Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-Gi-Oh! VRAINS
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Autore: M a k o    01/01/2024    13 recensioni
• Datastormshipping (Ryoken/Yusaku)
• Modern!AU
• Dal testo:
Erano intenti a parlare tranquillamente del più e del meno quando il cielo si lasciò sfuggire un fiocco di neve.
Il piccolo cristallo volteggiò per un po' con grazia ed eleganza in aria prima di adagiarsi proprio sul bancaletto della finestra che dava sul salottino di Yusaku.
Proprio lì dove, frugando nello scatolone, Ryoken trovò un oggetto che lo fece capitombolare nei tristi ricordi che lo avevano spinto a recarsi in quell'appartamento, da Yusaku.
Nell'unico posto in cui desiderava trovarsi quando tutto diventava maligno e avverso.
Al caldo e al sicuro, vicino a chi lo faceva sentire in pace col mondo.
(La sua persona).
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Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ryoken Kogami/Revolver, Yusaku Fujiki/Playmaker
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Come dentro un sogno
N.d.A. in fondo alla pagina.
Buona lettura!



Come dentro un segreto



1

Quando quella mattina Yusaku ricevette un messaggio da parte di Ryoken, ci mancò poco che si strozzasse con l'innocente sorso di caffè che aveva appena bevuto a causa di ciò che lesse. Ryoken gli aveva chiesto, senza troppi giri di parole, se poteva ospitarlo a casa sua per qualche giorno e chi era Yusaku per rifiutare una richiesta simile?
Dopo essersi ripreso dalla tosse e aver fatto dei respiri profondi, gli aveva risposto che non c'era problema alcuno, che sarebbe potuto rimanere a casa sua per tutto il tempo che desiderava e — a questo pensiero non diede una forma mentre pigiava freneticamente sulla tastiera dello smartphone, però — che per lui avrebbe fatto di tutto sempre, in qualsiasi momento e in ogni circostanza, perché desiderava solo la sua felicità.
E leggendo quel “poi ti spiego” inviato dopo un'infinita sequela di “grazie”, “ti adoro” e “come farei senza di te”, Yusaku intuì che il motivo del malessere di Ryoken fosse dovuto a un altro — l'ennesimo — litigio col padre.
Poi si crogiolò per qualche attimo nel rileggere gli altri messaggi da parte sua e avvertì le gote bruciare e arrossarsi come tizzoni ardenti. E decise anche di esagerare riflettendo sul fatto che Ryoken si fosse rivolto proprio a lui e non a qualcun altro, ma questo pensiero lo portò a inabissarsi senza pietà alcuna in un vortice di incertezza che smorzò il calore alle gote come un'improvvisa secchiata di acqua gelida e gli strinse un po' il cuore, facendogli male.
In realtà non lo sapeva. Non aveva certezza alcuna sul fatto che Ryoken avesse contattato solo lui, magari aveva prima chiesto ad altri amici che per un motivo o per un altro non erano stati in grado di aiutarlo — era il periodo natalizio, dopotutto, e in molti erano già partiti per le vacanze —, oppure aveva tentato di prenotare una camera d'albergo ma, sempre considerando il periodo nel quale si trovavano, erano ormai tutte occupate già da tempo.
In un attimo, l'idea che tanto l'aveva fatto sentire vivo
    (essere la prima scelta di Ryoken)
si tramutò in un macigno pesante che iniziò a gravargli malignamente sui polmoni, impedendogli di respirare.
Possibile che la sua mente facesse sempre di tutto per sabotarlo?


