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Autore: quenya    09/01/2024    5 recensioni
Una bufera di neve fuori stagione sta per abbattersi su Nerima quando Ukyo trova, nel suo cortile, un maialino nero letteralmente piovuto dal cielo. Sarà l’inizio di una bizzarra convivenza tra due anime solitarie che piano piano usciranno dal torpore della rassegnazione in cui erano cadute…per scoprire, in modo inaspettato, di non essere più sole.
Una storia interamente dedicata alla coppia Ryoga e Ukyo, che ho amato per tutta la vita.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ryoga Hibiki, Ukyo Kuonji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 11

 

 

L’alba del terzo giorno di bufera li trovò abbracciati sul divano.

Questa volta fu Ukyo a svegliarsi per prima: un pallido sole aveva infine fatto capolino da dietro le nuvole e stava riempiendo la stanza di una tenue luce dorata, facendole aprire gli occhi per capire da dove provenisse tutto quel chiarore a cui non era abituata. In modo confuso si rese conto che c’era qualcosa di strano e, subito dopo, capì meglio il motivo di quella percezione: prima di tutto non era nel suo letto; secondo, non era nemmeno da sola. Lei e Ryoga, infatti, erano sdraiati in modo alquanto precario per tutta la lunghezza del piccolo divano e lei gli stava in pratica dormendo addosso, incastrata in maniera tale da non riuscire quasi più a capire dove finivano i propri arti e dove iniziavano i suoi. Proprio come era successo solo il giorno prima, gli aveva appoggiato la testa tra il collo e la spalla, ma questa volta gli aveva anche circondato con un braccio la vita e una mano le era scivolata tra la maglietta e la sua pelle nuda. Una delle proprie gambe era finita tra quelle di Ryoga, allungate ben oltre il limite del bracciolo, mentre una delle sue braccia le aveva circondato la schiena, stringendola contro di lui. L’altro braccio, invece, era abbandonato di lato, a sfiorare una coperta ammucchiata in modo scomposto sul pavimento.

Dopo un rapido controllo che ogni vestito fosse ancora al proprio posto, Ukyo ripensò a come fossero finiti in quella posizione: la sera prima avevano fatto le ore piccole bevendo e chiacchierando e ad un certo punto dovevano essersi addormentati, tuttavia non ricordava per niente di averlo fatto né vicino, né tantomeno addosso a lui. Ancora una volta però, anche se sapeva benissimo che avrebbe dovuto allontanarsi subito da quella scandalosa posizione, scoprì che non aveva nessuna voglia di farlo. O almeno, non subito. Voleva godersi un po’ di più quella strana, ma piacevole sensazione dell’incredibile tepore emanato dal corpo di Ryoga pressato in maniera così intima contro il suo. Durante la notte il riscaldamento si spegneva quindi, soprattutto nelle prime, fredde ore della mattina, la vicinanza di quel termosifone naturale era molto apprezzata. Tuttavia non era l’unica cosa che la stava spingendo a prolungare quel contatto: il tocco di quella pelle liscia contro il palmo della sua mano era, per qualche strano motivo, molto allettante e il modo in cui lui la stava stringendo nel sonno le stava facendo venire le farfalle nello stomaco.

Alzò per un istante gli occhi, osservando quel rilassato viso maschile così vicino al suo. Erano a così poca distanza che se avesse alzato un po’ il mento, gli avrebbe sfiorato la mascella con la bocca e una fortissima tentazione di sentire sopra le proprie labbra la ruvidezza di quella leggera barbetta mattutina la assalì, lasciandola senza fiato.

Si morse un labbro, esitando. E se si fosse svegliato proprio in quel momento, magari cogliendola sul fatto? E poi, cosa le stava venendo in mente di fare, perdipiù approfittando di un attimo di totale vulnerabilità come quello? La memoria, però, le tornò di colpo alla sera prima, quando il racconto della conclusione della relazione con Akari le aveva tolto un peso dallo stomaco che non sapeva di avere.

Era stata una reazione stupida ed eccessiva - dopotutto soltanto tre giorni prima quella notizia non l’avrebbe sconvolta più di tanto - ma il sollievo che aveva provato era stato così intenso che per un momento, un solo breve momento, era stato sul punto di baciarlo. Un desiderio inaspettato e sconvolgente, ma allo stesso tempo innegabile. Per fortuna la sua parte razionale aveva di nuovo preso il sopravvento ed era riuscita a trattenersi, ma quella voglia era rimasta, aleggiando in fondo ai suoi pensieri.

