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Autore: OrnyWinchester    05/01/2024    2 recensioni
Pochi giorni prima di Natale, Dean viene rapito da alcuni esseri magici davanti agli occhi increduli di Sam. Nel frattempo, a Camelot, subiscono la stessa sorte re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda. Toccherà a Sam e Merlino andarli a salvare, in un’avventura al limite dell’incredibile in una terra sconosciuta.
La storia è ispirata alle serie tv "Merlin" e "Supernatural" e si colloca tra gli episodi 4.7 e 4.8 di Merlin e dopo la stagione 15 di Supernatural.
Il titolo è un riferimento all’episodio 3.8 di Supernatural “A Very Supernatural Christmas”.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Cavalieri della Tavola Rotonda, Merlino, Principe Artù
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
Capitoli:
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In principio

 
«Uffa! Ma quanto ci mette?! Se continua così, dovrò aspettare un’infinità!» bofonchiò Crocker, mentre, nascosto tra le ombre della notte, rivolgeva da lontano l’attenzione all’ingresso di un locale.
Il bar era meno frequentato del solito quella sera di dicembre e il cluricauno aveva pensato che non poteva esserci occasione migliore per avvicinare i fratelli Winchester. Purtroppo per lui, però, solo Dean, il maggiore, si era recato a bere, mentre l’altro non si era mosso dal bunker. Da quel che aveva intuito, il tipo aveva appuntamento con una ragazza molto avvenente. Sfortunatamente, la giovane non si era ancora fatta viva. Finché, ad un certo punto…
«Bingo!» esclamò Crocker, vedendola arrivare.
Così, si precipitò verso di lei e con disinvoltura schioccò le dita. Questa, come in preda ad una perdita di memoria, si guardò intorno senza rammentare perché si trovasse lì. Poi, tornò alla sua auto con uno sguardo confuso, mise in moto e lasciò il parcheggio. Solo allora Crocker, apparentemente un uomo di mezza età, con altezza che non superava il metro e mezzo e con gli occhi scuri e scintillanti, decise di entrare nel locale.
Era piccolo e poco gettonato, con un bancone di legno e un paio di sgabelli. Le pareti erano rivestite in pannelli di legno scuro. Gli scaffali dietro il bancone erano pieni di bottiglie di liquori e il barista stava servendo un cliente. L'aria era un po' viziata e in sottofondo si sentiva la musica leggera e tranquilla dei motivetti natalizi. C'erano solo un paio di persone nel bar, sedute ai lati del bancone, intente a bere e a chiacchierare. Crocker si accomodò di fianco ad un giovane dai capelli corti castano chiaro, particolarmente attento a fissare la soglia ogni volta che la porta si apriva.
«Aspetti qualcuno, amico?» gli chiese incuriosito.
«Una ragazza, ma ormai non credo che arriverà più!» rispose Dean Winchester, bevendo un sorso dalla sua bottiglia di birra.
«Non sai come ti capisco!» ribatté l’altro. «A me succede molto spesso e in modo del tutto inspiegabile!»
Il cacciatore lo osservò e, notando come il suo interlocutore non spiccasse per avvenenza, si limitò ad annuire.
«E per giunta, solo pochi giorni fa ho perso anche il lavoro!» continuò questo, bigio. «Dove ne trovo un altro poco prima di Natale?»
«Ah, ho sentito che al centro commerciale qui vicino stanno cercando delle persone per “L’Angolo di Babbo Natale”. Magari potrebbero assumerti come… elfo?!»
Nonostante le fattezze di quell’uomo richiamassero molto quelle di uno degli elfi natalizi, Dean si pentì subito di quello che aveva appena detto e guardò il tizio con aria mortificata, preoccupato che si fosse offeso. Invece, questo continuò a sorseggiare tranquillamente la sua birra e gli rivolse perfino un sorriso allegro in risposta.
«Sai una cosa?! Credo proprio che domani ci farò un salto!» disse, speranzoso. «Permettimi di ringraziarti, offrendoti il prossimo giro!»
Prima che Dean potesse rispondergli, l’uomo aveva richiamato l’attenzione del barista e gli aveva fatto segno di servire altre due birre.
