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Autore: cassiana    25/12/2023    2 recensioni
Chi lo dice che Babbo Natale non esiste e che le streghe non festeggiano il Natale? In una notte incantata i fratellini Zebediah e Nathaniel si immergeranno in un mondo dove la realtà si intreccia con la magia, scopriranno l'incredibile verità dietro Babbo Natale e che la magia del Natale è tanto più vera quanto più siamo disposti a credere nei desideri del cuore.
Genere: Avventura, Fluff, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Kidfic | Avvertimenti: nessuno
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Titolo:Il Segreto del Natale
Fandom:Original Fantasy
Rating:G
Note:Questa storia partecipa l’iniziativa A CHRISTMAS OF SECRETS - NON SOLO SHERLOCK SECRET SANTA EVENT 2023@ Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom col prompt: Anche le streghe festeggiano il Natale. Soprattutto le streghe.
Warning: Christmas fluff, Brotp fluff, insomma fluff!
Sinossi: Chi lo dice che Babbo Natale non esiste e che le streghe non festeggiano il Natale? In una notte incantata i fratellini Zebediah e Nathaniel si immergeranno in un mondo dove la realtà si intreccia con la magia, scopriranno l'incredibile verità dietro Babbo Natale e che la magia del Natale è tanto più vera quanto più siamo disposti a credere nei desideri del cuore.