Oh, al diavolo. In fondo non lo sto mica molestando nel sonno… perlomeno, non troppo, si disse, facendosi coraggio. Avvicinandosi ancora di più alla sua pelle, fu di nuovo investita dal sottile profumo di zenzero e bergamotto che ormai associava a lui. Forse era un dopobarba, anche se non sembrava il tipo da usare prodotti cosmetici, o forse era solo la profumazione del sapone che usava per lavarsi, fatto sta che quell'odore maschile le piaceva, e pure tanto.

Inspirò a fondo prima di chiudere gli occhi e superare quegli ultimi centimetri. Non riusciva ancora a credere a quello che stava facendo, ma decise di rimandare i diverbi mentali ad un altro momento. Alla fine, le sue labbra gli sfiorarono la pelle in una lievissima carezza: si ritirò subito, quasi si fosse scottata da quel contatto e lo guardò con attenzione, osservando eventuali segni di un imminente risveglio.

Non successe nulla. Il respiro di Ryoga era lento e profondo e sentiva il suo cuore battere calmo e placido contro il proprio, che invece stava ballando la samba. Con un briciolo di confidenza in più, gli sfiorò di nuovo il mento, risalendo lungo la mascella decisa. Come aveva immaginato la sensazione di quella barbetta contro le sue labbra era strana ma non spiacevole, anzi era anche meno ruvida di quanto si fosse aspettata.

La tentazione di esplorare anche oltre si affacciò, per un attimo, nel suo cervello, ma Ukyo chiuse con decisione le palpebre e, con un sospiro, si ritirò, tornando ad appoggiargli la testa sulla spalla. Se avesse ceduto alla voglia di guardare più da vicino quella bocca socchiusa nel rilassamento del sonno e quegli intriganti canini appuntiti, che si intravedevano oltre le labbra ben delineate, non sarebbe più riuscita a guardarlo senza che le guance le prendessero fuoco. Anche adesso non era del tutto sicura che non potesse accadere lo stesso: il cuore le stava battendo così forte nel petto che aveva quasi paura di poterlo svegliare e la testa le stava girando come una trottola per quell'ondata di bruciante risposta emotiva, generata da ciò che aveva appena fatto. Tuttavia, poco alla volta, la tachicardia e il rossore passarono e, sbadigliando, si assestò meglio sul suo improvvisato cuscino, rilassandosi nel calore di quell'abbraccio. Piano piano, cullata da quel magnifico tepore, scivolò di nuovo nel sonno.

Circa un'ora dopo fu Ryoga a svegliarsi, destato da un implacabile stimolo biologico. Tuttavia, come realizzò di trovarsi, per l'ennesima volta, una graziosa chef addormentata tra le braccia, ogni altra questione venne spazzata via da un’ondata di cocente ansia. Cosa era accaduto la sera prima? Ricordava la birra - o meglio, le birre, come testimoniato dalle numerose bottiglie in fila sul tavolino - ma poi… cosa era successo? Con sempre maggiore agitazione, controllò lo stato dei loro vestiti e il fatto che fossero tutti al loro posto placò per un attimo la sua tensione.

Massaggiando fronte e sopracciglia per svegliarsi meglio, cercò di fare mente locale. Gli sembrava di ricordare che era stata Ukyo ad addormentarsi per prima e che lui era stato sul punto di prenderla in braccio e portarla a dormire nel futon. Poi però si era fermato, perché il gesto gli era sembrato troppo intimo, così aveva preso una coperta e gliel'aveva drappeggiata addosso, anche perché dopo gli eventi di quella sera non si era fidato troppo a toccarla. E poi… e poi forse era rimasto ad osservarla dormire, ma a debita distanza, di questo ne era abbastanza sicuro.

Come erano finiti di nuovo così? Possibile che non riuscisse a restarle lontano, nemmeno mentre dormiva?

Lo stimolo biologico tornò a farsi sentire e lui decise che, prima che altri stimoli iniziassero a manifestarsi reagendo a quella suggestiva posizione, doveva allontanarsi nella maniera più assoluta. Avrebbe di sicuro rischiato il collo, una volta che Ukyo si fosse accorta di dove si trovava e di quello che poteva essere successo, ma la prospettiva di essere preso a palettate per un brusco risveglio era di sicuro migliore rispetto alla possibilità che qualcos'altro si risvegliasse, così decise di andare sul sicuro.