2

Fu intenso, meraviglioso e devastante al tempo stesso. Fino a un attimo prima Yusaku non sapeva cosa aspettarsi dall'incontro con Ryoken e un attimo dopo ecco che si ritrovava avvolto nel suo abbraccio, stretto forte come se Ryoken avesse decretato il suo corpo snello come unico, vero appiglio nella propria vita.
In uno sfilaccio di secondo, tutti i crucci che avevano popolato con insistenza la mente di Yusaku svanirono nel nulla, spazzati via da una garbata folata di aria calda.
Il terrore di non essere abbastanza per Ryoken perse tutta la sua importanza, così come il traffico di Den City che rimbombava nelle strade e anche il resto del mondo; in quel momento contava solo il fatto che Ryoken fosse lì e che si stesse aggrappando a lui con tutte le proprie forze e che gli stesse tacitamente chiedendo aiuto.
Yusaku ricambiò l'abbraccio, inspirando a fondo tutta la meraviglia che Ryoken portava sempre con sé. Rimasero per un po' lì, in piedi davanti l'entrata dell'appartamento, sorreggendosi a vicenda sotto un cielo pesante come un enorme blocco grigio e compatto fatto di nebbia e malinconia.
    «Grazie» sussurrò Ryoken. Il suo respiro caldo solleticò il collo di Yusaku e questi socchiuse gli occhi, beandosi di quel fugace contatto.
Sciolsero l'abbraccio e, quando i loro sguardi si incontrarono, Yusaku si sentì morire dentro: quella di Ryoken era l'espressione tipica di chi stava soffrendo ma, al contempo, cercava di non darlo a vedere.
Ma Yusaku conosceva bene quegli occhi azzurri per non rendersene conto e una scheggia di dolore gli pungolò l'anima.
    «Ti racconterò tutto quanto» proseguì Ryoken mentre afferrava il manico del trolley. «Ma per qualche ora vorrei provare a far finta che vada tutto bene».
Yusaku annuì, spostandosi di lato. «Prego, entra pure».
    (Accomodati nel mio cuore e restaci per tutto il tempo che desideri).


3

Yusaku amava trascorrere il proprio tempo insieme a Ryoken. Si conoscevano già da qualche anno e avevano instaurato un bellissimo rapporto basato sulla fiducia e la complicità reciproche.
Ryoken non era il suo migliore amico — quel ruolo privilegiato spettava già a Yusei —, ma relegarlo a semplice amico era troppo poco, a tratti banale poiché non rappresentava neanche lontanamente ciò che Ryoken significava per Yusaku e tutte le emozioni che scatenava in lui ogniqualvolta gli era accanto
    (dei marosi indomabili che impreziosivano l'oceano).
Proprio come in quel momento, mentre erano intenti a preparare il pranzo sperimentando ricette che non avevano mai letto o udito prima.
Yusaku era una persona tendenzialmente abitudinaria, infatti sapeva già con largo anticipo cosa avrebbe mangiato per pranzo quel giorno, ma si trattava di Ryoken e, per tutto il tempo che fosse rimasto a casa sua, avrebbe fatto l'impossibile pur di distrarlo dai tristi pensieri che occupavano la sua mente. Difatti, proprio come Yusaku aveva intuito, la preparazione di una ricetta completamente nuova stava aiutando Ryoken a concentrarsi su altro e a rilassarsi un poco.
Ringraziò mentalmente Yusei che, senza neanche saperlo, gli aveva dato l'ispirazione giusta: in quel momento si trovava in vacanza a Venezia col suo ragazzo, Judai, e fu proprio con questa reminiscenza proiettata nella testa che Yusaku propose di cucinare un piatto italiano.
Lui e Ryoken avevano così trascorso parte del tempo a fare la spesa — sempre sotto quel cielo grigio e pesante — e poi erano tornati a casa, al caldo, tra le confortevoli mura domestiche e quelle stanze piccole che quasi invogliavano a mantenere una certa vicinanza tra i loro corpi. E proprio per questo non avevano ancora affrontato seriamente l'argomento più spinoso, ovvero dove avrebbero dormito quella notte e, con ogni probabilità, anche quelle successive.
In parte perché erano stati entrambi categorici a riguardo ma in due modi differenti — Yusaku voleva cedere la sua camera da letto a Ryoken in quanto suo ospite e dormire sul divano letto in salotto mentre Ryoken insisteva nel dire che, essendo piombato a casa sua con così poco preavviso, non era assolutamente giusto che si appropriasse anche della camera da letto e che lo facesse dormire in salotto —, in parte perché Yusaku aveva in mente una soluzione molto semplice a riguardo ma che, per ovvi motivi, non avrebbe mai esposto a voce: dormire insieme.
Cielo, era assurdo, surreale e talmente folle che per un attimo credette di aver sbattuto la testa da qualche parte quella mattina per arrivare a formulare un pensiero simile, ma dall'altra… oh, dall'altra immaginò, per un attimo incandescente come una goccia di lava, di dormire accoccolato a Ryoken sotto le coperte calde, con il capo poggiato sul suo ampio petto e i placidi battiti del suo cuore come sottofondo nella notte invernale.
Un lungo momento di pace e intimità che gli sarebbe sempre sfuggito dalle dita poiché irrealizzabile. Poteva modellarlo a suo piacimento nella propria testa, in quel luogo accessibile solo a lui, ma poi tutto quell'incanto, a un certo punto, si sarebbe sempre sfaldato e sgretolato pian piano, distrutto dal pessimismo di Yusaku, un pessimismo che faceva parte del suo essere realista — questo a detta sua.
Riportò tutta la sua attenzione sulla ricetta e, come era ormai abituato a fare da tempo, si impose di fingere che andasse tutto bene.
In compenso, il pranzo italiano fu un successo su tutti i fronti.