Il Segreto del Natale




È cosa universalmente nota che non si dovrebbe mai mettere il naso negli affari di una strega né tanto meno gironzolare nottetempo intorno a case dalla sinistra reputazione. Prendiamo quel cottage sgangherato ad esempio: emerso improvvisamente una mattina ai margini di Little Village Upon The River, nessuno riusciva a ricordare chi l'avesse costruito o da quanto tempo fosse lì. Il cottage, con le sue pareti scrostate e il tetto dall'aspetto malandato, sembrava essere fiorito dal terreno, trasudando un'aura di mistero e antichità. Le sue finestre avevano cornici storte e impolverate e la porta d'ingresso, leggermente inclinata, era tinteggiata in un verde logoro. Nonostante la sua malconcia apparenza, il cottage era intriso di un pittoresco fascino. Ghirlande di edera avvolgevano la sua struttura come trame di un vecchio racconto e un giardino selvaggio di fiori colorati cresceva intorno a esso, contrastando in modo sorprendente con il suo aspetto decadente. Il cottage era abitato, come era ovvio aspettarsi, da una vecchia megera scorbutica che amava in particolar modo scandalizzare gli adulti che transitassero nei pressi della sua casetta. Scandalizzati sì, ostili anche, ma non tanto dal non richiedere in privata sede un consulto, una cura o quel certo filtro. Eppure, Little Village Upon The River prosperava in modo singolare da quando il cottage era comparso, come se l'antica strega avesse portato con sé un tocco di magia che aveva permeato l'intera comunità.
Ora, era la sera del 23 dicembre e i fratelli Zebediah e Nathaniel Foster Ward, a dispetto delle voci circolanti sulla strega, avanzavano nella neve fresca che aveva coperto la contea quella mattina. Le ombre dei rami contorti degli alberi intorno alla radura tracciavano arabeschi enigmatici, che brillavano in modo inquietante sotto la luce della luna emergente. La radura, un'apertura nella selva, si svelava come un luogo dal fascino oscuro, con alberi possenti che sembravano custodire antichi segreti. Il silenzio che avvolgeva quel luogo conferiva alla scena un'atmosfera suggestiva, mentre la luna dipingeva disegni enigmatici sulla neve, trasformando la radura in un palcoscenico in attesa di rivelare i suoi misteri. Zebediah, il più vecchio e tozzo più dei due, portava una giacca logora ma resistente, mentre il suo sguardo audace scrutava l'oscurità con determinazione. Nathaniel, alto e slanciato nonostante avesse soltanto dieci anni, indossava un cappotto rattoppato ereditato dai precedenti abitanti della casa famiglia che li ospitava. Entrambi camminavano con passo deciso, pronti ad affrontare ciò che li attendeva nella radura misteriosa. I fratelli non erano, per così dire, i più svegli della cucciolata, ma ciò che loro mancava in arguzia lo compensavano con coraggio e un cuore generoso. La scelta di intraprendere un'impresa così audace quella sera aveva una spiegazione diretta. La casa famiglia che li aveva accolti dopo alcuni anni di vagabondaggio con la madre, era gestita da due gentili donne che rispondevano ai nomi di Mamma Claire e Sorella Grace. Non erano parenti, ma avevano condiviso un passato nelle amorevoli, seppur soffocanti, braccia della Santa Madre Chiesa.
I fratellini erano giunti sotto le cure affettuose delle ex consorelle poco più di due anni prima, quando Zeb aveva dieci anni e il fratellino Nat appena otto. Fin da subito, la loro diversità fisica aveva scatenato scherzi e prese in giro: il maggiore aveva infatti carnagione e capelli scuri, grandi occhi marroni e il naso a patata; il minore, magrolino era invece più chiaro, la pelle pallida punteggiata di lentiggini e i capelli biondo-rossastri. Se ne desumeva che se madre certa est, i padri decisamente erano alquanto diversi tra loro. Ma questa non era una tematica frequentemente discussa tra i fratelli, se non quando suscitava la curiosità talvolta indiscreta degli altri ospiti più grandi della casa famiglia. In particolar modo tre erano i ragazzi che trovavano divertente vessare i fratelli Foster Ward (il doppio cognome era stato un’impuntatura della madre: povera si, vagabonda anche, ma sempre con un’alta considerazione della propria dignità).
George, Rodger e Nicholas, i tre bulli della casa famiglia, contavano tra i quindici e i diciassette anni. In attesa con impazienza della maggiore età per lasciare la casa e trovare il loro posto nel mondo (un desiderio condiviso, sorprendentemente, anche dalle loro benefattrici), per il momento si accontentavano di tormentare i più piccoli, nonostante i continui rimproveri di Mamma Claire e Sorella Grace. E proprio a quel riguardo il pranzo era stato una piccola ordalia per Nat e Zeb. I bambini erano riuniti al grande tavolo da pranzo, Sorella Grace aveva guidato la preghiera e Mamma Claire aveva distribuito una zuppa leggera di castagne, funghi e legumi. Con voce materna, aveva intimato ai bambini di non precipitarsi come lupi affamati sulle scodelle, incoraggiandoli invece a condividere i propri sogni e desideri da scrivere nelle letterine a Babbo Natale. Quando era arrivato il suo turno con timidezza Zeb aveva confessato che avrebbe voluto trascorrere il Natale con la sua mamma e Nat aveva aggiunto sicuro con una vocetta squillante che lo avrebbe chiesto a Babbo Natale. L’affermazione aveva scatenato le risatine di Nicholas e Rodger. Nel frattempo, George, che si stava pulendo i denti con uno stecchino, colse l'occasione durante una distrazione di Sorella Grace e appuntò il gomito sul tavolo.

"E cosa vi fa pensare che Babbo Natale ascolterebbe degli sfigati come voi?"

Chiese con supponenza, puntando lo stuzzicadenti in direzione di Zeb e Nat. Il fratello più giovane irrigidì la schiena, stringendo i pugni e torcendo le labbra in una smorfia determinata, pronto a dare battaglia. Nel frattempo, l'altro ingoiò il groppo in gola, cercando di trattenere le lacrime e mantenere la sua compostezza di fronte al provocatore. Rodger si guardò intorno e si avvicinò maggiormente ai due appiattendosi quasi sul tavolo.

“Anzi, lo sapete che Babbo Natale non esiste, vero?”

Affermò con cattiveria, mentre i compari sghignazzavano.

“E’ una bugia!”

Saltò su Nat alzando la voce, Zeb lo trattenne per la maglia per non attirare l’attenzione.

