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Autore: Fiore di Giada    17/12/2023    0 recensioni
[Partecipante alla challenge "500themes_ita" col prompt 495. Io ho scelto "angelo imperfetto"]
Si alzò dalla panchina e posò i fiori. Tante volte vi si erano seduti.
A volte restavano abbracciati, a volte discutevano di arte e politica.
E le ore, in quei momenti, fluivano veloci.
− Buon Natale, angelo imperfetto. Sii felice, ovunque tu sia. − sussurrò. Ne era sicuro, Raphael festeggiava la sofferenza di quell'infame.
E non poteva dargli torto.
Per alcuni, rimase immobile, poi girò le spalle e si allontanò.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Nubi candide coprivano il cielo, come un sudario, e fiocchi di neve cadevano sulla città di Vienna.
I negozi e le strade, inghirlandati di decorazioni policrome, scintillavano nell'oscurità, attirando l'attenzione di decine di persone, che si fermavano davanti alle vetrine.
Domenico Lombardo, a passo lento, si incamminava verso il parco comunale.
Un forte vento soffiava e il giovane, calmo, si stringeva attorno al corpo imponente l'ampio cappotto grigio.
Nella mano destra, stringeva un mazzo di gelsomini gialli, stretti da un nastro argenteo.
Di tanto in tanto, le lacrime cadevano dai suoi occhi verdemare, morendo sulle labbra, strette in una linea dura. Un tempo, il Natale per lui era una festa meravigliosa.
Sembra passata un'epoca geologica., si disse. Aveva lasciato la sua terra, la splendida Sicilia, per realizzare i suoi sogni.
Ma non aveva mai perduto il legame con quell'isola meravigliosa.
Ad ogni festività, raggiungeva Enna e si ricongiungeva con la sua splendida famiglia.
Un debole singhiozzo si liberò sulle labbra del giovane e, per alcuni istanti, si fermò e lanciò sguardi perplessi, ora a destra, ora a sinistra. Che senso aveva l'affannosa ricerca dei regali?
Tutto era destinato a concludersi presto.
 
Camminò ancora per quindici minuti e si fermò davanti al parco del Municipio.
Attraversò l'entrata, vi entrò e si guardò attorno.
Il municipio, adorno di luci dorate, risplendeva in lontananza, come un faro in una notte tempestosa, mentre la neve copriva l'intera area verde.
Di tanto in tanto, i rami si piegavano e la neve, accumulatasi su di essi, cadeva a terra con un tonfo.
Un grande albero di Natale, adorno di decorazioni policrome, giganteggiava sulle bancarelle, ricolme di vivande e vari oggetti.
Decine di persone di ogni età, etnia e ceto sociale ora parlavano, ora camminavano, ora sedevano sulle panchine, ora si affollavano attorno alla pista di pattinaggio.
Andrea, a poca distanza, scorse una panchina ancora libera.
Un sorriso commosso sollevò le sue labbra. Non era stato un viaggio inutile.
 
Diversi minuti dopo, il giovane si lasciò cadere sulla panchina.
Per alcuni istanti, rimase immobile, poi frugò nella tasca del cappotto e trasse una foto.
Nella pellicola, era impresso il ritratto di un giovane uomo dai lineamenti armonici, seppur virili.
I lunghi capelli neri circondavano il suo viso e gli occhi, nocciola, fissavano sull'obiettivo uno sguardo deciso.
La mano di Domenico, leggera, si posò sulla pellicola. Era il suo secondo Natale senza di lui.
− Raphael… Tesoro… − mormorò, la voce flebile. Quel vivace giovane, di origini spagnole, aveva attirato la sua attenzione.
L'amore aveva acceso i loro cuori.
Le lacrime bagnarono il viso di Domenico, mentre deboli singhiozzi scuotevano il suo petto. Con lui, aveva conosciuto la felicità.
Ma, ne era ben cosciente, spesso l'amore non bastava.
 
Le sue dita, d'istinto, si strinsero attorno alla pellicola, quasi volessero schiacciarla.
− Maledetto bastardo… − sussurrò. Amava Raphael Fuentes, ma non poteva negare il suo comportamento libertino, quasi distruttivo.
Nel sesso, cercava qualcosa che non sapeva definire.
Sorrise, amaro. Solo il tempo aveva permesso al suo amato di rivelargli la verità.
Da bambino, era stato vittima di abbandono e  delle attenzioni lubriche di un prete.
− Ti facevi del male per punirti… Ma tu non avevi colpa, Raphael… − mormorò Domenico. Quei continui, plateali tradimenti, alternati a gesti d'amore sconfinato, avevano portato il rapporto a tensioni sempre più forti.
Il risentimento aveva condotto entrambi ad una rottura crudele.
Domenico, con amarezza, si passò una mano tra i capelli rossi. Suo padre Francesco gli aveva insegnato a non fermarsi alle apparenze.
E lui, accecato dall'orgoglio, aveva compiuto quell'errore.
E a cosa era servito?
 
