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Autore: JenevieveEFP    15/01/2024    2 recensioni
La guerra è appena finita, Voldemort è stato sconfitto, Tonks e Lupin sono ancora vivi. Snape è stato salvato in extremis ma versa in condizioni critiche per le ferite inferte da Nagini. La sua mente provata dalla febbre e dal veleno, lo tormenterà con dolorosi sogni e ricordi perduti del suo passato. Harry intanto è pronto a svelare ai pochi membri rimasti dell'Ordine della Fenice la verità dietro il doloroso ruolo dell'odiato preside di Hogwarts, e a confrontarsi con Draco con la calma che solo la fine di un conflitto sa donare. La fine della guerra diventerà un nuovo inizio per tanti, ma una condanna dolorosa per alcuni che non erano pronti a sopravviverle. Le occasioni di incontro e scontro non mancheranno, specialmente quando gli studenti saranno richiamati ad Hogward per ripetere l'anno scolastico brutalmente interrotto e cercare di ricominciare a vivere e ricostruire.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Remus Lupin, Severus Piton | Coppie: Draco/Harry
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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I primi di dicembre Hogwarts aveva iniziato a cambiare veste in vista del Natale. Hagrid aveva già portato nella sala grande una dozzina di floridi abeti, più uno enorme posizionato al centro fra le quattro tavolate degli studenti. I professori, aiutati da molti ragazzi, avevano provveduto ad appendere festoni, candele incantate, fiocchi e palline, che avevano contribuito a soffocare un po’ l’orrore del recente attacco di Greyback a scuola.
La mattina del cinque dicembre, i ragazzi entrarono in sala grande e trovarono le tavolate ordinatamente apparecchiate ma completamente sguarnite di cibo. In un vivace chiacchiericcio generale, tutti si accomodarono ai loro posti sotto gli occhi dell’intero corpo docenti già riunito al tavolo in fondo. Eli Porter era ormai una presenza stabile, al punto che gli era stato finalmente offerto un posto a sedere alla sinistra di Hagrid.
Quando l’ultimo ragazzino si fu seduto, la preside si alzò con calma e si avvicinò al piccolo scranno da cui si facevano solitamente gli annunci e tutti si zittirono attenti.
«Buongiorno. Come i vostri stomaci avranno sicuramente notato, la colazione non è stata ancora servita: questo perché desidero fare prima un annuncio importante. Hogwarts andrà incontro per il mese di dicembre ad un evento peculiare, che si è verificato prima d’ora solo due volte in un millennio e più di storia della scuola.» annunciò solenne. Aveva un’aria molto seria, persino un po’ accigliata.
Hermione, dal suo posto accanto a Ron sorrise sorpresa.
La preside levò la bacchetta e con un gesto molle del polso cambiò in un colpo solo tutti gli stendardi appesi alle pareti. Serpeverde, Grifondoro, Tassorosso e Corvonero scomparvero dalle rispettive insegne e al loro posto comparve il simbolo della scuola che li racchiudeva tutti e quattro.
Mentre un brusio eccitato e sorpreso si levava fra gli studenti, la preside proseguì.
«Per tutto il mese di dicembre le competizioni fra le casate verranno sospese, ad eccezione del campionato di Quidditch che proseguirà regolarmente. Non vi saranno dunque punti da assegnare per le clessidre, né in merito né in demerito. I posti a sedere ai vari tavoli qui nella sala grande saranno liberi. A partire da oggi stesso, anzi da ora, potrete sedervi ad un’altra tavolata a volta scelta, accanto a chi preferite.»
Il brusio si alzò notevolmente, e la maggior parte delle voci sembrava divertita.
«Sebbene ognuno di voi manterrà i colori della propria casata sull’uniforme, vi sarà concesso accedere alla sala comune di tutte le altre casate. Abbiamo provveduto ad incantare e collegare i camini di ogni sala comune, posizionando una scorta di metropolvere speciale accanto a ciascuno. Il funzionamento è identico a quello della metropolvere normale, per la destinazione dovrete specificare chiaramente la casata che intendete raggiungere. Gli accessi usuali rimarranno protetti dalle relative parole d’ordine.»
Il brusio crebbe ad un vociare sempre più intenso, tanto che la preside fece cenno a tutti di attendere.
«Ovviamente ci sono delle condizioni a cui attenersi pedissequamente. La prima è che ognuno di voi manterrà il proprio posto letto al dormitorio come assegnatogli, non saranno consentiti spostamenti in tal senso. I dormitori resteranno infatti accessibili solo agli studenti della relativa casata: potrete visitare insomma solo le rispettive sale comuni.»
