Cap. 5: Silver night
Here, not a single light
Here, in the darkest night, I’m the sound
Of silence, silence, silence
Here, this is where I rain
Here, they call without no name, so I’ll stay silent, silent…
There’s footprints in the snow
I’ll follow wherever you go
I’ll be the lonely wolf
I’ll follow wherever you go
In the silver night
The silver night
In the silver night
The silver night
Here, lonely and marooned, I will wait
In silence, silence, silence…
(“Silver night” - The Rasmus)
Din e Cassian
giunsero al rifugio dove il Mandaloriano sapeva che avrebbe trovato gli unici
sopravvissuti del suo clan, l’Armaiola e Paz Vizla. Mentre Din attraversava
porte e corridoi per arrivare al punto d’incontro, vicino alle torri di
ventilazione di Kolzoc Alley, Cassian lo seguiva poco convinto, con la vaga
sensazione che non sarebbe stato accolto esattamente da un comitato di
benvenuto.
E non si sbagliava…
L’Armaiola e l’altro
Mandaloriano salutarono Din, ma Cassian poteva sentire anche attraverso i loro
elmi gli sguardi gelidi che lo trafiggevano. L’Armaiola si fece consegnare dal
Mandaloriano la Spada Oscura e la lancia in beskar,
continuando a fare come se Cassian non esistesse.
“Questa lancia non
può e non deve essere usata come arma, è troppo pericolosa, può sfondare
l’armatura dei Mandaloriani e per questo si usa soltanto per creare le
armature” disse.
“Allora fanne
un’armatura particolare, sarà un regalo per Grogu” le chiese il Mandaloriano.
“Io andrò a portarglielo così avrò un’occasione per rivederlo.”
“Grogu non è più una
tua responsabilità, adesso è con i suoi simili e i Jedi non vogliono alimentare
sentimenti di affetto e attaccamento” obiettò l’Armaiola.
“Credo che il Jedi a
cui ho affidato Grogu farà eccezione in questo caso, gli ho parlato e lui ha
capito. Del resto questa regola dei Jedi è assurda e contraria al Credo: i
Mandaloriani insegnano solidarietà, fraternità, aiuto e collaborazione e io non
ho intenzione di perdere il piccolo per sempre.”
Cassian non aveva
parlato fino a quel momento, ma a quel punto non riuscì più a trattenersi.
“Infatti, anch’io la
penso così, e mi fa piacere sentire che questi sono valori importanti anche per
il Credo mandaloriano!” esclamò.
“Taci, tu. Non
c’entri niente con il nostro Credo e non hai neanche il diritto di parlarne” lo
zittì bruscamente Paz Vizla. “Non hai neanche il diritto di essere qui e non so
perché Din Djarin abbia commesso l’errore di portartici!”
“Cassian è mio amico,
mi sta aiutando nelle missioni e anche a pilotare il nuovo velivolo che mi è
stato assegnato dopo la distruzione della Razor
Crest” lo difese Din. “In varie missioni ho collaborato con persone che non
erano Mandaloriani e mi sono stati comunque amici e alleati, inoltre Cassian si
è legato a Grogu e, da quello che ci siamo detti, condivide molti punti del
nostro Credo. Per questo non ho visto alcun problema nel portarlo qui, non ci
tradirebbe mai.”
“No, non credo che lo
farebbe” ribatté l’Armaiola, senza neanche voltarsi a guardare Cassian.
“Neanche per me è un problema che questo straniero
sia qui, basta che non intenda rimanerci.”
Non
rimarrei qui con te neanche in un milione di anni, strega, pensò
Cassian.
Però dovette restare
per tutto il tempo in cui l’Armaiola forgiò il regalo per Grogu, mentre Din aspettava
pazientemente e Paz Vizla sembrava volerli incenerire tutti e due. Alla faccia
della fraternità e della solidarietà fra i Mandaloriani!
