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Autore: Kakashi_Haibara    31/12/2023    2 recensioni
Stati Uniti, 1985
Il governo statunitense ha indetto una caccia spietata ai mutanti, esseri umani dotati di poteri soprannaturali, per proteggere l'umanità in pericolo.
Feliciano Vargas è un mutante arrestato dall'esercito e rinchiuso nell'inespugnabile fortezza di Westbrook, dove vengono catturati e studiati i mutanti più temuti. Dovrà sopravvivere all'interno della prigione, tra esperimenti e lavori forzati, per poter tornare a casa e riabbracciare il fratello maggiore, aiutato nel frattempo da un gruppo di mutanti rivoluzionari determinati a salvare i prigionieri.
È una storia in cui due mondi opposti si scontrano e si uniscono continuamente tra il dolore, l'amore, l'amicizia e l'odio.
[Mutant!AU, supernatural powers]
(Coppie principali: GerIta, Spamano, FrUK)
!ATTENZIONE! il rating potrebbe salire da arancione a rosso, per scene future con contenuti violenti e/o sessuali espliciti
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 13

 

 

20 febbraio 1985, Fortezza di Westbook, Portland, Maine, USA

 

- Ci hai fatto prendere un bello spavento, sai? - disse Francis, appoggiandosi al muro alle sue spalle con le braccia conserte. - Pensavamo che stessi avendo un attacco di cuore o chissà cos’altro!

- Francis ha ragione. - annuì Matthew seduto per terra di fronte a lui, sistemandosi gli occhiali rotondi sul naso. - Temevo che potesse essere un effetto collaterale degli esperimenti in laboratorio…

- Anche i bambini si sono agitati molto. - mormorò Kiku.

Feliciano si grattò il capo con sguardo basso per l’imbarazzo. - Mi dispiace avervi fatto preoccupare, non era nulla di grave per mia fortuna.

Erano radunati in una grande stanza quasi completamente vuota, che veniva usata per l’ora d’aria dei prigionieri quando il cortile era inagibile per la neve abbondante o a seguito di un attacco e in quel caso lo era per entrambe le ragioni. La stanza era priva di finestre, dunque era illuminata da lampadari che emettevano fredde luci biancastre, e le voci dei mutanti rimbombavano tra le quattro mura, creando un eco insopportabile e chiassoso.

Il gruppo di mutanti con cui Feliciano aveva legato si era riunito come al solito per discutere del piano per potersi mettere in contatto con i rivoluzionari, senza risultare troppo sospetti per non dare nell’occhio. Lui e Matthew erano seduti uno di fronte all’altro sul pavimento di marmo gelido, mentre Elizabeta si era appoggiata con la schiena al muro, ai piedi di Gilbert, il quale teneva un braccio appoggiato sulla spalla di Francis, che non sembrava infastidito dal suo peso.

Kiku stava in piedi di fianco a Feliciano, ancora un po’ restio all’idea di far parte di un gruppo. Da quella posizione poteva controllare meglio i suoi due fratellini che giocavano serenamente ad acchiapparella con il mutante più giovane rinchiuso all’interno della fortezza, Aurel, un bambino di soli sei anni dai capelli castani legati in due piccole code e due canini aguzzi come quelli di un vampiro. Elizabeta gli aveva rivelato che Aurel era stato imprigionato mesi prima insieme a lei durante un’operazione dei rivoluzionari, di cui lei faceva parte, per portare in salvo lui e il fratello maggiore, Vladimir, ma che era fallita per via dell’intervento dell’esercito. Solo Vladimir e il marito di Elizabeta, Roderich, si erano salvati e da allora non avevano più avuto loro notizie. Aurel era stato rinchiuso in una cella senza alcun compagno di stanza, generando le proteste di Gilbert ed Elizabeta, che erano scemate soltanto quando una delle guardie si era offerta di prendersi cura personalmente del bambino. Una scelta tanto cortese quanto misteriosa, se non fosse che quello stesso soldato, un ragazzo dai capelli scuri e gli occhi verdi di nome Dimitar, in passato era stato in una relazione con Vladimir prima di entrare ufficialmente nell’esercito. Feliciano non sapeva se lo facesse per pena o per un senso di affetto nei confronti del fratellino del ragazzo di cui era stato innamorato, ma da quel poco che aveva visto sapeva che poteva fidarsi di Dimitar e che Aurel gli era molto affezionato. Anche in quel momento, nonostante fosse in servizio come guardia, potè notare che spesso seguiva il bimbo con occhi attenti, preoccupandosi che non si facesse male e facendosi scappare un sorriso di tanto in tanto. Poco più avanti, Michelle chiacchierava animatamente con un mutante suo coetaneo che aveva conosciuto da poco, Emil, un ragazzino serio e riservato dalla pelle chiara come la neve e gli occhi violetti.

