Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
Ricorda la storia  |      
Autore: Cida    17/12/2023    4 recensioni
[Modern!AU - No Powers]
Allora prendimi per mano
Chiudi tutto e andiamo via
Tanto in ogni posto se ci sei tu è come casa mia
Anche nella cattiva sorte sarò in buona compagnia
Allora prendimi per mano che da soli si va più veloce
Ma insieme si va più lontano

[Jelsa]
Genere: Angst, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna, Elsa, Kristoff
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Kintsugi'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Broken Ice - Part 2

Questa storia è la continuazione di Broken Ice. Non è necessario averla letta per seguirla ma farlo aiuterà a comprenderne le varie sfacettature.
** Attenzione **: Contiene la delicata tematica del non riuscire ad avere dei figli, perciò ne sconsiglio la lettura a chiunque possa sentirsi a disagio.



 

Il loro primo bacio era avvenuto sul ghiaccio, come avrebbe potuto essere altrimenti?
Jack aveva cominciato ad aspettarla, o direttamente accompagnarla, ogni volta che sentiva la necessità di rimettersi i pattini ai piedi. Dapprima si era limitato ad essere un ammirato spettatore silenzioso ma, volta dopo volta, aveva preso coraggio e aveva cominciato ad affiancarla.
La sua pattinata era energica, come il suo sport richiedeva: lo aveva anche ripreso, assieme a tutta la squadra, per questo. La verità era che Jack sui pattini era nel suo mondo, scivolava come sospinto dal vento e sembrava essere nato per quello, proprio come lei.
Quella consapevolezza, talvolta, arrivava a pungolarla come un tarlo subdolo e una piccola punta di invidia si faceva largo nel suo cuore: una minuscola crepa capace di incrinare la superficie ghiacciata e di risucchiare tutto nelle sue tenebrose acque.
Prima che questo avvenisse, però, Jack arrivava sempre in suo soccorso come se, in qualche modo, avvertisse questi suoi improvvisi cambi di umore e, per risollevarla, iniziava ad allestire figure ardite e dal dubbio gusto che, però, avevano l'incredibile potere di farla tornare a sorridere, sempre.
Anche quella volta si era azzardato a metterne in atto una che sembrava impossibile anche solo da pensare, tuttavia la risata le era morta in gola quando l'aveva visto cadere. Allarmata era scivolata rapida verso di lui e si era inginocchiata al suo fianco: Jack era riverso sul ghiaccio, gli occhi chiusi e nessun segno di vita. Con l'ansia che già premeva per uscirle dagli occhi, gli aveva preso una spalla e lo aveva fatto voltare delicatamente, sussurrando il suo nome a fior di labbra.
Era stato in quel momento che lui aveva riaperto un occhio e le aveva regalato un sorriso sbieco, meritevole di un milione di schiaffi. Non lo aveva riempito di insulti solo perché, svelto, le aveva preso il volto fra le mani e le aveva, di fatto, tappato la bocca con la sua.
Improvvisamente, tutta la rabbia si era trasformata in qualcos'altro e si era ritrovata a ricambiare quel bacio con una passione che, fino a quel momento, aveva messo solo nel pattinaggio: si era spinta in avanti, intrappolandolo fra il suo corpo e la lastra ghiacciata. Questo aveva avuto il potere di dare a Jack maggior sicurezza, tanto da farlo azzardare a schiudere le labbra per cercarle la lingua con la sua.
Così avevano iniziato ad imparare un nuovo tipo di danza e, quando si erano staccati, erano fradici e gelati ma anche tanto, tanto felici.
La prima volta che fecero l'amore, invece, fu un'esperienza tragicomica, finì in fretta e con ben poche soddisfazioni, soprattutto per lei. Non aveva mai visto Jack così abbattuto ma l'unica colpevole da ricercare era la loro inesperienza, nulla di più. Di una cosa, però, Elsa non si sarebbe scordata mai: il modo in cui l'aveva guardata quando era stata nuda di fronte a lui. Si era sentita adorata e si era innamorata di quell’adorabile irritante ragazzo una volta di più. Le occasioni per migliorarsi, poi, non erano di certo mancate e lo avevano fatto, eccome.
E anche ora che erano adulti, sposati e vivevano nella stessa casa, c'era una cosa che lui continuava a fare che aveva sempre il potere di lasciarla senza fiato, sì, decisamente in più modi.
Talvolta anziché abbandonarle le labbra - per lasciarle una scia di baci roventi sul collo, torturarle i seni con la lingua e i denti, proseguire sul ventre e affondare la testa nel calore delle sue cosce, per farla sciogliere in una polla di piacere liquido - faceva il percorso inverso: partiva dal piede e lo baciava centimetro per centimetro, salendo pian piano per soffermarsi sulla cicatrice dell'operazione che segnava - e per sempre avrebbe segnato - la tibia della sua gamba destra. Era come se la ringraziasse per avergli permesso di avvicinarla, amarla. E, forse, l'arrivo di Jack nella sua vita l'aveva aiutata ad approcciarsi in modo diverso a quell'incidente che, sì, le aveva tolto tutto ma, inaspettatamente, le aveva anche dato tanto. Così quel sogno che sembrava spezzato per sempre era stato riempito di speranza nuova e si era trasformato in qualcos'altro: se le gare le erano state negate come atleta, nessuno avrebbe potuto impedirle di passare dall'altra parte, la parte dell’allenatrice.