− Perdonami… Perdonami se non ho capito il tuo dolore… Non ti ho capito così bene.  − mormorò. Diversi mesi dopo, una dottoressa lo aveva chiamato e gli aveva rivelato la verità.
Il suo Raphael era affetto da sindrome da immunodeficienza acquisita.
Il cuore, in quel momento, gli si era fermato. No, non riusciva a crederci.
L'AIDS, la peste del secolo, lo aveva colpito.
 
Era giunto in ospedale ed era stato accolto da una dottoressa magra, con lunghi capelli biondi e occhi grigi, rotondi.
− Benvenuto, signor Lombardo. Sono la dottoressa Therese Eder. Il signor Fuentes ha chiesto di lei. Purtroppo, non ha una famiglia qui e lei è persona più vicina. −
Aveva sbarrato gli occhi. Comprendeva la tristezza del suo amato, quando leggeva le lettere dei propri familiari.
Raphael non aveva conosciuto l'amore di una famiglia.
 
La dottoressa lo aveva accompagnato nella stanza di Raphael.
Un senso di gelo aveva invaso il suo cuore. Del suo innamorato, era rimasto un corpo sottile, consumato dall'AIDS, collegato ad una flebo.
Perfino i capelli erano scomparsi e solo gli occhi, nocciola, risplendevano sul viso scheletrico.
Raphael aveva posato lo sguardo ora su di lui, ora sulla dottoressa.
Le lacrime avevano illuminato i suoi occhi, mentre un debole sorriso aveva sollevato le sue labbra.
− Grazie di tutto. − aveva detto lui.
A sua volta, lei aveva ricambiato il sorriso, aveva salutato e si era allontanata.
 
Si era seduto alla destra del letto di Raphael e, per alcuni istanti, erano rimasti immobili, muti.
− Domenico… Sei pentito di essere qui? − aveva domandato.
Aveva stretto la mano di Raphael tra le proprie e vi aveva posato un bacio leggero.
− No… Sono solo addolorato. Non volevo ritrovarti così. Avrei preferito saperti con qualcun altro, ma felice e sano. − aveva spiegato.
A quella domanda, il corpo di Raphael si era irrigidito, come una sbarra di metallo.
− Non sono nemmeno riuscito a lasciarti… Sono proprio un fallito… − aveva rivelato, mentre nuove lacrime bagnavano le sue guance.
− Cosa stai dicendo, Raphael? − aveva chiesto lui, sgomento. Quelle parole erano insensate, ma il tono del suo amato era lucido.
− Vedi… Otto mesi prima della nostra ultima rottura, io avevo cominciato a stare male… Inoltre, sulle mie labbra c'erano macchie strane. Sai, erano i segni del sarcoma di Kaposi… Le analisi hanno rivelato una verità che non accettavo… − aveva spiegato, amaro.
La sua mano, leggera, si era appoggiata su quella dell'altro.
− Io, con te, ho fatto troppi errori… Ma non potevo incatenarti a me… Ho rischiato di condannarti a morte… Io non potevo essere egoista con te… Perdonami se non ho mantenuto la mia promessa… − aveva dichiarato.
Lo aveva abbracciato e gli aveva appoggiato un bacio sulla fronte, ardente di febbre. Il rammarico sincero vibrava nelle parole di Raphael.
Aveva sorriso, mentre una morsa di amarezza aveva stretto il suo cuore. Quell'attimo di debolezza era stato fondamentale.
Non avrebbero sprecato il loro tempo.

 
− Non tutto è stato vano, amore mio. − mormorò. In quel poco tempo, aveva maturato la decisione di fare condannare lo stupratore di Raphael.
Non poteva sporcare l'innocenza di altri ragazzi.
− Mi dispiace che tu non l'abbia visto. − mormorò. L'AIDS aveva ucciso Raphael ben prima dell'inizio del processo.
Lo aveva visto spegnersi, ormai sopraffatto dagli antidolorifici.
Ma quell'infame non avrebbe fatto male ad altri ragazzi.
Si alzò dalla panchina e posò i fiori. Tante volte vi si erano seduti.
A volte restavano abbracciati, a volte discutevano di arte e politica.
E  le ore, in quei  momenti, fluivano veloci.
− Buon Natale, angelo imperfetto. Sii felice, ovunque tu sia. − sussurrò. Ne era sicuro, Raphael festeggiava la sofferenza di quell'infame.
E non poteva dargli torto.
Per alcuni, rimase immobile, poi girò le spalle e si allontanò.
   
 
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