mani del piccolo druido, che sedeva a gambe incrociate per terra, con la schiena appoggiata ad una recinzione di legno grezzo. Alto circa una trentina di centimetri, aveva un corpo bulboso simile ad una patata verde, con una testa che univa in sè le caratteristiche di quella di un rospo e quella di uno sparviero, tutta verde con due piccoli occhi neri che sembravano già scrutare attentamente il druido che lo stava intessendo. Quattro foglie di ortica particolarmente grandi erano attaccate alla sua schiena, in modo da fargli da ali, e le mani erano dei ramoscelli alla fine dei qual erano state attaccate delle piccole foglie ancora verdi.

"Ecco qua... adesso cucio qui sul davanti... e faccio in modo che le ali siano ben assicurate... sì sì sì, un gran bel lavoro! Una volta cucite le ali, il resto non è difficile! Ma... quanta pratica che bisogna fare perchè venga un bel lavoro!" affermò Hipolito con evidente orgoglio per la sua opera. Ormai, il corpo di quella strana bambola vegetale era praticamente completato, e non rimaneva che concludere il rituale con gli incantesimi adatti...

"Allora... la creazione del tuo leshy sta andando bene, vedo." disse Serena a bassa voce, come se avesse paura di distrarre il druido. "Però non è un tipo di leshy che conosco."

"Conosce abbastanza bene i leshy, mi sembra di capire, signorina Grijalva." commentò Hipolito distraendosi dal suo lavoro quel tanto che bastava per rispondere alla domanda.

La giovanissima warlock annuì con un sorriso appena accennato. "Non proprio, se devo essere sincera. Il signor Damiàn mi ha spiegato qualcosa su di loro, ed ero curiosa di vedere cosa fossero." affermò.  "Che tipo di leshy è, esattamente? So che ne esistono di vari tipi, a seconda della pianta che viene usata per crearli."          

Hipolito sospirò e guardò con orgoglio quasi paterno il manichino di foglie di ortica e ramoscelli che aveva quasi ultimato. Le sue mani erano arrossate e piene di piccole vesciche a causa delle foflie urticanti che aveva maneggiato, ma il suo orgoglio per il lavoro svolto era tale che sembrava non sentire neanche il pizzicore. "Questo... in realtà è un nuovo tipo di leshy. Esistono leshy fungo, leshy alga, leshy girasole... ma questa è la prima volta, che io sappia, che qualcuno cerca di creare un leshy a partire dalle ortiche."

Questo stuzzicò la curiosità della warlock. "Interessante... quindi, signor Hipolito, lei sta cercando di fare qualcosa di nuovo, qualcosa che non è mai stato tentato prima." affermò. "Sono davvero curiosa di vedere come andrà."

"Tra non molto, se ne avrò la possibilità, completerò il rituale. Questo dovrebbe dare vita al leshy." concluse Hipolito, cercando senza troppo successo di non far vedere il suo entusiasmo. "E tra le altre cose, spero che avere un alleato come questo al nostro fianco ci possa aiutare a sopravvivere in quest'isola. Un leshy può essere molto utile come esploratore, o come vedetta, e gli insettoidi avrebbero più problemi ad individuarlo."

"Comprensibile." rispose Serena, ormai completamente assorbita nella contemplazione del lavoro di Hipolito. Per un attimo, la sua curiosità la portò quasi ad allungare una mano e toccare il corpo della creatura, ma si ritrasse temendo che avrebbe potuto rovinare tutto il processo. "Per quanto riguarda il resto... la comandante Torreblanca ha ricevuto delle notizie importanti dagli esploratori che sono tornati da nord-est. Riguarda dei potenziali ostacoli che potremmo incontrare nel cammino verso Tarago."

"Dite davvero, signorina Grijalva?" chiese Hipolito, un po' allarmato. "Di cosa si tratta? Gli insettoidi... hanno previsto le nostre mosse e stanno preparando un agguato?"

Serena scosse lentamente la testa. "Non proprio. Ma il risultato è quello, più o meno." affermò. "Sembra che gli insettoidi abbiano costruito un alveare lungo la strada per Tarago. Non siamo in grado di aggirarlo senza allungare troppo il percorso, e dobbiamo per forza passargli vicino."

"In pratica, dobbiamo pensare a qualche strategia per eliminarlo." affermò l'halfling storcendo il naso. "Beh, io dico che la cosa migliore da fare, adesso come adesso, è cercare di mantenerci mobili quanto più possibile. Anche se immagino che prima di muoverci dovremo assicurarci che tutti i feriti si siano ripresi, o almeno siano in condizioni di riprendere il tragitto."