“Ukyo… ehi, sveglia!”.

La ragazza emise un basso gemito - che non migliorò affatto la situazione - poi con un suono a metà tra un lamento e un sospiro, aprì gli occhi.

“Mmrgh… cosa c’è?”.

“Che è successo ieri sera? Stai bene? Ho forse fatto qualcosa di… sconveniente?”.

"Lo stai facendo adesso svegliandomi in questo modo e urlandomi nelle orecchie”, bofonchiò lei in risposta, togliendosi i capelli dalla faccia. "Per tutti gli dèi, Ryoga… abbiamo solo bevuto qualche birra. Non ci siamo ubriacati fino a perdere i freni inibitori!”, disse puntandogli un gomito nelle costole e scostandosi da lui, con suo grande sollievo. “E poi, se solo avessi provato a fare qualcosa di strano, ti avrei spedito a dormire nella neve… quindi rilassati, ok?”.

La cuoca si stiracchiò con soddisfazione, facendo allungare la schiena e portando le braccia oltre la testa, per sciogliere i muscoli intorpiditi dalla posizione non proprio agevole in cui era stata fino a quel momento.

Ryoga distolse subito gli occhi.

“Ma… ma… dormire così… insieme…”, cercò di protestare, non riuscendo ancora a capacitarsi del pericolo potenzialmente corso. “Perchè non mi hai trasformato in P-chan?”.

“Primo, perché non mi ero accorta di essermi addormentata, e meno che mai addosso a te. Secondo… beh, in realtà sei piuttosto comodo”.

Nonostante quelle parole in apparenza noncuranti, Ukyo non lo aveva guardato una sola volta da quando si era svegliata e lui aggrottò la fronte, perplesso. Quella affermazione implicava che, ad un certo punto, la sua improvvisata compagna di bevute doveva essersi svegliata ed aver realizzato la situazione in cui si erano ritrovati; il fatto che non avesse ancora ricevuto nessun attacco pieno di femminile indignazione tra capo e collo, però, era piuttosto anomalo. Significava forse che per lei dormire insieme era un rischio accettabile? Oppure si fidava così tanto di lui da non considerarlo affatto pericoloso? Entrambe le ipotesi comportavano un duro colpo al proprio orgoglio maschile ma, per una volta e in un raro momento di consapevolezza, Ryoga decise di non approfondire troppo la questione, né di commentare il comportamento alquanto bizzarro della ragazza.

“Hmm, ti dispiace se vado prima io in bagno? Credo che tutta la birra di ieri stia iniziando a fare effetto”.

Si girarono entrambi a contemplare l’affollamento di bottiglie sul tavolino.

“Devo ammettere che ci abbiamo dato giù pesante, ieri. Non al livello dei festini di mio padre e dei suoi amici ma… caspita, se ci siamo andati vicino”, commentò la chef, con un sopracciglio alzato.

“Non capisco come sia potuto succedere”, bofonchiò il ragazzo, grattandosi la nuca.

“Di cosa ti lamenti? Con la resistenza fisica che hai è impossibile farti sbronzare… dopo cinque birre non eri nemmeno brillo”, sbuffò lei, dandogli uno scappellotto. “Forza, vai in bagno e cerca di liberarlo il prima possibile che voglio farmi una bella doccia”, gli disse poi, iniziando a raccogliere le bottiglie.

Ryoga non se lo fece ripetere due volte e sparì in quella vaga direzione, alla ricerca del bagno perduto.

Lo trovò, con sua grande sorpresa, abbastanza presto: si vedeva che, dopo il terzo giorno di permanenza in quella casa, stava iniziando a familiarizzare con la disposizione degli ambienti, riuscendo a perdersi un po' di meno. Dopo essersi fatto una doccia, si osservò con aria critica allo specchio e, notando come fosse giunto il momento di radersi, prese l'occorrente dalla semplice pochette blu che aveva avuto l'accortezza di portarsi dietro.

Quando uscì dal bagno, trovò Ukyo che aveva appena finito di preparare un cambio di vestiti e si fece da parte per lasciarla passare. La ragazza lo guardò con un’aria strana, tra il sorpreso e il crucciato, poi sparì nella stanza senza una parola e lui, dopo un attimo di perplessità, scese di sotto.

