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Autore: crazyfred    08/01/2024    1 recensioni
Qualche mese dopo la fine dei fatti di Contro Ogni Ragionevole Previsione, ritroviamo i personaggi del clan "Albelli" (Alberici e Bonelli) nel vivo delle festività natalizie. Piccoli drammi familiari, battibecchi e tanto tanto amore per Alex e Maya alle prese con il loro primo Natale insieme.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
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A Merry Albelli Christmas - Capitolo 3


 
Al lavoro, con Alice che la stuzzicava, e sulla chat delle amiche, Maya aveva minimizzato; persino con Monica, incontrata assieme a suo marito nel viale sotto casa di ritorno dall’ufficio, aveva finto, ma la verità era una sola: temeva quella serata più di ogni altra cosa al mondo, più della cena con i suoceri il giorno del compleanno di Alex, più di quella sera che aveva deciso di fidarsi e aspettare Alex davanti al Colosseo senza la certezza che sarebbe arrivato.
Alessandro, agli occhi di Maya, la faceva sempre così facile: vado a prendere i ragazzi dalla madre, torno e cuciniamo qualcosa insieme. Come fosse la cosa più facile del mondo. E lo era quando erano soli, lo era stato pure quando la invitava il sabato sera al residence con i figli e lei arrivava con i cartoni delle pizze e lui cedeva ai popcorn sul divano durante il film. Ma stavolta era diverso: dire ad Edoardo della convivenza – Giulia non la contava, lo sapevano pure i muri che quello scricciolo nella sua testa probabilmente aveva già scelto il design della cameretta - era la tredicesima fatica di Ercole. Era un ragazzo difficile da prendere: introverso, non sai mai cosa gli passa per la testa, un attimo è disponibile e comprensivo, quello dopo chiuso e insofferente; magari era passato sopra alla loro relazione, riusciva a tollerare la presenza di Maya fintanto che la sera ognuno dormiva a casa propria, ma condividere la stessa casa? Quella era tutta un’altra storia e non lo avrebbe biasimato se avesse imposto un alt. Le avrebbe fatto male, ovviamente, perché nella sua testa ormai era fatta e non si tornava indietro, ma lo avrebbe capito.
Alessandro però, al contrario di quanto credeva Maya, non era mica così tranquillo. Sentiva quel compito gravargli sulle spalle come un macigno. Lo avrebbero fatto insieme, ma sapeva che toccava a lui parlare con i suoi figli, trovare le parole giuste perché accettassero Maya totalmente. Era opinione comune che con Giulia sarebbe stato un gioco da ragazzi, ma in quei giorni che avevano separato il Natale dal loro ritorno a Roma aveva messo in dubbio persino quella verità che fino ad un giorno prima aveva visto come incontrovertibile: e se per caso fosse stata colta da gelosia? Se a rendersi conto che il padre divideva il letto con un’altra donna avesse cambiato idea? Non potevano permettersi il lusso di dare nulla per scontato, perché è proprio lì che si cade. L’ultima volta che aveva dato qualcosa per scontato, stava per perdere Maya, non avrebbe più corso il rischio. E quando sminuiva con Maya lo faceva non perché fosse convinto che sarebbe stata una passeggiata, ma perché vedeva che non era serena e non c’era bisogno di riversarle addosso anche le sue paure.
Ora però erano in ballo e bisognava ballare.
“Maya? Mayaaa?” la voce di Giulia reclamava a gran voce la sua amica grande, non appena il padre aveva fatto scattare la serratura.
“Arrivo! Sono in bagno!” esclamò la donna, lavando le mani.
Ma la piccola in men che non si dica aveva già spalancato la porta, nonostante i rimproveri del padre.
“Ciao Puffetta!!!” esclamò Maya, mentre la bambina corse a stringerla in un abbraccio. Maya fu costretta a fare le contorsioni per raggiungere l’asciugamano e ricambiare l’abbraccio a sua volta.