4

Yusaku non aveva in programma di addobbare l'albero di Natale quel giorno, ma nel pomeriggio, mentre estraeva lo scatolone contenente le decorazioni dallo sgabuzzino, pensò di aver fatto proprio bene a cogliere la palla al balzo quando Ryoken gli aveva chiesto, per pura e semplice curiosità, se avesse intenzione di decorare l'appartamento in vista delle feste imminenti.
Vivendo da solo, Yusaku alcune volte tendeva a rimandare diverse cose che riteneva superflue, come ad esempio decorare la casa per Natale in quanto a lui non faceva differenza alcuna se rincasava senza trovare neanche un addobbo ad accoglierlo o meno.
Ma si trattava di Ryoken e allora aggiungere qualche tocco di scintillante colore qua e là non sarebbe mai stato un problema. Così, dopo aver riesumato anche l'alberello che ogni anno perdeva sempre qualche rametto in più, cominciarono ad adornarlo senza seguire un ordine preciso, ma ricreando comunque un'armonia di colori gradevole nella disposizione dei suppellettili.
Erano tutti di forme e dimensioni differenti, ma c'era comunque una sfumatura che li accomunava, ovvero il fatto che ognuno avesse una storia da raccontare legata alla sbadataggine di Yusaku. Negli anni passati, infatti, gli erano tutti sfuggiti di mano almeno una volta, schiantandosi sul freddo pavimento con un tonfo secco.
Così gli angioletti avevano perso l'aureola o la punta dell'ala destra o sinistra, le palline colorate erano tutte ammaccate, i nasi a carota dei pupazzi di neve erano scheggiati, e poi c'era un altro suppellettile in particolare, sempre un po' rovinato, che avrebbe presto cambiato la vita di Yusaku in un modo inenarrabile.
    (E anche quella di Ryoken).


5

Erano intenti a parlare tranquillamente del più e del meno quando il cielo si lasciò sfuggire un fiocco di neve. Il piccolo cristallo volteggiò per un po' con grazia ed eleganza in aria prima di adagiarsi proprio sul bancaletto della finestra che dava sul salottino di Yusaku. Proprio lì dove, frugando nello scatolone, Ryoken trovò un oggetto che lo fece capitombolare nei tristi ricordi che lo avevano spinto a recarsi in quell'appartamento, da Yusaku.
Nell'unico posto in cui desiderava trovarsi quando tutto diventava maligno e avverso. Al caldo e al sicuro, vicino a chi lo faceva sentire in pace col mondo.
    (La sua persona).