- Con tutto il macello che hanno fatto i rivoluzionari, ci mancava solo che ci scappasse il morto! - ridacchiò Gilbert, beccandosi una gomitata sullo stinco da parte di Elizabeta.

- Tu proprio non riesci a tenere la bocca chiusa, vero? - lo minacciò lei, assottigliando lo sguardo.

- Le infermiere non hanno capito che cosa ti è successo? - gli chiese Matthew, guardandolo preoccupato.

Feliciano cercò con occhi incerti lo sguardo di Francis. Voleva dirgli il motivo per cui era svenuto, del collegamento telepatico con suo fratello, ma temeva che qualche soldato potesse sentirlo. Non poteva permettersi di rivelare ad alta voce questo dettaglio.

Con sua enorme sorpresa, Francis intuì all’istante la sua preoccupazione. - Rimandiamo questo discorso a un’altra volta, adesso dobbiamo pensare al piano.

L’atmosfera all’interno del gruppo si fece tesa e i volti dei mutanti si rabbuiarono.

Francis proseguì, abbassando il tono di voce fino a ridurla quasi a un sussurro. - Sappiamo dall’incontro di Feliciano con il mutante della barriera che i sotterranei sono l’unico punto della fortezza in cui i suoi poteri hanno meno effetto e con alte probabilità nessuno a parte gli scienziati è a conoscenza di questo dettaglio, altrimenti non minaccerebbero di sbattere lì dentro i mutanti che compiono un atto di insubordinazione grave.

- Ma nessuno sa per certo cosa succeda ai mutanti una volta che vengono rinchiusi nei sotterranei. - lo incalzò Matthew, con tono grave.

- Nemmeno Allistor e mio nonno sono mai arrivati a tanto per punire i mutanti. - mormorò Gilbert, con fare pensoso. Era raro vederlo così serio.

Kiku incrociò le braccia e aggrottò le sopracciglia. - Inoltre, sarebbe comunque complicato contattare i rivoluzionari con il collare ancora indosso.

- È troppo pericoloso. - dichiarò Elizabeta, mentre giocava nervosamente con una ciocca di capelli. - Cerchiamo delle vie alternative e teniamo quella del sotterraneo come ultima opzione.

- Dobbiamo pensare a qualcosa prima che ricomincino gli esperimenti in laboratorio… - Feliciano esitò.

Un silenzio eloquente calò nel gruppo, mentre tutti lanciavano delle occhiate apprensive a Francis. Lo sapevano tutti: se non avessero agito al più presto, avrebbero chiamato il mutante più forte tra i prigionieri per una sessione di esperimenti lunga ed estenuante, in vista di un prossimo attacco alla fortezza. Se l’ultima volta Francis aveva rischiato la vita, nessuno sapeva come sarebbe andata questa volta, nemmeno lui.

Francis teneva la testa bassa, consapevole degli sguardi puntati su di lui, ma non si scompose. - A meno che Arthur non abbia ottenuto le informazioni di cui aveva bisogno, i rivoluzionari non attaccheranno di nuovo la fortezza quantomeno per le prossime due settimane per riprendersi dall’agguato della scorsa notte e non passeranno alla battaglia finale fino a che non saranno abbastanza sicuri che non sarà un suicidio di massa e che riusciranno a liberare tutti i prigionieri. Noi dobbiamo aiutarli o finiremo i nostri giorni qui dentro.