“Davvero voi due credete ancora a Babbo Natale? Lo sanno tutti che non esiste!”
“Invece esiste e quest’anno esaudirà il mio desiderio!”

S’impuntò Nat sbattendo un piede a terra e provocando uno scoppio di risa da parte dei bulli. Anche qualche altro bambino li aveva sentiti e aveva iniziato a schiamazzare a favore dell’una o dell’altra tesi. Un forte rumore come di un pesante libro che cadesse sul legno interruppe la confusione. Era il metodo di Mamma Claire per intimare il silenzio, a poco a poco il clamore si placò e i bambini abbassarono gli occhi sui loro piatti, persino Rodger, Nicholas e George. La voce calda e materna di Mamma Claire riempì il silenzio affrontando la lettura del libro che aveva scelto per quella settimana. Dopo qualche minuto Sorella Grace fece il giro del tavolo distribuendo ora un sorriso ora una carezza. Si fermò all’altezza dei tre ragazzi più grandi e disse con tono severo e un accenno di compassione:

"Ragazzi, il Natale è un periodo di speranza e fede. È importante credere nei miracoli e mantenere viva la fiamma della sua magia."

Rodger e Nicholas guardarono il pavimento annuendo, George tirò su col naso in segno di sfida e si morse il labbro guardando fisso di fronte a sè. Con un sospiro appena percettibile Grace si avvicinò ai fratelli, un sorriso appena accennato sfiorò le sue labbra, poi li toccò con dolcezza sulla spalla.

"Abbiate fiducia nei vostri sogni. Non lasciate che nessuno ve li tolga."

Zeb e Nat annuirono, sentendo il calore della sua presenza. Ma naturalmente non poteva essere finita lì. Più tardi in camerata i bulli tornarono sulla questione, Zeb e Nat erano accoccolati nel loro lettino condiviso, ancora tormentati dalle loro parole.

"E se Babbo Natale non esistesse davvero?"

Sussurrò Nat. Zeb guardò suo fratello con determinazione:

"Noi dobbiamo dimostrarlo. Dobbiamo trovare un modo."

Fu allora che, improvvisamente, George, Roger e Nicholas entrarono nella stanza, vispi e maliziosi.

"Abbiamo un patto da proporvi - disse George con un ghigno - Se dimostrate l'esistenza di Babbo Natale, vi lasceremo in pace per sempre. Ma c'è una condizione."

Le candele tremolarono, creando ombre inquietanti sui loro volti.

"Dovete rubare il bastone magico di Babbo Natale. Solo così dimostrerete che è reale. E sappiate che il bastone è custodito nella casa della vecchia strega."

Il cuore di Nat batteva forte, ma Zeb annuì con determinazione:

"Lo faremo. Dimostreremo che Babbo Natale esiste e voi ci lascerete in pace."

I bulli si allontanarono ridendo, certi di avere tovato ancora ulteriore materiale per il loro divertimento. Ed eccoci qui, finalmente, dopo questo bel po’ di chiacchiere che ci troviamo la sera dell’antivigilia di Natale nei pressi di una casa malfamata, abitata da una strega ancora più famigerata in compagnia di questi stupidi, coraggiosi bambini. Nessun suono proveniva dalla radura, sembrava che ogni essere vivente stesse trattenendo il respiro. I fiati di Zeb e Nat si condensavano in piccole nuvolette affannose, mentre i ragazzini procedevano sul sentiero facendo scricchiolare la neve sotto i piedi. Zeb e Nat, armati di coraggio e fiducia, erano pronti a sfidare la notte e dimostrare l'esistenza di Babbo Natale. Si scambiarono sguardi determinati, mentre la luce fioca delle stelle sembrava illuminare il loro cammino, il calore delle parole di Sorella Grace si dissolse nella notte.

“Facciamo il giro da dietro, dovremmo riuscire a vedere senza essere visti.”

