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Autore: crazyfred    26/12/2023    1 recensioni
Qualche mese dopo la fine dei fatti di Contro Ogni Ragionevole Previsione, ritroviamo i personaggi del clan "Albelli" (Alberici e Bonelli) nel vivo delle festività natalizie. Piccoli drammi familiari, battibecchi e tanto tanto amore per Alex e Maya alle prese con il loro primo Natale insieme.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
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A Merry Albelli Christmas - Capitolo 1

 

“Non ho capito ancora perché i tuoi suoceri non vengono a cena stasera” domandò Matilde mentre, con i guanti bianchi lucidava la cristalleria prima di metterla sul tavolo della sala da pranzo. Maya, forse per la prima volta in vita sua, era ben contenta di aiutarla: ora che c’era Alex, finalmente si era materializzato un posto per lei dal lato adulti della tavolata, lontana da Leone e Filippo, i nipoti di Ruggero. “Perché a differenza vostra sono delle persone estremamente abitudinarie e tradizionaliste” spiegò a sua madre “per loro la vigilia e il Natale si passano in famiglia” “Ma qui siamo in famiglia…”
Quello non poteva negarlo nessuno: Ruggero e Matilde erano in grado di far sedere alla stessa tavola Carlo d’Inghilterra e lo spazzino di Campo de Fiori e far sentire entrambi a loro agio, ma non era quello il punto; per Cesare e Maria il Natale aveva delle tradizioni inamovibili … dai soldi nascosti sotto al piatto dei nipoti – i quali avrebbero dovuto fingersi puntualmente sorpresi – alla tombolata prima della messa di mezzanotte e naturalmente le ventimila portate da consumare a ciclo continuo dalla vigilia fino a Santo Stefano.
“Maria non ha uno chef personale come te …” “Cos’hai da ridire sulla mia cucina?” Ruggero sbucò fuori dal nulla, complice l’oscurità del corridoio che portava in cucina, con il grembiule a coprire un gilet di lana dal taglio tirolese che, a cena, avrebbe abbinato alla tradizionale giacca di loden verde che forse aveva anche più anni di lui. A Maya piaceva pensare che fosse uno di quei cimeli di famiglia che amano tramandarsi nelle casate nobili, come le decorazioni natalizie o i piatti e l’argenteria. La sua teoria era stata corroborata dai figli di Ruggero, i quali avevano confermato che, da quando ne avevano memoria, quella era la “divisa” paterna durante le feste di Natale. Erano quelle piccole cose che rendevano le lunghe giornate delle feste più tollerabili quando era la pecora nera di famiglia, ora invece erano il pepe di un periodo stressante, ma tutto sommato piacevole. “I miei gamberoni al cognac sono leggendari” continuò l’uomo, impettito, tirando un decanter fuori dalla vetrinetta.
“E non solo quelli” lo adulò Maya, ma era sincera: il cenone della vigilia era l’highlight culinario delle feste. Quando si era posto il problema di overbooking per le feste non c’aveva stato il minimo dubbio: il 24 a Grottaferrata e per il resto poteva anche decidere tutto Alex.
Ora che ci pensava, era stato stranissimo quando una sera, con nonchalance, mentre stavano sul divano dopo cena a rilassarsi dopo il lavoro, Alex le aveva chiesto cosa avrebbero fatto a Natale. Fino a quel momento, non ci aveva minimamente pensato: avevano fatto l’albero insieme, anche Giulia li aveva aiutati e per l’occasione aveva preparato anche gli omini di pan di zenzero e il sidro di mela caldo che forse era un po’ eccessivo per il Natale a Roma ma aveva profumato tutta casa di Natale …cannella, chiodi di garofano, arance … era quasi troppo perfetto; quando però aveva realizzato che essere insieme significava anche programmare quei giorni di festa qualcosa l’aveva colpita dentro, come una freccia che fa centro in pieno petto. Non che non si vedesse come una coppia ormai stabile con Alex, ma era un passo avanti enorme per la loro relazione, non paragonabile a niente che avevano vissuto fino a quel momento.