6

Yusaku si accorse quasi nell'immediato che la situazione fosse mutata in maniera importante. Aveva da poco terminato di elencare a Ryoken i tre videogiochi per la PlayStation che desiderava acquistare con l'arrivo dell'anno nuovo e questi non aveva risposto, facendogli così credere che ci stesse pensando un attimo su prima di rivelare quali fossero i suoi.
Ma più i secondi passavano più si rendeva conto che non solo Ryoken si era chiuso nel mutismo più assoluto, ma aveva anche smesso di appendere le decorazioni all'alberello con cura e precisione. Yusaku si voltò verso di lui con fare preoccupato. Il ragazzo era intento a osservare l'addobbo che ciondolava tra le sue dita. Era una nota musicale, una croma nera con qualche brillantino qua e là, un po' scheggiata sulla coda, ma comunque tanto graziosa.
    «Ryoken…» Yusaku lo chiamò piano, quasi avesse il terrore di disintegrargli qualcosa dentro, all'altezza del petto.
Ryoken non rispose, non subito almeno. E quando lo fece, tutto Yusaku si sarebbe aspettato di udire tranne che quelle parole.
    «Ha venduto il pianoforte».


7

Se Ryoken avesse detto qualsiasi altra cosa, avrebbe sicuramente avuto un effetto molto meno devastante. Perfino udire “Presto diventerò padre”, a confronto, non avrebbe sconvolto così tanto Yusaku.
E non stava affatto esagerando mentre formulava quel muto pensiero nella sua testa, seduto sul pavimento poco distante da Ryoken, con quel silenzio opprimente che aveva ripreso a gravare tra loro.
Era bastata una semplice frase per distruggere tutto e in un modo che Yusaku non credeva nemmeno possibile e fu lì, in quel preciso istante, che si rese conto di quanto Ryoken fosse ormai spezzato dentro, forse impossibile da ricomporre. Suo padre gli aveva strappato il cuore dal petto senza prima averlo anestetizzato e l'aveva fatto nel modo peggiore possibile: dando via ciò che Ryoken aveva di più caro al mondo.
    «Era l'unico ricordo di mia madre» proseguì mentre stringeva la croma nella mano. «E lui l'ha venduto senza prima consultarmi».
Yusaku si sentì morire dentro. Sapeva quanto il ragazzo fosse devoto a quel pianoforte e quanto rappresentasse un tassello fondamentale della sua anima. In più di un'occasione aveva avuto il piacere
    (l'onore)
di ammirare Ryoken mentre sfiorava quei tasti bianchi e neri e trasformava quel fuggevole contatto in melodie struggenti e meravigliose.
Se qualcuno avesse chiesto a Yusaku di descrivere l'amore con un'immagine, sarebbe stata senza ombra di dubbio quella di Ryoken intento a suonare il pianoforte.
    «Ora casa nostra sembra così vuota…»
Yusaku lo aveva sempre pensato, ancor prima che il ricordo della madre di Ryoken uscisse di scena. Più che vuota, aveva sempre sostenuto che quella villa in riva al mare fosse troppo grande per due sole persone.
Forse prima non era così. Forse un tempo la madre di Ryoken era stata in grado di colmare tutti quegli spazi con la sua dolcezza e il suo amore per il pianoforte, sentimento che aveva trasmesso al figlio senza riserva alcuna.
Quella delicatezza raffinata Ryoken l'aveva sicuramente ereditata da lei, da quella donna che Yusaku non aveva mai avuto modo di conoscere di persona, solo tramite i bei racconti del figlio.
Non se ne rese conto, non in un primo momento almeno, ma quando si ritrovò a stringere Ryoken tra le proprie braccia comprese di essersi avvicinato a lui in un abbrivo dettato dal forte sentimento che provava nei suoi confronti e di aver desiderato solo una cosa: proteggere il suo amore da tutto il male del mondo.
Ryoken non gli era mai parso tanto fragile come in quel momento. Era sempre stato un ragazzo aitante e carismatico, tutte qualità che in quel momento apparivano sfocate, sigillate in un giovane corpo che non riusciva più a manifestarle.