Suggerì Zeb in un debole sussurro, cercando di controllare la propria eccitazione. Nat tremando si limitò ad annuire. Dal cottage promanava un’aura inquietante che per un momento fece vacillare la volontà del più piccolo dei fratelli, Zeb lo intuì e avvolse saldamente le sue dita fredde intorno alla manina di Nat infondendogli così un po’ della sua fiducia. Il bosco era una fitta cortina sul retro della casetta, più volte i fratelli inciamparono sulle radici striscianti, come se gli alberi stessi si divertissero a farli inciampare. Il verso improvviso di una civetta li fece sobbalzare, ma il debole profumo del giardino fiorito giunse alle loro narici come a smentire tutto quel mistero e rincuorò i loro animi. Nat e Zeb fecero capolino a una delle finestre sul retro, la luce brillante si proiettava sulla neve e le assi erano scostate abbastanza da dare una buona visuale dell’interno. Ma subito Zeb si tirò indietro stropicciandosi gli occhi. Nat era rimasto in punta di piedi col nasino schiacciato sul vetro, un sorriso estatico gli allungava le labbra.

“Lo stai vedendo anche tu?”

Gli chiese Zeb con una punta di diffidenza nella voce, Nat non rispose, ma allungò la mano alla cieca per spronarlo ad avvicinarsi. Con lentezza il fratello maggiore tornò a guardare dentro, il cuore che gli martellava nel petto.

“George e gli altri non ci crederanno mai.”

Si limitò a sussurrare, ma Nat si strinse nelle spalle assolutamente rapito dallo spettacolo che si presentava ai suoi occhi. L’interno del cottage era decorato con festoni di sempreverdi, rami di vischio dalle brillanti bacche rosse, lampade disegnate con i simboli natalizi e candele rosse, verdi e bianche brillavano radiose, casette di ceramica addobbate a festa, statuine di omini di neve facevano il girotondo, da un lato incombeva un enorme albero di Natale addobbato di palline rosse e oro, festoni, campanelle, delicati fiocchi di neve di cristallo risplendevano rinfrangendo la luce delle candele. Nel caminetto, decorato da un grosso ramo d’abete da cui pendevano ancora piccole pigne dorate, ardeva un fuoco vivace.

"Guarda quanti dettagli! È come un sogno!"

Sussurrò Nat, i suoi occhi brillavano di pura meraviglia. Zeb concordò, gli occhi ancora più spalancati di fronte allo spettacolo magico. I dettagli curati, la calda luce delle candele, e la profusione di decorazioni natalizie facevano sembrare il cottage un luogo incantato.

"Non sembra affatto la casa di una strega malvagia."

Disse Zeb, sorpreso. Nat annuì, incapace di staccare gli occhi dalla scena. Era come se avessero scoperto un mondo segreto. L’attenzione dei fratelli fu catturata da una tavola imbandita con una profusione di bicchieri di cristallo dai preziosi profili dorati, tovaglie di raso rosso e piatti finemente decorati in un tripudio di eleganza natalizia; tutto era scintillante e magico, ma furono soprattutto gli aiutanti della strega a lasciare incantati i due bambini. Una grossa gatta calico, dall'aspetto regale, continuava a distribuire i tovaglioli, mentre un gatto nero più piccolo si muoveva con agilità tra i piatti e scambiava miagolii melodiosi con la lepre enorme che portava il cesto di pane. Gli scoiattoli, con la loro vivacità, aggiustavano gli ultimi dettagli nella sala festiva. Gli animali, lontani dalla visione tradizionale di creature selvagge, svolgevano compiti domestici con un'armonia sorprendente. I bambini erano così presi dallo spettacolo che non si accorsero di un fruscio dietro di loro e furono catturati da due nutcracker a grandezza naturale. Gli alamari delle loro giubbe verdi brillavano sinistramente sotto la luce delle stelle mentre trascinavano i fratelli all'interno del cottage. Zeb e Nat urlarono, cercando disperatamente di divincolarsi dalla presa ferma dei soldati di legno. I famigli della strega si fermarono per un breve momento osservando con occhi incuriositi i due piccoli umani che erano stati depositati a terra, ma ancora tenuti fermi dalla salda presa dei soldati. Una voce gracchiante si fece sentire da una porta:

“Bene, bene. Cosa avete catturato: due porcellini? Saranno perfetti come portata principale del pranzo di Natale!”