“Mi dispiace che non ci sarai domani, tutto qui” sospirò Matilde, mentre aspettava che la figlia le passasse i piatti da disporre sul tavolo. Non era una novità che qualcuno dei figli mancasse a Natale: Lavinia era un medico, Lorenzo per anni aveva vissuto all’estero; ma quell’anno si respirava un’aria diversa e tutti attorno a lei sembravano volerne godere appieno. “Mamma lo abbiamo già fatto questo discorso. Qui la vigilia e domani dai miei suoceri. Con i figli che stanno con la madre, Alex ha diritto a passare il Natale almeno con i suoi. E poi ci rifacciamo a Capodanno, l'ho promesso…”

Preparato il tavolo, la giovane se ne andò a sedere in salotto su una delle poltrone bergère in velluto rosso, davanti al camino acceso. Lì, su un piccolo tavolino, l’aspettava una tisana zenzero e limone che quel cuoricino di Ruggero aveva lasciato per qualche minuto in infusione; accanto alla tisana, aveva sistemato anche un vassoietto con i dolcetti tipici che un collega viticoltore gli aveva recapitato - e con quello si era andato a far benedire ogni proposito di mantenersi leggera per la cena. Era stata una lunga giornata: lei e Alex erano andati al lavoro con i regali e un trolley con il necessario per cambiarsi già nel bagagliaio; dall’ufficio, a fine giornata, erano poi andati direttamente a Grottaferrata in gran fretta per far contenta sua signoria Matilde Gaetani che, a differenza di Maria Bonelli, non aveva poi così grande bisogno di una mano per i preparativi, ma era pur sempre sua madre e le voleva bene anche quando andava sull’orlo di una crisi di nervi senza apparente motivo. 
Sorseggiando l’infuso caldo Maya ripensò a quello che le aveva detto Olivia quando, invitandola a passare l’ultimo dell’anno con lei a Cortina – dopo che l’anno prima le aveva dato buca – Maya aveva declinato ancora una volta l’invito spiegandole che avrebbe passato la notte di San Silvestro in famiglia. “Le feste in famiglia sono l’anticamera del matrimonio, Maya, occhio a pacchettini piccoli sotto l’albero quest’anno!”
Ovviamente l’amica scherzava, tra di loro il sano sfottò era all’ordine del giorno, ma era vero che le cose stavano diventando sempre più “strette” tra le loro famiglie. Non aveva mai la sensazione di correre o bruciare le tappe, anche quelle feste si stavano svolgendo nell’ordine naturale delle cose, ma avrebbe voluto che il tram tram della vita quotidiana non le lasciasse così poco tempo per fermarsi ad apprezzare quello che stava accadendo come avrebbe meritato: quando si fermava, come in quel momento, si sentiva travolta da una valanga di emozioni positive, forti e potenti che era difficile riuscirle incamerarle tutte insieme.

“Ma dov’è finito Alex?” le domandò il patrigno, entrando in salotto senza che lei se ne accorgesse e facendola sussultare “l’ho mandato a prendere del vino in cantina, mica a fare la vendemmia” “È andato giù con tuo figlio, si saranno persi in chiacchiere…”
Il figlio in questione, Roberto, era il primogenito di Ruggero ed era tornato per feste dalla Svezia dove viveva con la sua famiglia: era un ingegnere e tutto quello che aveva imparato dal padre sulla terra era rimasto per lo più una passione; Ruggero continuava a sperare che un giorno potesse continuare la sua attività, oltre che la casata, ma sarebbe stato più saggio riporre speranze su Angelica, sua figlia, agronoma di professione, che però aveva deciso di crearsi una strada altrove, lontano dal padre. Un giorno, forse, sarebbe tornata ad occuparsi di casa sua: per ora stava bene dove stava, anche lei all’estero, in Germania.
“Siamo qui, papà, tranquillo!” esclamò Roberto, esibendo con aria trionfale assieme ad Alessandro le bottiglie che avevano selezionato. I due uomini si erano immediatamente presi, forse anche grazie agli interessi comunque e all'età simile. “Siete andati in cantina, mica a fare la spedizione dei mille!” li prese in giro Matilde, spuntando dal corridoio “e che avete preso? Un nero? Mangiamo pesce questa sera” “Questo non è un nero … è un pinot” la ammonì il genero “andrà benissimo con la bouillabaisse di Ruggero” “Finalmente qualcuno che parla la mia stessa lingua in questa casa”
Matilde scosse la testa. “Ma non potevi cucinare una cosa più semplice?” “E senza la mia zuppa tu quando la usavi la zuppiera di mia nonna che tanto ti fa impazzire?” E anche quella era una delle tradizioni di Natale che potevano essere spuntate dall’elenco di Maya, perché non c’era un Natale dalla principessa Torlonia che non prevedesse una frecciatina tra Ruggero e Matilde: sua madre non amava cucinare, da piccoli in casa c'era la governante che faceva anche da mangiare e le evitava di ‘perdere tempo’ in cucina e ora con Ruggero aveva fatto proprio bingo. Lei apprezzava, lui adorava che lei apprezzasse, ma si punzecchiavano comunque, ogni volta.
“Ma mia sorella non è ancora arrivata?” domandò Roberto. “No…Lollo ha chiamato un quarto d’ora fa e ha detto che il treno era appena arrivato” spiegò Matilde “il tempo di passare a prendere anche Lavinia e Philippos e saranno qui in un’oretta” “Ah, già dimenticavo che non ho una sorella normale. Da non credere che preferisca fare 12 ore di treno piuttosto che prendere l’aereo” “Ce n’è una in tutte le famiglie…noi abbiamo Lavinia: non ha l’auto per non inquinare, ma scrocca sempre passaggi a destra e sinistra” “Maya! Non essere severa con tua sorella, con quello che le passa lo Stato in ospedale…” “Ma’ è un medico, non vive sotto i ponti e lo sai pure tu, non incominciare a difenderla!” “Ragazze! È Natale!!!” le fermò il padrone di casa, prima che iniziasse il botta e risposta tra mamma e figlia.