“In quanto alla Spada
Oscura, tu l’hai vinta lealmente in un duello contro Moff Gideon, è così che
hai detto, Din Djarin. Per questo hai il diritto di tenerla e di essere quello
che porterà i Mandaloriani a ricostruire Mandalore” riprese l’Armaiola. “So che
in passato è appartenuta anche a Bo-Katan Kryze, ma lei non l’ha vinta in
duello, le è stata donata, perciò ha attirato su di sé la maledizione che potrà
distruggere il nostro mondo e disperdere i Mandaloriani. Sappiamo già cosa
accadde quando i droidi dell’Impero distrussero il nostro pianeta e noi ci
salvammo solo perché riuscimmo a rifugiarci nella Luna Concordia durante la
Grande Purga.”
Anche dietro l’elmo
si capiva che Paz Vizla era parecchio incazzato… al contrario, Cassian sembrò
trovare un punto di contatto anche con la severa Armaiola dopo aver udito quel
racconto.
“Anche il vostro
pianeta di origine è stato distrutto dall’Impero, allora?” esclamò. “La stessa
cosa è accaduta al mio pianeta, io sono nato a Kenari e… e sono l’unico
superstite della mia gente, perché la famiglia Andor ha avuto pietà di me e mi
ha salvato. Se c’è da combattere contro l’Impero io sono pronto ad appoggiarvi
in ogni modo!”
L’Armaiola parve
riflettere. Per la prima volta le parole di Cassian l’avevano toccata in
qualche punto sotto l’armatura e quello che disse poi sembrò meno ostile.
“Dunque anche tu sei
un trovatello e un nemico dell’Impero, ora capisco perché ti sei trovato bene
con Din Djarin, anche se non sei un Mandaloriano hai avuto le stesse esperienze
e forse non sei del tutto estraneo al nostro Credo, anche se ancora non lo sai”
commentò, pensosa. “In effetti potresti combattere con noi e appoggiare Din
Djarin che, in quanto possessore della Spada Oscura vinta regolarmente in
combattimento, merita di governare su Mandalore.”
“No!” protestò
immediatamente Paz Vizla. “La Spada Oscura spetta a me e non a questo rinnegato
che si accompagna a persone di dubbia origine! È stato il mio antenato Tarre
Vizla a forgiarla, pertanto sono io che devo averla.”
Persone
di dubbia origine? Ora glielo spiego io dove può ficcarsi la sua Spada Oscura! pensò
nuovamente Cassian, ma si morse il labbro inferiore per impedirsi di parlare.
Ora che, almeno a quello che sembrava, l’Armaiola lo detestava un po’ meno ci
mancava solo che si mettesse a scontrarsi con quell’altro tizio. Sperò che i
Mandaloriani non avessero il potere di leggere nel pensiero…
“La Spada Oscura non
si tramanda di generazione in generazione, deve essere sempre vinta in duello,
altrimenti attirerà la Maledizione su Mandalore e tutto il suo popolo. Se la
vuoi, dovrai batterti contro Din Djarin” stabilì l’Armaiola.
“Non vedo l’ora!”
esclamò Paz Vizla.
“Anch’io accetto”
rispose Din, che voleva soprattutto farla finita con quella storia e ripartire
per portare il regalo a Grogu. Tra l’altro, non era riuscito a chiedere all’Armaiola
se un Mandaloriano potesse formare una famiglia con uno che non lo era… ma
quello, chissà perché, non sembrava il momento migliore per fare domande.
Cassian era piuttosto
preoccupato per il duello, anche perché Din non sembrava molto abituato all’uso
di una spada che aveva molto in comune con le spade laser dei Jedi… tuttavia,
anche se con difficoltà, alla fine fu lui ad avere la meglio su Paz Vizla.
“Paz Vizla, sei stato
sconfitto, la Spada Oscura appartiene di diritto a Din Djarin” dichiarò l’Armaiola
alla fine del duello. “Ti sei mai tolto l’elmo o hai lasciato che qualcuno te
lo togliesse?”
“No, mai” rispose Paz
Vizla, compiaciuto nonostante la sconfitta.
Oh
cavolo, e questo cosa c’entra adesso? Questa faccenda dell’elmo è davvero così
tanto importante per loro?
“E tu, Din Djarin? Ti
sei mai tolto l’elmo o hai lasciato che qualcuno te lo togliesse?” domandò poi
l’Armaiola.
Eccoci
all’acqua, pensò Cassian. Sapeva che neanche in un miliardo di
anni Din avrebbe mentito, per nessuna ragione al mondo e tanto meno all’Armaiola.