Serena disse di sì con la testa. Anche lei, come Hipolito ed Albion, disponeva di alcune magie curative, e nel tempo che avevano passato all'accampamento, ne aveva fatto uso per aiutare i feriti a riprendersi più rapidamente. "Certamente. Conta anche su di me." rispose la warlock.

Hipolito terminò di intessere alcune foglie di ortica attorno al corpo del leshy che stava creando, poi ricompose con attenzione la sua opera e la infilò attentamente in una scatola di legno il cui fondo era cosparso di terra grezza. Chiuse con cura il contenitore e si alzò, spazzandosi i pantaloni con le mani, e seguì Serena verso le tende dove si trovavano i feriti.

Con loro grande sollievo, i due compagni notarono che il numero di persone era diminuito - molti dei feriti si erano ristabiliti abbastanza, grazie anche alle magie curative e alle pozioni che avevano ricevuto, e anche la maggior parte di quelle rimaste nella tenda davano l'impressione di stare meglio. Purtroppo, c'erano i casi di alcune vittime che avevano perso arti o che soffrivano di sepsi a causa delle ferite, per le quali purtroppo l'unica possibilità era alleviare le loro sofferenze e sperare che il loro fisico reggesse.

"Buongiorno, signori." disse un infermiere, mentre si occupava di medicare un esploratore estaniano che era tornato con un braccio rotto. "Sono contento di vedere che siete ancora con noi. Stiamo facendo tutto il possibile per occuparci dei feriti, ma siamo molto indaffarati e stiamo cercando di lavorare il più velocemente possibile..." Un grugnito di dolore da parte dell'esploratore ferito lo riportò immediatamente al suo compito attuale, e l'infermiere si adoperò come meglio poteva per risistemare l'arto e tenerlo fermo con delle steccature. "Okay... un po' di pazienza, so che farà male, ma è necessario. Adesso... si regga forte e cerchi di resistere. Sarà solo per qualche istante."

"C-certamente..." mormorò l'esploratore. Si morse una manica ed emise un rantolo quando l'infermiere risistemò l'osso del braccio e cercò di fargli una steccatura, usando due pezzi di legno levigato che aveva a disposizione. Con fare esperto, riuscì ad immobilizzare il braccio del giovane, bendarlo ed assicurarlo al collo, e l'esploratore, dopo aver ripreso fiato, strizzò un occhio per il dolore e cercò di rialzarsi...

"Aspettate. Provo a dare una mano anch'io." disse Serena. La misteriosa ragazzina chiuse gli occhi, si concentrò e intonò una breve litania, mentre una tenue luce dorata avvolgeva la sua mano destra. "Riemergi dal dolore, non è ancora la tua ora. Curare."

Con tocco delicato, Serena appoggiò la mano risplendente sul braccio rotto dell'esploratore, che sentì immediatamente il dolore attenuarsi e un minimo di sensibilità tornare alle sue dita rattrappite. Il giovane tirò un sospiro di sollievo - provava una sensazione di liberazione, come se il suo corpo e il suo braccio fossero diventati di colpo più leggeri. "Uff... adesso mi sento molto meglio. Grazie, signori."

"Non c'è di che. Cerchi di tenere fermo quel braccio e non si sforzi di tornare troppo presto al suo lavoro." disse l'infermiere con un cenno della testa. "I nostri guaritori si renderanno disponibili con le loro magie di recupero, ma è comunque meglio non fare sforzi."   

"E se c'è bisogno di una mano... prego, si rivolga pure a noi." continuò Hipolito, indicando sè stesso con un gesto amichevole del pollice. "Certo, le nostre magie curative non sono illimitate, ma... conosco un po' di ricette di decotti, medicine e altre amenità di questo tipo!"

Il giovane esploratore chinò la testa in segno di ringraziamento, e i due avventurieri videro arrivare la comandante Torreblanca, che camminava zoppicando lentamente, una gamba di legno al posto dell'arto che aveva perso nel corso del viaggio. Immediatamente, Serena ed Hipolito si misero sull'attenti e fecero un saluto militare, anche se la warlock non dava l'impressione di essere altrettanto frettolosa.

"Signorina Grijalva. Signor Hipolito. Mi fa piacere vedervi qui." esordì la donna con un sorriso. Anche se non si era ancora ripresa del tutto dalla grave menomazione, la comandante Torreblanca cercava di non dare a vedere il dolore e la debolezza, ma Hipolito non poteva non notare il colorito pallido e l'aria affaticata della donna. Le circostanze non le avevano dato la possibilità di riposare a lungo. "Grazie dell'aiuto che ci state fornendo. Ritrovarvi è stato davvero provvidenziale."