“Mi sei mancata!”
“Pure tu piccolina!” rispose, cercando di ricacciare il magone. Non poteva dirle certe cose!!! Eccheccacchio! “Ti sei divertita in montagna?”
“Siiiì! Lo sai che al corso di sci mi hanno dato pure la medaglia?”
“Davvero?” La bambina annuì vistosamente.
“Ero la più brava del corso”
“Non ne avevo dubbi”
“Guarda che l’hanno data a tutti i bambini la medaglia, Giuls…” la corresse il fratello, guastafeste, mentre le due tornavano in zona giorno.
“Non è vero!”
“Sì che è vero, l’ho visto io!”
“Ma io sono stata comunque la più brava!”
“Sì, come no…”
“Ma tu quando impari a chiudere la bocca? E zitto un po’…” Alessandro frenò Edoardo che si limitò a salutare Maya alzando leggermente il braccio. Andavano d’accordo, ma non ci si poteva aspettare grande affabilità, nessuno lo pretendeva da lui, andava benissimo così.
Alex approfittò che i figli si erano spostati in zona giorno per rubare un bacio a Maya, che non vedeva da quella mattina: il periodo delle feste non era mai stato un periodo tranquillo a Roma Glam, ora che c’era pure Roma Pop era anche peggio; fu però un bacetto veloce: era un paradosso, perché con la più piccola non si era mai fatta troppi problemi, ma davanti ad Edoardo Maya non ce la faceva proprio a lasciarsi andare totalmente, il pensiero di infastidirlo era sempre dietro l’angolo. Aveva fatto passi da gigante da fine estate, ma c’era ancora tanta strada da fare; ed era anche per questo che la serata e l’annuncio che avrebbero fatto li preoccupava.
“Hai anticipato qualcosa a Edoardo?” indagò, sottovoce e guardando di nascosto il ragazzo.
“Gli ho solo detto che c’è una cosa che dobbiamo dirgli”
“E lui?”
“Una volta essersi sincerato che non fossi incinta è stato tranquillissimo”
Ad Alex venne un colpo a sentire le parole del figlio, ma era comprensibile, poverino, visto il tono grave che aveva usato; non era colpa sua, era troppo giovane e inesperto per capire che in una coppia normale una cosa come quella si programma. Loro non sapevano nemmeno cosa avrebbero mangiato quella sera, figurarsi prendere in considerazione un figlio anche solo come ipotesi.
“Certo che pure tu…” soggiunse Maya, esasperata “conoscendoti chissà come glielo hai detto”
Alessandro, spalle al muro, non si perse d’animo e, tolto il giaccone, in men che non si dica era già in cucina, le maniche della maglia tirate su e pronto all’azione ai fornelli “Che volete mangiare?”
Con il gran da fare del lavoro e i ragazzi che tornavano dalla montagna non c’era stato tempo per organizzare nulla di preciso, ma per sfamarli andava bene qualsiasi cosa; mal che andava, in freezer c’era sempre qualcosa che Maria o Ruggero avevano portato per delle non meglio precisate emergenze. Alla fine nel ballottaggio tra la pasta alla vodka e i calzoni in padella, neanche a dirlo, avevano vinto i secondi. Non si riteneva una maga al di fuori dei dolci, ma con lo stipendio di dicembre si era regalata una planetaria che non vedeva l’ora di provare e poi una confezione di farina e di lievito istantaneo non mancavano mai nella sua cucina, come le aveva insegnato La Betty: in mezz’ora sarebbero stati pronti e fumanti. Mentre Alex era di spalle, a preparare i condimenti, e Maya sul piano dell’isola versava nell'impastrice tutti gli ingredienti, Giulia stava seduta su uno sgabello intenta ad osservare ogni mossa. Non stava facendo nulla per il momento, ma il grembiule da cucina che le avevano messo addosso la faceva sentire importante. Edoardo invece, disinteressato, guardava dello sport in tv. Andava tutto bene.
