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Autore: Swan Song    22/12/2023    8 recensioni
Il vecchio Edmund Windsor ha invitato amici e parenti per festeggiare il suo centesimo compleanno al Windsor Chalet, una baita isolata tra le montagne.
In un giallo che si rispetti, tale riunione non può presagire nulla di buono.
Intrighi, segreti sepolti ed oscuri colpi di scena saranno dietro l'angolo: prepararsi ad immergersi in un'atmosfera misteriosa, dove la montagna nasconde più di quanto si possa immaginare.
Genere: Comico, Mistero, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'THE 1950s'
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Quinto Atto







«Signor Sheppard, una partita?»
Steve alzò lo sguardo su Liam Windsor, che stringeva una stecca da biliardo tra le dita ed aveva tutta l’aria di sapere perfettamente come trascorrere quel pomeriggio di Natale.
«Basta parlare di cadaveri e di sospettati, si rilassi un po’!»
Il soffitto a volta era decorato con travi di legno a vista, che conferivano un tocco di charme rustico.
Al centro della sala si trovava un magnifico tavolo da biliardo con un tappeto verde scuro, perfettamente livellato e pronto per una partita entusiasmante. Le luci in stile antico si illuminavano sopra il tavolo stesso.
Sopra il camino era piazzata la testa di un bufalo montato a trofeo. La sua maestosità ed imponenza aggiungevano un tocco di selvatico fascino montano alla sala.
Lateralmente c’era un altro tavolo, utilizzato per riporre le bacchette ed altri accessori necessari per il gioco. Le palline erano conservate in alcune cabine armadio.
Steve guardò Liam con circospezione «Le ricordo che è il principale sospettato.»
Lui non riuscì a trattenere un sorriso da mascalzone «Allora ha l’onore di giocare con un assassino.»
Il marine scosse la testa negativamente, ma cedette «Sembra allettante.» quindi si avvicinò al tavolo ed attese.
Liam distribuì tutto il necessario e curò il cuoio presente sull’estremità della stecca con il gessetto «Non avevo dubbi che uno come lei sapesse giocare. Insomma, gioca a biliardo, è un marine, è bravo ad investigare...c’è qualcosa che non sa fare?»
Ancora, Steve sorrise, quella volta compiaciuto «Dai marines impari a lavarti in cinque minuti, massimo sei. Impari l’ordine, le regole, impari ad osservare. Ecco perché dico spesso che non è poi così diverso dall’essere un detective.»
«Oh, bè. Mi permetta di dissentire.» ironizzò il primogenito di Windsor «Le manca la lente di ingrandimento.»
«Come mai oggi pomeriggio la trovo particolarmente simpatico? E’ una tattica?»
«E’ Natale.» ricordò lui, semplicemente «Si è tutti più buoni, a Natale.»
«Eccetto suo fratello Adam.»
Liam si piegò sul tavolo e posizionò la stecca tra le dita in maniera accurata, puntando verso una palla «Adam è sempre Adam. Non si può pretendere che cambi. Lui è fatto così.»
Alzò le braccia al cielo quando vide che la palla più vicina all’angolo destro superiore era andata in buca «Sono un maestro. Vediamo cosa sa fare lei.»
Steve si mise in posizione «Non mi sottovaluti.»
«Non la sottovaluto, so che è un uomo che conosce il fatto suo, altrimenti mio padre non avrebbe mai potuto essergli amico.»
«Mi creda, ho imparato a conoscere il caro Edmund in poco tempo. Non ci vuole tanto a capire che tipo di uomo sia, soprattutto perché, a differenza vostra, non ha mai recitato.»
«A differenza nostra? Ahahah, continua ad accusarci tutti. Lei è esilarante, Sheppard.» un altro colpo che, forse per l’agitazione, deviò la palla troppo in là rispetto alla buca «Però ha ragione. Era un uomo trasparente, che diceva quel che doveva dire. E mi creda, il più delle volte non erano complimenti.» non lo lasciò nemmeno controbattere e disse, guardandolo con sospetto «Lei l’ha conosciuto ad una cena. E se fosse lei quello che ha qualcosa da nascondere? E se mio padre si fosse messo d’accordo con lei già mesi orsono? Potreste aver pianificato il suo delitto nei minimi dettagli, magari era mio padre stesso a voler morire per un, diciamo così, “bene più grande”. Le ha chiesto di farlo fuori e mettere su questo teatrino!»
«Quello che sta dicendo lei si vede nei film, signor Windsor.»
«Oh, ma è sorprendente come molto spesso la realtà superi la fantasia, non crede?»
«Non sono l’assassino.» si limitò allora a ribattere Sheppard.
«Curioso che, tra tutti, proprio lei si sia improvvisato detective. Ha preso immediatamente la situazione in mano.»
«Se è convinto che fossi d’accordo con suo padre, non posso farci niente. Io invece credo che questo delitto non sia per niente organizzato, ma che l’assassino abbia agito d’impulso.»
«Ma se ha accusato tutti di averlo pianificato da mesi!»
Steve scosse la testa negativamente, portando le mani sulla sommità della stecca «Non ne sono più tanto convinto. E a farmi cambiare idea è proprio l’arma del delitto. Ci pensi: un posacenere. L’assassino ha afferrato la prima cosa che gli è capitata a tiro e in grado di uccidere in un colpo solo. Quindi ha agito con rabbia ed impulsività. Sinceramente, avessi pianificato tutto mesi prima, non penserei di utilizzare un posacenere. Lei che dice?»
Liam fece una smorfia, perché Sheppard aveva ragione.
Tuttavia, restò fermo sul suo punto «Sì, se era d’accordo con mio padre. Potrebbe fare parte del piano anche questo. Lui potrebbe aver suggerito di essere ucciso con un posacenere, proprio per depistare le indagini!»
Steve sorrise e mandò la palla in buca «Ho capito, io l’accuso di essere il principale sospettato, quindi lei mi ricambia.»
«Non è quello che ho detto.»
«Ma l’ha pensato.»
In quella precisa sala, in quel preciso momento, cadde il silenzio, spezzato solo dalla bufera che fuori continuava imperterrita.
Steve guardò il tavolo da biliardo «Scommetto che finiremo pari.»
«Bè, mettiamola così.» concluse Liam, mandando ancora una volta la palla in buca «Se venisse ucciso qualcuno adesso, avrei un alibi davvero incontestabile.»