Avevano passato il resto della sera a conversare e a bere, fino a quando Dean non si era alzato per andare in bagno. Allora, dopo essersi accuratamente guardato attorno, Crocker aveva estratto una piccola fiala da una tasca della giacca di velluto verde scuro e ne aveva versato il contenuto dorato nella sua bottiglia, mimetizzandolo con la birra. Al suo ritorno, lui e Dean avevano continuato a parlare, accompagnando le chiacchiere con una buona dose di bevute fino a tarda notte, quando i due si erano salutati.
Rimasto solo, il cluricauno sorrise soddisfatto. Anche se non era riuscito ad abbindolare Sam, almeno non sarebbe ritornato da Clíona a mani vuote!
 
***
 
Heinze si fermò e si appoggiò ad un albero, esausto.
«Oh, accidenti!» esclamò, piegandosi per l’affanno. «Ma questi cavalieri non si stancano mai di gironzolare tutto il giorno?»
Il cluricauno aveva seguito silenziosamente i Cavalieri della Tavola Rotonda di Camelot per gran parte della giornata, ma non aveva avuto modo di avvicinarli o di scorgere re Artù, né tantomeno di poter avere libero accesso al loro cibo. Così, decise che la maniera migliore di agire sarebbe stata quella di affidarsi a ciò che i cluricauni come lui sapevano fare meglio, ovvero bere, bere e ancora bere.
Aveva appreso che di sera i cavalieri si recavano spesso nella taverna locale per ritemprarsi dalle fatiche quotidiane, così aveva convenuto che quello sarebbe stato il suo obiettivo. Tuttavia, restava ancora un problema da risolvere.
Era, infatti, necessario che anche re Artù si unisse a loro, affinché il suo piano potesse compiersi e potesse averli tutti alla sua mercé. Così, in qualità di viandante, ospite della locanda “The Rising Sun”, aveva instillato nel taverniere Evoric l’idea che sarebbe stato un ottimo richiamo per tanti forestieri se avesse avuto anche il sovrano tra i suoi clienti. Evoric, un omone alto con i capelli corti e biondi, non se l’era fatto ripetere due volte e, avendo annusato la possibilità di lauti guadagni da quella situazione, aveva convinto i cavalieri a coinvolgere anche il re in una delle loro uscite alla città bassa.
Finalmente la sera tanto agognata da Heinze era arrivata e, quando Artù e i suoi uomini avevano fatto il loro ingresso nella taverna, il cluricauno, sotto le mentite spoglie di uno straniero, si era agghindato di tutto punto per confondersi tra la clientela, anche se non era riuscito a nascondere il grosso nasone a patata violaceo, che doveva alle tante sbronze accumulate nel corso degli anni. Un po’ per abitudine, un po’ per scaramanzia, non se l’era sentita nemmeno di lasciare il suo vecchio berretto rosso, compagno di tante avventure e disavventure, nella speranza che lo assistesse nell’impresa.
Rimasto inizialmente in disparte, man mano che le ore passavano e i suoi bersagli diventavano sempre più disinibiti a causa dell’alcol, si era progressivamente avvicinato a loro e aveva iniziato a ridere delle loro storie e delle loro battute.
«E quella maledetta Lamia? Per poco non mi uccideva!» disse sir Elyan, ricordando una delle loro recenti traversie.
«E’ incredibile come avesse un ascendente così forte su tutti noi!» concordò sir Galvano, bevendo un lungo sorso dal suo boccale.
«Non proprio su tutti!» replicò re Artù. «Stando a quello che mi ha raccontato Gwen, lei e Merlino non ne erano succubi!»
«Beh, sì, può darsi!» ammise sir Parsifal, ormai quasi ubriaco.
«Non è stato di sicuro un bell’esempio che quattro cavalieri di Camelot grandi e grossi come voi si siano fatti sopraffare così facilmente.»
Heinze, a quel punto, ritenne che era giunto il momento della sua entrata in scena.
«Domando scusa, signori!» proferì teatralmente. «Ho capito male o voi siete dei cavalieri che difendono la sicurezza di questo regno?»