“Insomma Puffetta” iniziò Maya “non mi racconti nulla del Natale, che ti ha portato Babbo Natale?”
Alex aveva fatto il regalo con la sua ex moglie: conoscendo Claudia, Alessandro voleva impedire che si innescasse una guerra al regalo più bello, e così aveva premuto per farlo insieme. A Maya, Claudia aveva concesso - troppa grazia  - di occuparsi della calza della Befana, e chissà se c'era un sottinteso malevolo da parte della Stronza, non ne sarebbe stata stupita. Ma a lei faceva piacere: avrebbe potuto viziarla con i dolciumi che Claudia bandiva dalla dieta della piccola, specialmente da quando si era iscritta a scuola di danza. 
“Tante cose”
“Davvero?”
“Merida con il cavallo...” iniziò la lunga lista la bambina, che aveva superato la fase Frozen ed era entrata da poco in quella Brave “il libro delle principesse, un pigiama…e a te?”
“A me?” domandò Maya, colta alla sprovvista “Babbo Natale non porta i regali ai grandi, solo ai bambini”
“E quello?” domandò la bambina, puntando all’anello che aveva poggiato sul piano per non sporcarlo “quello non ce l’avevi prima”
“Eh no…” sospirò … non le sfugge proprio nulla “è un regalo del tuo papà”
“Davvero?”
Alex si voltò, buttando un occhio anche al figlio che era sul divano: come sua abitudine, probabilmente stava ascoltando fingendo di non prestare attenzione; al momento giusto, lo avrebbe coinvolto.
“Sì, ho chiesto a Babbo Natale se potesse fare un’eccezione per Maya” inventò “e lo abbiamo trovato sotto l’albero la mattina di Natale”
“Vuol dire che sei stata tanto brava!”
“È bravissima infatti” concordò Alex, posando un bacio sulla guancia della compagna, soddisfatto che sua figlia dimostrasse affetto sincero per Maya; lo aveva sempre fatto, fin da prima che loro due fossero una coppia, ma i bambini sanno essere creature complesse, che cambiano idea e visione del mondo attorno a loro rapidamente. Questo per fortuna, non era il caso di Giulia.
“Ora signorina però basta chiacchiere” disse Maya, 
spargendo un po’ di farina sul piano dell'isola e facendo scivolare il panetto di impasto dalla ciotola  “prendi il mattarello che mi aiuti a stendere la pasta, ormai ci siamo”
 
Avevano passato la cena a discutere del più e del meno, come se quella cena non fosse stata organizzata con uno scopo preciso. Avevano tirato fuori ogni argomento: le giornate in montagna dei ragazzi, i regali, il menù di Natale, i programmi per la notte di San Silvestro; non che Maya non c’avesse provato a fulminare con lo sguardo Alessandro, di tanto in tanto, per spingerlo a tirare fuori la questione ma per lui non sembrava mai esserci un momento giusto.
“Era tutto buono vero?” domandò Alessandro ai figli, quando ormai sul tavolo non erano rimaste nemmeno le briciole.
Giulia rispose affermativamente in men che non si dica, con l’ultimo boccone ancora in bocca, e il padre dovette correre con il tovagliolo a pulirle uno sbuffo di salsa al pomodoro dall’angolo delle labbra. Per Edoardo parlava invece il piatto, vuoto e senza neanche un crostone lasciato da parte, come faceva spesso in pizzeria, ma non disse nulla: con il telefono poggiato sul bicchiere davanti a lui, era troppo impegnato su Whatsapp per interagire con i suoi commensali.
“Edo, allora?” lo incalzò il padre “devo buttare il telefono dalla finestra per avere la tua attenzione?”
“A pa’ e non rompe…era tutto buono Maya, grazie” disse “contento? Non c’ho più 5 anni che ci servono queste smancerie e Maya lo sa che se una cosa non mi piace lo dico, non dobbiamo fare la famiglia del Mulino Bianco”
“Sì lo so Edo, non c’è bisogno, va bene così” rispose la giovane.