 

«Di nuovo. »
La sua allieva non fece un fiato: annuì e tornò in posizione. Si concesse solo qualche secondo per recuperare la concentrazione necessaria e, poi, si staccò decisa dalla balaustra, iniziando la sequenza a serpentina che stavano preparando da giorni.
Chasse, twizzle, controvenda, controtre, hop, mohawk…
Elsa assottigliò gli occhi e aprì appena la bocca.
«Più espressiva, lo so. » L'anticipò la ragazza, bloccando la sua transizione con stizza. Tornò al suo posto, più decisa di prima, strappandole un sorriso. Già dal primo passo si rese conto che sarebbe stata perfetta ma, quando arrivò al momento del salto, qualcosa nel suo sguardo cambiò e, ancor prima che sbattesse la schiena sulla lastra di ghiaccio, Elsa era già al suo fianco.
«Tutto a posto? » Si assicurò subito delle sue condizioni di salute.
«Sì… » Balbettò quella paonazza di vergogna.
«Che è successo?»
«Non lo so… » Si schermì l'altra, sfuggendo il suo sguardo. 
Per sua sfortuna, però, Elsa riuscì comunque a notare dove la coda dell'occhio della sua allieva si fosse posata prima di concentrarsi sulla lastra gelata. Era arrivato. Ora capiva meglio da dove venisse tutto quel rossore. Alzò gli occhi al cielo con un sospiro rassegnato, tuttavia aveva un sorriso divertito ad incresparle le labbra. «Va bene, basta per oggi. Fila sotto la doccia. »
«Sì, coach! »
Si alzò con lei ma non la seguì negli spogliatoi, anzi, mosse i pattini verso l'altra parte della pista. Si fermò, scivolando con grazia, di fronte all'uomo appena arrivato e lo accolse con un ghigno ironico e le braccia incrociate. «Quante volte ti ho detto di non venire a deconcentrare le mie allieve? » Gli chiese, fermando il naso ad un soffio dal suo.
Lui le posò un bacio a fior di labbra. «Mettiamola così: quando il tuo avvenente marito smetterà di essere fonte di distrazione, saprai che saranno pronte. »
«Ti sei dimenticato di dire modesto. » Celiò di rimando. «Devi solo ringraziare gli ormoni se hai tutto questo potere. »
«Menti sapendo di mentire. » La punzecchiò ancora ma, per quanto la sfida fosse allettante, arrivare in ritardo alla cena organizzata dalla sorella non era un’opzione contemplata.
«Vado a cambiarmi. » Depose, quindi, le armi, restituendogli il bacio. «Ci vediamo all’ingresso, ok? »