    (Come se il sole avesse smesso all'improvviso di splendere e scaldare le giornate).
Yusaku rimase in silenzio, conscio che in quel momento qualsiasi parola sarebbe stata superflua e inefficace contro il dolore che provava Ryoken.
Continuò ad abbracciarlo, facendo scorrere con garbo e lentezza la mano sulla sua schiena, invitandolo tacitamente a proseguire, a sfogarsi, a buttare fuori tutto anche se angosciante, soprattutto se angosciante.
E Ryoken, con la fronte poggiata contro la sua spalla, continuò: «Lui ha sempre odiato quel pianoforte. Forse dentro di me lo sapevo già da tempo, ma ho voluto sperare fino all'ultimo di sbagliarmi… sai, dopo la morte di mamma non ha mai voluto che lo suonassi in sua presenza. Credevo fosse il suo modo di combattere il dolore, ma ora mi rendo conto che la sua unica preoccupazione era che non diventassi come lei e che non mi mettessi in testa idee assurde come vivere di musica. Io amo ciò che sto studiando all'università, ma non sono i tasti del computer quelli che vorrei pigiare per il resto della mia vita. E poi…»
Cielo, c'era dell'altro? C'era veramente dell'altro? Ryoken non aveva già patito abbastanza a causa dell'insensibilità di suo padre?
    «… e poi ha anche parlato male di te. E lì non ci ho visto più».
Yusaku sussultò. «Come, scusa?» domandò, smettendo di carezzargli la schiena.
Non era una novità, per lui. Sapeva cosa Kiyoshi Kogami pensasse della sua persona, gli bastava far riaffiorare dalla fanghiglia dei ricordi tutte quelle occhiatacce gelide che gli aveva riservato ogniqualvolta andava a trovare Ryoken, che fosse per scambiarsi qualche appunto sulle lezioni universitarie o perché Ryoken aveva finito un gioco per la PlayStation che voleva assolutamente fargli provare o perché, più semplicemente, lo invitava dentro casa il tempo necessario per finire di prepararsi prima di uscire insieme. Qualunque fosse il motivo, non andava mai bene. Ma non il motivo, era Yusaku a non andare bene e lui immaginava anche il perché.
Non era stupido, sapeva da quale vetta altissima Kiyoshi lo trafiggeva con lo sguardo; un traguardo al quale Yusaku non ambiva nemmeno poiché desiderava solo condurre un'esistenza tranquilla, a differenza di Kiyoshi che aveva invece grandi progetti per il figlio.
    (E ora suo figlio si trova qui, a casa mia, intento a vomitare tutto il dolore che lei stesso gli ha provocato).
Ryoken allontanò la fronte dalla sua spalla e alzò lo sguardo, instaurando il contatto visivo con le sue iridi verdi. Pareva teso, la tristezza sostituita da una rabbia cocente, quasi in procinto di esplodere.
    «Te lo giuro, Yusaku, non lo riconoscevo più. Ha iniziato a farneticare cose assurde che non voglio ripetere e—»
    «Tanto so bene cos'ha detto» lo interruppe Yusaku. «O meglio, posso immaginarlo».
Ryoken lo guardò con una punta di sconcerto.
    «Andiamo, Ryoken, pensi che non ci abbia mai fatto caso? Tuo padre mi odia, mi ha sempre ritenuto non alla tua altezza e di conseguenza mi reputa una compagnia per niente adatta a te. Cosa ti ha detto? Che dovresti troncare la nostra amicizia? Che posso influenzarti negativamente col mio stile di vita non da ricco? Che essermi amico ti renderà lo zimbello di tutti sul posto di lavoro? Avanti, dillo pure! Non mi importa».
    (Invece sì, gli importava eccome).
Non tanto dell'orribile considerazione in sé, quanto più il fatto che nel mondo esistessero davvero individui che basavano il valore di una persona sul ceto sociale di appartenenza, escludendo qualsiasi altra qualità ritenuta inutile ai fini del giudizio.
Yusaku non aveva mai conosciuto i suoi genitori. Per quasi tutta la vita aveva vissuto in un orfanotrofio e, una volta maggiorenne, aveva cercato subito un lavoro, in modo tale da pagare la retta universitaria.