Ukyo, nel frattempo, si appoggiò alla porta del bagno con un sospiro e si concesse un breve momento di cordoglio per la perdita di quella intrigante barbetta di tre giorni. Per quanto fosse ancora strano vederla sul volto di Ryoga, non poteva non ammettere che gli dava un aspetto diverso e molto più attraente: la sentiva ancora, contro le proprie labbra, come un vago riflesso di una sensazione e chiuse gli occhi, persa nei ricordi. Li riaprì subito dopo, dandosi della stupida, e si affrettò a svolgere le sue abituali pratiche mattutine.

Circa un’ora più tardi, si ritrovarono a fare di nuovo colazione guardando i programmi meteo: i notiziari erano invasi di report sui danni e testimonianze delle disavventure di coloro che erano rimasti bloccati dalla tempesta ma, tutto sommato, ormai la situazione era in fase di miglioramento. Aveva smesso di nevicare un po’ ovunque e le temperature previste erano in netta risalita, il che significava che tutta quella neve sarebbe presto stata soltanto un ricordo.

“Beh, allora direi che è davvero arrivato il momento di togliere il disturbo”.

Ukyo incrociò le braccia, spostando lo sguardo da Ryoga alla vetrata d'ingresso del ristorante, ancora chiusa dai pesanti pannelli di legno.

“Non l’avrei messa in questo modo ma… immagino di sì", disse, andando verso la porta e cercando di sbirciare fuori per capire la situazione. “Ammesso che tu riesca ad uscire. Per quanto ne sappiamo potrebbe esserci un metro di neve qua dietro… non sarà facile creare un passaggio”.

“Lascia fare a me. Hai una pala?”.

“Hmmm… credo di sì. Fammi controllare nel ripostiglio”.

Dopo alcuni tentativi andati a vuoto negli armadi di servizio della casa, alla fine trovarono una pala da neve in un angolo del vano caldaia. Era un po’ malmessa e arrugginita, ma ancora utilizzabile.

Si misero subito in moto: prima sbloccarono, con molta attenzione, la porta a vetri scorrevole dal ghiaccio che si era accumulato nelle sue guide; poi Ryoga, con una leggera spallata, aprì il primo sportello verso l’esterno inondando di luce l’interno del ristorante per la prima volta in quasi tre giorni. Fuori la gente stava con fatica iniziando a rimuovere la neve dagli ingressi delle proprie abitazioni e negozi, ammucchiandola al centro della strada. Al contrario dei loro timori, non aveva superato il metro ma il vento l’aveva spinta contro gli angoli e i muri delle case, creando degli accumuli. Soltanto davanti alla sua porta ce n'erano almeno settanta centimetri.

“Ok, al lavoro!”.

Ukyo osservò Ryoga ruotare una spalla e iniziare a spalare la neve con ammirabile entusiasmo. Si era cambiato, tornando alla consueta maglietta nera a maniche corte che gli aveva visto nei giorni precedenti e per un attimo si rammaricò di non essersi offerta di lavarla. Poi si diede subito della stupida: adesso aveva anche voglia di fargli il bucato? Da quando si era trasformata nella mogliettina perfetta delle pubblicità? Quel pensiero, unito ad un breve ma intenso flashback di tutti i momenti domestici passati insieme a lui in quei giorni, la fece arrossire e la vista di quei bicipiti scoperti non migliorò di certo la situazione. Si girò di scatto, tornando al piano superiore.

Era decisamente arrivato il momento che lui togliesse il disturbo. In generale era sempre contenta quando qualcuno la veniva a trovare, anche quando aveva ospitato Konatsu per qualche mese; poi però, ogni volta che aveva salutato gli ospiti, era tornata con un certo sollievo alla tranquillità della sua casa, ai suoi spazi e ai suoi silenzi. Adesso, invece, la presenza di Ryoga, che aveva portato un improvviso scompiglio con il suo turbine di pranzi e cene condivisi, pomeriggi davanti alla tv e festini serali a base di birra, si stava rivelando fin troppo gradita. Rischiava di farle intravedere una realtà così diversa dalla sua controllata e solitaria esistenza, da rendere ancora più doloroso il confronto. E lei non poteva permettersi di affrontare il vuoto che ne sarebbe derivato.