Nat e Zeb tremarono di paura per quelle crudeli parole non meno che per la voce tenebrosa. Quale fu la loro sorpresa nel vedere entrare una giovane avvolta in un abito scuro con ricami argentati che riflettevano la luce delle candele. I suoi capelli, di un nero corvino, erano raccolti in una cascata di ricci disordinati e il viso, illuminato da uno strano bagliore, emanava una bellezza misteriosa. Nonostante il suo aspetto affascinante, gli occhi di Hilda trasmettevano saggezza antica e uno sguardo penetrante che andava oltre l'apparenza. Un sorriso enigmatico si delineò sulle sue labbra mentre scrutava i due fratelli con un misto di curiosità e divertimento. Fece un cenno ai suoi guardiani di legno che lasciarono i bambini e si disposero all’attenti ai lati dell’albero decorato. Ogni dettaglio delle loro espressioni sui loro visi di legno finemente cesellati sembrava vibrare di un'energia misteriosa, con occhi che scrutavano attentamente l'ambiente circostante. Le lunghe spade, con impugnature scintillanti, erano tenute saldamente nelle loro mani: emanavano un'aria di potenza e autorità, ma gli sguardi severi si animavano con un tocco di gentilezza e saggezza.

“Ah, i fratelli Foster Ward. Tu devi essere Zebediah e tu Nathaniel, giusto?”

I due annuirono sconcertati e Nat in un impeto di audacia osò chiedere:

“Come fai a sapere i nostri nomi?”

La lepre squittì innervosita da tanta sfacciataggine, il gattino nero frustò la coda pronto a intervenire, ma Hilda li rabbonì con uno sguardo. Si tolse con calma il mantello decorato porgendolo con un sorriso alla gatta che lo appese a un piolo della porta:

“Sono una strega: è il mio mestiere sapere le cose. Mettetevi seduti, non sarete il nostro banchetto dopotutto.”

Cautamente Zeb sedette in punta di sedia, facendo cenno al fratello di fare altrettanto. Nat entusiasta esclamò:

“Non sembri affatto una vecchia e brutta strega!”

Zeb gli diede una gomitata:

“Cioè, mio fratello voleva dire…”

Fu interrotto da una risatina:

“Lo so cosa voleva dire. Una donna vecchia, brutta e scorbutica è meno spaventosa di una ragazza con strani poteri - la sua voce si abbassò - volevano darmi fuoco una volta.”

La luce vacillò per un momento mentre le fiamme danzavano purpuree nei suoi occhi in un bagliore inquietante. Gli scoiattoli squittirono, la gatta miagolò delicatamente strusciandosi alle gambe di Hilda, che dopo un attimo si riscosse:

“Giusto, giusto. Allora cari bambini vedo che avete scoperto il mio piccolo angolo di magia qui nel bel mezzo della foresta. Che vi porta a bussare alla mia porta in una notte così speciale?”

La sua voce, ora dolce e accogliente, contrastava con l'aura misteriosa che aveva proiettato poco prima. I fratelli Foster Ward si scambiarono uno sguardo incerto, incantati dalla trasformazione della giovane strega. Nat si grattò il naso intimidito Zeb si schiarì la voce:

“Noi dovevamo scoprire una cosa.”
“Vuoi dire che volevate rubare una cosa.”

Interpretò Hilda. Il gattino nero soffiò all’indirizzo dei fratelli, Nat piegò impaurito le gambe contro di sè, mentre Hilda fece una risatina e si chinò ad accarezzare il gatto.

“Tranquillo, nessuno sano di mente, adulto o bambino oserebbe rubare a una strega!”
“In realtà dovevamo solo portarlo a farlo vedere…ma te l’avremmo resituito, lo giuro!”
“Lo giuriamo!”