"Siamo onorati di renderci utili al nostro paese, comandante Torreblanca." rispose Hipolito, gettando uno sguardo alla gamba di legno dell'ufficiale. "Ma voi dovreste restare ancora a letto. Mi sembra ovvio che sentite ancora le conseguenze di quella terribile ferita."

"Non vi preoccupate, signori. Non mi impedisce di fare il mio dovere." affermò la donna. Ciò nonostante, non resistette alla tentazione di sedersi su uno sgabello libero che si trovava provvidenzialmente vicino. "Piuttosto... Non vi ho ancora aggiornato sulle notizie che ci portano i nostri esploratori. Immagino... che abbiate già sentito parlare di quella sorta di gigantesco alveare che blocca la strada verso Tarago."

"Abbiamo già sentito questa notizia, sì." rispose Serena. Ancora una volta, la warlock non sembrò troppo preoccupata... ma del resto, ormai si erano quasi tutti abituati al fatto che Serena mostrava molto di rado le sue emozioni. "Ammetto che è un po' preoccupante. Allo stesso tempo, penso che vedere da vicino un alveare costruito da una popolazione di insettoidi potrebbe essere affascinante."

"Credo... che avremo l'occasione di vedere l'alveare molto da vicino, signorina Grijalva!" rispose Hipolito con un sorriso divertito. "E ammetto che anche a me piacerebbe vedere da vicini questi insettoidi... ma la curiosità può passare in secondo piano, per adesso. La cosa fondamentale è cercare un modo per neutralizzare l'alveare e passare oltre."

"In realtà, signori, penso che l'alveare potrà attendere." intervenne la Torreblanca, alzando una mano con fare deciso, per fare in modo che quei due non si disperdessero in chiacchiere. "Piuttosto, gli esploratori mi hanno comunicato un'altra notizia interessante. Pare che nel profondo della giungla, a non più di due o tre giorni di cammino da qui, si trovi un tempio abbandonato."

L'umore di Hipolito peggiorò di colpo, ricordando fin troppo bene il tempio sconsacrato dedicato a Deskari. "In nome degli Spiriti Primevi, un altro santuario demoniaco?" chiese il druido. "Speravo di non dover più avere a che fare con quelle mostruosità..."

La comandante provvide subito a rassicurarlo. "No, non si tratta di un tempio demoniaco, almeno a quanto mi è stato comunicato." affermò. "Stando ai rapporti dei miei scout, aveva un'architettura un po' particolare, uno stile che non ricorda nulla che sia stato visto nel Primo Continente a memoria d'uomo."

Serena serrò gli occhi in maniera quasi impercettibile. "Questo... è uno sviluppo interessante. Pensate che da quelle parti potremmo trovare qualcosa che ci aiuterà a scoprire cosa sta accadendo su quest'isola?"

"Non solo. Stando ad un rapporto di un esploratore che era riuscito ad avvicinarsi abbastanza... da quelle parti si trovano dei personaggi particolari." continuò la Torreblanca. "Ma forse sarebbe meglio che vi facessi parlare direttamente con l'esploratore che ha fatto questo avvistamento. Lui vi saprà spiegare tutto con maggior dovizia di particolari."

Hipolito si sfregò il mento sbarbato. "Va bene... credo che aspetteremo che anche i nostri compagni siano disponibili." affermò. "Nel frattempo... faremo un giro di perlustrazione, e cercheremo di verificare che non ci siano altri insettoidi in giro. Voi... per favore, tenetevi ben riguardata."

"Farò quello che posso..." rispose la comandante. "Ammetto che la gamba mi fa ancora molto male... ma è solo questione di abituarsi."

Serena annuì lentamente. "Capisco. Va bene, ma cercate di non sforzarvi. Ci vediamo più tardi."

 

oooooooooo

 

Albion si svegliò con la sensazione di non aver mai dormito tanto a lungo in vita sua... o forse era soltanto l'impressione che gli veniva dall'esaustione. Comunque fosse, adesso si sentiva più riposato e più disteso, e mentre si alzava dal suo giaciglio e cominciava a guardarsi attorno, il dragonide argentato si sgranchì le ossa.

"Hmm... sia lode a Bahamut..." mormorò, passandosi una mano sul muso allungato. "Siamo ancora qui, a quanto vedo... non ci sono stati problemi..."