Pescò dal fondo di un armadio quello che era venuta a cercare e poi scese di nuovo di sotto. Super efficiente come sempre, quando si trattava di lavori fisici, Ryoga aveva già ripulito l’ingresso creando un perfetto piccolo sentiero nella neve verso la strada ed ora si stava accingendo a ripiegare i pesanti pannelli di legno della copertura. Non sembrava nemmeno un filo affaticato né tantomeno soffrire il freddo, anche se lei riusciva a vedere in controluce un sottile filo di vapore alzarsi dalla sua pelle. Aveva però le orecchie arrossate e lei strinse tra le mani il semplice cappello di lana nero che gli aveva preso dalla sua scorta invernale. Glielo mise in testa di sorpresa, mentre era ancora girato, sbuffando contrariata per aver dovuto stendere le braccia molto più su del previsto. Ma quanto era diventato alto?

“Cos…?”, mormorò lui, portandosi in automatico una mano alla fronte per scostare lana, capelli e bandana che gli erano finiti davanti agli occhi quando lei gli aveva calcato il cappello in testa. "...e questo da dove esce?”, le chiese, girandosi ad osservarla. La ragazza stava indossando una vivace sciarpa di lana gialla intorno al collo e un berretto della stessa tonalità.

“È per tenere al caldo quella tua zucca bacata”.

“Capisco ma… lo sai che non sento il freddo…”.

“Tu dici? Secondo me le tue orecchie non sono tanto d’accordo”.

Ancora una volta Ryoga si portò una mano sulla testa, testando il morbido materiale che la ricopriva. In effetti era vero, quella parte era sempre stata un punto più sensibile rispetto al resto del corpo, ma in genere aspettava che la temperatura scendesse ad una gradazione negativa prima di coprirla. Adesso invece un vago, piacevole tepore si stava già sprigionando sui padiglioni auricolari, segno che in effetti la copertura era stata apprezzata.

“Oh beh… allora grazie, Ukyo”, le rispose con un sorriso.

La ragazza non rispose e si girò di scatto, tornando dentro il ristorante. Poco dopo ne riemerse con una scopa in mano e iniziò a ripulire l'insegna senza dirgli una parola così, considerando chiusa la faccenda, lui tornò al suo lavoro.

Dopo circa un’ora ogni cosa era al proprio posto: la tenda del ristorante sventolava di nuovo nell’aria frizzante e l’insegna con la scritta ‘Ucchan’, ripulita con cura, splendeva nel sole del mattino. Poco dopo Ryoga ne varcò di nuovo la soglia, aggiustando le cinghie dello zaino che aveva sulle spalle, seguito da Ukyo.

"Ok, mi sembra proprio di aver preso tutto”.

“Non che avessi un granchè fin dall’inizio…”, aggiunse lei, appoggiandosi con una spalla alla vetrata.

“Ovvio, quando giri con tutto quello che hai in uno zaino, devi per forza limitare lo spazio. E ogni cosa diventa essenziale. A proposito…”, disse togliendosi il cappello di lana e porgendoglielo. “Grazie per avermelo prestato”.

“Nah, puoi tenerlo”, rispose lei, con un’alzata di spalle. “Ne ho un milione come quello nell’armadio e a te serve molto di più”.

“Oh. Allora… grazie. Per tutto”.

Per avermi dato un tetto, cibo caldo, abbracci, sorrisi, comprensione e calore umano. Per non parlare, con molta probabilità, di sogni erotici per gli anni a venire, pensò, rabbrividendo dentro di sé per quella improvvisa consapevolezza. Fece un profondo inchino davanti a lei, con gratitudine e rispetto, rischiando senza saperlo di farle rotolare addosso il suo pesantissimo e inseparabile ombrello rosso.

“Quante volte te lo devo ripetere che non c’è bisogno di ringraziarmi in questo modo? Tsk, sei davvero troppo formale”, protestò Ukyo, incrociando le braccia e sbuffando. “Casomai dovrei essere io a farlo, visto che mi hai aggiustato la caldaia, aiutato a pulire la cucina e liberato il vialetto per i miei clienti!”.

Senza contare tutta la compagnia che mi hai fatto in questi giorni, aggiunse nella sua mente, mordicchiandosi un labbro. Quei saluti la stavano intristendo e la voglia che aveva di confessargli quanto avesse apprezzato chiacchierare con lui stava diventando sempre più difficile da trattenere.

“Diciamo che ci siamo aiutati a vicenda, ok? Una mutua alleanza per la convenienza di entrambi, come nella famosa gita al Tunnel del Perduto Amore”, gli disse alla fine, guardando da un’altra parte.

"Sì, è vero. Come quella volta”, concordò Ryoga.