“No, non va bene così. Sempre con la testa su quel coso” borbottò Alessandro.
Maya, però, con uno sguardo eloquente si rivolse al compagno perché ci desse un taglio. Quel commento sulla famiglia perfetta era proprio ciò che più temeva e sembrava cadere a pennello in quella circostanza. Aveva ragione: forse con Giulia ci si poteva avvicinare, ma loro quattro insieme come potevano essere davvero una famiglia?! Al contempo però Maya era consapevole che non avrebbe dovuto assolutamente trasmettere le sue paure o i suoi dubbi ad Alessandro perché, se lo conosceva abbastanza, poi si sarebbe scagliato contro il figlio e invece dovevano discutere civilmente, come erano riusciti a fare negli ultimi mesi.
“Va beh dai, tranquillo, quante volte sto io al cellulare e non dò retta a nessuno, e poi non c’è bisogno di riempirmi di complimenti” minimizzò, per capendo che la questione andava ben oltre la cena o un grazie.
“No Maya ma non era per te, era tutto buono ma mi fa incazzare quando pretende che giochiamo alla famigliola perfetta. Mia madre sta con uno che pare mio nonno, lui sta con te che col dovuto rispetto c’hai solo 15 anni più di me. Ti pare na famiglia? Perché se lo è, è proprio na famiglia de merda!” Maya frenò Alex dal rispondere a tono, stringendogli la mano quasi affondando le unghie nella pelle; la vecchia Maya, di pancia, gli avrebbe tranquillamente risposto che non era un problema loro se sua madre s’era messa con un vecchio, ma la nuova Maya sapeva che occorreva pazienza e diplomazia. “Edo…”
“Oh ma che volete da me?” disse il ragazzo alzandosi da tavola “io non ho più detto una parola, mi sono fatto andare bene tutto, pure quando avrei mandato volentieri a fa-… a quel paese qualcuno”
Alessandro prese un lungo respiro ed era di nuovo calmo. Fece un cenno a Giulia, piccolo ma immediato a sufficienza perché la bambina capisse che doveva andare in braccio a lui. Si portò verso il salottino e si accomodò, con la bambina sulle gambe.
“Vieni a sedere qui Edo, per favore”
Ma Edoardo non ne voleva sapere, era salito in cima alle scale che portavano in terrazza e quello era il segnale che voleva essere lasciato in pace a sbollire, che avesse ragione o torto non faceva differenza.
“Scendi” ripeté al figlio “Maya anche tu, vieni”
C’era qualcosa nella sua voce, un tono severo e grave, che nessuno pensò bene di contraddire; al contempo, però, c’era una nota dolce e comprensiva che allontanava ogni timore.
“Questa sera doveva essere speciale” esordì, quando erano tutti riuniti sul divano “non avevamo preparato niente ma francamente io e Maya pensavamo che sarebbe stato più facile di così” sei un maledetto bugiardo Alessandro, non ci credi nemmeno tu, disse tra sé e sé “io lo so che per te è stato un periodo di grandi cambiamenti, e non ti ringrazierò mai abbastanza per la pazienza che hai avuto con me, e pure con mamma. E anche tu, Giulietta, sei stata bravissima. Anche con Bruno, davvero”
Non era facile per loro accettare due persone nuove nella propria vita, così diverse tra loro e che avevano ribaltato la loro quotidianità quasi dall’oggi al domani.