"Hah! Forse perchè quei dannati insetti hanno visto che c'era il sottoscritto a fare la guardia, e non hanno avuto il fegato di attaccare." rispose una voce baritoneale. Albion sorrise ironico. Non aveva bisogno di essere del tutto sveglio per riconoscere la voce del suo migliore amico. "Ehilà, Albion. Ti sei fatto una bella dormita questa volta! Allora, ti senti meglio adesso?"

"Non credo di essere mai stato tanto contento di essere svegliato dal tuo vocione, Draig." affermò Albion. Il paladino scese dal suo giaciglio e diede una pacca sulla spalla al dragonide barbaro. "Allora, come va? Un po' meglio, adesso?"

Draig ghignò, ma Albion vide che c'era ancora un po' di malinconia nella sua espressione. "Insomma. Diciamo che la facciamo andare. Non c'è il tempo per cedere allo sconforto o per darsi la colpa." rispose Draig, e il suo compagno annuì mestamente in segno di assenso. "So che ti sei appena svegliato, ma Hipolito mi ha detto che la comandante Torreblanca ha degli aggiornamenti per noi. Sembra che... ci sia qualcosa di interessante da queste parti."

"A non più di tre giorni di cammino da qui." intervenne una voce da dietro una tenda. Una mano scostò il tendaggio, e da dietro essa apparve Damiàn, vestito di una camicia bianca che lasciava intravedere un fisico abbastanza ben piantato, un paio di pantaloni scuri e un paio di stivali da viaggio. Nella mano sinistra teneva un piccolo libro dalla copertina verde le cui pagine erano ricoperte di simboli magici e frasi scritte in grafia elegante. "Buongiorno, signori. Mi sono svegliato circa un'ora prima del signor Albion qui presente, e ho approfittato del momento per studiare il mio libro degli incantesimi. Credo di poter dire con sicurezza di aver appreso delle magie che potrebbero esserci utili. Ma... in questo momento stiamo parlando del fatto che la comandante Torreblanca vorrebbe parlare con noi, sono nel vero?"

"Sì, a quanto pare ci sono delle novità importanti che..." cominciò a rispondere Draig, un attimo prima di cogliere una serie di voci concitate, e un rumore di persone che cominciavano a correre avanti e indietro appena fuori dalla tenda. Ogni vestigia di sonno scomparve immediatamente dall'espressione di Albion, e il paladino rivolse la sua attenzione all'esterno della tenda. Vide che la sua alabarda era stata appoggiata lì vicino e la afferrò rapidamente, temendo che ci potesse essere un attacco.

"Che succede là fuori?" esclamò Damiàn allarmato. Chiuse di colpo il suo libro e lo appoggiò sulla prima superficie che gli capitò. Le esclamazioni allarmate si stavano facendo più forti e più concitate...

"Signori! Signori!" esclamò un giovane miliziano, entrando di botto nella tenda con una balestra ancora scarica in una mano. Riprese fiato per un istante prima di dire cosa stava accadendo. "Un... un attacco! Uno sciame di api gigantesche! Stanno per arrivarci addosso!"

"Quante sono? Lo sapete, per caso?" chiese Albion, sperando tra sè che non fossero troppe, altrimenti la situazione si sarebbe fatta disperata.

Il miliziano prese finalmente fiato. "Sembra... che siano circa una ventina, paladino Albion."

L'espressione tesa di Damiàn si distese un po'. "Capisco. Allora penso che abbiamo qualche possibilità." affermò. "Signori... sarà meglio uscire e prepararsi a ricevere un eventuale attacco. Io vi aiuterò con le mie magie."

"Bene. Avvertite anche gli altri, e organizzate le posizioni dei difensori. Non dobbiamo lasciare che venga fatta neanche una sola vittima!" esclamò Albion, tenendo stretta la sua alabarda. Non c'era il tempo di mettersi l'armatura, e il dragonide paladino decise di uscire così com'era e sperare che le sue scaglie fossero abbastanza resistenti da vanificare i pungiglioni delle api giganti. Un attimo dopo, i due dragonidi e il mago mezzelfo uscirono dalla tenda, proprio mentre si cominciavano a sentire i primi ronzii delle api giganti... e in lontananza, Damiàn riuscì a vedere un piccolo sciame di corpi di insetto che volavano in formazione compatta - una ventina di api grandi come cani da caccia, che si dirigevano senza alcun indugio verso l'accampamento, ad una velocità folle! Ancora un minuto al massimo, e sarebbero scese in picchiata...