Aggiunse Nat. Hilda sedette e in breve tempo riuscì a farsi dire la verità dai due bambini che riuscirono a raccontarle l’intera storia interrompendosi e completandosi a vicenda. Anche i famigli sembravano ascoltare con attenzione: la gatta si era accoccolata sul grembo di Hilda e ronfava sonoramente ad ogni carezza, la lepre e il gattino nero erano insieme nella cesta davanti al fuoco, gli scoiattoli si erano con audacia accucciati sulle spalle dei bambini, uno per fratello, giochicchiando con i loro capelli e solleticando loro le orecchie, divertendosi alquanto nel frattempo!

“Siete dei cari ragazzi e molto, molto fortunati. Si dà il caso che stasera avremo un ospite molto speciale, chissà che non rimanga colpito dalla vostra storia.”
“Di chi si tratta?”

Chiese Zeb cercando senza successo di togliersi di dosso il suo scoiattolo. Hilda sorrise enigmatica e offrì invece loro del tè. Di nuovo i famigli si misero in movimento, la gatta e la lepre sparirono in cucina per tornarne con un vassoio. Hilda toccò con un dito la teriera di porcellana per scaldare l’acqua e tre tazze furono appoggiate sul tavolo. La lepre tornò con un’alzata colma di biscotti al burro, scones, marmellata di fragole e panna.

“Quanto zucchero?”

Chiese Hilda con la pinza apposita sollevata sul contenitore delle zollette:

“Cinque!”

Esclamò entusiasta Nat, mentre il fratello sollevava gli occhi al cielo e rispondeva per tutti e due:

“Due, per favore.”
“Non biasimare tuo fratello: ogni zolletta di zucchero è come un cucchiaio di dolcezza per un mondo più delizioso.”

Nat si avventò sugli scones e mentre si abboffava di panna e marmellata disse:

“Hey, lo dice sempre anche Sorella Grace questo!”
“In effetti, le somiglia un bel po’.”

Sussurrò Zeb che era il più osservatore tra i due fratelli e che ora riconobbe cosa ci fosse nell’aspetto della donna a essergli tanto famigliare. Ma non fece in tempo ad approfondire quel pensiero che un delicato scampanellio lo distrasse. Gli occhi di Hilda brillarono e sembrò che ogni cosa in casa si animasse di aspettativa gioiosa. I fratellini si guardarono sorpresi poi mollarono tutto sul tavolo e corsero alla finestra. Una slitta rossa era posata sulla neve, le renne raspavano con gli zoccoli o muovevano la testa facendo tintinnare le campanelle dei finimenti e facendo luccicare i brillantini sulle loro corna imponenti. Con un colpo poderoso la porta si aprì:

“Oh, oh, oh!”

Il fuoco ruggì nel caminetto, i visi legnosi dei soldati si aprirono in un sorriso, mentre gli animali si agitarono in un turbinio di squittii, miagolii e squeek di benvenuto. Anche Hilda si appressò alla porta. Aiutò Babbo a togliersi il pensante mantello rosso bordato di pelliccia bianca e appese il cappello insieme al suo mantello da strega. I bambini lo guardavano con un misto di stupore e reverenza, era proprio come se l’erano sempre immaginato: un omone dal volto rubizzo e il sorriso pronto, grandi ozzhi azzurri pieni di bontà, fluenti capelli e barba bianchi. Sedette in poltrona e accettò di buon grado la tazza da tè che Hilda gli porgeva.

“Per me cinque zollette di zucchero, cara.”

Nat scoppiò a ridere dando di gomito a uno stupefatto Zeb e Hilda sorridendo immerse a una a una le zollette:

“Ogni zolletta di zucchero…”
“...rende il mondo più delizioso - concluse Babbo Natale - e come sta la tua cara sorella?”

Hilda si strinse nelle spalle:

“Dovresti chiedere a questi due monelli, penso che loro ne sappiano molto più di me.”