“Meno male che era la mia famiglia quella casinista” sussurrò Alex all’orecchio di Maya, chinandosi su di lei per posarle un bacio sul collo, approfittando della privacy che lo schienale alto della poltrona offriva e poi, con un gesto fluido, sgraffignare un dolcetto da piccolo vassoio. “Non ho mai detto che la mia fosse fatta di statue di cera…è proprio come la tua, solo con una casa più grande a disposizione e le porcellane dell’800. Comunque…non pensare a rubarmi baci e dolcetti” concluse, ridacchiando al compagno che sgranocchiava un ricciarello con aria furba e compiaciuta “alzati da qui che è ora di andarsi a preparare!”

“Allora Lavinia, prima mi stavi dicendo che state cercando casa…” a tavola, Angelica tirò fuori uno degli argomenti principali di conversazione degli ultimi tempi tra gli Alberici: Lavinia sarebbe andata a convivere con Philippos. Tra loro due e Maya che aveva fatto entrare Alex in famiglia con tutti gli onori, Matilde era irrefrenabile: il nomignolo di Mrs Bennet era tornato di gran moda, a sua insaputa, tra i suoi figli. Alla sola parola casa, infatti, Matilde si era quasi messa sull’attenti, con le orecchie come due antenne, pronta ad elargire commenti e pareri. “Ah sì, il cohousing era una buona soluzione … checché ne dica mia sorella” spiegò, puntigliosa, notando che Maya aveva alzato gli occhi al cielo, in disappunto “ma ora con un compagno è tutto diverso, abbiamo bisogno della nostra privacy. Solo che Roma è una giungla a livello immobiliare, non ne usciamo. E Lorenzo ci ha detto di non comprare” “Non è vero!” si difese il fratello “Vi ho semplicemente detto di preparavi psicologicamente all’idea di pagare un mutuo da qui a trent’anni se vi va bene” “Li hai uccisi insomma…” commentò Alessandro, ridendo strategicamente dietro il tovagliolo. 
Philippos spiegò diplomaticamente che era importante per loro rimanere vicino al lavoro, continuando a spostarsi con i mezzi pubblici il più possibile.
“Se solo le mie figlie mi ascoltassero una volta che fosse una…” sospirò Matilde, passando un pezzettino di pane alla sua cagnolina Bianca che lo reclamava da sotto il tavolo “avevano trovato un appartamentino a Balduina che era un bijou” “A parte che lo avevi trovato tu, non noi… e poi mamma ok che siamo medici, ma toglierci un rene per pagare l’affitto mi sembra un tantino estremo” ironizzò la figlia “non abbiamo bisogno di certo bisogno della piscina condominiale”  Angelica comprese di aver percorso un sentiero alquanto minato e si sentì in dovere di virare l’attenzione via da Lavinia. “E invece voi, Maya? Non mi dite che siete una di quelle coppie LAT che vanno tanto di moda oggi…” “Una coppia che?” domandò Ruggero. “Living apart together” spiegò Alex “tempo fa ne abbiamo parlato anche su Roma Glam ... comunque decisamente no, non siamo una di quelle coppie" No, non era per quello che il grande passo della convivenza stava ancora aspettando. “Diciamo che abbiamo bisogno di un collaudo un po’ più lungo del normale nella nostra situazione” tagliò corto Maya. 
La loro situazione era molto semplice in verità e Maya non ne faceva mistero con nessuno: vivevano la loro quotidianità come una qualsiasi coppia di fatto, tra Testaccio e Borgo Pio, come capitava; con il divorzio di Alessandro ancora in corso e la sentenza che tardava ad arrivare, nessuno dei due aveva sentito la necessità di andare oltre, inoltre vivere insieme significava ospitare i ragazzi ogni due settimane ed era una cosa che non si poteva imporre loro dall’oggi al domani. C’erano tante cose da considerare, progettare e cambiare prima di poter vivere sotto lo stesso tetto in pianta stabile.

Dopo cena, la famiglia si era spostata in salotto per giocare a carte o a biliardo e parlare accompagnandosi con un liquore e i sigari per gli uomini. I bambini invece erano stati spediti come sempre nella vecchia stanza dei giochi: anche se nell’arredamento era rimasta praticamente ferma all’infanzia dei loro bisnonni, Thyra, la moglie di Roberto, con la sua incredibile pazienza da maestra d'asilo, riusciva ogni anno ad inventare dei giochi a tema per intrattenerli finché non fosse ora di andare a dormire: a vedere i preparativi per l’arrivo di Babbo Natale, con il vassoio di biscotti, il latte e le carote per le renne, Alessandro non poté fare a meno di pensare alla sua bambina e a quanto le sarebbe piaciuto preparare il cibo speciale per gli elfi – fiocchi d’avena e polvere magica …ovviamente. 