Albion imbracciò la sua alabarda e si concentrò, sperando di poter cogliere almeno un paio di api giganti nell'area d'azione del suo soffio di ghiaccio, e Draig afferrò un giavellotto e lo soppesò tra le mani, mentre Damiàn e il miliziano che li aveva avvertiti caricavano le loro balestre. I miliziani e i soldati estaniani avevano già pronte balestre ed archi, nella speranza di abbattere quante più possibile delle api prima che potessero giungere allo scontro fisico...

"Signor Damiàn!" esclamò la voce di Pepa. La ranger dai capelli rossi arrivò di corsa, tenendo ben stretto il suo arco e con la faretra riempita di frecce... e poco più in là, Serena attendeva con tutta calma l'arrivo delle mostruose api, restando vicino al piccolo Hipolito che stava mettendo un proiettile nella sua fionda. Il ronzio dello sciame si faceva sempre più assordante, e i temibili insetti stavano scendendo di quota, pronti a lanciare il loro assalto...

"Aspettate. Non attaccate subito. Ancora troppo lontane." avvertì Albion. "Dobbiamo essere sicuri di non sprecare nemmeno un colpo."

Diversi miliziani annuirono cupamente, le balestre già cariche e pronte a sparare. Dietro la linea di difesa, alcuni civili stavano cercando di condurre i bambini al sicuro, e questa vista diede ulteriore sprono ad Albion e a Draig a fare tutto quello che potevano per difendere i loro compaesani. E sapere che potevano contare sui loro commilitoni in questa battaglia era un vero sollievo...

Le api si erano avvicinate e ormai non distavano che poche decine di metri di distanza... ed Albion ringhiò un ordine, facendo in modo che una scarica di frecce si abbattesse sulle api giganti! Alcuni colpi andarono a vuoto, ma la maggior parte dei dardi raggiunse un bersaglio, e non meno di sei delle api giganti caddero a terra senza vita, trasformate in grotteschi puntaspilli. Draig attese un attimo, stringendo i denti nel sentire il ronzio infernale che aumentava sempre di più... e quando le api giganti giunsero alla distanza giusta, aprì la bocca e scagliò una fiammata che sfrecciò verso gli attaccanti e colpì le due api giganti più vicine, trasformandole in palle di fuoco.

Pepa e Serena aprirono il fuoco a loro volta. Due frecce ben mirate da parte della ranger abbatterono altrettante api, e Serena scagliò un raggio di energia dal palmo di una mano, abbattendo al volo un altro degli insetti. L'ondata delle api assassine era stata dimezzata in breve tempo, ma le superstiti si dispersero, in modo da offrire un bersaglio un po' meno facile ai coloni, e iniziarono a volare in traiettorie apparentemente casuali.

"Attenti, tra un attimo torneranno alla carica!" li avvertì Damian. Il mago stava ancora tenendo la balestra puntata, in attesa che una delle api giganti si avvicinasse... e dopo qualche secondo, i temibili insetti scesero in picchiata da varie direzioni. Confidando nel suo istinto, Damiàn premette il grilletto della sua balestra e fece partire un quadrello che colpì in pieno un'altra ape gigante e la fece precipitare a terra... ma un'altra ape fu più veloce del previsto e scese in picchiata su di lui!

"Signor Damiàn!" esclamò Pepa, lanciandosi in aiuto del giovane mago. Riuscì a spingere via Damiàn, che atterrò poco lontano con un grugnito, ma l'ape non si ffermò e vibrò un affondo con il suo pungiglione, colpendo l'arciera alla spalla sinistra. Pepa sentì un dolore bruciante, come se le avessero conficcato nella spalla un pugnale arroventato, e gridò di dolore mentre l'ape gigante riprendeva il volo... e il pungiglione si staccò dall'addome dell'insetto, assieme ad una serie di disgustosi filamenti bianchi. Con orrore, Pepa si rese conto che si trattava di una parte degli organi interni dell'ape gigante, che si schiantò al suolo morente... ma non  ebbe il tempo di pensarci su a lungo, prima che il braccio cominciasse a bruciatle come se avesse preso fuoco! "AAAAARGH!"