 

Arrivarono di fronte alla porta di casa di Anna e Kristoff in perfetto orario.
«Pensi che riuscirai a non fare impazzire mia sorella, questa volta? » Chiese divertita, il dito ad un soffio dal campanello.
Jackson sorrise ma in un modo che aveva poco di rassicurante. «Ci proverò ma non posso prometterti nulla. »
Elsa scosse il capo, spingendolo un poco con una spalla e, finalmente, suonò.
«Ciao, Elsa! » La accolse il cognato con un largo sorriso e un caldo abbraccio.
«Ciao, Kristoff! » Gli rispose lei, ricambiando la stretta.
«Jack… »
«Kriss… »
«Coraggio, entrate: Anna arriva subito, è andata un attimo in bagno. »
Jackson gli porse un sacchetto di carta. «Qui c’è del gelato, meglio metterlo in fresco. »
«Spero tu abbia preso il cioccolato. » Celiò l’altro con un mezzo sorriso.
«Come dimenticarsene? » Stette al gioco lui, lanciando un’occhiata eloquente alla propria moglie.
«Quanto siete spiritosi… » Li riprese bonariamente Elsa, appendendo la propria giacca all’ingresso e sostituendo le scarpe con un paio di comode ciabatte da interno.
«Siete arrivati! » Anna si illuminò gioiosa non appena li vide e, letteralmente, si lanciò fra le braccia della sorella.
«Ehi, ti ha travolto un uragano? » La salutò Jack, cordiale quanto una cinquina sul muso. «Hai una pessima cera. »
Elsa ricambiò la stretta senza risparmiare un’occhiataccia al marito che, però, aveva ragione. «Stai bene? » Le chiese preoccupata. «Ti vedo pallida. » Aggiunse, spostandole amorevolmente una ciocca di capelli ramati dietro all’orecchio.
L’altra sorrise. «Non preoccuparti: passa subito, basta solo mettere qualcosa sotto ai denti. Grazie per il tatto. » Concluse, cambiando repentinamente espressione mentre puntava i suoi occhi, ora pericolosamente assottigliati, in quelli di Jack.
«E’ sempre un piacere. » Soffiò lui mellifluo, lasciandole un bacino ruffiano sulla guancia per salutarla.
«Ti perdono solo perché ho sentito che hai portato il gelato al cioccolato. » Gli concesse la sua grazia. «Coraggio, andiamo. »

 