«Sono un uomo?» domandò Nathan con aria investigativa, come se avesse improvvisamente preso il posto di Susan.
Purtroppo non ci azzeccò per niente, perché i tre ragazzi fecero un cenno negativo con la testa, all’unisono.
«Quindi sono una donna.»
«Non sei un alieno.» scherzò Chuck, accavallando le gambe e fissandolo.
Nathan premette il foglietto che aveva appiccicato sulla fronte con enfasi, per non farlo cascare per terra «Sono una donna importante?»
Susan e Odette si scambiarono uno sguardo «Eccome! Almeno, per me.» rispose la prima.
Si trovavano tutti e quattro nel portico riparato, desiderosi di respirare un po’ d’aria per non soffocare; un ambiente chiuso diventa stretto dopo qualche ora senza mettere il naso fuori.
Il gioco al quale avevano deciso di giocare per passare il tempo, andava parecchio di moda in Inghilterra: i giocatori avevano appiccicato in fronte un foglietto con su scritto il nome di una persona famosa, e dovevano indovinare di chi si trattava.
Naturalmente, tale nome era ideato e scritto dal resto dei giocatori, attaccato sulla fronte dell’altro senza farglielo leggere.
Alle domande era possibile rispondere solamente con “SI” o “NO”.
Era stata un’idea di Chuck alla quale nessuno aveva osato sottrarsi, soprattutto per la curiosità.
«D’accordo, sono una donna e sono famosa.» riassunse Nathan «Sono la moglie di un politico?»
«Per l’amor del cielo, no!» disse Chuck inorridito «Odio i politici, sono così noiosi.»
«Quindi il nome sul mio foglietto l’hai ideato tu!»
Chuck spostò lo sguardo su Susan e sorrise «L’ho fatto per la nostra dolce Susan, che tanto dolce alla fine non è, ma...»
Nathan gli parlò sopra «Sono Agatha Christie.»
Calò un improvviso silenzio, spezzato solo dalla bufera.
«Eddai! Non dovevi indovinare subito!» sbuffò il fratello maggiore «Come diavolo hai fatto?!»
Nathan alzò ambedue le sopracciglia «Non sono uno stupido, a discapito di quello che pensi, fratello. Colpa tua, che hai nominato Susan. Chi mai potrebbe adorare un’appassionata di gialli?»
Chuck storse il naso «Parlo sempre troppo.»
«Lo fai!» certificò sua cugina Odette, accendendosi una sigaretta di quelle lunghe e sottili con eleganza.
Nonostante tutto, la figlia di Steve stava passando delle ore piacevoli in compagnia di quella fetta di Windsor: era perché Chuck e Nate in realtà portavano il cognome Solo o perché erano i più giovani della combriccola? E Odette? Sembrava una persona gradevole, a parte il suo attaccamento per il denaro.
O forse era un mix di tutte le cose.
Nathan si staccò il foglietto dalla fronte e poté constatare con i propri occhi che la scritta diceva “Agatha Christie”; perciò la domanda gli venne spontanea «L’hai mai conosciuta?»
«Ahimè, no. Secondo te, se avessi conosciuto la regina del giallo non ve l’avrei detto?» rispose Susan con delusione «Ma la conoscerò, un giorno! Deve autografarmi “Dieci Piccoli Indiani”! Deve!»
Chuck assottigliò lo sguardo, improvvisamente pensieroso. Nemmeno si ricordò di aver appiccicato sulla fronte un foglio che diceva “Chuck Solo”. In pratica, la persona che avrebbe dovuto indovinare era se stesso «E se l’assassino avesse preso spunto da quel libro?»
Suo fratello lo guardò «Che intendi?» mentre Susan domandò, sconvolta «Perché, l’hai letto?»
Chuck fece una smorfia «Non sono uno stupido, a discapito di quello che pensi.» disse, imitando la frase di suo fratello.
Susan era sempre più sorpresa.
«E se il nonno non fosse morto davvero, ma avesse finto di morire? Se fosse vivo e girasse indisturbato per lo chalet?» domandò Chuck.
«Ma che dici! Lo sentiremmo!» tuonò Odette.
Ma il cugino scosse la testa negativamente «No, non ne sono così sicuro. Conosceva tutti i segreti dell’hotel. Pensateci. Sarebbe un bel colpo di scena, no?»
«Ma perché avrebbe dovuto? A che guadagno?»
«Vallo a sapere. Per fregarci tutti, forse. Per studiarci, per vedere come avremmo reagito alla sua morte e, soprattutto, gestito la cosa del testamento.»
Susan non ne era tanto convinta, ma continuò ad osservarlo con interesse «Credo sia ora di leggerlo. So che non si potrebbe in assenza di un notaio, ma siamo bloccati, e chissà per quanto ancora lo saremo. La polizia ha detto di aiutare, quindi la prendo come una sorta di eccezione per causa di forza maggiore. Finché non sappiamo il contenuto di quel testamento, non possiamo fare ulteriori deduzioni in merito.»