I fratellini erano rimasti ammutoliti fino a quando Zeb si riscosse e con un filo di voce esclamò:

“Pensavo che le streghe non festeggiassero il Natale.”
“Oh, che idea bislacca: anche le streghe festeggiano il Natale. Soprattutto le streghe. Chi pensi che altrimenti mantenga viva nel mondo la magia per far volare le mie renne?”

Zeb non rispose, ma si tirò il ciuffo sugli occhi come a nascondersi, Nat più intraprendente si era accoccolato ai piedi di Babbo. Hilda continuò a sorbire il suo tè. Babbo Natale tirò fuori da una delle sue capienti tasche fatate una lettera e si mise dei piccoli occhialini a mezzaluna sul naso:

“Da quel che vedo qui avete espresso una richiesta molto specifica.”

Il cuore di entrambi i bambini iniziò a battere furiosamente mentre Babbo li guardava severo e chiese loro:

“Pensate di esservelo meritato?”
“Siamo stati buoni!”

Esclamò con veemenza Nat. Hilda si voltò verso Babbo denunciando le malefatte dei fratellini:

“Sono scappati di casa, hanno raccontato una bugia e volevano rubare qualcosa che custodisco in questa casa. Qualcosa di tuo.”
“Noi volevamo solo vedere la mamma. Per favore.”

Perorò Zeb prendendo per mano il fratello che aveva gli acquosi occhioni sgranati. Babbo sorrise con bonomia ai bambini e allungò la mano carezzando delicatamente le loro testoline.

“Oh, Hilda: è per una buona causa dopotutto. Sarò vecchio, ma non tanto da dimenticare cosa significa un cuore puro e nemmeno tu dovresti. Tua sorella di sicuro non l’ha fatto.”

Hilda si limitò a sollevare gli occhi al cielo. Nel frattempo si formò brevemente nelle menti dei bambini l’immagine di un giovane uomo possente che camminava tranquillo tra i boschi, indossava sul petto nudo un mantello verde decorato da agrifogli dorati e bordato di ermellino bianco e sul capo un grande palco di corna di cervo da cui pendevano innumerevoli campanellini che tintinnavano delicati a ogni passo. Aveva per mano due bambine che lo guardavano estatiche.
Presto, così come si era formata, quell’immagine sparì lasciando nei cuori di Nat e Zeb un sentimento di stupita consapevolezza. Babbo tornò a sorbire il suo tè, imitato da Hilda che sedeva composta nella poltroncina accanto a lui. Il gattino nero si era arrampicato sulle gambe di Babbo facendo le fusa e gli scoiattoli e la lepre sedevano sulla spalliera e il bracciolo della poltrona, mentre la gatta sonnecchiava ai suoi piedi. Sembrava quasi un nonno che raccontasse favole ai nipoti. Sorbito l’ultimo sorso di tè Babbo si mise le mani sulle ginocchia e fece per alzarsi. Con precipitazione Hilda posò anche lei la sua tazza e si alzò esclamando:

“Te ne vai di già?”
“Sai che ho molte altre streghe da visitare, cara Hilda e non solo. Il tempo scorre in fretta quando ci sono tanti cuori da accontentare.”
“Lo so - la strega abbassò il capo - solo, speravo di poter trascorrere un altro po’ di tempo insieme.”

Babbo allungò le labbra in un sorriso sotto la barba e diede una carezza paterna ai capelli di Hilda:

“Anche io. Ma forse c’è ancora un’altra persona a cui vuoi bene con cui vorresti trascorrere questi giorni di festa - poi si rivolse ai due bambini che lo guardavano con occhi imploranti - Non mi sono dimenticato di voi! Mantenete sempre i vostri cuori aperti alla meraviglia e alla fede nell’amore.”

Si chinò a baciare ognuna delle loro fronti che brillarono per un momento in un alone dorato. Subito Nat e Zeb si sentirono pacificati e pieni di speranza, tuttavia Zeb aggrottò la fronte:

“Come faremo con George, Rodger e Nicholas? Non ci crederanno mai!”
“Non preoccuparti di quei bulletti. A loro ci penserò io.”