Non ambiva a una rivalsa nella propria vita, né a dimostrare che anche un nessuno come lui poteva raggiungere le stesse vette di Kiyoshi Kogami. Non gliene importava un bel niente, voleva solo essere lasciato in pace e condurre un'esistenza tranquilla divisa tra il lavoro alla caffetteria e lo studio di ingegneria informatica all'università.
Chiedeva forse troppo?
Ryoken era in procinto di rispondere, quando Yusaku fu investito da un'ondata di devastante consapevolezza.
    «Immagino che quando tuo padre saprà che ti trovi qui, andrà su tutte le furie».
Gli occhi di Ryoken si ridussero a due fessure. «Credi che sia qui per ripicca nei suoi confronti?»
Yusaku abbassò lo sguardo. Non sapeva come o cosa rispondere. L'unica cosa che desiderava era non litigare con Ryoken e non essere a sua volta una fonte di dolore per lui.
    «Yusaku».
Ryoken lasciò andare la croma e poggiò le mani sulle sue gote
    (calde, quelle mani erano calde)
e Yusaku alzò nuovamente lo sguardo, gli occhi che pizzicavano e un groppo in gola difficile da sbrogliare.
Ryoken si avvicinò un po' di più, tanto che i loro respiri trovarono un punto d'incontro in cui miscelarsi tra loro.
I suoi bellissimi occhi azzurri erano limpidi come una primavera che in quel momento non esisteva ma che, a modo suo, stava fiorendo sotto sfumature del tutto diverse.
    «Il motivo per il quale sono qui è perché mio padre si è permesso di offendere le due persone che più amo al mondo. Ha offeso il ricordo di mia madre e ha offeso te, giudicandoti senza sapere nulla sul tuo conto. E questo non glielo perdonerò mai».
Yusaku tremò. Tremò da dentro, partendo dal cuore, lasciandosi poi sfuggire un piccolo gemito. Chiuse gli occhi e qualche lacrima sfuggì al suo controllo, solcandogli le gote.
Ryoken le asciugò con garbo, conscio che dopo un'esternazione simile non sarebbe mai più potuto tornare indietro. E andava bene così.
    «Sono così felice di averti nella mia vita, Yusaku. Abbiamo vissuto tantissimi momenti insieme, uno più bello dell'altro. Sai quali sono i miei preferiti?»
Yusaku negò col capo, riaprendo lentamente gli occhi. E quando vide Ryoken sorridere, sentì di amarlo più di qualsiasi altra cosa al mondo.
    «Sono quelli in cui tu mi ascolti suonare il pianoforte. Sono gli unici istanti in cui mi sento in pace col mondo e compreso. Ti ho dedicato ogni nota, fin dal primo momento in cui ci siamo conosciuti. Quando tu mi guardi, io mi sento completo. E non c'è altro luogo in cui vorrei trovarmi ora se non qui, insieme a te. Perché l'ho capito ormai da tempo, Yusaku: la mia casa sei tu».
In quell'istante, quando Ryoken gli sfiorò le labbra con le proprie per poi baciarle con una dolcezza inenarrabile, Yusaku avvertì una felicità tremante diramarsi in ogni cellula del corpo dovuta alla realizzazione di aver trovato l'anima gemella.
Anche i suoi momenti preferiti con Ryoken erano gli stessi: erano quelli in cui si beava della sua figura avvolta in un concerto di melodie romantiche e struggenti, erano quelli in cui si perdeva in lui, nel suo sguardo assorto e nelle sue dita che scivolavano sinuose sui tasti del pianoforte, le stesse dita che ora, invece, stavano scivolando sul suo corpo, lascive e garbate al tempo stesso.
Più il bacio proseguiva e più Ryoken lo carezzava con desiderio, più Yusaku si sentiva parte di qualcosa di incantevole e immenso, impossibile sia da descrivere che da quantificare.
    «Non qui…» riuscì a sussurrare quando si staccarono per riprendere fiato, con le gote ridotte a due tizzoni ardenti e le labbra gonfie e arrossate. «Andiamo in camera nostra».
Sorrisero entrambi a quell'affermazione, felici di aver trovato una soluzione che li mettesse d'accordo riguardo i posti letto. Alla fine Yusaku aveva ragione: dormire insieme avrebbe risolto ogni problema.