Così aveva approfittato di quel momento di relax per una telefonata ai figli, che erano andati con la madre e i nonni in montagna.
“Giulia che hai?” indagò Alex. “Niente…” mugugnò la piccola. “Come niente? Si vedono gli occhietti lucidi anche dal telefono!” confermò Maya, anche lei apprensiva. “Sono solo stanca” “Allora vai a dormire” la spronò il padre “prima che Babbo Natale passi, non devi assolutamente vederlo altrimenti non lascia il regalo per te, hai capito?” 
La bambina, strofinando gli occhi già arrossati, annuì e salutò il padre e la compagna mandando loro un bacio con la mano e lasciando il telefono nelle mani del fratello maggiore. “Che ha fatto tua sorella?” domandò Alex a Edoardo, mentre il ragazzo si allontanava da Giulia e dal caos della sala da pranzo della casa di Roccaraso dove la famiglia di Claudia si riuniva ogni anno per Natale. “Ma niente…era arrivata ad un numero dalla tombola ma poi ha vinto Asia...” “Ah ci sono anche i cugini di mamma quest’anno? Beh almeno non siete soli…” “Almeno non c’è il nonno di mamma” “Edooo!” lo rimproverò Maya, senza però nascondere l’occhiolino e un sorriso complice “almeno evita di farti sentire...” “Maya ma pure tu ti ci metti?!” la riprese il compagno, al quale rispose con una linguaccia impertinente, mentre le risate del ragazzino riecheggiavano dall’apparecchio.
Il nonno di mamma, come lo aveva ribattezzato Edoardo (quando era di buona vena, altrimenti era molto brevemente quel cesso), era Bruno, il nuovo compagno di Claudia. A differenza di Alessandro e Maya, Bruno e Claudia avevano deciso di non passare il Natale insieme, ma sarebbero partiti per festeggiare il Capodanno non si era ben capito dove appena i ragazzi fossero tornati dal padre. La versione ufficiale era che anche Bruno doveva passare il Natale con i suoi figli, ma la verità Alessandro la sapeva bene ed era venuta neanche a dirlo da quella bocca della verità in miniatura che era la sua bambina: Bruno mal sopportava Edoardo e Giulia. Lui, ormai in procinto di andare in pensione, non era più abituato ad avere in giro ragazzini nel pieno delle turbe ormonali adolescenziali o bambine scatenate - Maya si era quasi strozzata con lo spritz che stava bevendo quando aveva partecipato a quell’assurdo aperitivo di presentazione per cui Claudia aveva insistito tanto e il tizio le aveva detto di avere una figlia della sua età: non si poteva pretendere che uno che era più vicino a diventare nonno che a fare il padre avesse entusiasmo da vendere nei confronti di Edoardo e Giulia che erano due ossi duri anche per lei.
I tre chiusero la telefonata mandando gli auguri anche a Claudia che era apparsa brevemente, con Giulia tra le braccia che era finalmente crollata, per un saluto di circostanza.
“Ci pensi che tra poco sarà il nostro primo Natale assieme?” domandò Alex, accarezzando una gamba di Maya, velata da un collant nero. Sua sorella l’aveva presa in giro per quella minigonna in tartan rossa per tutta la sera, ricordandole della solenne promessa fatta qualche anno prima di non indossare mai il rosso a Natale e Capodanno, che faceva tanto mainstream. Non poté fare altro che ridere con lei: la Maya di Viale Parioli ne diceva di cazzate. “Tecnicamente è già il nostro primo Nata-” “Noooo!”
Dal divano, dove si erano appartati, Maya ed Alex si alzarono di scatto verso il tavolo verde da cui provenivano gli schiamazzi e dove tutta la comitiva era riunita. Lorenzo rideva come un matto, Ruggero batteva le mani e Lavinia, con le mani sulla bocca, sembrava più che altro sotto choc. “Che succede?” domandò la ragazza, avvicinandosi, perplessa. “La cosa peggiore possibile” decretò Lavinia, telegrafica. “No, cioè Maya, non puoi capire, vieni a vedere” la incitò suo fratello.
Al tavolo erano seduti Matilde, che aveva di fronte a sé Laura, la moglie di Roberto, e Philippos che era evidentemente in squadra con Roberto. Maya non aveva mai imparato a giocare a brigde – in realtà sì, ma per sua madre la pensava diversamente – ma sapeva riconoscere quello che vedeva sul taccuino dei punteggi: la coppia di Roberto e Philippos aveva appena battuto quella di Matilde e Thyra. Nella storia dei Natali alla villa non era mai praticamente successo prima, non a bridge quantomeno: si ricordava una Scala40 vinta da Lavinia nel 2016 con Matilde che aveva partecipato comunque al cenone della vigilia nonostante la febbre a 39.