Era facile crederci a parole, ma cosa avrebbero potuto fare nel concreto? Non avevano alcuna possibilità di libera azione denutriti e indeboliti com’erano, privati dei propri poteri e controllati giorno e notte da guardie e telecamere. L’unica soluzione plausibile sembrava proprio quella del sotterraneo, ma chi avrebbe avuto il coraggio di farsi avanti? Feliciano a malapena aveva sopportato una seduta in laboratorio considerata “leggera”, non voleva immaginare quali a torture sottoponessero i prigionieri in un luogo designato apposta per infliggere violenza.

- Feli, tu hai legato molto con il fratello di Gilbert, non è vero? - gli domandò Francis di punto in bianco, fissandolo con i suoi profondi occhi blu.

Feliciano avvampò dall’imbarazzo. - B-beh non direi che abbiamo proprio legato, io sono pur sempre un mutante e lui un soldato, è un rapporto di potere e nulla di più! - iniziò a gesticolare con fare frenetico. - Va bene, lui è inspiegabilmente più gentile di altri soldati, ma è comunque un ufficiale! E poi non conto nulla per lui, svolge solo il lavoro, sono soltanto un prigioniero…

- È perfetto, allora! - esclamò Gilbert ignorando tutto ciò che aveva appena detto e avanzando verso di lui. - Francis sperava che io potessi riallacciare i rapporti con mio fratello per tirarci fuori da qui, ma Lud non sembra intenzionato a starmi a sentire, quindi ci serviva qualcun altro!

- In che senso, scusa? - domandò l’italiano, sbattendo più volte le palpebre, confuso.

- Ludwig sembra averti preso in simpatia, proprio come con Elizabeta. - spiegò Francis.

Elizabeta ridacchiò, portandosi una mano sulle labbra. - Ludwig si è preoccupato per la mia salute sin dal giorno in cui sono arrivata alla fortezza, ma con te è diverso. Sembra quasi… Interessato.

Feliciano potè sentire il viso andargli in fiamme. Sapeva che Ludwig non era un soldato qualsiasi, ma tutte quelle supposizioni su di lui non potevano essere vere. Un soldato non poteva interessarsi a un mutante e viceversa. Non era opportuno. Non era possibile.

- È così ovvio che mi meraviglia che il generale ancora non l’abbia notato! - continuò Elizabeta, sogghignando come se stesse raccontando il pettegolezzo più elettrizzante del liceo.

- Elizabeta, sei così perspicace che ti sposerei! - disse Gilbert, piegandosi verso di lei e guardandola con un’espressione compiaciuta.

Elizabeta gli mise una mano in faccia, spingendolo via. - Smettila di fare lo scemo! Cosa direbbe Roderich se sapesse che ci provi così spudoratamente con me?

Gilbert fece un sorriso sfrontato. - Possiamo includere anche lui.

- Ho capito. - li interruppe Kiku. - Volete sfruttare questa occasione per facilitare la riuscita del piano.

Feliciano si guardò intorno spaesato. - In che modo?

Francis sospirò, passandosi una mano tra i capelli. - Devi usare questo suo punto debole a tuo vantaggio, convincerlo che di te può fidarsi e portarlo a rivelarti tutto ciò che sa sulla fortezza.

- M-ma cosa vi fa credere che Ludwig possa fidarsi di me a tal punto da parlarmi dei segreti della fortezza?

Francis piegò le labbra in un lieve sorriso compiaciuto. - Te l’ho detto, sono un inguaribile romantico. Ludwig è sulla strada di non ritorno per un amore proibito che sta cercando in tutti i modi di reprimere. Fidati di me, ho un occhio attento per questo genere di cose. - disse mentre si spostava in modo plateale una ciocca di capelli dal viso. - Tu devi solo assecondarlo e fargli credere che anche tu provi i suoi stessi sentimenti. Una volta che perderà la testa, sarà un gioco da ragazzi manipolarlo per ottenere informazioni. Senza offesa, Gilbert.

L’interpellato fece spallucce. - Mi dispiace per il mio fratellino, ma si fa quel che si può per sopravvivere.