«No, buon uomo, avete capito benissimo!» rispose Artù, anche lui un po’ alticcio. «Sono proprio dei cavalieri e io sono re Artù, sovrano di Camelot.»
L’uomo gli strinse la mano con enfasi e prese uno sgabello da un tavolo lì vicino per sedersi accanto a loro.
«Ma è meraviglioso, sire! Non sapete quale onore è per me, un povero viandante, fare la vostra conoscenza!» continuò a proferire in modo pomposo, aggrottando le folte sopracciglia grigie. «Non so come ringraziarvi per l’ospitalità che ho ricevuto in questo regno così pacifico e per la sicurezza che questo luogo è riuscito ad infondermi!»
«Mi fa piacere che vi siate trovato bene a Camelot.» aggiunse Artù, compiaciuto.
«Oh, più che bene!» continuò a recitare il cluricauno. «E non vorrei sembrare sfrontato, ma gradirei offrire a tutti voi qualcosa da bere per ricambiare almeno un po’ della gentilezza che ho ricevuto.»
Mentre tutti i cavalieri, ebbri, lanciarono grida di entusiasmo per l’offerta dell’uomo, Artù si limitò a rispondere con un cenno di assenso della testa. Heinze, allora, si recò al bancone e, senza essere visto, lasciò cadere nei boccali un liquido dorato contenuto in una fiala. Sul suo viso scintillò un sorriso beffardo, dimostrando un'ingegnosità senza pari.
Tornato al tavolo, si sorbì altre chiacchiere e altre storie, reagendo con la stessa teatralità mostrata in precedenza, fino a quando li salutò per ritirarsi nella stanza della locanda dove alloggiava.
Se per Artù e i suoi cavalieri quello era stato a tutti gli effetti un addio, per Heinze non poteva che trattarsi di un arrivederci, conscio che l’indomani avrebbe finalmente messo le mani su ciascuno di loro e li avrebbe condotti ad Avalon al cospetto di Clíona.
 
***
 
Il giorno seguente Crocker e Heinze si erano ritrovati davanti alla barriera magica sulle sponde del lago di Avalon, in attesa di potervi accedere. Se Heinze era giunto fin lì con ben cinque prigionieri da offrire alla Regina delle fate, Crocker ne trasportava solo uno, ma la sua essenza stracolma di magia era ben più percettibile di quella degli altri.
Ann, una delle fate più vicine a Clíona, era giunta fino alla barriera d’ingresso per riferire i loro propositi e, avendo ricevuto indicazioni in tal senso direttamente dalla sovrana, aveva aperto il confine magico e aveva consentito loro di raggiungerla per consegnare i prigionieri.
«Credi che la regina ci permetterà di tornare ad Avalon?» chiese Crocker, passeggiando su e giù per la radura verde con le sue scarpe a punta nere con delle grandi fibbie argentate.
«Lo spero proprio!» rispose Heinze, sistemandosi il berretto rosso. «Non ho fatto tutta questa fatica per nulla!»
«Abbiamo portato alla regina quello che ci ha chiesto, in fondo!» continuò il cluricauno, passandosi nervosamente una mano sui capelli rossicci.
«Io sì, tu non so. Mi risulta che fossero due i prigionieri che dovevi portarle!»
«Lo so, ma non è colpa mia se il fratello di questo idiota vive praticamente recluso, senza svaghi o vizi.» rispose, allungando l’indice tozzo verso Dean, che giaceva a terra svenuto e legato. «Comunque, gli ho lasciato degli indizi per attirarlo qui, così da tendergli una trappola. In questo modo Clíona avrà ugualmente quello che desidera.»
«Se lo dici tu!» fece spallucce Heinze, poco convinto.
«Tu, intanto, pensa ai fatti tuoi! E ai prigionieri che hai con te! Se dovesse arrivare il mago a salvarli, non vorrei trovarmi in mezzo alle vostre dispute!» obiettò Crocker, offeso, incrociando le braccia.
«Sei tu che non devi impicciarti dei fatti miei!»
«Cerchi guai, amico?»