Era devastata, e i suoi figli lo sapevano bene, lo vedevano nei suoi occhi, anche se le circostanze e la sua buona educazione le imponevano contegno.
“E meno male che non sapevi giocare!” commentò, alla fine, con compostezza molto british. “Fortuna del principiante, Matilde" si giustificò Philippos “e poi non è troppo diverso da un gioco di carte greco" Lavinia gli tirò allora un piccolo colpo sulle spalle, una specie di TACI espresso a gesti in un momento in cui era meglio non dire altro. “Si vede che Alessandro allora è fortunato in amore…” soggiunse la donna, stizzita e chiaramente sorvolando sull’offesa che aveva arrecato al suo gioco di carte preferito “non si è mai permesso di vincere contro di me"
Alessandro avrebbe voluto contraddirla, ricordandole che avevano giocato insieme un paio di volte perché praticamente costretto. Matilde non aveva nulla contro il compagno della figlia, era un bravo ragazzo con una solida carriera e di sani principi, e non era assolutamente una questione di mariti e buoi dei paesi tuoi, ma semplicemente spariva quando Alessandro era nei paraggi, era più forte di lei. “Non mi permetterei mai” rispose l’uomo, nonostante Maya gli chiese, sottovoce, di non incoraggiarla. “Ecco, bravo”
Il povero Philippos, dopo quella bravata, passò il resto del tempo in silenzio, contrito; Alessandro e Lorenzo provarono a tirargli su il morale, offrendo sigari e brandy, ma ormai il danno era fatto e soprattutto era dispiaciuto che Matilde si fosse giocata la vigilia…e forse pure il Natale.
Per smorzare i toni e per frenare le crisi al limite della ludopatia della madre, Lavinia tornò a parlare dei suoi progetti di coppia, nella speranza di distrarla e farle risalire il morale. “Nella nostra situazione ci vorrà un sacco per mettere d’accordo tutti” spiegò “i suoi nemmeno li conosco, non sono conservatori ma a quanto pare ci tengono che il figlio alla fine si sposi con rito greco ortodosso…insomma penso che dovremo armarci di pazienza per fargli capire che potrebbe non essere possibile” “Di dove hai detto che è Phil?” “Patmos” “Oh beh, un matrimonio su un’isola greca io però non lo scarterei…” le confessò Maya. “E infatti io mi chiamo Lavinia, non Maya” la sorella minore le fece una smorfia insolente ma divertita “sono innamorata, ma la mia ragione funziona ancora benissimo. Una cosa alla volta.” “Mi sarei stupita del contrario! Tu sei quella che Maya pensaci, Maya stai attenta, Maya non ti pare di star correndo troppo…ah, l’amore!” “Eddai Maya ora non fare la stronza!” “Scusate, ma è più forte di me! Non riesco ad essere seria e sdolcinata a lungo…mi sale la glicemia” “Tu hai qualche rotella fuori posto, l’ho sempre pensato…”
A fine serata, nonostante l’insistenza di Matilde perché restassero a dormire alla villa, Alex e Maya tornarono a Roma. C’era un argomento che l’uomo avrebbe voluto affrontare una volta a casa, ma la sua lentezza nel trovare le parole giuste per affrontarlo gli fecero perdere il momento opportuno e Maya aveva finito presto per addormentarsi; non c’era però da biasimarla, erano quasi le due di notte e avevano avuto entrambi una giornata lunga e movimentata. La verità era che lui era un inguaribile paranoico del kaiser: lo era per natura, ma dopo l’incidente di percorso che c’era stato tra loro due era peggiorato: ora stava perennemente con le antenne ben sintonizzate per carpire anche la minima insofferenza di Maya. Le pratiche del divorzio procedevano purtroppo a rilento; le richieste della donna erano inconciliabili con quelle di Alessandro e non riuscivano a trovare un punto di incontro, a differenza di quanto era accaduto per la separazione: erano finiti in tribunale e questo aveva allungato i tempi a dismisura e aveva convolto anche i figli – esattamente ciò che Alessandro non avrebbe mai voluto che accadesse. Maya gli era sempre vicino, non aveva mai smesso di fargli sentire il suo supporto, persino quando era necessario che facesse un passo indietro. Forse – anzi quasi sicuramente – era solo la sua testa a farsi pippe mentali, forse erano solo i suoi sensi di colpa che gli restituivano una sensazione sbagliata, ma non sarebbe stato strano se Maya avesse avuto voglia di qualcosa in più che, al momento, lui non poteva darle; una notte, però, non cambiava la situazione e poi tutto era pronto.

