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Autore: VigilanzaCostante    06/01/2024    6 recensioni
Di quella volta che Harry è andato a letto con Terry Boot, ha pronunciato per sbaglio il nome di qualcun altro e la scuola intera va in visibilio per il rumor.
[Draco/Harry, 5649 parole]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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A Carlotta, che nella nostra Hogwarts personale, è la persona con cui mi rifugerei dietro al ritratto della pera a parlare dei gossip e della vita. Che poi, sono un po’ la stessa cosa. Buon compleanno.
 
 
 
 

Rumor! (But this one’s true)

 
 
 
«Calì mi ha detto, che Padma le ha detto, che…».
«Hermione, davvero credi a quelle voci oscene?».
«Ronald! Da chi l’hai sentito?».
«Da chi non l’ho sentito, vorrai dire. Ne parla tutta Hogwarts!».
Harry, che non ne può più di osservare il suo porridge senza essere interpellato, si spazientisce. «Insomma, di cosa state parlando?».
Ron ed Hermione si scambiano quello sguardo tutto loro, Ron deglutisce diventando rosso sulla punta delle orecchie ed Hermione inizia a giocare con le dita: le solite reazioni che precedono lo sgancio di una bomba.
«Ehm…».
«Harry, è solo un rumor» la rassicurazione di Hermione non riesce a scalfirlo, non sapendo ancora di cosa stanno blaterando.
«Noi non pensiamo sia vero!» si affretta a specificare Ron, allarmato.
«Potete sputare il rospo?» sbotta Harry, sentendosi di nuovo quindicenne e furibondo.
Proprio mentre alza la voce, Ginny arriva al tavolo e si siede accanto a loro, scompigliandogli i capelli. Harry sorride, perché è contento di come la loro amicizia non sia stata scalfita dalla fine della loro relazione romantica; ma quel breve momento di tenerezza non basta a eliminare il fastidio.
«Perché state facendo arrabbiare Harry? Vedo il fumo uscire dalle sue narici».
«Parlano di un certo gossip che gira e non mi vogliono dire qual è».
«Ah, quello. Beh, Terry Boot ha detto a Padma che ha detto a Calì che è finita tra voi perché a letto hai pronunciato il nome di un’altra persona. Questo gossip è più interessante di quello del tatuaggio dell’ungaro spinato, non trovi?».
Cosa?!

 
♥♠♥
 
È iniziato tutto così: una confidenza tra amici, che poi s’è trasformata in una confidenza tra sorelle e in un batter d’occhio tutta la scuola è venuta a conoscenza del modo in cui Terry Boot e Harry Potter hanno messo fine alla loro frequentazione.
Già la scoperta della bisessualità di Harry era stata un bel trambusto, qualche mese prima, perchè tutti i maghi queer hanno ritirato fuori dal cassetto la loro crush sopita nei confronti del Salvatore del Mondo Magico, nutrendo finalmente un po’ di speranza. Il tutto si era quietato quando Harry aveva iniziato una serie di noiose uscite con il Corvonero, e la scuola si era girata dall’altra parte, in cerca di nuovi e più interessanti gossip.
Ecco perché quel rumor, sussurrato di orecchio in orecchio, si ritrova a scuotere gli animi degli studenti alle prese con i compiti: qual è il nome pronunciato da Harry Potter? È una lei? Un lui?  È stato un lapsus o c’è stato un tradimento? Seamus Finnigan sa che le persone vogliono risposte. Hanno sete di conoscenza, brama di potere.
Lo faccio per Fred – si dice – sarebbe fiero dell’eredità Grifondoro che si è lasciato alle spalle.
«Lavanda, ho un’idea. Che ne dici se aprissimo… un banco scommesse?».
 
♥♠♥

«Blaise, hai notato cosa sta succedendo?». Sono le dieci di una domenica mattina, e Blaise e Pansy sono seduti vicini al tavolo di Serpeverde. Il primo con la faccia spalmata sulla sua colazione, in un disperato tentativo di ritornare a dormire, e la seconda scattante e attenta, lo sguardo da falco puntato verso il tavolo di Grifondoro.
«Immagino stiano ancora parlando della fine tra Boot e Potter» biascica Zabini, sbadigliando «Noioso».
«Sì, ma senti qua: da quello che ho capito, la Brown e Finnigan hanno aperto un banco scommesse. La gente vuole sapere di chi è il nome che ha pronunciato Potter, e ovviamente loro hanno trovato un modo per cavalcare l’onda». Pansy è invidiosa: avrebbe voluto avere lei quell’idea. Ma anche incuriosita, il gossip e le scommesse sono le due cose che ama più al mondo.
«Ho capito, ma come fanno poi a sapere qual è il vero nome pronunciato da Potter?». Blaise, invece, è dubbioso. Non è una scommessa su cui punterebbe, senza avere la certezza di ricevere poi quei soldi.
«Stanno cercando di far crollare Potter dall’interno, però non so se ci riusciranno; peccato che siano così moralisti, se fossi in loro avrei già usato il Veritasserum». Sogghigna, continuando a scrutare i Grifondoro come se fossero un esperimento sociale.
Proprio in quel momento, alla buon’ora, il portone della Sala Grande si apre per far entrare un imbronciato Draco Malfoy.  È una questione di un millisecondo, e più tardi Pansy si darà una pacca sulla spalla per non aver distolto l’attenzione. È stato un piccolo scarto, uno sguardo soffermato troppo a lungo, due occhi verdi oscurati da un desiderio taciuto.
«Blaise» sussurra, come se qualcuno potesse soffiarle via quella preziosissima informazione. «Noi sappiamo che nome ha pronunciato Potter mentre era a letto con Boot».
«Mhm? Ma che dici? Come “facciamo” a saperlo?».
«Draco» parla il più veloce possibile, perché il diretto interessato sta per sedersi accanto a loro «è Draco Malfoy la persona di cui tutti vogliono sapere il nome».