Era stato molto di più di quello, entrambi lo realizzarono con lucida chiarezza nell’esatto momento in cui stavano dicendo il contrario. Da un semplice scambio di favori, la convivenza di quei giorni aveva fatto nascere tra loro un rapporto di amicizia che prima non c’era, un legame così naturale e intenso da lasciarli senza fiato per la rapidità con il quale era cresciuto. Nel giro di poco tempo erano passati da semplici conoscenti a confidarsi paure e debolezze, consigli e incoraggiamenti, segreti inconfessabili come una maledizione, fino ad elaborare nuove tecniche di combattimento, il tutto condito con una potente attrazione fisica che li aveva colti di sorpresa come un fulmine a ciel sereno.

Tuttavia questa enorme mole di pensieri e sentimenti così intrecciati tra loro aveva bisogno di tempo per poter essere elaborata. L’inevitabile separazione dei mesi successivi, forse, gli avrebbe dato modo di capire meglio come e quanto il loro rapporto si fosse modificato, magari dandogli l'opportunità di adeguarsi di conseguenza per il futuro.

"Cosa farai adesso?".

Quella semplice domanda colse Ryoga impreparato, facendolo riflettere. Non aveva ancora pianificato la prossima destinazione, sapeva soltanto che ormai aveva esaurito qualsiasi giustificazione per restare da lei e che quella inaspettata, breve convivenza - per quanto strana - fosse giunta alla sua imprescindibile conclusione.

"Ancora non lo so. Adesso che anche Akari è un capitolo chiuso forse è arrivato il momento di voltare pagina e concentrarmi su altre cose. C'è un eremita a nord che volevo incontrare da un po' di tempo che dicono conosca delle tecniche di pressione dei punti vitali in grado di fare miracoli. Magari è la volta buona che riesco a farmi curare la maledizione e, già che ci sono, pure il mio pessimo senso dell'orientamento".

"Oh", rispose Ukyo, sorpresa e un po' rattristata dalla prospettiva di non rivederlo per chissà quanto tempo. Per l'ennesima volta si diede della stupida. Era ovvio che lui avesse altri programmi, tutti li avevano… ma quell'improvviso senso di vuoto la fece sentire ancora peggio.

"Sembra promettente. Ti auguro tanto di riuscire a trovarlo", disse alla fine, cercando di infondere nella propria voce una parvenza di entusiasmo.

"Lo spero anche io".

Uno strano silenzio scese tra loro, interrotto solo dalle voci delle persone che stavano lavorando per liberare le strade dalla neve.

“Beh, allora ti saluto”, mormorò Ryoga, portando entrambe le mani alle cinghie dello zaino e pregando che lei non si accorgesse delle nocche sbiancate, contratte nello sforzo di impedirsi di toccarla in qualche modo. Proprio come aveva temuto, il suo corpo stava già sperimentando i primi sintomi di astinenza da contatto, protendendosi in modo quasi inconscio verso quello di lei. Perché, perché aveva questo dannato e crescente bisogno di restarle accanto?

“Buon viaggio”, rispose Ukyo, con un sorriso un po’ tirato. La propria battaglia interiore per tenere a bada le emozioni era una cosa alla quale ormai era abituata da anni, eppure mai come in questo caso le stava risultando così difficile e intensa. Nascoste dalle ampie maniche dell’haori che stava indossando, le mani le stavano tremando per la tensione e lo sforzo, nel disperato tentativo di mantenere una facciata - se non impassibile - quantomeno di apparente tranquillità.

Quando Ryoga fece per girarsi e andare via, però, all’improvviso qualcosa si spezzò dentro di lei. Come una corda troppo a lungo tesa, il suo rigido autocontrollo si infranse e Ukyo superò la breve distanza che li separava, buttandogli le braccia al collo con uno slancio che lo fece per un attimo barcollare. Con il naso nello scollo della sua maglietta, a contatto con quella pelle meravigliosamente calda, gli ricordò il suo personale promemoria.

“Lo sai che al mio ristorante troverai sempre un bagno caldo che ti aspetta in caso di bisogno, vero? Insieme alla seconda stagione del ‘Re del Wok’”.

Dopo un primo momento di comprensibile confusione e smarrimento, le braccia di Ryoga si sollevarono per scivolarle intorno alla vita e alle spalle, ricambiando l’abbraccio con una leggera stretta.

