[Modern!AU]
IL REGALO PIÙ BELLO
La prima volta che si erano
incontrati, per pura destinata casualità, Bloom era ancora una studentessa.
Si era trasferita da pochi
mesi in Irlanda, merito di quei giramondo dei suoi genitori adottivi, e aveva
passato la notte del suo sedicesimo compleanno seduta su uno scomodo sedile sospeso
nell’atmosfera. L’unico desiderio che aveva espresso, nella sua mente, era
stato quello di non diventare mai un genitore egoista e disattento come lo
erano i suoi genitori adottivi nei suoi confronti. Li aveva sempre mal
sopportati. La trascinavano da una parte all’altra del globo terrestre,
condannata a non mettere mai radici in alcun dove, ma, dopo quell’incontro
fortuito con Sebastian, il suo modo di vedere la vita era cambiato. Non era più
costantemente scazzata con chiunque le rivolgesse la parola e aveva imparato a
fare spazio alle emozioni positive.
Fin dal loro primo
incontro, Sebastian aveva avuto lo straordinario potere curativo di calmarla
con un solo scambio di attenzioni.
—ooOoo—
Era entrata nella sua
libreria per un regalo di Natale dell’ultimo minuto. Il negozio era addobbato
ad opera d’arte con ghirlande, vischi appesi e fiocchi rossi annodati ovunque
ci fosse un appiglio. Sentiva dei campanelli suonare per via degli spifferi
delle finestre e porte, e il rumore delle palline di plastica appese sull’albero
di Natale che ogni tanto si scontravano gelose. Della neve finta era stata
spruzzata sull’abete vero posto in un angolo. Le lucine fisse avvolte intorno a
ogni singolo ramo proiettavano sul pavimento in mattoni cotti la sagoma di un
piccolo piedistallo rotondo al di sotto dell’albero, riuscendo di fatto ad
elevarlo di statura.
L’uomo sepolto tra gli
scaffali disorganizzati, invece, non aveva bisogno di trucchi per sembrare più
alto. Bloom doveva alzare il mento per riuscire a guardarlo negli occhi e non
cedere alla tentazione di fissargli le labbra che incorniciavano uno dei
sorrisi più sinceri che avesse mai riconosciuto a qualcuno. La luce nei suoi
occhi neri era talmente accecante e avvolgente, che Bloom dovette sbattere
ripetutamente le palpebre durante la loro intera conversazione, per cercare di
inumidire i suoi occhi chiari esposti a quei fari insoliti.
Quando la guardava, si
sentiva posta al centro dell’universo.
«Non sei di qui, vero?»
le chiese, nel mentre che le batteva lo scontrino.
«No, California» rispose.
«Ah, clima del
tutto diverso, presumo» le disse sorridendo di nuovo; lo scontrino ancora tra
l’indice e il medio, il dorso della mano poggiata sul bancone e gli occhi onice
fissi nei suoi azzurri.
Bloom neanche si azzardò
a prendere il pezzettino di carta termica dalle sue mani, seppur fosse curiosa
di sentire il calore di quelle belle e grandi mani sfiorare le sue più piccole
e rovinate dal freddo.
Avrebbe voluto continuare
a parlare con lui per ore, del nulla più assoluto come della politica europea
attuale sull’immigrazione—argomento di cui non conosceva un emerito cazzo, se non
ciò che aveva carpito dai titoli clickbait degli articoli di giornali
digitali che le arrivavano tramite le notifiche sull’iPhone ogni mattina—, ma
una coppia di clienti annunciarono la loro presenza istigando il tintinnio del
campanellino appeso sulla porta moderna a spinta, che tanto stonava con il
resto del mobilio e decorazioni antiche.
Si voltò di scatto prima
verso di loro e poi riportò la sua attenzione su Sebastian, così si era
presentato a lei appena chiesto il suo aiuto per scegliere un regalo adatto per
Aisha, la sua compagna di stanza nel dormitorio femminile della scuola
cattolica.
Indossava ancora la
divisa scolastica, coperta da un pesante cappotto, ma i colori e la fantasia
della stessa si intravedevano dal colletto aperto e le calze, insieme alle
orrende scarpe dalla punta arrotondata. Tuttavia, aveva deciso di dare retta al
suo istinto e impulsivamente, come sempre, aveva tirato fuori la prima frase
che le balenò in testa, timorosa di perdere la sua occasione per sempre:
«Hai già impegni per
l’anno nuovo?» Dopo aver posto quella domanda, la faccia di Bloom diventò rossa
come i suoi capelli.
«Dipende» rispose
Sebastian.
«Da cosa?» le si
aggrottarono le sopracciglia. La sua espressione, sicuramente buffa, le regalo
una risata sommessa dell’altro, e lei potette solo deglutire la sua stessa
saliva.
«Se l’invito è da parte
tua o una qualche tua amica troppo timida per chiedermelo direttamente» le
rivelò.
Intanto la coppia fingeva
di guardare i libri esposti sugli scaffali per non disturbare la loro
conversazione. Li ringraziò mentalmente, ma sapeva di non potersi trattenere
oltre. Doveva ricevere una risposta, o non si sarebbe mai data pace.
«Se l’invito fosse da
parte mia… accetteresti?» azzardò quindi sfrontata lei.
«In quel caso, per te
sarei libero fin dal primo minuto del primo di Gennaio» le sorrise, guardandola
con il capo leggermente piegato e gli occhi più dolci che un uomo le avesse mai
rivolto.
Si stupì nel rendersi
conto che avrebbe voluto baciarglielo quel sorriso, per condividere insieme uno
più grande.