 
♥♠♥

Harry è stressato. E anche un po’ arrabbiato, se deve dirla tutta. Non aveva pensato di dover giocare la carta “Sono il Salvatore del Mondo Magico, lasciatemi in pace”, però neanche dover subire le pene dell’inferno proprio per il suddetto motivo. Se un anonimo ragazzino del sesto anno avesse nominato la persona sbagliata durante l’orgasmo, nessuno se ne sarebbe interessato. Lo fa lui, e apriti cielo.
Come se poi non fosse già confuso di suo. Quel nome non avrebbe dovuto scivolare via dalla sua bocca, anzi non avrebbe proprio dovuto scivolare dentro al suo inconscio, tormentandolo ogni notte. E ora, anche in ogni momento da sveglio, in ogni corridoio, in ogni chiacchiericcio.
La cosa peggiore è che non si era neanche accorto del proprio interesse per quella persona, finché non si è ritrovato a supplicare di averla tra le sue braccia. E forse, pensandoci bene, avrebbe dovuto rendersi conto che quel desiderio si era depositato dentro di lui molti anni prima, quando era troppo piccolo per dargli un nome.
E ora non solo è sufficientemente grande per rendersi conto della portata della cosa, ma è anche costretto a metabolizzare il tutto con gli occhi di un’intera scuola puntata su di lui; come può essere giusto? È scampato alla morte due volte per questo?

 
♥♠♥
 
Il banco scommesse Finnigan-Brown si trova nel corridoio più oscuro e nascosto del castello, quello del terzo piano, dove un tempo era stata nascosta la Pietra. Un'atmosfera clandestina circonda il suo tavolo improvvisato, dove fogli di pergamena e piume incantate registrano le scommesse degli studenti curiosi.
Calì e Padma sono le prime ad avvicinarsi, guardando con occhi scintillanti il tavolo coperto di dettagliate opzioni di scommessa.
«Chiunque abbia scommesso su Luna Lovegood è folle o un genio!» esclama Calì.
Seamus annuisce, «Eh sì, Lovegood è stata una scelta interessante. Ma vediamo chi ha il coraggio di scommettere su qualche insegnante!».
Hermione si avvicina ai suoi amici con uno sguardo di disapprovazione. «Non credo che tutto questo gossip sia appropriato. Dovremmo concentrarci sugli esami e non alimentare stupidi pettegolezzi».
«Forse ha ragione, Seamus. Non possiamo giocare con la vita sentimentale di Harry in questo modo» Ron è nervoso mentre si unisce alla conversazione, indeciso tra ridere come farebbe in condizioni normali e appoggiare la sua morosa.
Seamus, con il suo tipico sorriso scapestrato, risponde: «Relax, è solo un po' di divertimento. Nessuno prenderà sul serio queste scommesse! I partecipanti hanno puntato al massimo qualche falce».
«Solo qualche falce? E quanto avete racimolato in tutto?» la voce leziosa di Pansy Parkinson, accompagnata come sempre dal suo Blaise, arriva chiara e forte alle orecchie dell’ex Esercito di Silente. Sono un po’ rigidi, un po’ guardinghi, indecisi tra far finta di niente o andare sulla difensiva.
«Da quando a voi due interessa?».
«Da quando abbiamo capito il nome prima di voi» e Pansy fa l’occhiolino in direzione di Seamus, che a quel punto pare più incantato che infastidito. Hermione alza gli occhi al cielo, già stufa di quella situazione.
«Abbiamo raccolto, uhm, centocinquantatré falci, quindi nove galeoni» conta Lavanda.
«E vi sembra poco?» sbotta Hermione, mentre contemporaneamente Pansy dice «Allora puntiamo nove galeoni!».
Seamus ignora prontamente l’amica, e guarda fisso Pansy negli occhi, eccitato ma anche preoccupato. Quando, e se, Terry o Harry canteranno, se Pansy ha ragione, il banco perderà tutti i soldi finora raccolti.
«Su chi?» chiede Ron riflettendo la domanda che vogliono fare tutti.
«Su Draco».