Il cluricauno Crocker distese allora le braccia, come per sgranchirle, poi le piegò e mostrò due pugni all’indirizzo di Heinze.
«Avanti, fatti sotto!» lo sfidò, avvicinandosi un po’, ma senza troppa enfasi.
«Osi minacciarmi?!» replicò Heinze, spostandosi a sua volta verso di lui con un paio di rapidi saltelli.
Mentre si stavano fissando con uno sguardo decisamente torvo ed erano sul punto di ingaggiare una rissa, un’eco rimbombò nell’aria come un boato, facendoli tremare e tornare ciascuno accanto al proprio “bottino”.
«Fate silenzio!» tuonò Clíona, furente.
La Regina delle fate aveva una voce dolce, melodiosa ed equilibrata e udirla proferire con quel tono sgraziato e rabbioso fece rabbrividire e irrigidire i due cluricauni litigiosi.
Avvolta dalla sua luminescenza mistica, Clíona apparve davanti a loro e, facendo fluire i suoi lunghi capelli dorati al soffio delicato del vento, iniziò a passeggiare da una parte all’altra, scrutando con interesse gli esseri umani che i due avevano condotto al suo cospetto; la fidata fata Aingil dai capelli color menta la seguiva di qualche passo, curiosa.
«Crocker e Heinze, avete svolto con prontezza il compito che vi ho affidato. Confesso che non ero certa di potermi fidare di voi dopo le gravi colpe di cui vi siete macchiati.» iniziò il suo discorso con fermezza, rivolgendo loro fugaci occhiate cupe. «Vedo, però, che qui manca ancora qualcuno…» aggiunse, fermando lo sguardo su Dean. «Dov’è Sam Winchester?»
«Vostra maestà, non mi è stato possibile raggiungerlo!» si giustificò Crocker. «Ma ho fatto in modo che assistesse alla cattura di suo fratello e sono convinto che verrà a cercarlo. Così, sarà anche lui a vostra disposizione.»
Clíona stava per ribattere, quando fu Aingil a parlare per prima.
«Altezza, ho modo di credere che il cluricauno dica il vero. Conosco i Winchester e si comportano proprio come egli ha detto. Non dubitate che avverrà esattamente questo. Sam non lascerebbe mai Dean nei guai senza provare a fare qualcosa!»
«Bene! Mi fido della tua parola, Aingil. Per questo, per il momento sospendo il giudizio nei vostri confronti.» sentenziò, rivolta ai due cluricauni. «Quando Sam raggiungerà anch’egli Avalon e quando avrò preso finalmente le anime di tutti costoro, solo allora sarete liberi di tornare su quest’isola e le vostre colpe saranno perdonate.»
«Vostra maestà, io ho portato a termine il mio compito e vi ho consegnato niente meno che re Artù di Camelot in persona e i suoi cavalieri più fidati.» disse Heinze, timoroso, guardandola con supplica. «Non potreste far tornare almeno me ad Avalon?»
«No!» esclamò Clíona, decisa. «Tu e Crocker avete tolto la vita ad un’altra creatura di quest’isola e, pertanto, la legge magica in vigore in questo luogo prevede che ne siate banditi a vita. Tuttavia, un’azione meritevole potrebbe spingermi a concedervi la grazia di cui avete bisogno per tornare dal vostro esilio. Ma questo avverrà soltanto dopo che io avrò ottenuto quello che desidero, nella sua totalità! Quando si condivide la colpa, si condivide anche il perdono. Tienilo bene a mente, Heinze!»
«Ma io non ho forse rispettato il vostro volere? Non ho forse fatto quanto avete chiesto?» domandò servilmente Heinze.
Aingil si avvicinò a lui con fare minaccioso e lo prese per il bavero della giacca.
«La nostra regina si è spiegata fin troppo bene e, se è la sua grazia quella che cerchi, ti consiglio di attenerti a quanto ha deciso. Quando sarà il momento, tu e il tuo amico potrete fare ritorno ad Avalon, non un istante prima di allora!» proferì la fata in tono arrogante. «Sono stata chiara?»
«Cristallina!» disse Heinze, riluttante, chiudendo la bocca.