«La seconda regola è che i camini consentiranno questi trasporti solo fino a mezzanotte. Dieci minuti prima di tale scadenza un rintocco vi avvertirà dell’imminente chiusura, pertanto dovrete sbrigarvi a tornare al vostro dormitorio o vi toccherà farlo a piedi, possibilmente in fretta.»
Diverse mani si alzarono a chiedere parola, ma la donna fece ancora un cenno a di avere pazienza.
«Prima di eventuali interrogativi, vorrei ricordare a chi non ha studiato approfonditamente la storia della scuola, che questa peculiare gemellanza fra casate si verificò in passato in occasioni molto infauste. Situazioni tragiche che avevano richiesto l’unione di tutti gli studenti per questioni di sicurezza e bisogno. Oggi non è così. Lo scopo è quello di coltivare un maggiore senso di unione, amicizia e fratellanza inter-casa. Pertanto, chiunque venga sorpreso a utilizzare questo strumento per infastidire, danneggiare o provocare danno ai compagni, si vedrà precludere l’accesso al camino.» spiegò con un cipiglio fra i più severi mentre squadrava l’intera scolaresca.
Alcune mani si abbassarono, e la McGonagall fece cenno di parlare ad un ragazzino del terzo anno di Tassorosso.
«Durerà solo un mese? Non si potrebbe farlo per due?»
Una voce dal tavolo di Serpeverde borbottò acida:
«Durerà addirittura un mese, vorrai dire.»
Qualcuno rise, qualcun altro sbuffò.
«Esattamente signor Atkinson. Per ora sarà solo un mese.»
«E se volessi rimanere a dormire nella sala comune di Tassorosso?» chiese divertito un quinto anno di Grifondoro.
«Niente pigiama party, signor Taylor.» negò aspra la preside. «Potremmo fare un’eccezione, se vi comporterete adeguatamente, forse solo le sere di Natale e Capodanno.»
Il chiacchierio si alzò vivace su tale punto, e la preside emise un sospiro pesante, facendo cenno di calmarsi.
«Sono conscia del fatto che molti di voi cercheranno di aggirare le regole, o misurarne la tolleranza.» spiegò, lanciando un’occhiata severa ad alcuni in particolare, fra cui Harry e Ron. «Vi ricordo però che anche se non perderete punti, le punizioni singole sono sempre attive. Inoltre, se potremmo dirci persino clementi sui brevissimi ritardi nei giorni comuni, il coprifuoco diventerà del tutto tassativo la sera del prossimo plenilunio, il 28 dicembre. La luna sorgerà alle 19, dunque subito dopo cena verrete scortati tutti nei vostri dormitori e lì dovrete rimanere. Per quella giornata i trasporti nei camini resteranno inattivi.»
Un ragazzo di Serpeverde del secondo anno alzò la mano, ma iniziò a parlare praticamente prima che la preside gli concedesse il permesso.
«Dato che questi disagi ogni mese avvengono per colpa del direttore della casa di Grifondoro, perché non bloccare solo il loro, di camino? Non è giusto che ci rimettiamo tutti.»
La McGonagall lo fulminò con lo sguardo e quello abbassò il proprio, arrossendo nonostante l’approvazione di qualche compagno.
«Perché il blocco dei camini non è un castigo, Jenkins, ma una prevenzione per evitare di farvi stare in giro. Una sera a letto presto non farà del male a nessuno.»
Mentre la donna spiegava, Remus, conscio di avere addosso diverse paia d’occhi fra studenti e insegnanti, strinse nervosamente una mano a pugno. Severus fissò per diversi attimi quella mano rovinata dalle cicatrici, contratta fino a tremolare leggermente, quindi si alzò in piedi con calma. Lo stridere della sua sedia a terra fece spostare l’attenzione di tutti su di lui.
Remus lo guardò prima con confusione, poi allerta.
«Severus, non …» mormorò, ma quello gli fece cenno di fermarsi e iniziò a parlare a voce alta, rivolto agli studenti di Serpeverde.
«Signor Jenkins la sua domanda era così idiotica che fossi in lei mi scuserei con la preside per averla costretta ad udirla e rispondervi.» spiegò duramente. «Però mi offre uno spunto per qualcosa che prima o poi avrei comunque annunciato.»
Remus trattenne il respiro per la tensione. Chiunque sapesse quello che era successo durante lo scontro con Greyback era sull’attenti alla stessa maniera. Draco fra tutti fissava il padrino con una vena di timore, Hermione era apprensiva proprio come la preside, mentre Harry, Ginny, Ron ed Eli avevano lo stesso identico sorriso di fiera approvazione.