“Però ora c’è un ultimo sforzo che vi devo chiedere…non siamo la famiglia perfetta, non lo siamo mai stati e forse non lo saremo mai ma ci vogliamo bene e quella è la cosa che più conta.” Dovevano capire che adesso però nella sua vita c’era anche un’altra persona, e che lui era intenzionato a non farla andare da nessuna parte. “A Maya voglio bene come ne voglio a voi e credo … no, ne sono certo … che anche per lei sia così e ci piacerebbe provare a passare del tempo insieme …tanto tempo” disse, guardando Maya negli occhi e prendendola per mano “per noi non è affatto un gioco”
Maya ricambiò quella stretta non abbassando mai lo sguardo, senza paura, per la prima volta, del giudizio di quel ragazzo che era seduto lì di fianco a loro. Se dovevano fare quella cosa, doveva accettarli così com’erano. E cioè insieme. “Quello che papà vuole dire” esordì lei, la voce che tremava ma che non si fermava “è che vorrebbe lasciare il residence e venire a vivere qui. Con me”
“E noi?” domandò Giulia, innocentemente “Come facciamo quando dobbiamo stare con papà?”
“Facciamo che dovrete sopportare anche me, se vorrete, ovviamente. Siete sempre i benvenuti qui, Giulia, anche quando non sono i giorni di papà” “Questa sarà casa nostra” spiegò Alessandro, picchiettando sul viso della bambina che scoppiò a ridere “ma non solo mia e di Maya, di tutti e quattro”
“Ah…quindi era questo che dovevate dirci”
“Esatto”
“Mm…” mugugnò Edoardo, riflessivo e forse scettico “e dove staremmo io e Giulia, non è una casa molto grande”
“Per adesso c’è la cameretta, ma ci inventeremo qualcosa” lo rassicurò Maya.
“Inventarsi qualcosa tipo trasferirsi altrove, saremmo in quattro e questa casa è palesemente per due persone”
“Ma non è vero! Tu non puoi ricordarlo ma quando ero ragazzo qui in quattro ci stavamo benissimo e quando erano piccoli i tuoi cugini ci stavano in 5. È più grande dell’appartamento al residence” Alessandro azzardò la strada della tentazione “e poi qui possiamo fare quello che volete, è una tela bianca”
“Possiamo mettere anche un letto con le scale?”
“Un letto a castello vuoi dire? Perché no?” rispose Maya, divertita dall’espressione usata dalla bambina ma anche contenta che fosse già così propositiva che si era già prenotata il lettino superiore: ma su di lei non aveva dubbi.
“Io non ho capito perché con tutti i soldi che hai non potete prendere una casa più grande in centro e più comoda per noi” “Perché devi fare sempre il difficile, Edo? Io faccio il massimo per rendere tutta questa situazione più serena per tutti ma per favore, ogni tanto vienimi incontro anche tu.”
Testaccio era un posto speciale, voleva solo la possibilità di dimostraglielo. D’altro canto, Alessandro continuava a ripetersi che doveva mettersi nei panni del figlio, che doveva guardare sempre ogni cambiamento dal suo punto di vista: quello, cioè, di un ragazzo che aveva visto il suo mondo stravolto nel giro di un anno o giù di lì, che dopo una vita ad essere comodamente all’ombra della madre, si era trovato ad avvicinarsi – chi lo avrebbe mai detto – al padre, perché almeno lui non aveva mai fatto nulla di nascosto e non si era trovato una nuova compagna che tollerava a malapena la sua presenza e quella di sua sorella. Probabilmente sentirsi così ben voluto, paradossalmente, lo destabilizzava. Per il momento l’avrebbe chiusa lì, gli avrebbe dato modo di assorbire la cosa e ne avrebbero parlato quando lui avrebbe ritenuto più opportuno. Si alzò, facendo scendere la figlia dalle sue gambe e in silenzio si mise a sparecchiare, aggressivo quasi sulle stoviglie malcapitate.
“Io non ce l’ho con voi, Maya” disse il ragazzo, però lo diceva rivolto a suo padre che continuava impassibile, nero in volto, in quello che stava facendo “e sono pure contento se non stiamo più in una specie di albergo se devo dirla tutta. Ma lui dice che fa le cose per noi ma non lo vedo tanto…alla fine quel che importa sono sempre le sue necessità”
“Adesso basta” un tintinnio aggressivo di posate che venivano scaraventate nel lavandino fece sussultare Maya e il ragazzino “ce ne andiamo!”