«Aingil, ti chiedo la cortesia di accompagnarli nella mia dimora e di assicurarti che rimangano lì fino a nuovo ordine. Non voglio problemi con gli altri schieramenti fatati o con qualunque altro essere magico, ma questi due possono tornarmi utili nel prosieguo del mio piano.» ordinò Clíona.
«Naturalmente, mia regina. Me ne occuperò io. Non avete di che preoccuparvi!» la rassicurò l’altra fata, rivolgendole un mezzo inchino.
Aingil prese i due cluricauni per le braccia e si avviò in direzione della magione delle fate. D’un tratto si fermò di colpo e si voltò verso Clíona.
«E con loro cosa avete intenzione di fare adesso?»
«Niente, per ora. Almeno fino a quando anche Sam Winchester si unirà a noi.» disse, convinta e con un tono quasi beato. «Lasciamo che abbiano il tempo di risvegliarsi e di capire. Che si godano questa meravigliosa isola e questi bei momenti perché saranno anche gli ultimi per loro!»
 
***
 
«Merlino, hai la più pallida idea di dove stiamo andando?» chiese Sam, dopo che i due stavano camminando in mezzo ad una rigogliosa e verdeggiante foresta da almeno un paio d’ore. Nonostante il luogo ombroso, l'aria era fresca e profumata degli aromi più gradevoli di fiori, in parte sconosciuti, e il canto melodioso di alcuni uccellini suscitava quiete e tranquillità.
«Non proprio, Sam. No!» ammise il mago con dispiacere. «Questo posto è nuovo anche per me. E’ la prima volta che vengo su quest’isola e non so nemmeno se questa foresta interminabile possa essere il frutto di una qualche magia di illusione.»
«Non potresti usare i tuoi poteri?»
«Lo sto già facendo!» rispose, mentre i suoi occhi si illuminarono nuovamente di una luce dorata. «Ma ogni volta la strada da percorrere che mi indicano è proprio questa!»
«Mmh!» mugugnò il cacciatore, stufo di camminare a vuoto e inquieto per le sorti di suo fratello.
«Non preoccuparti, Sam! Raggiungeremo presto Dean, Artù e gli altri. Non dubitarne!» cercò di fargli coraggio Merlino.
«Sempre a patto che riusciamo ad uscire da questa foresta!» borbottò ancora Sam.
«Guarda, Sam! Credo che quella sia l’uscita. Lì, davanti a noi, dietro a quegli alberi secolari.» esclamò all’improvviso il mago, rassicurato.
Sam fissò il punto indicatogli da Merlino e notò come più avanti rispetto a dove si trovavano in quel momento ci fosse una strana apertura, delimitata da quelli che sembravano due alberi di frassino che si curvavano in maniera anomala. Gli alberi erano fitti e alti e i rami si intrecciavano, formando una volta verde scuro. Sembrava che avessero creato un passaggio appositamente per qualcuno o qualcosa. Man mano che si avvicinavano, si percepiva un'aria diversa, più densa e carica di energia; ogni albero sembrava pulsare di vita. Era come se quel posto fosse vivo. Sul legno che si intesseva fino ad assumere la forma di un arco erano incisi degli strani simboli antichi, delle rune. Sam diede loro un’occhiata, ma non riuscì a decifrare l’iscrizione, mentre Merlino le osservò con particolare attenzione prima di riprendere in mano il bastone magico degli Sidhe.
«Conosci queste rune, Merlino?» gli domandò Sam.
«Sì, ne parla un libro di magia che Gaius mi ha regalato quando sono arrivato a Camelot. Se non ricordo male, dovrebbe trattarsi di un rituale dell’Antica Religione per impedire a chi non aveva la magia di addentrarsi in particolari luoghi ritenuti inviolabili.» spiegò il mago, concentrandosi per ricordare l’incantesimo che gli avrebbe permesso di oltrepassare la volta.
«Quindi, se non ti avessi incontrato sulle sponde del lago di Avalon, non avrei potuto salvare Dean?» osservò Sam, incupito.