 
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L’aria di Hogwarts, mentre attraversa il corridoio del settimo piano verso l’Aula di Aritmanzia, sembra diversa. Sono giorni che è diversa, per colpa di quello stupido rumor su San Potter. Il ragazzo che è sopravvissuto non riesce proprio a fare a meno di stare sulla bocca di tutti, ora pure con uno scandalo sessuale.
Draco sta cercando di fare il bravo, di fingere indifferenza, di non provocarlo quando lo becca nei corridoi, ma non è facile. Vorrebbe tanto scoprire il suo scabroso segreto, qual è il nome che gli è uscito da quella bocca rosea, se è qualcuno d’interessante oppure un altro noioso nessuno, come Terry Boot che s’è ostinato a frequentare per mesi.
Harry Potter è la sua ossessione da anni, e dopo la guerra, quando tutto quello che sente è uno schiacciante senso di colpa e una solitudine incontrollabile, vorrebbe smettere di pensarlo. Non interessarsi a queste scaramucce, questi gossip da quattro soldi, queste faide per entrare nel suo letto.
Ma la verità è che a Draco interessa, e anche troppo.
E per giunta, oggi non riesce proprio a scrollarsi di dosso gli occhi della gente. Già lo guardano troppo, per i suoi gusti, occhiate cariche di giudizio che si costringono a contenere soltanto perché Harry Potter ha testimoniato per lui al suo processo. Ma oggi è diverso, è fuori controllo. Sussurrano tutti, non appena gira l’angolo.
«Oi, Malfoy» lo ferma Smith, la faccia da pesce lesso di Tassorosso che tutti sembrano odiare quasi più di lui «che pozione d’amore hai rifilato a Potter per fargli pronunciare il tuo nome mentre era dentro a quel patetico di Boot?».
Draco boccheggia, confuso. Di cosa stanno parlando, per l’amor di Salazar? Sente le sue guance scaldarsi, e diamine i Malfoy non arrossiscono.
«Non mi scocciare, Smith. Stai solo dando aria alla bocca» e vorrebbe concludere sputandogli sulle scarpe, ma si deve trattenere, si deve sempre trattenere. Smith, evidentemente, no. Lo prende per il colletto e lo sbatte contro il muro, bloccandogli la circolazione.
«Come ti permetti di parlarmi in questo modo, lurido Mangiamorte?».
Non riesce a respirare, e pensa davvero che morirà per mano di un coglione del suo anno in mezzo a un drappello di persone che non hanno nemmeno la decenza di fermarlo. Pensa davvero che morirà accusato di aver stregato Potter, quando è Potter che tormenta ogni suo pensiero, ogni sua azione, da anni.
Fino a quando non sente in lontananza uno Stupeficium, e la morsa intorno al suo collo s’allenta di botto, facendolo cadere per terra con le gambe all’aria.
A tirarlo su è Luna, con un sorriso dolce sulle labbra e lo sguardo trasognato: «Tutto bene, Draco?».
No, vorrebbe rispondere, ma poi si ricorda che Luna è stata rinchiusa per mesi nella cella dei Malfoy, e quindi non ha diritto di non stare bene davanti a lei.
«Sì Luna, grazie. Sei stata davvero gentile ad aiutarmi».
«Non devi ringraziarmi, Draco. Zacharias non è una bella persona, comunque» aggiunge, senza ombra di vero veleno nella sua voce.
«Sai cosa sta succedendo? Mi ha accusato di aver avvelenato Potter».
«Oh, non lo sai? Blaise e Pansy hanno puntato una cifra esorbitante su di te, al banco di scommesse di Seamus e Lavanda».
«Cosa hanno fatto? Sono impazziti?» il cuore di Draco batte ferocemente nel petto. Prima di tutto, non c’è alcuna possibilità che Harry abbia pronunciato il suo nome. Ma anche se fosse, non lo ammetterebbe mai, e quindi quei due babbei non riavranno mai nemmeno uno zellino. E forse starebbe loro pure bene, dato il casino in cui lo hanno messo. Le persone lo odiano, e i suoi amici hanno dato loro un motivo in più per farlo.
«Non preoccuparti, qualcuno ha puntato anche su di me, evidentemente fa molto ridere l’idea che uno come Harry possa volere Lunatica Lovegood» lo dice senza sofferenza, come se fosse un dato di fatto, qualcosa di davvero divertente. Ma Draco pensa sia profondamente ingiusto che Luna sia così abituata alle prese in giro, da non esserne scalfita. Si odia, per essere stato uno dei carnefici.
«Penso che chiunque sarebbe molto fortunato a volerti, Luna» gli dice, mettendole una mano sulla spalla della ragazza. «Mi offrirei io, se non fossi disperatamente omosessuale». Sono passati anni da quando l’ha confidato a Pansy e Blaise, dirlo ad alta voce ora – e proprio alla Lovegood – sembra spaventoso. Ma anche una liberazione.
«Magari Harry ha pronunciato davvero il tuo nome, penso che stareste molto bene insieme».
E Draco a quel punto vorrebbe ritirare tutti i pensieri positivi sulla Corvonero: la gente ha ragione, Luna Lovegood è matta da legare.