"Signorina Pepa!" esclamò Hipolito, per poi correre a darle una mano, zigzagando nel frenetico tentativo di evitare le api che stavano cercando di attaccare i difensori. Una delle api giganti stava per colpire il piccolo druido con il suo pungiglione... ma Serena intervenne, calando sull'insetto un devastante colpo con la sua mazza. Serena non restò ferma neanche un attimo e riprese a scagliare lampi di energia violacea contro le api giganti, cercando di costringerle alla fuga... e Hipolito corse verso Pepa per darle una mano. La donna dai capelli rossi era riuscita a strapparsi il pungiglione dalla ferita e a gettarlo via, mentre Albion si parava davanti a lei per farle scudo con il suo corpo. Le api giganti presero di mira il dragonide argentato e cercarono di trafiggerlo con i loro pungiglioni, ma Albion si difese efficacemente, facendo volteggiare la sua alabarda e facendo a pezzi un altro dei temibili insetti.

Un altra scarica di frecce e quadrelli da parte dei miliziani estaniani abbattè molte delle api rimaste... e un'altra venne incenerita da una fiammata scagliata con precisione letale da Draig. "Cercate di abbatterle tutte! Se ne resta anche una sola, potrà condurre le altre api alle nostra posizione!" esclamò Hipolito, chinato accanto a Pepa per cercare di medicarla. Il piccolo halfling tirò fuori un coltellino per incidere la ferita e far scorrere fuori un po' di sangue avvelenato.

"Sono convinto di potercela fare, signori." disse Damiàn. Ormai erano rimaste solo tre api... e due di esse erano a portata dei suoi incantesimi. Prima che gli insetti giganti potessero mettersi a distanza di sicurezza, il mezzelfo aveva già completato la sua formula e stava puntando l'indice contro i suoi bersagli. "Che la mia magia trafigga i nostri nemici... Dardo Incantato!"

Dall'indice di Damiàn partì un dardo di luce argentata che trafisse una delle due api, abbattendola sul colpo... e poi il mago cambiò bersaglio e colpì anche l'altra ape, facendole fare la stessa fine. Prima che l'ultima ape potesse allontanarsi, venne investita da una raffica di strali di ghiaccio che Albion aveva scagliato dalla bocca aperta... e finalmente, anch'essa si schiantò al suolo e cessò di muoversi.

Albion fece cenno ai difensori di restare fermi e tenersi pronti nel caso ci fosse stato qualche altro pericolo... ma dopo qualche minuto, ancora non si erano fatte vedere altre api giganti, e i miliziani si azzardarono ad uscire dalle loro posizioni difensive. La situazione era tornata sotto controllo, e il gruppo si rilassò e tirò un sospiro di sollievo, per poi dedicarsi ad assistere i feriti. Per fortuna, la loro reazione efficace e tempestiva aveva fatto sì che la api giganti venissero sconfitte rapidamente e non avessero fatto che pochi danni. A parte Pepa, della quale ora si stava occupando Hipolito, soltanto tre miliziani erano stati punti dalle api giganti. In quel momento, stavano già ricevendole cure del caso.

"Sembra... che questa volta ce la siamo cavata abbastanza bene, tutto sommato." disse Draig. "Signorina Pepa, come vi sentite? Siete rimasta ferita..."

"Ah... io... ce la farò. Ho visto di peggio in vita mia... anche se in questo momento non mi viene in mente cosa..." disse la ranger. Un rivoletto di sangue cominciò a scorrere sul suo braccio quando Hipolito le incise la ferita e cominciò a medicarla. Il braccio ferito tremava visibilmente, e la pelle era diventata calda ed arrossata.

"Stia tranquilla, signorina Pepa. Sto cercando di attenuare gli effetti del veleno." disse Hipolito. Passò una mano sulla ferita, in modo da far scorrere un po' di energia curativa nel corpo della giovane donna. "Ecco... per adesso dovrebbe bastare. Devo andare a vedere gli altri soldati, quindi almeno per adesso resti a riposo. Così eviterà che entri in circolo una maggiore quantità di veleno."

"So... so come funziona, piccolo. Non hai da darmi lezioni." affermò Pepa, guardandosi la mano arrrossata. Le dita si stavano ancora contraendo a causa dei movimenti involontari, e non aveva recuperato sensibilità ai polpastrelli, ma era sicuramente un miglioramento piuttosto che sentirsi come se il suo braccio avesse preso fuoco. Forse pensando di essere stata troppo sgarbata, Pepa sospirò e fece un piccolo sorriso. "Comunque grazie, mi sento già meglio."

"Questo modo di comportarsi non è certo tipico delle api." commentò Damiàn, guardando il corpo senza vita di uno degli insetti. "Se si trattasse di vespe, forse sarebbe stato comprensibile, ma le api non sono così aggressive. Dovrebbero attaccare soltanto se il loro alveare viene minacciato."

