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Autore: De33y    03/01/2024    3 recensioni
Ci sono esperienze che lasciano un segno indelebile sulla pelle e sull’anima. Ci sono creature che strisciano nell’ombra che si nutrono di queste cicatrici. Un semplice caso di bambini scomparsi pone i fratelli di fronte a scelte impossibili, scelte che aprono vecchie e nuove ferite e che mettono alla prova il loro legame.
Genere: Angst, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Quarta stagione
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Disclaimer: Non possiedo i diritti di Supernatural né dei personaggi riconoscibili presenti in questa storia. L'idea originale è merito di Eric Kripke ed i diritti, al meglio delle mie conoscenze, appartengono allo studio CW. Le Algea sono state introdotte da Esiodo nella Teogonia, ma data la scarsità di fonti ho lavorato di fantasia per la loro caratterizzazione e attualizzazione. Questa storia è scritta per puro divertimento e non ha scopi di lucro.
Spoiler warning: La storia contiene spoiler sul finale della stagione 3 e alcuni elementi dalla stagione 4.
Triggers: La storia contiene elementi di violenza, non estremamente grafici e linguaggio volgare, entro i canoni della serie.



Dean raggiunse Alexandria alle prime luci dell’alba, dopo aver guidato tutta la notte. Un sorriso si fece strada tra i lineamenti tirati dalla stanchezza e dal dolore alla vista della sua Baby che lo aspettava immacolata davanti casa di Matt. Aprì la portiera con la copia della chiave che teneva di scorta da Bobby e fu accolto dall’odore familiare della tappezzeria, mescolato a quello di tutto il cibo che mangiavano nell’auto e quello della polvere da sparo che proveniva dal bagagliaio.
Si lasciò cadere nel sedile di guida inalando a fondo, troppo esausto per pensare a qualcosa e troppo stanco per preoccuparsi della schiena che doleva. Restò così fino a che non sentì una macchina rombare nelle vicinanze. D’istinto scivolò più in basso nel sedile per non farsi vedere, provocandosi nuove fitte alla schiena. Strinse i denti per sopprimere un’imprecazione  e sbirciò fuori dal finestrino. Era il pickup della madre di Matt e sul sedile del passeggero c’era il bambino. Dean tirò un respiro di sollievo. Dopo che i due furono entrati in casa, recuperò il telefono dal vano porta oggetti per assicurarsi anche delle condizioni degli altri due bambini. C’era una chiamata di Bobby sul display, nessuna sorpresa dato che l’aveva chiamato anche sull’altro telefono, era sicuro che se avesse preso il telefono di emergenza l’avrebbe trovata anche lì.  La batteria era agli sgoccioli, ma aveva ancora sufficiente carica per contattare le famiglie degli altri due bambini. Sembrava che gli angeli avessero mantenuto la loro parola su quello e che tutti e tre i bambini stessero bene.

Tornò al motel. Davanti alla porta si rese conto che la chiave era nella tasca del giacchetto che si erano prese quelle due arpie, senza quella potevano dire addio al loro deposito. Visto che il deposito se ne sarebbe andato comunque e che non aveva nessuna voglia di parlare con il proprietario, forzò la serratura.  La stanza era esattamente come l’avevano lasciata, incluso il laptop di Sammy. Si sedette di fronte al computer a controllare le news locali. La polizia si era recata sul luogo dove i bambini erano stati tenuti prigionieri, ma non aveva trovato niente. Nel negozio dismesso non c’era nessuna traccia delle sorelle né dei loro giochi malati. Tant’è che l’indagine stava prendendo in considerazione tra le altre ipotesi che potesse trattarsi di abusi da parte delle famiglie e che il resto fosse tutta un’invenzione dei bambini. Già dalle prime indagini si capiva che la storia degli abusi non si reggeva in piedi, ma avrebbe dato alla polizia locale qualcosa da fare. Almeno nel frattempo i bambini erano al sicuro e la cittadina era sull’allerta rendendo poco probabile un possibile ritorno delle sorelle.