 
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«Potter, non è possibile, mi nascondo nell’aula più ignorata del castello e chi deve venirmi a disturbare? Tu, ovviamente».
A quelle parole, pronunciate da quella voce, Harry vorrebbe girare i tacchi e andarsene, senza dire una parola. Ma qualcosa lo spinge a restare: ha bisogno di nascondersi dagli sguardi indiscreti, ed è oggettivo che quell’aula sia perfetta. È la vecchia aula di Babbanologia, uscita distrutta dalla guerra, l’unica a non essere mai stata aggiustata. Prima di tutto, i Carrow l’avevano usata come camera delle torture, e gli incantesimi durante la Battaglia di Hogwarts non erano stati gentili.
I professori, all’inizio dell’anno, avevano constatato che quel luogo era stato deturpato, privato del suo scopo originario, vandalizzato e, inoltre, è anche associato a ricordi orrendi per la maggior parte dei ragazzi del Castello. Quindi, semplicemente nessuno la usa più, tranne loro ora: per nascondersi.
«Si dà il caso che anche io ho bisogno d’essere ignorato, oggi» e nel dirlo, cerca di sedersi in quella che un tempo forse era una sedia.
L'illuminazione è scarsa, filtrante attraverso vetrate sporche e rotte. I banchi, un tempo posti ordinatamente per gli studenti di Babbanologia, giacciono rovesciati e in disordine, le sedie scalcinate accatastate in un angolo come se cercassero rifugio l'una nell'altra. Harry si guarda la punta delle scarpe, a malapena visibili sul pavimento di pietra, solcato da segni di artigli magici.
«Povero Potter, inseguito dalla fama e dalla folla di spasimanti urlanti» la voce di Draco è sprezzante, e qualcosa si stringe nel petto di Harry. Draco è magro, e la poca illuminazione mette sempre più in risalto il suo viso smunto, un po’ emaciato. Draco sembra anche triste.
«Mi pare che neanche tu sia molto contento che si parli di te» aggiunge, per continuare a provocare una reazione.
«Se solo avessi pronunciato il nome giusto mentre venivi, Potter, non saremmo in questa situazione. Dimmi, era tanto terribile Boot a letto?» sempre più tagliente, sempre più sarcastico. Vorrebbe togliergli quel sorrisetto dalle labbra.
Invece riesce solo a mostrare evidente imbarazzo, nel sentir parlare così esplicitamente di sesso.
«Non sono affari tuoi, Malfoy». L’altro sbuffa, prima ancora di fargli finire la frase. «E comunque, sono i tuoi amici che ti hanno messo nell’occhio del ciclone».
«Quei due idioti». Ma c’è una venatura d’affetto, nel modo in cui Draco parla dei suoi amici, una tenerezza che quasi stona con la persona che ha avuto modo di conoscere.
Stanno in silenzio per un po’, Harry gioca con la Mappa del Malandrino per cercare di capire se i suoi amici rischiano di trovarlo. Non vuole parlare né con Hermione, né con Ron. È troppo imbarazzante. Hermione riuscirebbe a capire alla seconda domanda di chi è quel dannato nome, e Ron boccheggerebbe per ore, incredulo e forse anche un po’ schifato. Stranamente, la compagnia di Malfoy in quel momento è la meno spaventosa di tutte.
«Potter, ho avuto un’idea geniale».
«Sentiamo».
«Se io riesco a capire chi è l’oggetto dei tuoi desideri, posso rilanciare una scommessa più interessante, le persone smetterebbero di torturarmi e magari tu riesci anche ad avere il tuo idillio d’amore» chiude la frase con una breve simulazione di un conato di vomito, e Harry non riesce a trattenere una risata.
«E se io non collaboro?». Harry lo stuzzica, mettendo in evidenza l’ovvio. Non dirà mai il nome a Draco Malfoy, tra tutti.
«Anche se non me lo vuoi dire, posso capirlo da solo, e so che risponderai alle mie domande. Mal che vada, ti stuferai di essere tediato e te ne andrai, comunque una vittoria per me, no?».
Harry scrolla le spalle, quasi rassegnato. Meglio questo che lo sguardo preoccupato di Hermione, giusto? Giusto, ma non sa se è la verità o si sta semplicemente autoconvincendo.