Nathan percepì un certo batticuore «Sono d’accordo. Susan, parlane con tuo padre, sentiamo che dice.» non voleva illudersi, lui era l’ultimo nella linea di sangue, però la speranza è sempre l’ultima a morire. No, che andava a pensare...era impossibile che il vecchio Edmund avesse lasciato l’hotel a lui.
«Leggere il testamento significa iniziare un’altra battaglia in famiglia.» disse Chuck abbassando lo sguardo «Mi stavo godendo questa tregua.»
«E’ necessario.» disse Odette «Voglio avere la certezza che mi abbia lasciato del denaro!»
«Molto bene, allora.» proseguì Susan «Ne parlerò con mio padre.»
Chuck si rilassò nella poltroncina, allargando le braccia «E’ il mio turno.» riprese «Sono un uomo?»
Nathan sorrise con godimento, il momento della vendetta era giunto «Sì.» confermò.
«Lo sapevo. Sono uno importante? Tipo uno stilista?»
«E’ proprio fissato con la moda.» sussurrò Susan ad Odette.
A rispondere fu ancora una volta il fratello «No.»
«Allora sono un attore.»
«Non fare come lo zio Adam, per cortesia.»
«Si può sapere cosa sono? Un riccone bastardo? Mica mio nonno?»
«Fuocherello.»
Chuck, arrivatoci, si staccò il foglietto di fronte ed imprecò «Sono io. Maledetti, così non vale!»
«Certo che vale.» se la rise Nathan.
Sempre più indignato, il maggiore berciò «Alla domanda sullo stilista dovevi rispondere di Sì!»
Ma Nathan restò impassibile «Non mi pare tu sia uno stilista.»
Le due ragazze sorrisero.
«Chiedo scusa per l’interruzione, signori, ma la signora Harper ha detto di portarvi un po’ di tè caldo.»
Quando alzarono gli sguardi, videro Aisha comparire sul portico con un vassoio in mano.
Odette corrugò la fronte «Tu non sei una cameriera.» ricordò.
«Lo so, ma Roger è occupato, le altre cameriere sono in cucina, e Maggie...come sapete...»
«Non importa, vieni pure avanti. Grazie, Aisha.» disse Chuck osservandola.
La giovane ricambiò con un sorriso di cortesia, arrossendo quando si accorse che Nathan stava seguendo ogni suo singolo movimento; da quando era apparsa, non aveva capito più niente.
Poggiò il vassoio sul tavolino e stette in attesa.
Odette, infatti, la guardava allusivamente, come a chiarire che una ricca non si versa mai il tè da sola, ma Nathan l’anticipò a parole «Lascia, non è tuo compito. Verso io.»
Chuck lo guardò indignato «Così cadi proprio in basso, fratello.»
tuttavia, approfittandone, aggiunse «Io un cucchiaino e mezzo di zucchero, grazie.»
Nathan lo guardò male, ma lui tenne la sua faccia da schiaffi, senza rimorso alcuno.
«Non c’è dell’arsenico, vero? Aisha, non stai cercando di avvelenarci, vero?»
«Io...come può pensarlo, signor Chuck?» chiese lei allibita, portando una mano all’altezza del cuore «Mi sono limitata a portare il vassoio, giunge dalle cucine!»
«Ancora peggio. Potrebbe essere una di quelle cameriere anonime, che...»
«Taci e bevi, cugino.» disse Odette con un sospiro «L’ho sempre detto che il medico deve diagnosticarti la “Logorrea”.»
Lui la guardò inasprito «Ho fatto un ragionamento degno di un detective!»
«Questa volta devo dartene atto, Chuck, ma nessuno sta tentando di avvelenarci.» disse Susan, cominciando a sorseggiare la bevanda senza timore alcuno.
«Perché così sicura, Sheppard?»
«Perché non avrebbe senso. Dalle cucine hanno dato appositamente il vassoio ad Aisha, che sanno essere parecchio legata a Nathan. Non potrebbe mai avvelenare Nate, se non indirettamente. Nessuno crederebbe che sia stata lei, si andrebbe subito a cercare nelle cucine. Quindi solo uno scemo si farebbe scoprire così facilmente.»
Gli altri risero, Chuck assottigliò lo sguardo e la fissò «Perdona, mi stai dando dello scemo?»
«Io...forse è meglio che vada.» disse Aisha prima che Susan riuscisse a rispondere al ragazzo, ma la mano di Nathan la bloccò per il polso «Ti prego, resta.» alzò lo sguardo sui parenti e su Susan «Può restare con noi, no? Stavamo facendo un gioco.»
«No, non credo sia opportuno.»
«Insisto.» disse Nathan fissandola con caparbietà.