Feliciano si mordicchiò le unghie della mano destra. - Ma così gli mentirei… Io non voglio ferirlo.

- Feli, sei la nostra unica speranza. - gli disse Matthew, stringendogli la mano per allontanarla dalla sua bocca. - È l’unico modo se vogliamo evitare il sotterraneo.

Era una richiesta folle e soprattutto pericolosa. Cosa succedeva ai mutanti che oltrepassavano la linea di confine che li divideva dai soldati? Una linea che li rendeva inferiori rispetto ai soldati della fortezza, con cui non potevano avere a che fare. Se Ludwig avesse capito che lo stava solo usando, lo avrebbe riferito al generale? Quella sarebbe stata la sua fine… Un’insubordinazione tale da meritarsi la prigionia nel sotterraneo. O peggio, la pena di morte.

Il suono acuto della campanella che segnava la fine dell’ora d’aria lo distolse dalle sue preoccupazioni. I mutanti iniziarono ad allinearsi in file disordinate per essere riaccompagnati nelle loro celle. Vide Aurel correre verso Dimitar, il quale lo prese in braccio e si diresse verso l’uscita. Li Chung e Mei vennero richiamati da Kiku, il quale si mise velocemente in fila, mentre Gilbert aiutò Elizabeta ad alzarsi per raggiungere Michelle e il suo nuovo amico.

Francis appoggiò una mano sulla spalla di Feliciano. - Pensaci, mi raccomando.

Ma prima che potesse allontanarsi, Feliciano richiamò la sua attenzione. - Aspetta, Francis! Io… non credo di essere in grado di svolgere questo compito. Non sono bravo a mentire.

Francis sospirò, passandosi lentamente la mano tra i capelli. - Lo so, Feli. Ma, come ha detto Gilbert, qua dentro si fa quello che si può per sopravvivere e al momento non abbiamo altre alternative. Guarda il lato positivo, non ti stiamo mica chiedendo di andarci a letto insieme! Anche perché non credo che Ludwig sarebbe il tipo da fare queste cose…

Feliciano divenne tutto rosso in viso. - N-non potrei mai! Lui è un soldato e io un mutante! È immorale e… sbagliato!

Francis lo guardò con un’espressione sinceramente sorpresa. - Ah… Sono stupito che ti sia rimasto del senso morale nonostante la prigionia.

- Perché tu… Tu l’hai fatto? - chiese Feliciano, imbarazzato.

Il viso di Francis d’un tratto si indurì, ma nascose alla svelta il suo vero stato d’animo con un tono scherzoso e disinvolto. - Ovviamente! Potrei contare sulle dita delle mie mani tutti i soldati che ho mandato in paradiso grazie alla mia irresistibile bellezza. L’ultima volta sono stato beccato e non mi è andata molto bene, motivo per cui adesso non posso più stare da solo con un soldato o uno scienziato. Ma almeno ho ottenuto tutte le informazioni che mi servivano ed è anche per questo che sarebbe più giusto che andassi io nei sotterranei per contattare i rivoluzionari.

Feliciano sentì gli occhi riempiersi di lacrime. - Francis…

Francis notò il tremolio angosciato nella voce dell’italiano e gli accarezzò dolcemente la testa, abbozzando un triste sorriso. - Non l’avrei mai fatto se non fosse stato necessario. Tu non sei costretto a fare lo stesso.

- Ma… e Arthur?

Francis si bloccò, aggrottando le sopracciglia e serrando i denti. Fu un attimo, ma Feliciano vide l’espressione sul suo viso trasformarsi in puro terrore. Mormorò con tono grave. - Ricorda, Feliciano, si fa quel che si può per sopravvivere.

Feliciano non sapeva cosa dire. Francis in cinque anni aveva fatto qualsiasi cosa pur di restare in vita e nascondeva il suo dolore dietro un sorriso confortante, tradito da occhi stanchi e tormentati che avevano sopportato una crudeltà inimmaginabile.

Lo sguardo di Francis vagò per la stanza prima di fissarsi su un punto alle spalle di Feliciano, incupendosi. Gli diede una pacca sulla schiena, mentre gli passava a fianco. - Coraggio, torna alle celle. Con un po’ di fortuna, non chiameranno nessun altro in laboratorio per qualche tempo e avremo modo di prepararci come si deve.