 
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«Hai visto Harry?» la voce di Hermione è di tre ottave più alta del normale.
«No, da stamattina a colazione a dire il vero» riflette Ron ad alta voce, mentre Hermione si mette le mani sul viso. È preoccupata, è sempre preoccupata, per Harry soprattutto.
«Lo sapevo che quelle stupide scommesse lo avrebbero fatto crollare, odia quando si parla di lui» sospira.
«Lo so, ‘Mione, hai ragione».
«Dovremo cercarlo?»
«No» a parlare è Ginny, che compare alle loro spalle, le labbra severe tirare in un sorriso simile a quello di Molly Weasley. «Se Harry avesse voluto parlare con voi, avrebbe parlato con voi. Ha comunque appena chiuso una storia, desidera una persona che non vorrebbe desiderare e non sa come gestirla, ha bisogno di riflettere e probabilmente sarà da qualche parte a farlo per conto suo».
Hermione sospira di nuovo, sapendo che l’amica ha ragione. Ha questo difetto di avvolgere Harry con la propria preoccupazione, con domande, sguardi, curiosità. Vuole sapere sempre come sta, se si sta riprendendo, se mangia. Ma Harry ha salvato il mondo magico, dovrebbe smetterla di trattarlo come un bambino.
«Qualcuno che non vorrebbe desiderare? Credi davvero che sia Malfoy, Gin?» le chiede invece Ron.
Lei, in tutta risposta, alza le spalle. Ma un sorriso malandrino balena sul suo volto.
«Miseriaccia».

 
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«La Weasley piccola? Sembra la risposta più scontata, anche la più noiosa, ma ha senso. Non vuoi dirlo per non risvegliare dell’imbarazzo con lei e con Weasley…» blatera Malfoy che ha già auto-scartato in ordine: Ron (“Mi vengono i brividi solo a pensarci, se mi sbaglio non dirmelo, non voglio saperlo”), Hermione (“Non ti sono mai piaciute così intelligenti”) e Padma (“Boot non si sarebbe mai confidato con lei, altrimenti”).
Harry non risponde, affascinato dalla luminosità dello sguardo di Malfoy, che prima invece sembrava così spento. Non lo sente parlare così tanto da mesi, anzi no da anni, da prima del loro sesto a Hogwarts.
«Però, non riusciresti mai a starle vicino con tanta naturalezza, sapendo che il tuo piccolo segreto potrebbe essere smascherato. Sei troppo palese per non farti sgamare».
Harry ridacchia perché, se fosse davvero così palese come Draco sostiene, avrebbe già indovinato il fantomatico nome. Come già qualcun altro ha fatto.
«Mi osservi a tal punto da sapere come mi comporto vicino a Ginny?» chiede Harry divertito.
«Stai confermando?» rimbecca Malfoy.
«Non si risponde a una domanda con un’altra domanda. Ma no, non è Ginny la persona che ho nominato. Sempre che esista una persona che ho nominato, magari Terry si è inventato tutto. Magari è lui quello che ha pronunciato il nome sbagliato».
Malfoy sbuffa, alzando gli occhi al cielo. Ma un mezzo sorriso compare sulle sue labbra, e Harry sente un leone ruggire nel suo petto, il cuore battergli leggermente più forte.
«Sei vagamente simpatico, Potter, te lo riconosco». Il cuore di Harry fa un altro piccolo salto. «Comunque mi dispiace ma non sono uno sciocco, so che hai pronunciato davvero un altro nome».
«Ah sì, e come lo sai?».
«Si vede lontano un miglio che hai qualcosa che non vuoi che venga scoperto, anche se francamente non capisco perché. Chiunque tu voglia, lo puoi avere». Ma non lo guarda mentre pronuncia quella frase, giocando con la sua bacchetta. Harry fissa il movimento delle sue dita che si staccano e riattaccano al pezzo di legno. Ricorda la sensazione della bacchetta di Draco tra le sue dita, come ha risposto alla sua magia senza esitazione, ricorda di avergliela ridata, dopo il processo, il ringraziamento remissivo che ne era conseguito.
«Parli come se non avessi alcun dubbio su di me, su chi sono» sente la bocca seccarsi e le gambe tremare. Perché Draco Malfoy è così sicuro di conoscerlo?
Gli occhi grigi si fissano nei suoi. Ha le pupille sempre dilatate, paiono sfere di vetro liquido. «Perché io ti conosco, Potter». È mortalmente sostenuto, come se non volesse in nessun modo che Harry non lo prenda sul serio. «E tu conosci me».
«Ehm» Harry non sa cosa dire, boccheggia. La sicurezza sfrontata che finalmente rivede in Draco, dopo averlo osservato aggirarsi così spento per tutto il castello, lo smaschera. Gli fa crollare ogni certezza, quando mai è stato così sicuro nell’affermare qualcosa, in tutta la sua vita? E perché si ritrova a concordare, inaspettatamente, con quella infondata assunzione?
Perché è vero che lo conosci – sussurra una voce che assomiglia spaventosamente a quella di Hermione – siete due facce della stessa medaglia.