Chuck bevve imitando i grandi guru del galateo in una maniera abbastanza ridicola «Tutto sommato, non mi dispiaci, Aisha. Non mi sono lamentato del matrimonio di mia cugina con Price, quindi…siedi.»
La segretaria fu piacevolmente sorpresa. Sapeva che Chuck non era una cattiva persona, semplicemente era stato cresciuto in un certo modo.
Aisha si lisciò le pieghe del vestito per il nervosismo, poi cedette «Vi ringrazio.»
«Anzi, credo sia ora di andare a svegliare la nonna per chiederle se gradisce un po’ di tè.» proseguì apposta il maggiore dei fratelli, alzandosi e sistemandosi la giacca del completo «Susan, so che non ti dispiacerebbe accompagnarmi, te lo leggo negli occhi.»
Lei lo guardò confusa «Cosa? Non è per niente vero!»
Chuck allora alzò gli occhi al cielo e l’afferrò per un polso «Sarai anche brava ad investigare, ma di queste cose non ci capisci nulla! Sottotesto, Sheppard, sottotesto.»
«Sottotesto?» ripeté lei, costretta a seguirlo e girandosi indietro ogni volta che poteva «Quale sottotesto?»
«Due persone che necessitano di rimanere sole. Presente?»
Lei fece uno sberleffo «Non ti starai riferendo a noi due!»
Lui curvò le labbra in uno sorriso dei suoi «Che sei pazza di me l’ho capito dal nostro primo sguardo in funivia, ma non è di noi che sto parlando. Malauguratamente.» aggiunse.
Allora fu tutto chiaro «Nathan ed Aisha?»
«Bingo, genietta.» la prese in giro «Per di qua.»
«Per di qua? Vuoi davvero che ti accompagni a svegliare tua nonna?!»
«E’ necessario.»
«Ma se schifavi tuo fratello con la segretaria!»
«Schifo lo status di lei, non la persona che è. Ripeto, se ho accettato Price per mia cugina...ognuno può scegliere chi diavolo vuole.» mollò la presa al terzo scalino che conduceva al piano di sopra «Mi seguirai senza più trascinarti?»
Lei, dopo averlo guardato malissimo, si arrese «Lo faccio solo perché voglio scoprire se sei l’assassino e stai per uccidermi.»
Chuck scoppiò a ridere, divertito, ricominciando a salire le scale «Se lo fossi, non ti ucciderei così, credimi.»
«Invece è la situazione perfetta. Tutti sono occupati a fare qualcosa, noi ci stiamo isolando...»
«Ragazza mia, la smetti di sospettare di tutto e di tutti? Forse dovresti passare alla narrativa fantasy. Stiamo solo andando dalla nonna.»
«Ah, sì? Perché mi pareva la sua stanza fosse...»
«Ti pareva male.» Chuck indicò la porta, e dopo un sorriso cominciò a bussare «Nonna? Sei sveglia?»
Da dentro la stanza non provenne suono alcuno. Perciò il ragazzo insistette «Nonna?»
Terrorizzata, Susan alzò lo sguardo su di lui. Lui ricambiò con la stessa preoccupazione «E’ aperta.» disse poi spalancando la porta.
«Mio padre ha pregato tutti di chiudersi sempre a chiave!» imprecò Susan.
Avanzarono insieme, accostando la porta alle loro spalle.
Evelyn Windsor era là, sdraiata sul letto a pancia in su, con gli occhi chiusi e le mani poggiate sotto il seno.
Sembrava non respirare.
I due ragazzi si scambiarono un altro sguardo, Chuck venne avanti con cautela «Nonna?»
Silenzio.
Allora ci provò anche Susan «Signora Windsor, mi sente? Sono Susan, la figlia di Steve. Ci chiedevamo se desiderasse del tè...»
Non volava una mosca, non russava nemmeno.
Chuck deglutì nervosamente, guardando Susan come se lei avesse sempre la risposta a qualsiasi cosa.
«N-nonna? Susan, ho un bruttissimo presentimento...»
Evelyn aprì gli occhi di scatto e scatarrò, fissandoli come uno spettro inquietante «Vi avevo sentiti già la prima volta. Che diamine, datemi tempo.»
Susan e Chuck sobbalzarono dallo spavento, lei gli si spalmò addosso aggrappandosi al suo petto. Durò giusto qualche secondo, il tempo di rendersi conto di dove “fosse andata a parare”.
Si staccò immediatamente, guardandolo inorridita. Lui alzò le sopracciglia tatticamente e sorrise «Lo sapevo che non potevi resistermi.»
«Signora Evelyn!» disse Susan con una certa preoccupazione, portando una mano al cuore; palpitava ad un ritmo irregolare, ma era davvero sicura che fosse per colpa dello spavento?
«Non ci faccia mai più scherzi del genere!»
La donna si alzò in tutta tranquillità, afferrando il bastone da passeggio «Cosa? Svegliarmi? Che oltraggio!» disse come se nulla fosse «Avete parlato di tè?»