Il mattino dopo, nella camera da letto ancora al buio, la sveglia risuonò da un cellulare. Alex sentì Maya scendere giù dal letto in men che non si dica, senza nemmeno dare a lui il tempo di capire dove fosse, che giorno e che ora fossero e forse persino chi fosse lui stesso. “Avevi dimenticato di toglierla?” borbottò, stiracchiandosi nel letto. “No, no…è ora, dormiglione! Buon Natale!” Di buona lena, Maya aprì le persiane delle finestre, lasciando entrare la luce bianca e opaca di un mattino di Natale fino a quel momento nebbioso e umido, in una parola orribile. “Ma…ma che ore sono?” “Le 9.30, abbiamo dormito pure troppo” gli disse, rimontando sul letto per stampargli un bacio su una guancia e, dispettosa come un elfo, togliergli le coperte di dosso. Tutto ciò che Alessandro poté fare a quel punto, mentre Maya usciva dalla stanza di ottimo umore a discapito dell’ora e della serata di baldoria fino a tardi, era alzarsi anche lui e raggiungerla nella zona giorno. Forse non tutti i mali venivano per nuocere, pensò, non appena le sue sinapsi si attivarono: era talmente spensierata che quello che non era riuscito a fare la sera prima sarebbe di sicuro andato a buon fine.
“Ti dispiacerebbe spiegarmi perché ci siamo alzati alle così presto?!” Il tono sarcastico della domanda, che a Maya non passò inosservato, lo salvò da morte certa: quello, e un aspetto ancora arruffato che lo rendeva tremendamente carino e coccoloso agli occhi della giovane. L’uomo si avvicinò all’isola della cucina, dove Maya era intenta tagliare delle fette di pandoro, mentre sul fornello più piccolo c’era un bricco con del latte e la moka era sul piano pronta perché Alex potesse prepararla come piaceva a lui; posò un bacio veloce sul collo della donna che sfiorata dalla barba appena accennata fu attraversata da un brivido piacevole lungo la schiena. “I miei ci aspettano per pranzo, mica per colazione!” “Per farmi dire da tua sorella che mi sono presentata solo per mangiare? Ma non se ne parla proprio…”
A Maya avrebbe fatto davvero piacere poter dire che i rapporti con Anna erano migliorati, ma non era così. Non la osteggiava, ma se poteva trovare un difetto in ogni cosa che faceva era al settimo cielo. “Ma non c’entri tu, Anna fa così con tutti” Alex ormai s’era rassegnato: sua sorella aveva un carattere di merda. “Sarà pure come dici tu ma voglio comunque andare a dare una mano, mi fa piacere” “Come vuoi, ma c’era bisogno di svegliarsi così presto…?” sbuffò Alex, preparando la moka. Aveva dovuto dire addio al bel programmino che si era prefissato per quella mattina: restare a letto fino a tardi senza figlie che ti buttano giù a suon di grida e salti. “Così possiamo fare colazione con calma e prepararci per bene. Il sonno lo recuperiamo domani, promesso” provò a convincerlo, sbattendo le ciglia con fare fintamente innocente e civettuolo al tempo stesso.
Ora o mai più Alex, dai cazzo! Non poteva più ritardare quel discorso che non aveva nemmeno iniziato la sera prima. “Siamo stati bene da tua madre, no?” esordì, cambiando argomento, mentre portava i caffè a tavola. “Molto! Anche i figli di Ruggero sono stati più affabili del solito” commentò la ragazza, distrattamente, presa più dalla marmellata che stava spalmando sul pandoro che dalla conversazione. “Sarà stata la vittoria di Philippos …” ridacchiò Alessandro, sagace “ha messo tutti di buon umore, eccetto lui e tua madre” “Soprattutto mia madre!” “Però è felice per lui e Lavinia, non vede l’ora di poter entrare in casa loro” Sei un cazzo di genio! Aggancio perfetto! “Mia sorella fidanzata e con una casa tutta sua…mi fa troppo strano” “Tecnicamente no…” “Tecnicamente un par di ciufoli…intanto vanno a convivere e poi per Capodanno va in Grecia a conoscere i suoceri. I presupposti ci sono tutti, anello e proposta sono dettagli, lascia fare…”