 
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«Comunque non è vero che posso avere chiunque io voglia». Draco si accorge di come Harry sta cambiando argomento, ma ha anche potuto notare il modo in cui ha tacitamente concordato con ciò che gli ha detto.
Non sa perché parlare con Potter sia così facile, ma lo è. Si sente leggero, per una volta, si sente di poter rilassare le spalle e non fingere. Perché tanto Potter lo conosce e l’ha sempre conosciuto: lo conosce nella sua vigliaccheria, nella sua presunzione. Potter l’ha visto nei momenti peggiori della sua vita, suo malgrado. Ha testimoniato sotto Veritasserum, elencando ognuno di quei momenti: Harry era presente anche sulla Torre di Astronomia, e sentirlo raccontato l’ha fatto tremare da capo a piedi.
E ora è lì, a mangiucchiarsi le unghie, guardarsi le scarpe e comportarsi come se non fosse la persona più interessante in circolazione.
«Beh, non puoi avere gli uomini eterosessuali, le donne lesbiche, i tuoi parenti e forse troverei un po’ problematico un rapporto insegnante-studente, ma chi sono io per giudicare?».
«In effetti, Minerva è particolarmente affascinante da quando è preside». Draco sorride in risposta, suo malgrado. Dovrebbe imparare a contenersi. «Comunque non penso che potrei avere te, per esempio».
Non è sicuro di aver capito bene. Harry ha detto davvero quello che ha detto? L’ha sputato via così velocemente che teme di essersi confuso.
«Scusami?».
«Dico che, se ipoteticamente la persona che desidero fossi tu, non penso che potrei averti. Non penso che ricambieresti».
Un silenzio imbarazzante cala su di loro, Draco non sa bene cosa rispondere. Che gioco perverso è questo? Perché parlare di un’ipotesi così impossibile?
«Se ipoteticamente la persona che desideri fossi io, ti direi di provare. Perché non rientro in nessuna delle categorie citate prima. Ma tanto, la persona che desideri non sono io Potter».
Gli occhi verdi di Harry si restringono leggermente, c’è misto di sorpresa e confusione mentre digerisce le parole di Draco.
«Perché ne sei così sicuro?». E dopo averlo chiesto sposta leggermente la gamba verso di lui, fino a far toccare le loro ginocchia. C’è del tessuto a separarli, ma la semplice pressione fa girare la testa a Draco. Non riesce a pensare.
«Perché tu sei tu». Harry non smette di fissarlo, e Draco non sa più dove spostare lo sguardo per non incrociare quei pozzi di verità. «E io sono io».
E come argomentazione è debole, ridicola e tremante. Ma non riesce a dire di meglio, perché quella dovrebbe già essere un’evidenza sufficiente. Harry è Harry, Draco è Draco. Perché mai Harry dovrebbe desiderarlo?
«Perché…». Si avvicina con il busto verso di lui, e parla più a bassa voce, come se gli stesse per confidare un segreto. Draco non si è nemmeno accorto di aver posto la domanda ad alta voce, e con terrore realizza che Harry gli sta per dare una risposta. «Perché sono mesi che non riesco a smettere di guardarti, perché mi sono reso conto che litigare con te mi manca, che preferirei picchiarci pur di avere le tue mani addosso. Perché ti sogno più spesso di quanto vorrei ammettere, perché con Terry ho perso per un secondo il controllo e sotto le palpebre non vedevo più lui ma… te».
Draco sente il sangue ritirarsi dal suo volto, consapevole che il pallore sta trasformando il suo volto in una statua di marmo. Cerca di parlare, ma non riesce a emettere alcun suono, è come se il fiato gli fosse stato sottratto, e il suo petto si solleva e abbassa in modo irregolare mentre l'aria sembra mancare. Non può crederci, vorrebbe, ma non può permetterselo. Non dopo anni a odiare Potter per non averlo voluto come amico, non dopo anni di struggimento nel rendersi conto che quella pulsione d’odio era in realtà attrazione puerile. Non dopo aver accettato con riluttanza che non l’avrebbe mai potuto avere. 
«Non può essere, se è uno scherzo, se ti hanno convinto Blaise e Pansy, i-i-io giuro che stavolta…» la voce trema, e sente la rabbia accrescere. È davvero quello che si merita? Una presa in giro così plateale? Sì, sussurra la sua vecchia cara amica coscienza, è il prezzo da pagare.
«Draco».
«Smettila. Sono Malfoy, per te».
Vede arrendevolezza nello sguardo di Harry, è un po’ si pente. Perché gli piace come l’accento di Harry si arrotola intorno alla r nel suo nome.
«Okay, Malfoy. Non sto scherzando. Perché dovrei scherzare su una cosa del genere?».
«Perché non ha senso che tu possa desiderarmi».
Harry gli avvolge le dita intorno al polso, e Draco deglutisce sperando che il battito del suo cuore rallenti. Le dita di Potter sono ruvide, ma è dolce la sensazione al tatto quando con il pollice sfrega leggermente la sua pelle.
«Quando mai le cose hanno senso? Credimi, è stato più facile sconfiggere il mago più oscuro di tutti i tempi che gestire… tutto questo» dice ridacchiando, smorzando la tensione.
«Non ci credo. Devi… devi dimostrarmelo» e mentre lo dice si rende conto dell’errore commesso. Nota la consapevolezza nello sguardo di Harry, lo scioglimento del dubbio posto prima. Se fosse Draco ipoteticamente la persona che lui desidera, Draco ricambierebbe? Sì.
Ed è feroce poi il bacio che ne segue, perché Harry separa con uno scatto la distanza tra di loro e schiaccia le mani umide sul suo viso. La lingua di Harry è esigente e irruenta, vuole assaggiare e toccare, vuole sentire e Draco si arrende, si lascia andare. Allunga le mani e le appoggia sui fianchi dell’altro, stretti e spigolosi, finalmente suoi. Finalmente suo.
E nell’affanno, nella foga, Harry pronuncia il nome giusto.
«Draco».