“Ora però non fare così …” Edoardo guardò il padre spiazzato, perché forse per la prima volta si era reso conto di aver esagerato e aver fatto un casino, se nemmeno le lamentele di Giulia fecero desistere l’uomo da quella decisione drastica.
“Forza! Mettete le giacche!”
Fu Maya, in quel momento, ad incoraggiare i figli del compagno a non fare ulteriori storie e a obbedire; mentre i due erano in corridoio a rivestirsi, si avvicinò al compagno, aggrappandosi con le mani al dolcevita nero che gli fasciava il torso come un guanto. Lui le posò delicatamente una mano sulla guancia, ma si vedeva lontano un miglio che si stava sforzando per sorriderle e tranquillizzarla.
“Proprio non ne possiamo parlare?”
“Devo farlo io stavolta, tu hai fatto anche troppo” disse, con un colpetto di dita sul naso e andando a sussurrarle un ti amo all’orecchio. Sapeva bene che effetto le faceva e lo faceva proprio per quello, ma Maya sapeva anche che non era una ruffianata e ci credeva davvero, le dispiaceva solo che non fossero riusciti a superare insieme quell’ostacolo. Ma per Alessandro non si trattava di un semplice ostacolo: era letteralmente un muro che suo figlio abbatteva e ricostruiva a giornate alterne ed era diventata una situazione insostenibile oltre che francamente ridicola arrivati a quel punto.
Non essere troppo severo con lui…era stata l’ultima raccomandazione di Maya sull’uscio di casa, prima di prendere l’ascensore. E invece doveva esserlo, perché non era più tollerabile che fosse sempre lei la comprensiva e l’accomodante. Suo figlio aveva 16 anni, non 6 e non stava dimostrando alcun segno di maturità. Con l'anno nuovo sarebbe andato per un semestre a studiare in Inghilterra, ma con queste premesse non avrebbe avuto la serietà neanche per andare in gita mezza giornata ad Ostia Antica. Lo spedì nel sedile posteriore assieme alla sorella, per mantenere la promessa fatta alla compagna di non scomporsi in auto e non fare scenate davanti alla bambina. Come se Giulia non avesse capito…aveva la testa di un’adulta in un corpicino di sei anni. Tornati a casa, del resto, avrebbe sentito comunque tutto quello che c’era da dire.
“Qual è il tuo problema, avanti…” disse, uscendo sul terrazzino. Stasera mi sa che una sigaretta non me la toglie nessuno.
Alex si affacciò al muretto: l’umidità di quella sera aveva avvolto persino la vista del cupolone che si scorgeva di solito dal loro appartamento e bagliori rossastri si alzavano dai lampioni della piazza sottostante e dai vicoli attorno.
“Nessuno” rispose il ragazzo, telegrafico, fermo vicino alla finestra.
“Io vorrei sapere perché fai così?” domandò il padre, senza guardarlo direttamente, dandogli le spalle “un momento va tutto bene e quello dopo sei nervoso e intrattabile. Pure con Maya … andava così bene, che ha fatto di male stavolta?”