Feliciano lo vide incamminarsi nella direzione opposta nella quale stavano andando tutti i mutanti, verso una porta aperta dall’altro lato della stanza, sulla cui soglia, nella penombra, lo aspettavano Allistor e Ivan. Feliciano sentì il cuore mancargli un battito e deglutì a fatica un groppo di saliva. Prima che potesse capire il motivo di quell’incontro, un soldato lo prese per il braccio e lo trascinò fuori dalla stanza.

 

 

 

21 febbraio 1985, giardino di Villa Caesar, Portland, Maine, USA

 

Il giardino nel retro di Villa Caesar si estendeva per diversi ettari fino a mescolarsi con gli alberi della foresta di Westbrook. In quel momento era coperto del tutto dalla neve che da giorni si posava dolcemente al suolo, rendendo difficoltoso il tentativo dei rivoluzionari di non lasciare alcuna traccia della loro presenza nelle prossimità della villa. Nei colori dell’alba di quella mattina che si riflettevano sui cristalli di neve fresca l’intero giardino assumeva dei caldi toni tra l’arancione e il rosa pallido.

Alfred era legato a quel giardino in modo particolare, gli ricordava i pomeriggi primaverili della sua infanzia passati a giocare tra i cespugli di spiree bianche insieme a suo fratello Matthew, ascoltando il cinguettio dei pettirossi rintanati tra i rami degli alberi, mentre nell’aria si diffondeva il profumo dei croissant preparati in casa da Francis. Se si abbandonava tra i ricordi, poteva ancora sentire la voce di Arthur, ancora adolescente, che li sgridava dal porticato della villa per aver sporcato i vestiti nuovi, e le risate soffocate di Matthew mentre si nascondevano dall’inglese dietro ai grandi tronchi dei pini sparsi in giro per tutto il giardino, uno dei loro giochi preferiti. Per Matthew era più facile sfuggirgli grazie alla sua abilità, che gli permetteva di rendersi invisibile non appena notava Arthur avvicinarsi al suo nascondiglio, costringendo Alfred a spalancare le ali e scappare in volo, con la sua risata sguaiata che si disperdeva nel vento. Ma il gioco finiva non appena Arthur decideva di utilizzare la sua telecinesi, costringendo entrambi i bambini a seguirlo dentro alla villa per lavarsi via la sporcizia dal viso e dagli abiti.

Alfred sospirò, una volta rinvenuto dai ricordi, e una nuvola di vapore si propagò di fronte a lui. Era seduto per terra in uno dei punti del giardino più lontani dalla villa, incurante della neve che gli bagnava i pantaloni e la punta delle sue ali, una delle quali precedentemente fasciata da uno dei guaritori, che spuntavano dal suo giubbotto da aviatore squarciato verticalmente in due punti per poter dare loro libertà di movimento. Davanti a lui si trovava, quasi completamente privo di neve, uno spazio più o meno rettangolare di terriccio precedentemente spalato su cui si ergeva un masso dalla forma di una lapide, sul quale erano state incise a mano delle parole:

Davie

19 febbraio 1985

Non frenò la lacrima che gli rigò la guancia destra, mentre stringeva tra le mani un mazzo di fiori appena comprato in città: un bouquet blu di Non ti scordar di me, i fiori preferiti di Davie. Alfred abbozzò un sorriso malinconico. Proprio come lui, Davie non sapeva nulla delle sue origini o della sua famiglia, ma non gli era mai importato, l’unica cosa che desiderava era essere ricordato da chi gli aveva voluto bene in vita.

- Sono dei fiori perfetti per Davie - disse una voce alle sue spalle.

Alfred sussultò per la sorpresa, facendo frusciare le ali, e si voltò verso il suo interlocutore: Arthur era in piedi a qualche passo dietro di lui con le mani infilate nelle tasche del suo cappotto marrone, le labbra erano leggermente incurvate in un sorriso imbarazzato e il naso e le guance erano arrossati per via del freddo. I brillanti occhi verdi erano circondati da profonde occhiaie per la carenza di sonno degli ultimi giorni. - Verrà ricordato come un eroe.