 
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Il dibattito su cosa fare dura a lungo: Harry vuole comportarsi normalmente come una coppia, senza pensare minimamente alle conseguenze, Draco è discretamente tentato di fare la follia pur di rendere noto il fatto che Harry non è più sul mercato. Poi, però, l’autoconservazione Serpeverde ha avuto la meglio e ha deciso di andare con calma: hanno sopportato il rumor finchè non ha compiuto la parabola di tutti i rumor, dopo essere arrivato al suo apice è scemato di botto. Così, hanno continuato a vedersi tra una lezione e l’altra, dopo gli allenamenti di Quidditch, nei sabati in cui entrambi rinunciavano ad Hogsmeade.  È tutto ciò che Harry ha sempre voluto senza rendersi conto di volerlo: una persona che in modo affilato riesce a rispondere a ogni suo stimolo, un rapporto che è sempre nel picco della passione, che a volte un po’ si confonde tra odio e amore. Passano i mesi e va tutto bene, per la prima volta nella sua vita: non boicotta appuntamenti, non si spaventa davanti alla responsabilità, non si annoia. E quando le cose vanno così bene da essere stufo di mentire ai suoi amici, a Harry viene il lecito dubbio che Draco voglia mantenere il segreto per non far ottenere quei soldi a Blaise e Pansy.
«Seamus è stremato, Pansy non lo lascia in pace un secondo parlando di poca onestà intellettuale e di truffa al cliente» lo avverte Harry, un giorno mentre sono nella vecchia aula di Babbanologia, che stanno tentando di rimettere in ordine. È triste, per Harry, lasciare impressi tutti quei brutti ricordi nel luogo che frequentano più spesso.
«Povero ragazzo, finirà per innamorarsi di lei».
«Sai, potrei sempre dire che non era il tuo nome anche se ora stiamo insieme, se preferisci» la butta lì in modo disinteressato, come se fosse una cosa di poco conto. Si è reso conto che è il modo migliore di affrontare le cose con Draco, il finto disinteresse.
«Così si pensa che io sono un ripiego? Non esiste, Harry Potter, non finirai di nuovo sul Settimanale delle Streghe per essere “affascinante” e “inarrestabile”» lo dice mimando con disgusto le parole che, non molto tempo fa, la rivista di gossip gli aveva affibbiato.
«Cosa dici allora del titolo “Salvatore del Mondo magico devoto all’erede dei Malfoy”?» propone, per stuzzicarlo. «Lo facciamo scrivere a Pansy, la nuova Rita Skeeter».
«Meglio» decreta Draco, e Harry nota chiaramente il palpabile sforzo del ragazzo di rimanere impassibile.
Si avvicina e gli lascia un veloce bacio sulle labbra sottili, prima di spostare un altro detrito con un Wingardium Leviosa.
«Voglio dirlo ai miei amici, Draco».
Lui si gira a guardarlo, e sospira, posando la bacchetta. Quella dolce indulgenza è sintomo di cedimento: è il momento.