8

Quel pomeriggio nevicò, ma loro se ne accorsero solo dopo aver fatto l'amore. Quell'unico fiocco di neve solitario che si era adagiato sul bancaletto che aveva segnato l'inizio era stato poi seguito dai suoi compagni, miliardi di cristalli di ghiaccio tutti diversi e unici tra loro.
    «Adesso capisco» disse Yusaku mentre si rivestiva. Era rimasto talmente tanto rapito da quello spettacolo che, a differenza di Ryoken ormai vestito, aveva indossato solo i boxer.
    «Che cosa?» domandò questi, puntando lo sguardo alla finestra della camera da letto.
    «Il cielo. Per tutto il giorno mi ha dato l'impressione di essere pesante e basta, mentre invece è sempre stato un cielo da neve. Non me lo aspettavo… è bellissimo».
    «Anche tu lo sei».
Yusaku avvampò e si affrettò a rivestirsi, come se Ryoken non l'avesse già divorato con lo sguardo, le mani e le labbra durante tutto l'amplesso.
    «Comunque… volevo chiederti una cosa».
    «Dimmi».
Yusaku inspirò ed espirò prima di domandare: «Immagino tu non voglia che tuo padre sappia di noi… o forse sì?»
Ryoken sorrise, baciandogli la spalla. «Per il momento no. Voglio godermi qualche giorno tranquillo insieme a te prima di affrontare la tempesta».
Yusaku annuì, conscio che prima o poi avrebbero dovuto seriamente affrontare la tempesta. Per il momento, però, anche solo per pochi sfilacci di tempo, voleva condividere quel segreto con Ryoken, lontani dalla freddezza del mondo esterno.
    «Credo proprio che tu abbia ragione».


9

Yusaku non avrebbe mai immaginato di svegliare Ryoken la Vigilia di Natale con un bacio, un lungo abbraccio e una bellissima sorpresa in serbo per lui. A dirla tutta, non credeva nemmeno che un giorno Ryoken si sarebbe trasferito definitivamente a casa sua, ma era successo ed erano diventati una coppia a tutti gli effetti.
Kiyoshi non l'aveva presa bene, per niente. Ma dopo quanto aveva fatto, non era certo nella posizione di fare tante storie. E in ogni caso, Ryoken non aveva intenzione alcuna di tornare a casa e Yusaku l'avrebbe ospitato per tutto il tempo del mondo.
Quell'appartamento che ora era la loro casa, pregno di profumi, colori e nuovi ricordi che stavano costruendo insieme giorno dopo giorno.
    «Perché dobbiamo andare in stazione?» chiese Ryoken ancora mezzo addormentato.
    «È una sorpresa. Ti fidi di me?»
A quella domanda, Ryoken si svegliò completamente. «Certo che mi fido di te» disse, gli occhi ora ben aperti e lo sguardo attento.
Yusaku sorrise. «Ottimo, allora facciamo colazione e poi—»
Quasi urlò per la sorpresa quando si sentì afferrare e trascinare sul morbido materasso, stretto tra le braccia di Ryoken, con quelle labbra bollenti poggiate sul collo ipersensibile.
    «Restiamo ancora un po' qui» sussurrò tra un bacio e l'altro.
Yusaku si lasciò sfuggire un mugolio di piacere e poco dopo cedette alla tentazione, accoccolandosi nuovamente accanto a Ryoken, in quel calore benevolo e lenitivo. C'era tempo, potevano concedersi qualche altro minuto di coccole prima di alzarsi dal letto e prepararsi per andare in stazione.
Anche se Yusaku fremeva dalla voglia di trascinare Ryoken lì e di mostrargli quel miracolo fin dal momento in cui, dopo essersi svegliato quella mattina, aveva acceso il telefono e scrollato le ultime notizie dei giornali online.
Non sapeva chi avesse portato quel pianoforte nel cuore della notte in stazione e, soprattutto, dubitava fortemente che si trattasse proprio del pezzo di cuore che Ryoken aveva perso. Ma c'era pur sempre un pianoforte in stazione che attendeva solo di essere suonato da qualcuno e Yusaku lo sapeva, lo sentiva, che la neve avrebbe ricominciato a scendere solo nel momento in cui le dita di Ryoken avessero sfiorato quei tasti, melodie lontane e meravigliose che segnavano una rinascita.
    (Proprio come dentro un segreto).
E non vedeva l'ora di rinascere insieme a lui.