Alfred abbassò lo sguardo sui fiori. Eroe. Aveva sempre desiderato diventare un eroe e morire da eroe, ma adesso che la morte gli era così vicina… Cos’erano i suoi sogni se non un capriccio infantile? Davie era morto da eroe, eppure non si era meritato di andarsene così giovane, avrebbe dovuto vivere, studiare, crearsi una famiglia come aveva sempre voluto, così da non rimanere mai più solo. Chi era lui in confronto a Davie, un umano, che aveva sacrificato la sua vita per il bene dei mutanti pur conoscendo i rischi a cui stava andando incontro? Davanti a quella consapevolezza, davanti a quella lapide, Alfred si sentiva ancora un bambino immaturo che non sapeva nulla del mondo e che agiva e pensava soltanto per soddisfare il proprio egoismo. Si fece sfuggire un singhiozzo, che tentò di soffocare coprendosi il viso con la manica della giacca da aviatore, invano.

Forse era per la stanchezza accumulata dopo gli ultimi avvenimenti o forse per tutto il peso che si portava da quando era iniziato quell’incubo, ma Alfred si rese conto di non aver mai pianto come stava facendo in quei giorni. Nemmeno quando Matthew era stato catturato aveva pianto, trasformando piuttosto il suo dolore in rabbia e risentimento verso l’esercito, sostenendo che le lacrime non avrebbero riportato indietro suo fratello. Sin da piccolo, era sempre stato quello che doveva essere forte per il bene di suo fratello, più fragile di lui mentalmente e fisicamente. Era sempre stato quello che, quando vivevano per strada, prima di incontrare Arthur e Francis, doveva prendersi cura di Matthew, incapace di reagire alle difficoltà che la vita gli aveva serbato sin da quando erano stati abbandonati dai loro genitori per essere nati mutanti. Aveva rubato, aveva lottato, aveva preso calci in faccia per permettere a entrambi di sopravvivere. Tutto senza versare una singola lacrima. Voleva che, tra i due, fosse Matthew a poter esprimere le proprie paure e insicurezze, che invece Alfred convertiva in rancore.

Sapeva che in quel momento non stava piangendo solo per Davie. Ma anche per Matthew. E per Francis. E per se stesso.

Sentì la mano di Arthur accarezzargli la spalla con dolcezza. - Non permetterò che la sua morte sia stata vana. Libereremo Matthew e gli altri mutanti e affronteremo l’esercito una volta per tutte. Non dovrai più soffrire, Alfred.

Il ragazzo annuì tra i singhiozzi, incapace di voltarsi verso l’inglese. Dannato Arthur, proprio quella mattina doveva scegliere di uscire dal buco della sua camera e di fare il gentile con lui! Ma dopotutto, fu grato della sua presenza confortante.

Arthur si allontanò da lui, dopo avergli dato un colpetto sulla mano. - Coraggio, dai i fiori a Davie. Toris ci sta aspettando.

Si era del tutto dimenticato dell’incontro con Toris. Quel ragazzo gli era sembrato sospetto, ma aveva detto di possedere delle informazioni utili in vista di una prossima soffiata, e se Arthur si fidava allora poteva farlo pure lui.

Posò con delicatezza i fiori ai piedi della lapide e si alzò, strusciandosi la manica della giacca sul viso per ripulirlo dai residui di lacrime. Quando si voltò non ebbe il coraggio di guardare Arthur negli occhi e si incamminò verso la villa senza proferire parola.

All’improvviso sentì qualcosa di gelido colpirgli il collo nudo. Fece un salto per la sorpresa e soffocò un grido, portandosi una mano al collo: era completamente coperto di neve, che si stava piano piano infilando sotto i vestiti, bagnandogli la schiena. Si voltò con gli occhi sbarrati e quasi non potè credere a quello che vide. Arthur stava ridendo come non lo aveva più visto fare da quando Francis era stato rinchiuso nella fortezza, fino a piegarsi in due e coprirsi lo stomaco con le braccia. Stava scaricando anche lui tutta la tensione accumulata negli ultimi anni. La sua irrefrenabile risata lo contagiò all’istante e scoppiò a ridere, mentre si toglieva la neve rimasta sul collo.