«Probabilmente no. Anche se qualcosa mi fa pensare che abbiano lasciato volutamente delle tracce, affinché tu lo seguissi in questo posto. Altrimenti, come avresti potuto scoprire in così poco tempo chi aveva rapito tuo fratello e dove lo aveva portato?» disse Merlino, distrattamente, soffermandosi a riflettere sul significato delle rune.
«Fantastico! E’ una trappola!» convenne Sam, allargando le braccia.
«E’ probabile!» rispose Merlino, scuotendo il capo e arricciando le labbra. «Direi che stiamo per scoprirlo!»
Il mago ripeté nella testa la formula per oltrepassare il varco alberato, mimando le parole in lingua antica con la bocca.
«Allora, vediamo!» «Forþġestīġ, āfind sōþ!»
Mentre pronunciava l’incantesimo, i suoi occhi si illuminarono e lo stesso identico bagliore circondò di calda luce dorata i rami che costituivano la volta dell’arco, facendola risplendere. Una specie di velo trasparente sembrò levarsi e fluttuare via dall’uscita della foresta magica, liberando il passaggio ai due giovani.
«Possiamo attraversarlo, adesso.» disse Merlino, sicuro, increspando la bocca a formare un tiepido sorriso, mentre Sam osservava stupefatto la grandezza della sua magia.
Oltrepassarono quell’ennesima barriera che delimitava la foresta, Merlino avanti e Sam subito dietro di lui di pochi passi fino a quando si ritrovarono nel bel mezzo di una radura lussureggiante, che sembrava brillasse ovunque di luce verde.
«Ah!» esclamò all’improvviso Sam. «E’ accecante!»
«Cosa?» domandò Merlino, voltandosi verso di lui.
«Questa luce! A te non dà fastidio?»
«Quale luce?» chiese ancora il mago.
«La luce verde.» replicò Sam, parandosi gli occhi con una mano. «Tu non la vedi?»
«No, Sam!» disse Merlino, guardandosi intorno. «Credo che sia un effetto di questo posto. Aspetta!» «Swaþra!»
La luce sfolgorante che stava torturando la vista di Sam si quietò all’improvviso, facendosi fioca e rilassante. Il paesaggio divenne incantevole ai suoi occhi. Sulla destra c'era un ruscello che scorreva armoniosamente e rifletteva il verde della radura; appena più in là c'era una piccola cascata che scendeva dolcemente da una collinetta. L'acqua era limpida e cristallina e il suono della cascata riempiva l'aria.
«Ti ringrazio, Merlino!» disse il ragazzo, mentre gli sembrò di scorgere qualcosa in lontananza. «Guarda laggiù!»
Il mago osservò con attenzione e si portò una mano alla bocca per l’incredulità: sei persone giacevano a terra, imprigionate da funi che legavano loro mani e piedi.
«Credi che siano loro?» lo incalzò Sam.
«Chi altri? Dobbiamo raggiungerli immediatamente, Sam! Andiamo!»
Merlino prese di nuovo in mano il bastone ma, prima di mettersi a correre nella loro direzione, fece brillare gli occhi per usare su di esso la sua magia.
«Āċiere
Il bastone magico appartenuto agli Sidhe mutò immediatamente la sua forma, trasformandosi in una spada, uguale in tutto e per tutto a quelle contenute nell’armeria di Camelot.
Mentre Merlino si apprestava a raggiungere i sei prigionieri, Sam si fermò un attimo e si guardò intorno perché, nonostante la soavità di quel luogo incantato, percepiva che qualcosa non andava e si sentiva osservato. Non notò niente che confermasse i suoi timori, ma continuò a fissare con attenzione ogni angolo di quel posto.
Poi, scosse la testa e si affrettò a seguire di corsa il mago, ricordando che il motivo per il quale si era recato ad Avalon era solo ed unicamente la salvezza di Dean.
A quel punto, senza che il ragazzo potesse averne il sentore, da dietro un cespuglio si sollevò piano una figura esile con dei grandi occhi verdi che gli lanciò contro uno sguardo carico di odio.
«E’ l’ora della resa dei conti, Sam Winchester!» proferì in tono rabbioso, mentre vedeva il cacciatore allontanarsi per ricongiungersi a suo fratello.
   
 
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