Dean decise che poteva concedersi un po’ di riposo. Ad ogni modo non era ansioso di andare in alcun posto per il momento. Al di là delle promesse fatte a Bobby di tornare, sapeva che non sarebbe stato più il benvenuto a casa del vecchio una volta che Sam si fosse svegliato e avesse raccontato chi l’aveva conciato in quel modo.
Sperava solo che un giorno Sam sarebbe stato in grado di recuperare, se non fisicamente almeno mentalmente. Il telefono squillò di nuovo. Lo schermo diceva Bobby, ma Dean sapeva che si trattava di Sam. Solo Sam continuava a chiamarlo con quella frequenza quando non rispondeva per più di un paio di volte. Non era pronto per sentire le sue accuse. Fu un concerto di suonerie che ignorò una dopo l’altra, aiutandosi con qualsiasi alcolico fosse rimasto nel minibar.
Non dovevano essere passate più un paio d’ore di sonno agitato prima che i telefoni cominciassero a squillare di nuovo. Si premette il cuscino sulle orecchie cercando di ignorarli ancora. Si riaddormentò e svegliò poco dopo in preda agli incubi. A cose normali si sarebbe concentrato sul lavoro o sull’assicurarsi che Sam stesse bene per allontanarli.
Quando aprì gli occhi c’era un messaggio sul suo telefono.
“Ti prego dimmi che non sei di nuovo in mano alle sorelle. Sam”
Dannazione, suo fratello riusciva a farlo sentire ancora più in colpa. Stava pensando se e cosa rispondere quando il telefono si animò ad una nuova chiamata. Non riuscì a resistere, voleva sentire la voce di Sam. Voleva sapere quanto avesse mandato a puttane la sua unica possibilità di avere una famiglia.
Premette il bottone verde.
Appena sentì la voce di Sam le emozioni presero il sopravvento. Ci volle del tempo prima che riuscisse a dire qualcosa.
“Dean ci sei? Mi senti?”
“Mi dispiace Sam.” Riuscì a dire con voce strozzata.
“Dean?”
“Mi dispiace tanto.”
“Sei ad Alexandria?”
“Sì.” Non c’era motivo per mentire.
“Hai scoperto qualcosa sui bambini?”
“I bambini stanno bene.” Disse cercando di ricomporsi. “Li hanno tenuti una notte in osservazione e li hanno già rimandati a casa.”
Sentì Sam all’altro capo del telefono tirare un sospiro di sollievo.
“Ti prego non andare a caccia delle sorelle da solo.” Dean poteva sentire la nota di paura nella sua voce.
“Sono sparite. La polizia è già stata là, non c’è traccia.” Il pensiero non gli era passato più di tanto per la testa. Non erano state le sorelle a far del male a Sam. D’altra parte adesso che ci pensava, non era sicuro di come avrebbe reagito se i bambini non fossero tornati a casa o se altri bambini fossero spariti nel frattempo.
Di nuovo Sam sembrò sollevato dalla notizia. Merda, avevano perso le sorelle, non era proprio una bella notizia.
“Hai intenzione di tornare,  voglio dire da Bobby?” La domanda lo colse di sorpresa e poteva sentire Sam che si agitava in attesa di una risposta.
“Se è per il computer posso mandarlo, non credo che tu voglia…cioè non dovremmo…Sam mi dispiace tanto.” Aveva di nuovo un nodo in gola e gli occhi che gli bruciavano ai ricordi vividi dei giorni precedenti.
“Dean torna per favore.”
“Non posso. Quello che è successo. Quello che ti ho fatto Sammy…non è una buona idea.” Dean farfugliò incapace di formare una frase di senso compiuto, mentre cercava inutilmente di cacciare dalla sua testa l’immagine del disegno che aveva tracciato sul petto di Sam.
“Sto bene, Castiel mi ha curato.”
Cosa aveva fatto Castiel?! Dean non riusciva a crederci. Un brivido lo percorse al pensiero, sarebbe stata la prima notizia davvero buona della giornata. Ma le immagini nella sua testa continuavano a tormentarlo. Non poteva stare intorno a Sam, non dopo quello che aveva fatto. Giusto? Non senza sapere cosa sarebbe stato capace di fare la prossima volta quel sadico figlio di puttana che abitava nella sua testa. Il suo silenzio stupito si protrasse un po’ troppo a lungo.
“Dean?”
“Sono ancora qui.”
“Scusa, te lo avrei dovuto dire prima. Sono come nuovo. Senti, lo so che è stato un casino con le sorelle, ma lo supereremo. Insieme. Te lo prometto. Ma devi tornare indietro.”
Lo supereremo certo, come se fosse solo un dosso o una buca nella strada. Come se non lo avesse intagliato come un pezzo di legno.
“Ho bisogno del mio fratello maggiore adesso. Ho bisogno di te, Dean.”
Dean poteva immaginare gli occhi da cucciolo di Sam, quello sguardo che abbassava tutte le sue difese fin da quando erano bambini, ma in fondo per lui a volte Sam era ancora quel bambino.
“Dean per favore torna, non posso perderti di nuovo, non ora che ti ho appena ritrovato.” Non poteva sopportare di sentire Sam che lo supplicava in quel modo. Poteva veramente riuscire a tenere a bada il mostro dentro di lui se incontrava Sam?
“Dean?”
“O…Okay.”
“Okay, vuol dire che torni? Lo prometti?”
“’Lo prometti? Croce sul cuore? Giurin giurello? Quanti anni hai?”
“Quindi?”
“D’accordo, promesso, ma che sia messo agli atti che non credo che sia una buona idea.” Ovviamente lo prometteva, non esisteva che riuscisse a dire di no a Sam quando era così distrutto. Sono io che l’ho distrutto.
“Dean, mi fido di te.” E quelle cinque parole mandarono in frantumi la sua anima.

Dean abbassò il telefono. Sentiva le lacrime scendere dai suoi occhi ed incastrarsi nella barba di due giorni. Non sapeva bene quando, ma ad un certo punto era finito a sedere sul pavimento ed ora il telaio del letto premeva contro i morsi della frusta sulla sua schiena. Non gli importava. Sam si fidava di lui. Quella era una delle stupidaggini che solo sue fratello poteva fare. Sam si fidava di lui. Se solo Sam avesse saputo quanto aveva perso il controllo solo perché aveva avuto un coltello tra le mani o quanto tutto fosse incasinato da quando era tornato dall’inferno. Come poteva Dean fidarsi di sé stesso ed essere altrettanto sicuro che non gli avrebbe fatto del male di nuovo? Ma aveva promesso, quindi si alzò, guardò con rimpianto al letto, e caricò le loro cose nell’auto.
Dette un’ultima occhiata alla stanza per assicurarsi di non lasciare niente e fece cadere il cellulare di Bobby in tasca. L’oggetto gli ricordò che Bobby era la sua garanzia. Bobby non avrebbe lasciato che facesse di nuovo del male a Sam. Al diavolo! Se Bobby sapeva cosa era successo probabilmente gli avrebbe sparato o l’avrebbe legato nel momento stesso in cui l’avesse visto.
 
 
  
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