“Sì, l’ho fatto, ma
solo perché era indispensabile per salvare Grogu” rispose.
“Questo non è in
linea con l’Antica Via” ribatté quindi l’Armaiola, evidentemente delusa. “Hai
trasgredito una Regola del Credo, non sei più un Mandaloriano.”
“Ecco, lo sapevo! Lui
è solo un apostata, un rinnegato che si accompagna a selvaggi e corrotti!”
esclamò Paz Vizla. “Solo io merito la Spada Oscura del mio antenato!”
“Tuttavia non l’avrai,
perché Din Djarin l’ha vinta in duello e perciò gli spetta comunque, anche se è
fuori dal clan, non è più un Mandaloriano” ribadì l’Armaiola.
Fu come se un raggio
laser della Morte Nera si fosse appena abbattuto sul rifugio dei Mandaloriani.
Cassian si sentì
cedere le gambe e gelare il sangue e dovette farsi forza per non mettersi a
urlare. Din, apparentemente, non aveva manifestato reazioni, ma era pure logico
visto che non si poteva vedere in volto.
La sua voce, però,
tradì tutto il suo dolore e la sua disperazione per sentirsi, ancora una volta,
un reietto, un emarginato, un uomo bandito dalla sua gente…
“No, io… imploro il
tuo perdono, l’ho fatto solo per salvare Grogu, non avevo altra scelta!” disse
con voce spezzata, e nello stesso momento Cassian si sentì spezzare il cuore in
mille pezzi di ghiaccio perché era vero che non conosceva il Mandaloriano da
molto, ma era più che sicuro che nessuno, mai, lo avesse sentito implorare
così. Caso mai erano gli altri che imploravano lui urlando Pietà, pietà!
“Ma infatti!” si
trovò a reagire prima ancora di aver connesso le sinapsi cerebrali alla bocca. “Din
ha dovuto togliersi quel dannatissimo
elmo per salvare il piccolo, se non lo avesse fatto sarebbe morto, e se non
sbaglio proprio le vostre Regole insistono sulla cura dei trovatelli e sulla
loro protezione e educazione. In quel momento salvare Grogu voleva dire
togliersi l’elmo, anche se a dirla tutta Din ha rischiato la vita mostrando il
suo volto, ma non gli importava. Questo è un atto da vero Mandaloriano e da
vero uomo e tu vuoi punirlo per
questo? Ma quanto siete ipocriti?”
“Ecco” si intromise
tronfio Paz Vizla, “ecco il genere di persone che adesso Din Djarin frequenta.
Si è corrotto, contaminato, è un rinnegato e deve essere cacciato dal clan!”
“Come ho detto, Din
Djarin non è più un Mandaloriano, ha infranto le Regole dell’Antica Via e non
può restare con noi. Tuttavia ha vinto la Spada Oscura in duello e quindi
quella resterà a lui, non sperare di approfittare della sua disgrazia per
prenderla illegittimamente, o sarai ancora più condannabile, Paz Vizla” chiarì
l’Armaiola. “In quanto a te, Din Djarin, per poter tornare ad essere un
Mandaloriano dei Figli della Ronda, dovrai recarti su Mandalore e purificarti
immergendoti nelle Acque Viventi che si trovano sul fondo delle miniere del
pianeta.”
“Ma… Mandalore è
stata distrutta, le miniere saranno in rovina, come potrò trovare il luogo?”
obiettò Din, ancora più sgomento. Cassian era devastato nel sentirlo così, in
quel momento non era più l’uomo forte e calmo che aveva conosciuto e di cui si
era innamorato, in qualche modo sembrava tornato il bambino disperato che aveva
appena perduto tutta la sua famiglia…
“Questa è la Via”
tagliò corto l’Armaiola.
Ah,
certo, grazie tante, è un modo elegante per dire che non te ne frega un
beneamato di quello che potrà succedere a Din, vero? Davvero bella la
fraternità dei Mandaloriani, stronzi bastardi, pensò
ancora Cassian, lacerato e infuriato, ma questa volta ebbe la presenza di
spirito di non dar voce ai suoi pensieri, ritenendo che avrebbe solo peggiorato
la situazione di Din e questo lui non lo voleva assolutamente, anzi!