Anna e Kristoff avevano allestito una sorta di cena da fare in piedi, con tanti sfiziosi stuzzichini da consumare direttamente senza piatto fra una chiacchiera e l’altra. La serata era trascorsa piacevole, eppure Elsa aveva una strana sensazione: c’era un non so che di strano nel comportamento della sorella, come se le stesse nascondendo qualcosa.
«Tesoro, credo sia giunto il momento… » Sentì sussurrare a Kristoff, quando l'ultimo bicchiere fu riposto nella lavastoviglie per il lavaggio notturno.
Anna tirò un grosso respiro e annuì. «Elsa, Jack, lo sapete: avervi ospiti e passare del tempo con voi è una cosa di cui non ci stancheremo mai… » Fece una pausa, «A dir la verità, di te, ogni tanto, sì. » Celiò, lanciando una finta occhiataccia al cognato.
Jackson la guardò con un ghigno furbetto. «Devi accettare la sconfitta: il cuore di tua sorella è mio. » Colpì senza pietà, portandosi la mano della diretta interessata alle labbra.
«Mai! » Quasi ringhiò l’altra, stringendo il pugno.
Elsa sospirò. «Ancora devo capire chi sia il più sciocco fra voi due… »
«Lui! »
«Lei! »
Risposero entrambi all’unisono.
«Credo che tu abbia la tua risposta. » Le fece presente Kristoff, con una mezza risata. «Quel che Anna sta cercando di dirvi è… »
«Che stasera vi abbiamo invitato per un motivo preciso, perché dobbiamo dirvi una cosa. » Riprese parola.
Un brivido percorse la schiena di Elsa e la testa le girò ma niente aveva a che fare con quello che aveva bevuto: quello strano malessere, l’attenzione nel mangiare solo determinate cose, la bibita analcolica… lei era…
«Sono incinta! » confessò Anna in un colpo, guardandola dritta negli occhi. «Volevamo che foste i primi a saperlo perché so quanto… »
Non riuscì a terminare la frase: si ritrovò con il volto premuto sul petto della sorella, la testa appoggiata alla sua e le sue braccia a stringerla forte. «Sono così contenta per voi, per te! » Le disse Elsa, con la commozione ad inumidirle gli occhi.
Tirò su col naso, le guance bagnate. «Dici sul serio? Avevo così paura che… »
«Sssh… » La rassicurò l’altra. «Non devi sentirti in colpa. E’ una notizia bellissima, sono certa sarete due genitori fantastici. »
«Grazie. »
Risero assieme delle rispettive lacrime.
«Come ti senti? »
«Tutto sommato bene, a parte le nausee che si fanno avanti sempre nei momenti meno opportuni, come poco prima del vostro arrivo, ad esempio. »
«Sarà una bambina! » Li informò Kristoff orgoglioso.
«Già innamorato, eh? » Lo canzonò Jack. «Sappi che non potrai competere con lo zio più figo e divertente di tutti. »
«Ehi! » Sbottò l’altro, preoccupato.
«Stavo solo scherzando. » Gli fece presente. «Forse… » Ghignò, per poi distendere il viso in un’espressione serena. «Congratulazioni, amico. »
«Grazie. »
E si abbracciarono nella maniera goffa di chi non è abituato a certe effusioni.
Rimasero tutti e quattro così, ancora per qualche minuto, prima di tornare alla loro serata. Quando si spostarono sul divano e si sedettero, Elsa si ritrovò la mano di Jack nella sua e non gliela lasciò più andare.

 