Sarà stata la magia del
Natale, la ruota che finalmente girava dalla sua parte, qualche incantesimo
della sua amica Flora, appassionata dell’amore dietro l’amore. Le possibili
spiegazioni erano infinite, ma ciò che non era infinita, invece, era la
pazienza di Bloom. Non era mai stata brava a tenere il gioco troppo a lungo,
finiva sempre con il bruciare il terreno di gioco e pentirsene in un secondo
momento. Non voleva assolutamente che accadesse anche quella volta.
Quel pomeriggio, oltre a
uscire dalla libreria con un pacchetto regalo nella busta in carta dalla stampa
natalizia, Bloom teneva con soddisfazione il suo telefono con l’altra mano e
scriveva nella chat di gruppo con le sue amiche tutto ciò che le era appena
accaduto.
Un’ora dopo, quando ormai
era in compagnia delle sue amiche—sedute in cerchio intorno a un tavolino del
bar scolastico—, le arrivò il suono riconoscibile di una notifica.
Sebastian aveva finalmente
avuto il tempo di accettare la sua richiesta di seguirlo e gliene aveva inviata
una a sua volta.
Ricambiò immediatamente
il follow, per niente intenzionata a fare la snob preziosa, e cominciò a
sfogliare i caroselli di foto sul profilo relativamente spoglio. Sembrava
pubblicare poco, ma quando pubblicava qualcosa, le descrizioni erano ricche di
pensieri sulle scene immortalate.
Le sue amiche presto si
scocciarono di farle le stesse domande, domande a cui ancora non poteva
rispondere perché conosceva relativamente poco di Sebastian per il momento,
quindi passarono ad altri argomenti di interesse comune: dalla scuola, ai
compiti, alla cotta di Stella per Beatrix—già fidanzata con Riven e Dane—, per giungere
al temuto tema delle vacanze di Natale che avrebbero, purtroppo, passato
lontane l’una dall’altra.
In un angolo della testa
di Bloom, però, il ricordo di quei rilucenti occhi neri la facevano sentire
osservata.
Bloom si mise entrambe le
mani sul petto e percepì per la prima volta nella sua vita che il suo cuore non
pompava agitato nella gabbia toracica.
Anzi, si sentiva… serena.
Per la prima volta nella
sua vita, quella sera, tornando nella sua stanza e avvolgendosi nel piumone
caldo, aveva capito come ci si sentiva a poter rilassare le spalle e non avere
dolori al collo a fine giornata.
D’impulso, prese il
telefono e pubblicò nelle storie di Instagram una foto di sé avvolta nelle
coperte. La condivise tramite la funzione che le permetteva di far visionare la
foto solo dagli “amici stretti” che aveva selezionato tra i suoi follower;
Sebastian era ovviamente stato aggiunto nell’immediato. Non le importava di
apparire disperata, perché quello è il suo modo di amare: o si sente di dare
tutta se stessa, o quella persona è trascurabile e
quindi per lei invisibile.
Sebastian non le sarebbe
potuto essere invisibile neanche se Bloom fosse cieca. Si era completamente
infatuata, per di più di un ragazzo ben più che maggiorenne, proprio come la
ragazzina impulsiva e inesperta che in fondo era, sebbene si impegnasse a
smentire quella voce invadente che compariva nella sua testa a notte
inoltrata—quando non riusciva a prender sonno per i troppi pensieri.
Ma quella notte,
sorprendendosi, riuscì a mettere a tacere la voce e dormì, dopo tanto tempo,
come su un letto di piume.
Giorni più tardi, neanche
il fatto di dover passare—controvoglia—il Natale in compagnia dei suoi genitori
adottivi era riuscito a rovinarle l’umore; il che era tutto dire.
————
TRE ANNI DOPO ————
Bloom teneva in braccio
la bambina avvolta nella coperta di lana. La nonna materna di Sebastian l’aveva
realizzato a mano e regalata alla coppia di neo-genitori in tempo per i
festeggiamenti Natalizi.
Avendo partorito da poco,
tutti erano stati avvisati di non presentarsi alla loro porta. Il parto l’aveva
stremata, e l’ultima cosa di cui aveva bisogno era avere a che fare con altre
organizzazioni e il caos tipico generato dai ritrovi famigliare durante le
feste.
Quel Natale lo avrebbero
passato da soli, è vero, ma Bloom sapeva che oltre a suo marito, e al piccolo
raggio di sole che avevano accolto da pochi giorni al mondo, lì tra le loro
braccia, non avevano bisogno di null’altro.
Era appoggiata con la
nuca al petto ampio di Sebastian, padre di sua figlia, e quest’ultimo
l’avvolgeva con le braccia intorno alla vita. L’aiutava a tenere in braccio la
bambina, probabilmente intuendo il livello di stanchezza fisica a cui Bloom era
sottoposta in quel periodo post-parto tanto delicato. Lo schermo della TV mostrava
il fatidico conto alla rovescia che scandiva l’inizio di un nuovo anno, e, nel
frattempo, tra un bacio d’incoraggiamento di Sebastian sulla testa e uno più
dolce e complice sul collo, Bloom allattava già sfinita la piccola Grace al
seno.
La mezzanotte arrivò per
la loro parte di mondo, e, scambiandosi dei baci affettuosi a vicenda, tutti e
tre sancirono un nuovo capitolo della loro vita.
Al solo pensiero, una
lacrima calda calò sulla sua guancia già arrossata e Sebastian gliela baciò.
«Tu e Grace siete il
regalo più bello che mi potesse capitare, Bloom. Grazie di cuore, amore»
le disse, continuando a baciare tutte le nuove lacrime di commozione che le
inondarono gli occhi.
Grace, ignara del momento
di gioia che aveva permesso di far vivere ai suoi genitori con la sua nascita,
continuò indisturbata a nutrirsi dell’amore con cui stava venendo alimentata.