 
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«Anche la vostra moneta dell’Esercito di Silente è tornata in funzione?» chiede Neville quando si ritrovano tutti davanti all’ormai ex banchetto delle scommesse Finnigan&Brown. La domanda non necessita di risposta, perché sono tutti al posto stabilito nel messaggio in codice, con la moneta in mano.
Con due aggiunte. Seamus e Pansy si guardano in cagnesco, mentre Blaise ride e scherza con Ron Weasley, come se a lui non importasse nulla d’essere costretto all’ennesima lite su quella scommessa mai riscossa. Si era limitato a dire un “Te l’avevo detto” a Pansy, che aveva grugnito e non gli aveva rivolto la parola per giorni.
«Voi che ci fate qui?» chiede Hermione, per curiosità più che per vero fastidio.
«Ci ha detto Draco di venire qui» risponde Blaise, perché Pansy è troppo impegnata nella sua battaglia di principio.
A quel punto Harry e Draco compaiono da dietro l’angolo, parlando mentre camminano. Harry si sistema i capelli, come se l’altro gli avesse detto di farlo, e poi sorride verso i suoi amici.
«Eccovi» esordisce.
«Harry spiegaci, che succede?».
«Sì, Harry, perché hai chiamato qua la pazza?».
«Draco perché mi costringi a rivedere questo truffatore?».
«Siamo preoccupati, Harry!».
«Cosa ci fate insieme, comunque?». Ron è l’unico a porre la domanda giusta, mettendo fine a quella cascata di informazioni e richieste del tutto sconclusionate.
«Draco vuole fare una scommessa, Seamus» dichiara Harry, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Le penne prendi-appunti lasciate sul banchetto a prendere polvere si attivano alla parola “scommessa”.
«Ma nessuno fa più una scommessa da mesi».
«Beh, ma il mistero non si è mai risolto, no?» ghigna Draco, parlando per la prima volta da quando sono arrivati e avvicinandosi al bancone delle scommesse.
«Scommetto diciotto galeoni che il nome che Potter ha pronunciato a letto con Boot è Malfoy, non Draco. E che poi lui e il sopracitato hanno iniziato una relazione che dura da tre mesi all’insaputa di tutti».
Le reazioni conseguenti a questa frase sono così confuse che è anche difficile notarle contemporaneamente: la mascella di Seamus sembra raggiungere il pavimento, la carnagione di Pansy diventa di un color rosso Weasley (dalla rabbia, non dall’imbarazzo), Blaise ride di gusto, Ginny fa l’occhiolino a Harry, Luna inizia una strana danza di gioia e poi due o tre persone iniziano a dire che no, non vale, è manipolazione del risultato! Boicottate tutto, c’è un imbroglio!
«Sono io che ho notato che Potter faceva gli occhietti a Draco! E tu». Pansy si gira e punta un dito, con l’unghia laccata di nero, in direzione dell’amico. «Sapevo che non mi hai perdonato l’aver puntato su di te, ma visto? Volevo solo darti una spintarella, era un aiuto, è solo grazie a me se ora stai con Potty! Ridammi i miei nove galeoni».
«Pansy, tesoro, ti voglio bene, ma questa dipendenza va curata».
Solo Hermione e Ron non dicono nulla, confusi sulla reazione che dovrebbero avere. Arrabbiata, perché l’amico non si è confidato con loro? Delusi dal modo in cui lo sono venuti a sapere? Nel breve lasso di tempo che hanno per decidere che tipo di amici essere, finiscono per scegliere di sorridere in direzione di Harry, felici per lui. Ecco spiegata l’assenza, i sorrisi crespi e la serenità distesa degli ultimi tempi.
«Harry, è vero?» chiede Calì.
«Sì, tutto verissimo, e sì Pansy, prima che tu lo chieda, sono pronto ad ammetterlo sotto Veritasserum se ci tieni tanto».  
 
Quella sera, quando sta tornando nella sala comune dell’ottavo anno, Harry sente una ragazzina del terzo dire al suo amico: «Ehi Oliver, sai cosa mi ha detto Meredith? Che Calì le ha detto, che Harry Potter le ha detto…».
Dietro alla colonna, un paio di fantasmi tendono le orecchie per ascoltare, e Harry può giurare di aver visto un quadro scappare dentro un altro quadro per riferire ciò che ha scoperto.
Harry alza un sopracciglio, divertito dall’ennesima dimostrazione che la scuola sopravvive grazie ai pettegolezzi. Draco dormiens nunquam titillandus... sì certo, a meno che tu non abbia un succulento gossip da riferire.











 
Nota dell'autrice:
Questa storia nasce dall'idea della mia amica Carlotta, drarry shipper e fedele compare di scleri, che un giorno mi dice "Vorrei leggere una fanfiction così, ma non riesco a trovarla". E quindi, le ho rubato l'idea per farle un regalo di compleanno. 

Il tono è volutamente comico, ma ho cercato di inserire qualche sprazzo di serietà qua e là. 
Voglio ringraziare Futeki e LadyPalma che hanno letto la storia in anteprima e hanno supportato i miei scleri in fase di scrittura. Che fidatevi, sono molti.
Alla prossima!
Mati
   
 
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