“Niente…”
“E allora? Perché hai detto quella cosa? Com’è che hai detto? Ah sì …” proseguì l’uomo, stavolta girandosi perché suo figlio potesse vedere quanto gli aveva fatto male “alla fine quel che importa sono sempre le sue necessità
“Non volevo…non intendevo…”
“No, no, tu intendevi eccome” lo bloccò il padre, avvicinandosi, lo sguardo cupo e duro; Edoardo era grande, aveva la macchinetta per girare per Roma indisturbato, presto con la scuola sarebbe partito per un quadrimestre all’estero, aveva il suo bel da fare con le ragazze … se era grande per tutto quello, era abbastanza grande per prendersi le responsabilità delle proprie parole. “Lo so che io e te non abbiamo avuto sempre un bel rapporto. Anzi, penso che non l’abbiamo avuto nemmeno un rapporto per un bel po’” ammise “per tanto tempo ho pensato che un buon padre dovesse dare il meglio ai propri figli, solo che mi sono accorto tardi che non si trattava di cose materiali. Un buon padre è quello che sa dare il meglio di sé ai propri figli”
Aveva avuto l’esempio perfetto dei propri genitori: non avevano mai vissuto nel lusso, nella sua infanzia avevano fatto tanti sacrifici e ora che ci pensava aveva ricevuto tanti no celati da compromessi, alternative. Eppure non c’era un ricordo che fosse triste, brutto, turbolento. Persino quando sentiva di averli delusi profondamente, in quella notte brava prima degli esami, alla fine della fiera aveva deluso più sé stesso che loro.
“E lo sai come posso darvi il meglio di me?” riprese “Solo stando bene. Con Maya e sì, in quella casa. Magari arriverà un momento in cui non sarà più così e le cose cambieranno ancora, ma c’è una cosa che ho imparato nella vita è che solo le cose che muoiono non cambiano…”
Non gli avrebbe detto che era così che si sentiva nel matrimonio con sua madre e che lei aveva fatto un favore a tutti e due prendendo e andandosene, ma forse era intelligente abbastanza da cogliere l’allusione perché vide Edoardo annuire.
“Non ti ho mai negato nulla di materiale, ma per troppo tempo ti ho negato la versione migliore di me” concluse.
“Oltre che boomer, pure poeta…” lo canzonò suo figlio, con una smorfia.
“Che testa di cazzo che sei!” scoppiò a ridere Alex, più forte di ogni tentativo di restare impassibile e irreprensibile.
Braccò il figlio in un abbraccio lottando contro le sue resistenze. “Hai capito quello che volevo dire? Rispondi o ti schiocco pure un bacio sulla guancia”
“Dai pà smettila…”
“Rispondi”
“Sì che ho capito… e basta!”
Il padre lo lasciò andare, soddisfatto di aver chiuso quella questione con un sorriso e senza imposizioni. “Hai capito davvero?”
Il ragazzo annuì “Adesso è diverso…sei diverso, si vede. E lo so che è pure grazie a Maya. Non sono contrario che vai a conviverci, lei è una a posto”
“E allora?”
“Non lo so che m’è preso pà, per un attimo non c’ho visto più e ho finito per fare lo stronzo senza motivo”
“Sei geloso?”
“E de che? Non c’ho mica 5 anni”
“Eh, non lo so mica, sai…”
“Vaffanculo pa’…comunque può essere, ma non di Maya. È solo che ... per voi con Giulia ... boh, cioè…forse è più facile stare insieme”
Non riusciva a dirlo, ma era chiaro: per loro tre – e con tre intendeva sua sorella, ovviamente - era più naturale sembrare una famiglia. E lui non se ne sentiva parte: Alex non aveva mai preteso da suo figlio che trattasse Maya da matrigna e neanche lei lo voleva, al solo pensiero scoppiava a ridere o finiva per fare qualche vocina comica da matrigna cattiva delle favole; ma nessuno aveva messo mai in discussione il suo posto in quel nuovo nucleo che si stava costituendo.
“E lo stesso vale per te, ma se non lo provi che ne sai. Pensi che per noi sia più facile solo perché siamo più grandi? Anche noi abbiamo le nostre paure, ma se non ti butti non impari mai a nuotare. Dai … adesso fai un colpo di telefono a Maya e chiedi scusa per la scenata”
“Devo proprio? Tanto lei lo sa che non era per lei…”
“Devi” chiuse il discorso Alessandro, rientrando in casa, lasciandogli tra le mani il suo telefono con la chiamata già in corso.
 

 
   
 
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