Amo la neve.
Amo soprattutto la neve che cade quando meno te lo aspetti.
Ci si sente come dentro un segreto.
— Fabrizio Caramagna



N.d.A.

Questa storia partecipa al Calendario dell'Avvento di Fanwriter.it
Giorno scelto: 1 gennaio 2024 — BUON ANNO A TUTTI!

Questa storia partecipa al Calendario dell'Avvento del forum Siate Curiosi Sempre.
Prompt: la citazione di Fabrizio Caramagna che trovate a fine storia

Che bello tornare per il quarto anno di fila con questa data per il Calendario dell'Avvento.
Per me è ormai una tradizione pubblicare una Ryoken/Yusaku ogni primo dell'anno, l'idea di iniziare anche il 2024 con loro mi riempie il cuore di gioia.
Tra l'altro, il primo gennaio è anche il compleanno di Ryoken, quindi doppio motivo per festeggiare — anche se è solo un mio personalissimo Headcanon, ci sono comunque affezionata.

È la prima volta che racconto della madre di Ryoken e spero di averle dato un'identità, o quantomeno di averne gettato le basi. Di lei nel canon non si sa nulla, così come non si sa nulla dei genitori di Yusaku, ma purtroppo sappiamo benissimo di ciò che ha fatto Kiyoshi e quindi non trovo neanche così implausibile il fatto che si sia comportato in quel modo col figlio.
Inoltre, non l'ho mai scritto esplicitamente, ma secondo me Kiyoshi non ha mai amato sua moglie anche nel canon, quindi volersi liberare del pianoforte ha fatto comprendere a Ryoken proprio questo.
È tristissimo da dire, ma considerando il personaggio…
E questo si ricollega a un altro punto fondamentale della storia: io so bene che in quasi tutte le fanfiction che ho scritto Ryoken studia Ingegneria Informatica all'università oppure lavora come programmatore per una grossa azienda oppure ancora studia il funzionamento della realtà virtuale, ma dovete sapere che mi sono sempre basata sul Ryoken di fine VRAINS, quando rimane appunto legato a questo mondo per proteggerlo e impedire eventuali attacchi da futuri nemici.
Anche perché, in qualsiasi modo la si guardi, Ryoken rimane pur sempre un eccellente hacker e possiede delle doti informatiche non da poco.
Però Ryoken, nella prima stagione, dice questo a Yusaku: “Non mi fido dell'intelligenza artificiale. Il mondo di Internet è una finzione. Ciò che conta è il respiro e il battito della vita”, e io mi sono sempre chiesta cosa avrebbe fatto se non fosse stato invischiato in questioni più grandi di lui legate appunto al mondo dell'intelligenza artificiale.
E secondo me Ryoken avrebbe proprio scelto un percorso artistico. Ce lo vedo benissimo come scrittore e, come in questo caso, musicista.
Ma per il modo in cui nella serie si è preso cura di suo padre nonostante tutto, secondo me punterebbe anche allo studio di Medicina all'università.
Insomma, tutte cose più “reali” e molto più legate al respiro e al battito della vita, proprio come dice lui.
Quindi sì, in questa storia ho sperimentato non poco e mi sono divertita un sacco (!)

Io come al solito ho scritto tantissimo e vi chiedo umilmente scusa, ormai non faccio neanche più il buon proposito per l'anno nuovo di essere meno prolissa perché tanto finisce sempre così.
Ma ci tenevo a spiegarvi alcune cose, soprattutto se consideriamo il modo in cui vi ho fatto conoscere Ryoken nel corso del tempo.
Questo è un altro aspetto di lui che vorrei approfondire nelle mie future storie, se ne avrò l'occasione.
Grazie per essere arrivati fino a qui e felice anno nuovo!

M a k o
   
 
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