Anzi, avrebbe fatto
qualsiasi cosa per aiutarlo, per non sentirlo più così, per ridargli la sua
identità e il suo ruolo, qualsiasi cosa…
“Questa è la Via”
concordò Din. “Va bene, allora prima tornerò su Hosnian Prime a consegnare il
regalo a Grogu e poi mi recherò su Mandalore a cercare le miniere delle Acque
Viventi.”
“Ma come? Lo lasci
andare così? Non è più un Mandaloriano e tu lo lasci andare con la Spada Oscura
e l’armatura in beskar?” protestò
ancora una volta Paz Vizla.
Cassian ebbe la
tentazione di prenderlo a calci nel sedere da lì fino a Coruscant… ma, a quanto
pareva, anche l’Armaiola ne aveva abbastanza delle sue lagne e anzi era seccata
perché avrebbe preferito chiaramente levarsi dai piedi lui invece di Din.
“Din Djarin ha vinto
la Spada Oscura in un duello leale contro di te e perciò gli spetta, non sta
scritto che debba appartenere a un Mandaloriano: Moff Gideon non lo era eppure
ha detenuto la Spada per molto tempo dopo averla vinta” tagliò corto. “In
quanto ad armatura e armi, Din Djarin ha appena detto che andrà a espiare e
purificarsi su Mandalore al più presto, quindi nel frattempo può tenerle.”
E così Din e Cassian
uscirono dal rifugio degli ultimi Mandaloriani molto più abbattuti di quando vi
erano entrati. Mentre si dirigevano verso lo Starfighter N1, Din parlò per la
prima volta dopo lunghi momenti di silenzio doloroso.
“Per prima cosa
dovremo passare da Mos Eisley, un porto spaziale del pianeta Tatooine, da una
mia vecchia amica che fa il meccanico” disse. “Vorrei che apportasse qualche
modifica allo Starfighter, allargando un po’ sia la cabina di pilotaggio che lo
scomparto in cui alloggiava un droide. Comunque sia, se questa sarà la mia nave
spaziale per il futuro, dovrà essere attrezzata per portare non solo me, ma
anche te e Grogu.”
“Sì, ecco, era
proprio questo che… insomma…Din, sei davvero sicuro che mi vuoi ancora al tuo
fianco, anche dopo tutto quello che è successo?” domandò alla fine Cassian, che
non ce la faceva più a tenersi dentro tutta quella sofferenza, rimorso e senso
di colpa.
“Quello che è
successo non è colpa tua” replicò tranquillamente Din, “io mi sono tolto il
casco per salvare Grogu e lo farei di nuovo, ma tu non hai nessuna colpa.”
“Ma quella là ha detto che non sei più un
Mandaloriano!” esclamò Cassian, straziato.
“L’Armaiola ha detto che non sono più un Mandaloriano del loro clan,
non faccio più parte dei Figli della Ronda, ma ci sono anche altri
Mandaloriani, altri clan e altre famiglie che non seguono così rigidamente la
regola dell’elmo” spiegò Din, che in realtà aveva bisogno di dire quelle cose
al compagno perché anche lui se ne rendeva conto per la prima volta. “Io sono
stato salvato, cresciuto e addestrato da loro, perciò per anni ho creduto che
quella fosse l’unica Via. In realtà ultimamente ho capito che non è così e che
ci sono varie Vie che un Mandaloriano può seguire per essere tale. La regola
dell’elmo è una delle meno importanti, è nata proprio dalla Grande Purga per
impedire ai droidi imperiali di riconoscere i Mandaloriani, ma ora come ora non
avrebbe più ragione di essere.”
Ora Cassian era
confuso.
“Non capisco. Tu hai
detto che saresti andato su Mandalore per cercare quelle miniere e purificarti”
disse.
“E lo farò, prima o
poi. Ma ora ho capito che essere un Mandaloriano non dipende dal fatto che
tenga o meno l’elmo e potrà capitare ancora che debba toglierlo per Grogu o per
te o per chiunque altro. Non è importante, resto comunque un Mandaloriano”
rispose Din.