Eccallà… di nuovo quella pulce nell’orecchio di Alex, una sorta di allarme rosso senza senso. “Mi dispiace Maya” sussurrò, sistemandole una ciocca di capelli prima che finisse nella tazza di latte e caffè che si stava versando. “Ti dispiace? Cosa?” “Mi dispiace non poterti dare quello che ha tua sorella…” “Sarebbe a dire?” la ragazza si mise a sedere come faceva sempre quando c’era da fare un discorso importante, con una gamba sulla seduta della sedia, sotto al sedere, e la schiena drittissima, leggermente sporta sul tavolo, verso di lui. “Una relazione normale, la prospettiva di un famiglia…” “Lo stai facendo di nuovo” lo riprese. “Cosa?” “Stai facendo di nuovo frullare il cricetino nella ruota dentro quella testolina paranoica, riesco a vederlo” disse, picchiettando sulla fronte dell’uomo “era da un po’ che non succedeva” “È solo che … ci sono momenti in cui mi sembri strana” “Stammi a sentire Alessandro Bonelli. Io non sono mia sorella, non ho bisogno di fare tutto quello fa lei, o avere quello che ha lei. E se ti sono sembrata strana è solo perché stanno cambiando tante cose e a volte non ci sto dietro, tutto qui. It’s the end of an era …in un certo senso” “Ne sei proprio sicura?” domandò l’uomo dubbioso, aggrottando le sopracciglia. Lo sapeva che il matrimonio era una tappa importante per lei, un traguardo a cui aveva sempre aspirato. “No, ok… ma non nel modo in cui pensi tu. Se e quando succederà sarà un modo per suggellare qualcosa che abbiamo già. Tu sei già la mia famiglia” “Davvero?” “Ti direi parola di scout, ma quando ero bambina li detestavo…” sorrise, facendogli l’occhiolino maliziosa “E comunque non è vero quello che hai detto…che mi manca una relazione normale o la…la prospettiva di una famiglia” ribadì Maya, prendendo un grosso sorso dalla tazza di latte e caffè “quale coppia è normale? Mia sorella e il ragazzo? Ma li hai visti? E noi siamo già più famiglia di loro, non ci manca nulla”
Alex a quel punto si alzò e andò a prendere un pacchetto sotto l’albero, una piccola shopper nera e lucida con un semplice fiocco rosso, senza scritte o altri rimandi al contenuto o alla provenienza. Era lì da qualche giorno e non avendocelo messo lei, Maya capì subito che era regalo da parte di Alex per lei ma non fiatò né provò a sbirciare. In passato lo avrebbe fatto, ma non era più quel genere di persona. “Non avevi detto che era una tradizione di famiglia aprire i regali tutti insieme?” “Sì ma questo non può aspettare” le spiegò, sogghignando.
Olivia l’aveva avvertita: mai fidarsi dei pacchetti piccoli a Natale. Ora temeva un po’, sinceramente. Non lo sapeva nemmeno lei cosa temeva o perché.
Aprì il pacchettino con le mani che tremavano leggermente e nemmeno la confezione era d’aiuto: il fiocchetto infatti, era talmente stretto che non voleva saperne di sciogliersi, ma forse era solo lei che si era innervosita inutilmente e aveva finito per diventare un’incapace.
Dentro c’era una scatolina ancora più piccola, bianca, annodata da un altro fiocco rosso: se il suo contenuto era ancora incerto, con qualche possibilità che il suo fosse solo un abbaglio, c’erano pochissimi dubbi che provenisse da una gioielleria. E non da una gioielleria qualsiasi: la più antica di Roma, che fa mostra dei propri gioielli dal 1860, come recitano orgogliosamente le vetrine di via del Corso e il logo dorato sul fiocco della scatolina.
Avrebbe voluto chiedergli se avesse idea di quanto costasse un gioiello lì, ma era una domanda retorica visto che un acquisto era proprio davanti ai suoi occhi e lo avrebbe indossato a breve. La verità era che, per il loro stile di vita, a volte faceva fatica a ricordare che Alessandro stava più che bene economicamente. Ironia della sorte era il buon partito che aveva sempre cercato: semplicemente, era arrivato quando aveva smesso di far caso a quel genere di cose.
Tirò fuori l’astuccio di velluto scuro quadrato, adatto ad un piccolo gioiello. Olivia, tacci tua, perché mi hai dovuto dire quella cosa sui gioielli…! Non riusciva ad aprirlo, era come paralizzata. Non per l’oggetto in sé – non si rifiuta mai un gioiello – ma per quello che poteva significare. Alex non era tipo da imboscate … hai già dimenticato del campeggio? Non inventare scuse, Maya … non su cose così importanti almeno.