”Gra-grazie, Ukyo”, una lieve pressione sulla testa le suggerì che Ryoga doveva averle appoggiato una guancia sui capelli. “Ti ho anche promesso che avrei lavato i piatti per sdebitarmi della tua ospitalità… e sai che non rimangio mai la mia parola”, le rispose.

Una risata sommessa, bassa e profonda, la cui vibrazione le si trasferì in un istante alle terminazioni nervose di ogni singolo centimetro del suo corpo, la fece sussultare leggermente sul suo petto.

“Tra l’altro, sono ormai diventato dipendente da quella dannata serie, quindi non sarà così facile liberarsi di me”.

La stretta intorno al suo collo si fece ad un tratto più intensa.

“Allora vedi di non tornare tra quattro mesi, ok?”.

Un’altra lieve risata solleticò una tempia della ragazza.

“Tenterò. Tu piuttosto cerca di stare più attenta alla tua salute… ricordati che non c’è niente di male nel chiedere aiuto, ogni tanto”.

Senza dire nulla, lei annuì con un breve gesto del capo.

Rimasero così per un momento che sembrò infinito e troppo breve allo stesso tempo, fino a che Ukyo non aprì un occhio e per caso vide, in un ristretto spicchio di visuale, un commerciante vicino che stava sorridendo. Era forse… il signor Yamada, il venditore di tofu di due negozi più avanti?

Con crescente orrore alzò la testa e la scena che vide intorno a lei le fece gelare il sangue nelle vene. Lei e Ryoga erano fermi lì, abbracciati in mezzo al piccolo spiazzo davanti al ristorante, in pratica in mezzo alla strada e tutti i commercianti e i vicini che stavano ripulendo le soglie dei propri negozi e dei propri portoni di casa si erano fermati ad osservarli. La maggior parte sorrideva e qualcuno stava pure ridacchiando, scambiandosi gomitate d’intesa con il proprio coniuge o amico, indicandoli con la testa ad altri attoniti passanti.

Una frazione di secondo dopo Ryoga si ritrovò sepolto a testa in giù in un cumulo di neve.

Quando il riverbero della porta a vetri del ristorante cessò, sbattuta nella violenza della rapida fuga della ragazza all’interno di più riservati ambienti, una risata collettiva si alzò da quella piccola folla.

Due signori sulla cinquantina posarono pale e ramazze e andarono subito ad aiutare quel povero ragazzo ad emergere dal mucchio di neve sporca in cui era stato, con scarsa cortesia, lanciato, mentre una signora anziana raccoglieva un cappello nero volato, chissà come, in cima ad una siepe.

“Grazie per esserti preso cura di Ucchan”, gli disse, sorridendogli e mettendogli tra le mani il piccolo triangolo di lana. “Quella benedetta ragazza è sempre troppo sola e tutti noi siamo in continuazione preoccupati per lei, soprattutto quando capitano eventi imprevedibili come la bufera di questi giorni”.

“Oh, secondo me se ne è preso cura, eccome! C’è sempre un motivo se un uomo riceve un abbraccio del genere!”, disse uno dei signori, mollandogli una pacca sulla spalla e scatenando l’ilarità degli altri presenti.

Ryoga sbarrò gli occhi, ritrovando di colpo la voce.

“NO! Non è come sembra, lo giuro!”, urlò, agitando con furia le mani, in segno di diniego. “Non è successo niente! La reputazione di Ukyo è assolutamente immacolata!”.

Mentre il ragazzo si allontanava, cercando ancora di convincere il vicinato della sua irreprensibile condotta, il signor Yamada scosse la testa e sorrise.

“Sì, come no”, bofonchiò, tornando a ripulire il suo negozio dalla neve. “Ma a chi importa più della reputazione, comunque?”.

Qualche tempo dopo Ryoga, con in mano un fascio di fogli con dettagliate indicazioni scritte per raggiungere la prossima meta, si rimise in cammino, salutato con cordialità dai negozianti vicini di Ukyo. Si sfregò la testa, massaggiandosi l'ultimo, ennesimo bernoccolo di quella strana settimana e sorrise: iniziava ad affezionarsi alla loro presenza e scoprì con stupore che non vedeva l'ora di aggiungerne altri a quella collezione. Ripensò al calore dell’estemporaneo abbraccio di Ukyo e un altro, rilassato sorriso si fece strada sulle sue labbra.

Forse, aveva trovato una ragione in più per cercare di curare il suo disastroso senso dell’orientamento.