“Ma quella era la tua
famiglia… Io mi sento in colpa, sì, perché… perché anche stavolta ho rovinato
tutto, ti ho fatto cacciare, ho fatto arrabbiare l’Armaiola e quell’altro, e… e…
io non sono un Mandaloriano e se stai con me finirai nei guai, davvero, come
tutte le persone che hanno cercato di starmi accanto!” esplose alla fine
Cassian, che si era tenuto dentro fin troppo e non ce la faceva più.
E fu allora che Din
fece una cosa che non aveva mai fatto prima, che non gli era mai venuto in
mente di fare, ma che in quel momento sembrava perfetta. Attirò Cassian a sé e
lo strinse tra le braccia, lo tenne abbracciato e si tolse pure un guanto dell’armatura
per poterlo accarezzare sui capelli e sentire veramente il contatto con lui.
“Non devi più sentirti
in colpa per nessun motivo. Lo so che ti porti dietro tanta sofferenza e che
pensi di non meritare niente, e forse oggi quello che hai visto nel rifugio
dell’Armaiola ti ha turbato ancora di più. Ha fatto male anche a me, sul
momento, devo ammetterlo, ma poi mi ha spinto a riflettere e così ho capito che
ci sono molti modi di essere un Mandaloriano. Non ho perso la mia identità e il
mio ruolo, solo il clan dei Figli della Ronda, che comunque è forse troppo
integralista per i miei progetti futuri” gli disse piano, stringendolo e
carezzandolo teneramente. “La mia famiglia, adesso, sei tu e insieme cresceremo
Grogu quando avrà finito il suo addestramento, e magari anche altri trovatelli.
Faremo del bene, aiuteremo altri fratelli Mandaloriani e, chissà? Magari
potresti decidere di diventare un Mandaloriano anche tu, in un clan meno
restrittivo di questo. Tu non rovini niente, al contrario, mi hai dato la forza
di lottare per Grogu, di capire cosa voglio davvero nella mia vita e di quale
debba essere la mia Via come Mandaloriano.”
Cassian avrebbe
voluto dire mille cose, ma non riusciva neanche a respirare per l’emozione e
quindi non replicò, si limitò a stringersi anche lui a Din (anche perché le
gambe gli tremavano e rischiava di cadere per terra!) per lunghi momenti e solo
dopo un bel po’ trovò la forza per parlare.
“Io ero anche
disposto ad andarmene, mi ha spezzato sentir dire all’Armaiola che non eri più
un Mandaloriano, è stato ingiusto, cattivo, nessuno ha il diritto di toglierti
la tua identità, ma se… ma se fosse stato per colpa mia, io mi sarei
allontanato” mormorò. “Sarei tornato su Hosnian Prime al servizio della
Senatrice Organa e ti avrei lasciato in pace, se era quello che volevi.”
“Non è assolutamente
quello che voglio. Io non rinuncio a te e non rinuncio a Grogu. Siete voi la
mia famiglia e tu non devi andartene, a meno che non sia tu a volerlo” ribatté
Din, senza smettere di stringere Cassian tra le braccia.
Un calore dolce,
intenso, insieme spaventoso e meraviglioso invase ogni fibra del corpo di
Andor, le sue ossa, il sangue, la pelle che sembrava bruciare.
“Io non vado da
nessuna parte, Din” promise.
“E nemmeno io senza
di te” replicò il Mandaloriano. “Quindi adesso possiamo partire per Mos Eisley?”
“Certo” rispose
Cassian, cercando di riprendere un minimo di contegno. “Vuoi pilotare tu lo
Starfighter o lo faccio io?”
Possiamo
partire per qualsiasi posto tu voglia, Din, che sia Tatooine o Mandalore o
Coruscant o dovunque tu voglia, perché solo al tuo fianco io mi sento felice…
anche se sarei pronto a rinunciare a te se solo fosse per il tuo bene. Io… io…
io ti amo, Din.
Era la prima volta
che Cassian lo ammetteva con se stesso e forse anche la prima in cui se ne
rendeva conto, ma questo sentimento in lui non avrebbe fatto altro che crescere
e approfondirsi, ormai lo sapeva e lo aveva capito ancora meglio in quella
straziante e indimenticabile avventura.
Fine capitolo quinto