"Questo dimostra una volta di più che il comportamento di questi insetti giganti è influenzato da qualcosa. Probabilmente dalla stessa mente che sta dietro agli attacchi degli insettoidi." affermò Albion, mentre Serena si occupava di Pepa. Con espressione ansiosa, il dragonide paladino raggiunse Damiàn. "Questa volta ce la siamo cavata, ma è solo questione di tempo prima che ci arrivi addosso uno sciame troppo grande per noi, o qualcosa di troppo grosso perchè possiamo fermarlo. Non c'è davvero tempo da perdere."

"Allora... è meglio se andiamo a parlare subito con la comandante Torreblanca e sentiamo cosa ha da dirci." affermò Draig. "Prima riusciamo a capire cosa sta succedendo e a raggiungere Tarago, meglio sarà per tutti."

Albion annuì cupamente. Se anche un tipo esuberante come Draig si rendeva conto di quanto difficile fosse la loro posizione, questo la diceva lunga...                 

 

oooooooooo

 

"Hey, e voi... chi diavolo sareste?" ringhiò il mezzorco, incredulo e furente davanti ai mostruosi uomini-coniglio che gli sbarravano la strada.

Gaderis non riusciva a credere ai suoi occhi. Lui e la sua amata Sidal erano semplicemente andati a prendersi un po' di frutta per la cena, e di punto in bianco si erano trovati davanti due di quei selvaggi dalle orecchie lunghe che avanzavano minacciosi, armati di asce mal tenute.

"Stai attento, amore mio!" esclamò Sidal. La medusa si mise in guardia, nella posizione di una maestra di arti marziali, mentre il mezzorco afferrava il suo enorme randello chiodato e lo usava per intercettare il primo attacco di uno degli achaan. Con uno stridio agghiacciante, il coniglio umanoide calò la sua arma su Gaderis, ma quest'ultimo reagì con abilità e sferrò un colpo circolare che intercettò l'ascia e fece barcollare il mostruoso coniglio, dando a Gaderis il tempo di lanciare un incantesimo.

"Spiriti della natura, il vostro umile servitore chiede il vostro aiuto, che il suo corpo diventi solido come le antiche sequoie." esclamò. "PELLE CORIACEA!"

Gaderis si passò la mano libera sul petto, e per un attimo, la sua pelle sembrò diventare ruvida e rugosa come il tronco di un albero. Lo achaan si laanciò nuovamente su di lui e vibrò un colpo d'ascia che raggiunse il mezzorco al torace... ma la mortale lama rimbalzò su di lui come se il suo corpo fosse davvero diventato solido come un albero, e il mostruoso coniglio barcollò all'indietro, sorpreso ed incredulo, quasi facendo cadere la sua arma. Gaderis non esitò a sferrare il suo contrattacco - brandendo il suo randello con entrambe le mani, il druido sferrò un devastante colpo dall'alto verso il basso che colpì lo achaan sul trapezio, a metà tra il collo e la spalla destra, con un agghiacciante suono di ossa che si rompevano.

Lo achaan stridette in preda al dolore e cadde su un ginocchio, facendo cadere l'ascia e cercando disperatamente di fuggire... ma Gaderis fece roteare il suo randello e colpì un'altra volta, questa volta centrando la base del cranio dell'avversario. L'effetto fu immediato e devastante - l'uomo-coniglio si abbattè al suolo come una bambola rotta, gli arti che ancora guizzavano in un ultimo fremito post-morte prima di immobilizzarsi per sempre.

Sidal, da parte sua, stava prolungando lo scontro. In posizione di guardia, con le braccia alzate davanti al busto come un pugile, i serpenti che si contorcevano inferociti sulla sua testa, la medusa si muoveva a scatti, attendendo quasi l'ultimo momento e scansandosi quel tanto che bastava per evitare di essere colpita dall'ascia dell'avversario. Irritato, lo achaan cercò di sferrare colpi più veloci, mirando ai punti vitali dell'avversaria, ma quest'ultima non fece altro che velocizzare il suo gioco di gambe e riuscì ancora una volta ad evitare tutti i colpi.

Finalmente, un fendente andato a vuoto lasciò scoperto il mostruoso coniglio, e Sidal ne approfittò immediatamente, sferrando un poderoso calcio alto e colpendo lo achaan alla testa con abbastanza potenza da farlo cadere di lato. L'avversario riuscì in qualche modo a rimettersi in piedi, ma la medusa era di nuovo in guardia e riuscì ad evitare altri due fendenti.