Quella mano la tenne stretta anche per tutto il viaggio di ritorno verso casa, lasciandogliela giusto il tempo necessario alle manovre di parcheggio e l’abbandonò solo quando lei gli fece presente di voler farsi una doccia prima di andare a dormire.
La vide sparire nel corridoio, ripensando a quel pesante silenzio che li aveva avvolti nell’abitacolo dell’auto e che nessuno dei due aveva avuto il coraggio di spezzare. Si levò il maglione e si versò del whisky che centellinò assorto sul divano. Cominciò a preoccuparsi quando, dopo mezzora, di Elsa non c’era ancora traccia. Con uno strano senso di allarme, si avviò verso il bagno e, una volta di fronte alla porta, sentì come il getto dell’acqua fosse ancora in funzione.
Bussò.
«Elsa! »
Non ottenne risposta. La aprì senza indugi e, per un attimo, il suo cuore si fermò nel non trovarla nel box doccia. «Elsa! » Chiamò ancora, quasi nel panico e, finalmente, la vide. «Cristo! »
Era seduta, rannicchiata, sul pavimento: impossibile vederla in viso, nascosto com’era dalle braccia e dalle gambe.
Senza neanche pensare di togliersi il resto dei vestiti che aveva addosso, aprì i vetri e le fu subito accanto.
L’acqua era gelata.
«Elsa! » La chiamò ancora, alzando una mano a miscelare una temperatura più mite.
Lei alzò lo sguardo su di lui, stravolto dal pianto.
«Amore mio… » Le disse, stringendola forte fra le braccia.
«Sono una persona orribile. » La sentì dire fra i singhiozzi. «Perché non riesco ad essere felice per una notizia così bella? » Si aggrappò alla sua maglia completamente zuppa, conficcandogli le unghie nella carne. «Dovrei essere piena di gioia e, invece, riesco a pensare solo a perché lei sì? Sono un mostro. »
Jackson inspirò a fondo e, se possibile, la strinse ancora di più. «Non sei un mostro, Elsa, sei un essere umano. » Le disse, nonostante pure la sua gola si stesse stringendo in un nodo subdolo. «Tu sei felice per Anna e Kristoff. Ti ho vista a casa loro, la notizia ti ha devastato ma – nonostante questo – non stavi fingendo con tua sorella. Solo che non sei felice per te, non sei felice per noi. » Cercò di rassicurarla. «Ci abbiamo provato così tanto… » La voce gli si spezzò.
Questa volta furono le braccia di lei a scattare e la testa di lui ad essere cullata, mentre le lacrime di entrambi si mescolavano con lo scroscio tiepido dell’acqua.
«Perché non ci riusciamo? » Chiese esasperata. Se era vera l’esistenza di un’entità superiore, perché si ostinava a volerla vedere infelice?
Le aveva dato il dono di essere una regina del pattinaggio per poi strapparglielo via. Le aveva messo un ragazzo meraviglioso, ora uomo, sulla sua strada ma le aveva negato una qualsiasi possibilità di creare una famiglia con lui. Perché? Perché?
«Io non lo so… » Le rispose Jack. «Abbiamo fatto tutti gli esami possibili e non abbiamo niente che non va… »
«Forse, siamo semplicemente incompatibili… » Soffiò, gelida.
Lui si staccò di colpo, allarmato. «Cosa stai cercando di dire? Che dovremmo lasciarci? »
Lei annuì, mordendosi le labbra con dolore.
«Elsa, che cazzo dici? » Sbottò, scrollandola per le spalle.
«Tu metti sempre il mio dolore prima del tuo, lo stai facendo anche adesso ma io lo vedo! Finirai per odiarmi! » Gli sputò addosso tutte le sue paure. «Tu li adori i bambini, maledizione! Tu sei nato per farli divertire: saresti uno stupido, pazzo, meraviglioso papà perfetto ma, con me, non potrai mai esserlo. » Distolse lo sguardo. «Tu vuoi una famiglia che io non ti posso dare. »
Jack strinse i denti, arrabbiato. «Guardami! » Le prese il mento per farle riportare gli occhi nei suoi: avvertì resistenza. «Ti ho detto di guardarmi! »
Lei cedette, riportando lo sguardo frustrato e arrossato su di lui. «Noi siamo già una famiglia: tu sei mia moglie, cazzo! Io ti amo e ti amerò per sempre e se non potremo avere bambini vorrà dire che saremo degli stupidi, pazzi, meravigliosi, perfetti – e soprattutto fighissimi – zii. » Non si sa come, riuscì a strapparle un sorriso fra i singhiozzi. «Non parlare come se l’avere un figlio fosse solo un mio desiderio. Pensi che non noti il sorriso che ti spunta sulle labbra ogni volta che ne incrociamo uno? O credi davvero che la maschera di severità che indossi con le tue allieve incanti qualcuno? Tua sorella ha voluto che fossi la prima a sapere della sua gravidanza perché sa quanto ci tieni e aveva paura di averti tradito. Smettila di addossarti tutte le colpe, anche tu potresti avere dei figli con un altro uomo, perché dovrei essere proprio io a stufarmi di te? »
«Perché io non potrò mai stufarmi di te. » Affermò risoluta. «Tu mi hai salvata quando stavo per scivolare nel momento più buio della mia vita, hai guardato oltre il ghiaccio di cui mi ero ricoperta: non vorrò mai nessun altro oltre te. »
«Sciocca… » La riprese bonariamente lui, trasformando la sua presa in una carezza sul viso. «Raggiungerti su quella pista di pattinaggio, quel giorno, è stata una delle migliori decisioni mai prese in vita mia. » La attirò a sé, baciandole la fronte bagnata. «Tutto ciò che voglio è vederti felice e se pensi di riuscire ad esserlo con me, anche se un figlio non dovesse arrivare mai, io su di noi voglio continuare a scommetterci. Nella buona e nella cattiva sorte, ricordi? Non sono uno che molla. »
Lo sguardo di Elsa riprese, finalmente, determinazione. «Neanche io. »
Jackson sorrise. «Bene. » Decretò, lasciandole un leggero bacio sulle labbra. «Ora, che ne dici di uscire da qui? Non nego che questi vestiti zuppi comincino a darmi parecchio fastidio. »
Il pianto cessò.