Nel portico, anche Odette decise di levare le tende «Vado un po’ a vedere cosa combina mio marito. Grazie per il tè, Aisha, e buona continuazione.»
«Può restare, se vuole, signorina Windsor.» disse questa, agitata.
Odette abbozzò un sorriso e si allontanò «Come ho detto, vado a vedere mio marito.»
La segretaria proprio non capiva il motivo di tutta quell’ansia quando restava sola con Nathan. Infondo, i due si conoscevano da parecchio, eppure le pareva fosse ogni volta la prima volta.
Il vento si placò leggermente, la neve si fece meno impetuosa.
«Nate, cosa stai guardando?» chiese la giovane con tono curioso.
«Il cielo. Ma bisognerebbe venire qui di sera, per vederlo stellato. Mi fa pensare a quante meraviglie ci siano dentro le stelle.» rispose, voltandosi e sorridendole.
Aisha gli lanciò un’occhiata affascinata «E’ davvero un panorama splendido. Che cosa significa per te?»
«Bè, per me le stelle rappresentano le possibilità infinite della vita. Ogni stella ha una storia da raccontare, una luce che brilla nel buio. E’ come se ogni stella fosse un sogno che aspetta di essere realizzato.»
Aisha aveva uno sguardo pensieroso «Hai mai raccontato a qualcuno quello che pensi delle stelle?»
Nathan le afferrò la mano con gentilezza «No, in realtà no. Ma in qualche modo, mi sembra che tu sia la persona giusta con cui condividerlo.»
Lei sorrise commossa «Sono davvero onorata di essere quella persona, Nate.»
«Sai, finora ho dedicato la mia vita al divertimento e ai viaggi, ma quando sono con te, sento una profondità e una serenità che non ho mai sperimentato prima.»
«Anch’io mi sento allo stesso modo. Con te, vedo un lato di me stessa che non sapevo esistesse. È come se il nostro incontro fosse stato scelto dal destino.»
«Non so cosa ci riserverà il futuro, ma voglio stare insieme a te.»
Aisha si sentiva emozionatissima «Sì! Voglio scoprire il mondo con te, perché con te ogni giorno è un’avventura senza fine.» fece una lunga pausa, poi gli domandò, in un sussurro «Tu...mi ami?»
Nathan prese un ampio respiro, specchiandosi negli occhi di lei in modo affettuoso «Certo che ti amo.»
Ad Aisha venne da piangere dalla gioia, ma Nathan soffocò i singhiozzi con un bacio sulla bocca e una carezza sulla guancia.