Lo rassicurò la strega con un sorriso malizioso.

Finalmente era arrivata la mattina di Natale, il sole scintillava nel cielo e ai bambini fu concessa una lunga sessione di giochi nella neve mentre Mamma Claire e Sorella Grace si affaccendavano in cucina. Il pranzo si trasformò in un tripudio di risate e racconti edificanti, grazie al generoso dono di un benefattore che permise a tutti di condividere il delizioso tacchino farcito. Il budino di Natale, con la sua squisita dolcezza, chiuse degnamente il festoso banchetto. Zeb era pensieroso, sebbene avesse vissuto una meravigliosa avventura e aveva conosciuto addirittura Babbo Natale in persona non era proprio sicuro che sarebbe riuscito a esaudire il suo desiderio. Nat invece era convinto che presto avrebbero rivisto la mamma:

“Io credo in Babbo Natale, sono sicuro che riuscirà a mantenere la promessa!”

Aveva sussurrato a Zeb mentre s’infilava una grossa cucchiaiata di budino in bocca. Stranamente nessuno dei loro persecutori aveva fatto cenno al loro patto, continuavano a guardarsi tra loro e si comportavano in modo incredibilmente gentile. Forse Hilda aveva fatto loro visita per davvero e chissà cosa gli aveva detto (o fatto!).
Erano tutti sotto l’albero a scambiare piccoli doni creati con le proprie mani e cantare carole quando lo scampanellio della porta interruppe i festeggiamenti. Mamma Claire andò ad aprire e introdusse con un enorme sorriso una donna. Alta e avvolta in vesti fluide dai colori vibranti, trasudava l'atmosfera rilassata e creativa degli spiriti liberi. I suoi lunghi capelli ondulati e adornati da accessori floreali si mescolavano con la leggera fragranza di incenso che aleggiava nell'aria. Indossava un’ampia gonna a stampa etnica e una cascata di bracciali colorati tintinnava armoniosamente ad ogni suo movimento. Il suo sguardo, sereno e profondo, rifletteva una saggezza acquisita attraverso viaggi e esperienze.

“Grazie Mamma Claire di occuparti dei piccoli, i miei viaggi mi hanno riportato in questi luoghi e volevo abbracciare i miei bambini.”
“Mamma, mamma!”

Zeb e Nat mollarono tutto quello che stavano facendo e corsero ad abbracciare la madre. Anche gli altri bambini si strinsero intorno a loro e Mamma Claire guardava con occhio benevolo. La mamma di Zeb e Nat si unì ai festeggiamenti, raccontando storie di paesi lontani e insegnando loro altre canzoni. Mentre tutti erano impegnati Sorella Grace fu l’unica a udire un leggero picchiettio alla porta posteriore e incuriosita e pensierosa andò a vedere di chi potesse trattarsi. Alla porta c’era una vecchia donna infagottata in un mantello dall’aria logora, l’espressione truce, i capelli grigi spioventi sul viso affilato e tuttavia un calore divertito ingentiliva i suoi grandi occhi marroni.

“Qualcuno ti manda queste.”

Annunciò con voce gracchiante porgendo ad un’alquanto sorpresa Sorella Grace un grosso vaso di cristallo colmo di zollette di zucchero che emanavano un bagliore dorato.

“Ci vuole sempre un po' di dolcezza nel mondo.”

Aggiunse facendole l’occhiolino. Grace le osservò per un momento incantata e quando sollevò lo sguardo la vecchia si era già voltata per andarsene per la sua strada. Sorella Grace disse:

“Aspetta! Ti voglio bene anche io.”

Si appoggiò con un sorriso allo stipite della porta coccolando al seno il vaso e aggiunse:

“Sorella.”

Qualcuno la richiamò dentro, chiuse la porta e si affrettò a raggiungere gli altri.
   
 
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