Uscirono dalla doccia e si asciugarono in silenzio ma, questa volta, non saturo di negativa frustrazione. Era un silenzio di consapevolezza nuova, di aver trovato una via d’uscita in quello che sembrava un vicolo cieco.
Una volta finito, si misero i pigiami e si lavarono i denti.
Elsa, con il suo bicchiere di acqua in mano, raggiunse la camera da letto che il marito era già coricato. Si infilò sotto alle coperte: lui non diede alcun segno di veglia e continuò a darle le spalle. Rimase a guardare il soffitto, illuminato dalla tenue luce dell’abat-jour, e sospirò. «Sei sveglio? » Chiese a bassa voce.
«Sì. » La risposta arrivò rapida e decisa.
Lei gli si avvicinò, cingendogli un fianco con il braccio e allacciando una gamba alla sua. «Jack… » Lo chiamò, posando il capo sulla sua schiena.
«Mmh? »
«Grazie per essere quello che sei. »
Jackson si girò: aveva gli occhi stanchi ma un sorriso gli increspava le labbra. «Grazie anche a te per essere quella che sei. » Le rispose, stringendola a sua volta.
«Possiamo dormire così? » Gli chiese, le gote appena arrossate.
«Certo. » Le confermò, regalandole un bacio. «Tutto quello che vuoi. » Continuò, dandogliene un altro ancora. «Buona notte. »
Lei ricambiò ognuno di quei baci e ne aggiunse ancora uno. «Buona notte. »

 


A volte ritornano.
Innanzitutto, ciao!
Il mio contatto con la scrittura è stato bloccato per molti mesi ma, ancora di più, sono stata lontana dai miei due ghiaccioli preferiti. Eppure eccomi, di nuovo, qui con questo scritto che è uscito in una maniera quasi inaspettata perché, dovete sapere, che questa idea è nata veramente pochissimo tempo dopo Broken Ice e ce l'ho a ribollire nei meandri del mio cervello praticamente da un paio di anni. Non so di preciso perché sia uscita proprio ora ma mi sento di ringraziare BlueBell9 perché in questi mesi di blocco mi ha sempre spronato a riprendere la penna in mano e, quindi, questo exploit è anche un po' merito suo e la ringrazio, inoltre, di aver letto questa OS in anteprima e di avermi tranquillizzata perché, sì, avevo un po' di timore a pubblicare qualcosa con questo tipo di tematica. Spero davvero di averla trattata con il giusto rispetto.
Ci tengo a sottolineare che la ricerca del titolo mi ha fatto penare ancora una volta ma alla fine ho optato per questa parola dalla natura duplice che sta al concetto di rimettere a posto, tanto quanto a quello di rifugio e protezione che, per me, Elsa e Jack potranno sempre trovare l'una nell'altro.
Infine, ringrazio anche voi per aver letto fino a qui.
Vi mando un grosso abbraccio e vi auguro buone feste.
Cida
P.S. Ebbene sì, l'intro è parte di una canzone dei MeControTe. ù///ù




  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio / Vai alla pagina dell'autore: Cida