Come se fosse l’adattamento teatrale di un giallo famoso, gli ospiti aprirono le porte delle proprie camere con una sincronia perfetta, quella mattina del 26 dicembre.
In religioso silenzio, restarono a guardarsi per qualche attimo, tendendo le orecchie verso il piano inferiore, per captare qualsiasi rumore, anche il più impercettibile.
Le cameriere andavano e venivano, quindi sembrava non esserci niente di strano. Era come se, dopo ben due volte, si aspettassero il grido della signorina Lopez che annunciava un cadavere.
Non avvenne.
Si erano preparati per la colazione delle nove, tutti perfettamente vivi e vegeti.
Fu istintuale controllare brevemente con lo sguardo se qualcuno mancava all’appello, soprattutto per i due Sheppard; magari quel qualcuno poteva essere avvolto in un tappeto nascosto dentro ad uno sgabuzzino…
E invece, nessuno mancava all’appello.
Scesero al piano di sotto, dove Roger sembrava più sano di un pesce, pronto ad accoglierli dietro il bancone della reception con enfasi.
Aisha Lopez, in ricordo del bacio con Nathan del giorno prima, che le aveva fatto scottare le guance e provare quel famigliare senso di febbre, sorrise.
Billy era ancora fuori a spalare.
Steve si mise rapidamente a contare: oltre loro, c’erano non più di quattro cameriere. Non c’era nessun altro in quello chalet, a meno che non fosse nascosto.
Aveva smesso di nevicare, ma il muro di neve era talmente alto da impedire il funzionamento delle funivie almeno ancora per tutta quella giornata.
Avrebbero dovuto mettersi l’anima in pace, soprattutto in vista di ciò che sarebbe accaduto dopo colazione: la lettura del famoso testamento.
Steve li avvisò, a colazione, di mantenere la calma e non impazzire, qualsiasi cosa il vecchio Edmund avesse deciso per loro.
Li aveva minacciati di accusarli di omicidio, in caso contrario. Sapeva che non era corretto, ma era l’unico modo per mantenere l’ordine.
Dall’altro lato, però, dalle reazioni di ciascuno avrebbe potuto tirare fuori ulteriori congetture.
Quando l’orologio a pendolo scoccò le dieci in punto, si riunirono proprio nello studio del brontolone: Steve chiuse la porta a chiave e poggiò il testamento (arrotolato come una pergamena) sulla scrivania.
Dunque si accomodò dietro di essa, piazzando il mento sulle mani «Ho chiesto alle cameriere di portare sufficienti sedie per tutti. Sedete, prego.»
Prima deduzione corretta: lo guardarono in cagnesco e cominciarono a parlargli dietro.
«Tu guarda, proprio qui doveva portarci. Che cattivo gusto.»
«Come osa prendere il posto di Edmund? Come osa sostituirsi a lui? Solo lui poteva sedere a quella scrivania!»
Seconda deduzione corretta: indignazione per dove si era accomodato, naturalmente apposta, più considerazioni sulla stanza scelta per la lettura, sempre apposta.
«Io resto dell’idea che sia lui, altroché. E la figlia sua complice!»
Proprio Susan decise di restare in piedi, si posizionò accanto al camino con le braccia conserte, così da avere un’ampia visuale della sala ed analizzare le reazioni di ciascun famigliare.
«Quando la polizia, quella vera, giungerà qui, l’arresteranno, signor Sheppard.» disse Liam.
«Ho giocato con lei a biliardo e ancora non le piaccio, eh?» ironizzò Steve, mostrando un mezzo sorriso «Me ne farò una ragione, non si può piacere a tutti.»
Adam rise, piazzando le mani dietro la nuca e svaccandosi sulla sedia «Sono proprio curioso di sentire le volontà del vecchio.»
«Ma come fai ad essere così tranquillo?» disse Harper con il batticuore.
Lui la fissò «Perché so che non mi ha lasciato un tubo di niente. Quando non hai niente da perdere...»
«Basta blaterare!» tuonò Evelyn, agitata «Coraggio, signor Sheppard, non ci tenga sulle spine! Renda pubblico a tutti il testamento!»
Steve srotolò la pergamena; un vero papiro, ma con così tanti parenti non si aspettava altro.
Lo studio fu impregnato di un angosciante silenzio, che accompagnava l’attesa.
Il marine si schiarì la gola e lesse.