 

 

 

Fine

 

 

 

Credits e ringraziamenti:

 

Vorrei innanzitutto ringraziare tutti coloro che mi hanno accompagnato fin qui in questa mia prima avventura nel fandom di Ranma:

Silvia/Topmanga, per avermi ispirato ed incoraggiato a continuare a scrivere questa storia, bacchettandomi sul finale (me lo merito, lo so) perché, a suo dire, non c’era stato “nemmeno un bacetto”. Dai, il leggero sfiorare di labbra di Ukyo al viso del bell'addormentato conta, come quasi-bacio?

TigerEyes, prima di tutto per le sue magnifiche e dettagliatissime recensioni, che mi hanno lasciato ogni volta senza fiato per la loro profondità e per l’incoraggiamento; secondo, per il suo contributo essenziale alla mia forma scritta, sfoltendo senza pietà la foresta di avverbi che avevo costruito e aiutandomi con la mia pessima punteggiatura; infine, per avermi accolto a braccia aperte in questo fandom. Grazie cara, sei diventata la mia luce guida, il faro illuminante di questo mondo, quasi dimenticato, da autrice di fanfic… e per questo te ne sarò sempre riconoscente.

FedeGinRic per le sue entusiastiche recensioni (e per essere stata la prima a farlo!) ma, soprattutto, per aver creduto fin dall’inizio su una coppia che non la convinceva tantissimo… quindi il ringraziamento è doppio, per avermi dato questa possibilità!

AndyGrimm, per essersi dovuto sorbire tutti i numerosissimi fanservice sulle grazie di Ryoga… povero, mi rendo conto che questa storia non è proprio agevole per i maschietti! 😁

E infine tutti i lettori - passati, presenti e futuri - che magari non hanno avuto il tempo di lasciare una recensione.
 

A voi mando il mio più sentito ringraziamento, dal profondo del mio cuore.


Infine, non posso non citare le storie in inglese che, in questi 30 anni di fissazione per questi due, sono rimaste impresse a fuoco nella mia anima:

- ‘Magical Mystery Hibiki Tour’, di Jaelle e Orla. Purtroppo non credo sia più online, dato che risale alla fine degli anni 90, ma penso che sia stata tra le prime che ho letto su questo pairing. Ha influenzato tantissimo la mia visione del carattere di Ryoga, rendendolo un adorabile giramondo, un viaggiatore - non per sua volontà! - ormai esperto per le sue avventure in paesi anche molto diversi dal suo. Ho ripreso da loro anche la concezione secondo la quale il nostro eterno disperso possa lavorare saltuariamente nei cantieri edilizi, grazie alla sua robustezza e alla tecnica del bakusai tenketsu.

- ‘Omiyage’ e ‘The Exit’, di Ninnik_Nishukan (https://ryogaukyo.blogspot.com), una bravissima autrice che è stata la vera fonte di ispirazione per la mia visione del loro legame. Ho amato tutte le sue opere in maniera sviscerata e ho spulciato il suo sito, pagina per pagina, per un sacco di tempo. Sfortunatamente per me, lei si stancò di questo pairing intorno al 2009: concluse entrambe le storie, ma senza completare idealmente il percorso intenso e profondo che aveva intrapreso, specialmente in ‘Omiyage’. La sua interpretazione dei sentimenti e dell’amicizia che si instaura tra loro, però, è così bella che le sue opere mi sono rimaste a lungo impresse nel cuore.
Nonostante non le rilegga da anni e che, di recente, abbia consapevolmente evitato di farlo per evitare contaminazioni, sono al corrente che alcune cose, nella mia storia, potrebbero richiamare in qualche modo quello che ha scritto lei: se potete, leggetelo… e sappiate che, se troverete qualche somiglianza, la mia sarà stata, di certo, una inconsapevole ma affettuosa citazione.

E ora, dopo questo malinconico polpettone, una buona notizia: come ho annunciato nella premessa CI SARA’ UN SEQUEL, dove - finalmente - le cose inizieranno a prendere una piega un po’ più soddisfacente per tutti: ora che il ghiaccio è rotto e questi due polentoni stanno iniziando a capire che qualcosa sta cambiando, un’estemporanea richiesta li porterà a passare un altro BEL PO’ di tempo insieme. Ma la vera sfida sarà… fargli ammettere l’esistenza di questo sentimento!

La prima a provarci sarà Akane, quindi… ci si rivede sul piccolo spin-off, ‘Chiacchiere tra amiche!’

A presto!!

 

Quenya

 

  
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