- Dovevi vedere la faccia che hai fatto! - esclamò Arthur quasi senza fiato. - O se solo potessi incidere per sempre la tua espressione nella mia memoria!

Alfred fece un verso di scherno, cercando di nascondere il fatto che stesse ancora sorridendo. - Guarda che se continui ti lancio in quel cumulo di neve laggiù!

Arthur si asciugò le lacrime ai bordi degli occhi con la mano coperta dal guanto di lana. - Scusa, scusa. - tossicchiò per fare in modo di smettere di ridere. - Adesso andiamo o Toris si chiederà dove siamo finiti.

Si incamminò fino ad arrivare davanti ad Alfred. Frugò nella tasca destra del suo cappotto e tirò fuori degli occhiali rettangolari dai bordi rossi. Diede un’occhiata al viso di Alfred e gli sistemò gli occhiali sul naso. - I colori dell’alba fanno risaltare i tuoi occhi. - disse soltanto prima di riprendere a camminare.

A quel complimento, Alfred sentì il viso avvampare e ci mise qualche attimo prima di riprendersi. Era raro che Arthur gli facesse un complimento, ma mai uno di quel tipo. Scosse la testa ridacchiando e si chinò a terra per raccogliere abbastanza neve da formare una palla e la lanciò con tutta la sua forza, centrando in pieno la schiena di Arthur. Prima che l’inglese potesse voltarsi, Alfred fece un balzo e si levò in cielo, volandogli sopra la testa. Arthur non si ritrasse dalla sfida, grazie alla telecinesi si sollevò anche lui da terra e percorsero l’intera strada per arrivare alla villa lanciandosi palle di neve, catapultati a uno dei primi ricordi che serbavano del loro incontro: era inizio dicembre e Francis, allora sedicenne, aveva deciso di mostrare ai piccoli Alfred e Matthew, arrivati da poco alla villa, il giardino del retro sotto la neve. Era bastato un solo lancio di Alfred contro Arthur e subito quella passeggiata si era trasformata in una battaglia a palle di neve che si concluse con Francis e Alfred, esausti, sdraiati a pancia in su dalle risate sul terreno innevato e Arthur e Matthew che li aspettavano in piedi, pronti per tornare a casa al caldo.

Un ricordo molto caro a tutti loro.

Un attimo di leggerezza nella sofferenza.






Spazio dell'Autrice:
Sono riuscita a pubblicare entro la fine dell'anno!!! Sono potentissima (sì sì)
31 dicembre per molti significa festeggiamenti, ma per me quest'anno vuol dire solo una cosa: sessione invernale alle porte. Probabilmente passerò la serata a studiare e a mangiare lenticchie per consolazione T_T Voi come passerete il Capodanno??
Mi è piaciuto scrivere questo capitolo, si stanno sbloccando certe cose che saranno utili in futuro (*side eye*)
(Come al solito specifico che Aurel è Moldavia, che avevo già introdotto qualche capitolo fa, Dimitar è Bulgaria ed Emil è Islanda, fratellino di Norvegia)
Ecosì tutta la combriccola della fortezza ha notato che gatta ci cova nel comportamento del nostro Ludwig, chissà come si evolverà il suo rapporto con Feliciano (eheh). Chissà se l'idea del sotterraneo tornerà... Cosa starà nascondendo Francis? Ah non guardate me, non ne ho idea u.u
La parte di capitolo dedicata ad Alfred e Arthur nel paesaggio innevato con le luci dell'alba mi ha dato un conforto assurdo, io adoro sia la neve che l'alba quindi possiamo già immaginare quanto volessi essere lì con loro! L'ultima scena del ricordo di Alfred è stata ispirata da una delle mie fanart preferite della FACE Family di @haruki_chise su Twitter!
Che dire, spero che questo capitolo vi piaccia e passiate un bel Capodanno!
Buon anno a tutti, ciaooo!!! <3

   
 
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