Io, Edmund Windsor, della grande famiglia Windsor, dichiaro che questo è il mio testamento e che sono in pieno possesso delle mie facoltà mentali. Dopo la mia morte, lascio i seguenti beni e proprietà:
- Al mio amato nipote Nathan Solo lascio la mia biblioteca privata, contenente volumi antichi e rari.
- Al mio amato nipote Chuck Solo lascio tutti i miei veicoli di lusso, tra cui auto sportive esclusive, elicotteri privati e yacht.
- Alla mia amata nipotina Odette lascio la somma di cinquecentomila dollari e la villa in Costa Azzurra.
- Al mio caro amico Jonathan Price, nonché marito di Odette, lascio la mia collezione privata di armi usate per servire il Paese, più quelle da caccia.
- Al mio caro amico Steve…(Steve fu sorpreso di trovare se stesso nel testamento, non se l’aspettava) Sheppard lascio le monete di valore in mio possesso.
- Alla mia carissima figlia Harper lascio la mia collezione di gioielli costosi, in particolare i diamanti, i rubini e gli smeraldi, e la villa a Parigi.
- Al mio caro figlio Adam lascio la mia collezione di opere d’arte di valore, inclusi dipinti, sculture ed oggetti d’arte esotici.
- Alla mia amatissima moglie Evelyn lascio il castello in Romania, un castello storico, e la villa a Londra.
- Alla mia fedele dipendente Aisha Lopez lascio la somma di diecimila dollari.
- Al mio fedele maggiordomo Roger lascio la somma di diecimila dollari.
- Alla mia fedele cameriera Maggie lascio la somma di cinquemila dollari.
- Al mio fedele tuttofare Billy lascio la somma di duemila dollari.
- Al mio carissimo figlio Liam lascio il Windsor Chalet.