“Apri!” la incalzò, col fiato sospeso. La situazione era quella che era, di certo non poteva essere così avventato da … no, a quanto pareva lo era eccome. Un anello. Una fedina per la precisione. Una fedina a tutto giro di brillanti bianchissimi. Maya era senza parole, il cuore in gola e una mano ancora tremante sulla bocca che cercava di nascondere la cascata di emozioni che la stava inondando in quel momento: stupore, emozione, frenesia, panico, disappunto. “Perché?” forse non era la domanda più giusta ma non era capace di dire altro. Ad Alex quella sola breve parola fu sufficiente per riconsiderare tutte le sue scelte di vita. Non poteva essere andata così male?! Andava tutto bene fino a 5 minuti prima…
“Per quello che hai detto poco fa” esordì, pesando ogni singola parola e cercando di far valere tutte le sue capacità di convincimento affinate in anni e anni di lavoro nell’imprenditoria. Ma questo era un campo dove era sempre stato una frana, non era la stessa cosa. “Siamo…quello che siamo…una coppia, una famiglia, e vorrei che lo sapessero tutti. Non ti posso dare di più per ora, ma ti posso dare me stesso e la promessa che, per me, sei qui sempre” concluse, prendendo la mano di Maya e portandola sul suo cuore. “Non c’entra niente mia sorella, vero?” domandò, riprendendo il fiato che le era mancato per qualche secondo. Anche sua sorella, sotto l’albero, quella mattina avrebbe trovato un anello. Non come quello, molto più modesto, ma non valeva un centesimo in meno in quanto a valore affettivo. Quando Phil le aveva chiesto di accompagnarla alla ricerca dell’anello perfetto, Maya aveva trovato in Alex la persona perfetta con cui condividere il segreto senza scoppiare. “Perché altrimenti è una cosa che dobbiamo decidere insieme, Alex. Non così, in 5 minuti davanti a un caffè”
“Ma va’…ti sembro uno che copia le idee altrui?!” sogghignò ammiccando, ma presto si fece di nuovo serio “non sono qui a chiederti nulla che non possa darti in questo momento. Ma quello che sono, con tutti i miei casini e i miei difetti … sono tuo. E se mi vorrai, penso sia arrivato il momento di lasciare il residence.” Ne avevano parlato diverse volte dalla fine dell’estate, quando erano tornati insieme, e la soluzione che avevano trovato era stata la migliore possibile. Lo sapevano entrambi che prima o poi avrebbero rimosso anche quel paletto, ma la decisione era solo di Alex. “È da un po’ che ci penso, non c’entra tua sorella…il modo in cui Edoardo si fida di te, finalmente. Giulia che te lo dico a fare”
“Quindi cosa diremo a chi vedrà questo anello?” Il pensiero di Maya corse inevitabilmente al pranzo che l’aspettava di lì a qualche ora. “Diremo che mi sto riservando il diritto di prelazione” chiosò, sornione “sei delusa?” “Delusa? E perché? Fatti meno paranoie Alessandro Bonelli, nemmeno ti sei reso conto che mi stai regalando il Natale perfetto” “Per l’altra questione?” “Venire a vivere qui…definitivamente?!” già, presa in contropiede da tutta quella situazione e soprattutto dalla dichiarazione quasi non aveva fatto caso a quello che Alex le aveva chiesto. Non faceva granché differenza per la loro vita quotidiana, praticamente erano sempre insieme ad eccezione di un weekend ogni due settimane, eppure per la loro relazione significava il mondo. Sia Giulia che Edoardo erano stati a casa sua, a mangiare una pizza, a passare un pomeriggio insieme, ma alla fine arrivava sempre l’ora dei saluti. Annunciare la convivenza ufficialmente significava condividere la sua intimità con i figli del suo compagno, e tutte quelle cose che, come con tutti gli ospiti, si nascondono dentro gli armadi o dietro porte strategicamente chiuse. Significava ben di più di quanto all’apparenza potesse sembrare e più ci pensava, più iniziava a sembrare una cosa enorme. Sarebbe diventata qualcosa di più della ragazza di papà.
“Non vedo l’ora” “Davvero? Sei contenta?” “Cazzo sì!” esclamò, scoppiando in lacrime e risate in un misto di gioia e tensione, sporgendosi per stampare un bacio sulle labbra di Alex che rideva, ma era altrettanto frastornato. “Ora però fammi vedere come ti sta”
Maya fece per tirare fuori l’anello dalla custodia, ma poi ci pensò su un attimo. “Mettimelo tu” esclamò, orgogliosa, passando l’astuccetto nelle mani di Alex. L’uomo la guardò toccato ma allo stesso tempo con un sorriso sghembo stampato sul suo volto. A volte si chiedeva come fosse possibile che trovasse perfettamente normale compiere certi gesti con Maya, quando in passato si sarebbe fermato mille volte a pensarci su, a ponderare se fosse il caso di prendersi più tempo e non correre; ora però aveva la risposta: in amore non c’è un tempo giusto, solo quello che il cuore detta a ciascuno.
Le mise l’anello al dito ed ebbe la conferma che non c’era niente di più preciso che quel momento tra di loro, nella casa che sarebbe stata la loro, la mattina di Natale. La vera si incastonava perfettamente nella mano lunga e candida della giovane. “Perfetto, assolutamente perfetto. E calza come un guanto, come hai fatto?” “Ormai dovresti saperlo che ho i miei metodi …” la provocò, accarezzandole la mano. Maya ci pensò su, anche se quel cerchietto di brillanti che continuava a fissare non le rendeva molto facile concentrarsi. “Stai scherzando?” scoppiò “Quando credevo di aver perso l’anello di nonna lo avevi preso tu? Io stavo morendo Alex, non so se ti rendi conto…” “È l’unico che indossi all’anulare sinistro, dovevo correre il rischio. Mi perdoni?” “Solo perché mi hai preso un anello che forse vale di più di questo appartamento” sogghignò facendogli l’occhiolino e una linguaccia spiritosa “solo perché ti amo da morire”

   
 
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