Ancora una volta, Sidal approfitto del breve istante in cui l'avversario non era in guardia. Si avvicinò di scatto, in modo che lo achaan non potesse attaccarla con la sua ascia da battaglia, e afferrò saldamente l'avversario, per poi sferrare una poderosa ginoccchiata al costato che mozzò il fiato in gola al nemico. Sidal proseguì con altri due colpi prima che lo achaan riuscisse in qualche modo a sfuggirle e si acquattasse al suolo per riprendere un po' di fiato. Alzò lo sguardo verso di lei... e quello fu l'ultimo errore della sua vita.

Sidal chiuse gli occhi per un secondo... e poi li riaprì, scintillanti di una strana luce verde. Nel momento in cui lo achaan incrociò lo sguardo di Sidal, venne percorso da un brivido improvviso... e il suo corpo si irrigidì, assumendo in pochi istanti il colore e la consistenza della pietra! Nel giro di due secondi, lo achaan era stato trasformato in una statua, per sempre bloccata nell'espressione di rabbia ed incredulità in cui era stato colto.

"Amore mio, tutto bene?" chiese Gaderis, che aveva appena eliminato il suo avversario.

Sidal chiuse di nuovo gli occhi per un attimo, e quando li riaprì, non erano più illuminati. Dopo essersi assicurata di avere di nuovo il suo sguardo pietrificante sotto controllo, la medusa si voltò verso il suo amato e fece un cenno con la testa. "Sì, tutto a posto. Questi due non erano certo avversari alla nostra altezza." rispose, per poi gettare uno sguardo ansioso alla statua che fino a poco prima era stata un uomo-coniglio assetato di sangue. "No, quello che mi lascia sorpresa... è che non avevo mai visto prima creature simili su quest'isola. Da dove diavolo vengono? Dove si trovavano? Il sommo Echthrois e gli altri non ce ne avevano mai parlato!"

"Forse non ne sapevano nulla neanche loro... questa è una situazione che richiede tutta la nostra attenzione." affermò Gaderis, mentre dava un'occhiata al corpo dell'avversario sconfitto. No, non gli ricordava nessun altra creatura che lui avesse mai visto. D'accordo, era un umanoide con le fattezze di un coniglio mostruoso... ma a parte questo, non c'era nulla che potesse dire su queste bizzarre creature.

Comprendendo che non sarebbe riuscito a capirci qualcosa semplicemente restando lì a guardare, Gaderis decise che ne avrebbe discusso con chi di dovere alla prima occasione. Forse si trattava semplicemente di un equivoco, e quegli strani uomini-coniglio avrebbero potuto essere alleati per proteggere l'isola dai colonizzatori. "Comunque, adesso quello di cui ci dobbiamo preoccupare è far sparire questa statua. Se la lasciassimo qui, solleverebbe dei sospetti. Come mai hai deciso di usare il tuo sguardo pietrificante, se potevi facilmente eliminarlo a mani nude?"

"Ehm... ammetto che mi sono lasciata prendere la mano..." rispose Sidal, rimproverandosi per la sua leggerezza. "In effetti, se vedessero una statua abbandonata qui, e senza neanche un segno di usura, si farebbero delle domande."

"Poco male. Adesso pensiamo ad eliminarla... Oh, issa!" Gaderis e Sidal si misero accanto alla statua dello achaan e la sollevarono assieme, mettendoci tutta la forza di cui disponevano. La trasportarono fino all'orlo di una rupe vicina e poi la fecero cadere oltre il bordo, restando poi ad osservare la statua che rotolava giù e si sgretolava in tanti pezzi, sperabilmente irriconoscibili. Il mezzorco e la medusa restarono a riprendere fiato per un po', affaticati dal peso che avevano dovuto portare.

"Uff... accidenti... la prossima volta... cercherò di stare più attenta..." sospirò Sidal. "Chiedo scusa..."

"Non fa niente, cara..." rispose Gaderis con tono comprensivo. "Non è successo nulla, quindi siamo a posto... piuttosto, per quanto riguarda quell'altro..." Il mezzorco guardò verso lo achaan che lui aveva ucciso e si sfregò la barbetta incolta che gli cresceva sul mento, mentre Sidal lo guardava con espressione dubbiosa.

Infine, Gaderis fece un sorrisetto e annuì in segno di approvazione. "Stavo pensando che sarebbe uno spreco lasciare lì quel corpo." rispose. "Che ne dici, proviamo a scoprire se è buono da mangiare?"

Sidal sorrise come una bambina contenta. "Hmmm! In effetti, variare un po' la dieta è una buona idea! Sono d'accordo, amore mio!"   

 

 

oooooooooo         

 

 

CONTINUA...        

                  

 

  
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