24 Dicembre 1950,

Edmund Windsor


Nella sala cadde un improvviso silenzio. La sorpresa non fu tanto per Liam erede dello chalet, né per Steve Sheppard nominato nel testamento.
Piuttosto…
«24 Dicembre?» disse Susan in un sussurro, pensando di aver sentito male.
Allo stesso modo, suo padre verificò di non averci visto doppio: c’era proprio scritto 24 Dicembre.
«Ma cosa...»
Harper poggiò una mano sul petto, sbalordita «Lo ha scritto l’altro ieri.»







Angolo Autrice:

Gentili lettori, bentrovati :)
Se siete arrivati fino a qui, grazie di cuore, spero la storia continui ad essere di vostro gradimento!
Grazie a chi legge, legge e recensisce, ha inserito la storia tra le seguite o lo farà in seguito. E' sempre bello vedere chi la segue. <3
Dedico il capitolo alle mie lettrici fedeli e non vedo l'ora di leggere le loro congetture.

Se ve lo state chiedendo, sì, pubblicherò anche lunedì nonostante sia Natale :)
Del resto, se non è la storia "adatta" questa ;)
Quindi decidete voi se leggere o ignorarmi palesemente XDXD 

Grazie ancora per il tempo che spendete per questa storia e a presto! 

SwanXSong


 
  
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