«Durante l’ultimo scontro con Fenrir Greyback di qualche giorno fa, il professor Lupin, nonostante fosse in forma animale e indebolito dalla pozione antilupo, ha lottato per difenderci rischiando la vita e guadagnandone ferite da cui si sta ancora riprendendo.» iniziò l’uomo, la voce calma e profonda, seria. «Durante tale scontro anche io sono stato ferito da Greyback. Per la precisione, mi ha morso.»
Nella sala grande calò un silenzio di tomba, in cui il vicepreside proseguì indisturbato.
«Abbiamo dunque la certezza, o quasi, che il 28 dicembre anche io finirò col trasformarmi al sorgere della luna piena. Né a me né al professor Lupin l’idea di vivere con questa condizione piace, ve lo posso garantire. Tuttavia non possiamo fare altro che andare avanti e cercare di vivere al meglio, continuando a insegnarvi ciò che sappiamo, anche con il disturbo di un paio di giorni di assenza al mese.» Fece per risedersi, ma prima aggiunse, stizzito: «Ah, Jenkins. La mancanza di rispetto verso il direttore della casa di Grifondoro le varrà tre sabati in punizione con me.»
Il ragazzino di Serpeverde era ormai così rosso in faccia che avrebbe fatto pendant con la divisa di Grifondoro.
Nel silenzio generale, mentre il professore tornava al suo posto e la McGonagall si schiariva la gola, una ragazza del sesto di Tassorosso parlò dopo aver sventolato timidamente la mano.
«Ehm, mi scusi signora preside, ma quindi possiamo alzarci e cambiare posto anche ora, volendo?»
La McGonagall tornò a sorridere e la sala grande si rianimò di chiacchiere eccitate. C’era chi guardava Snape e Lupin con maggior timore di prima, chi con ammirazione e rispetto.
Sotto il tavolo, non visti grazie al lungo drappo della tovaglia natalizia, Remus e Severus cercarono le rispettive mani in una stretta nervosa.
«Sì, signorina Clarke. Potete e anzi vi invito a farlo, così da farvi servire la colazione nel vostro nuovo posto. Su, coraggio.» li spronò la preside, sebbene non sembrasse completamente entusiasta del cambiamento.
Clarke si alzò con uno squittio entusiasta e con una corsetta raggiunse un’amica al tavolo di Corvonero che la accolse eccitata, facendole spazio accanto a sé.
Sebbene un po’ timidamente, diverse sedie vennero spostate. Qualcuno raggiunse gli amici, qualcun altro il fidanzato o la fidanzata, ed entro dieci minuti una trentina di studenti si erano spostati e chiacchieravano di buon umore. L’unico tavolo a cui nessuno andò a sedersi e da cui nessuno si alzò fu quello di Serpeverde. Harry e Draco si guardavano incerti dalla distanza.
«Va da lui, avanti. Sta praticamente cercando di evocarti lì con gli occhi.» Ron spronò l’amico tirandogli una gomitata gentile.
Al tavolo di Serpeverde invece fu Zabini ad accostarsi a Draco, che era tornato a sedersi accanto a lui e Nott.
«Vai, tanto ormai che hai da perdere? Sono tutti scioccati per Snape.» lo provocò con un sussurro ironico.
Pansy osservò la scena con un disgusto palpabile come buona parte dei suoi compagni. Anche Kelly White, che inizialmente aveva puntato un bimbetto di Tassorosso con aria tentata, aveva subito cambiato registro al vedere la reazione della ragazza più grande, provvedendo a copiarne postura e smorfia.
Quando tutti si accorsero che i Serpeverde erano stati esclusi dal peculiare gemellaggio, cadde un silenzio strano. Tutti guardavano i verdeargento, inclusi i docenti e la preside, con aria incerta.
«Avanti.» bofonchiò Hagrid.
Harry e Draco si alzarono nello stesso momento dopo un piccolo cenno d’intesa. Si mossero insieme andando uno incontro all’altro. Non raggiunsero i rispettivi tavoli però. Si fermarono a quello di Tassorosso nel mezzo e si sedettero uno di fronte all’altro, accolti subito dai commenti entusiasti dei gialloneri. Fu a quel punto che un paio di Tassorosso si alzarono dopo un breve confabulare e andarono in massa al tavolo mezzo vuoto di Serpeverde.
Il bimbo che Kelly aveva puntato prima le sorrise raggiante mentre si sedeva accanto a lei e la facciata indignata della bimba si sciolse lentamente. Sotto gli occhi curiosi di tutti, i Tassorosso iniziarono lentamente a rompere le fila dei Serpeverde: uno dei battitori della squadra giallonero si conquistò il posto accanto al portiere verdeargento con un paio di complimenti sulle parate del loro ultimo incontro. Una coppia di sorelle del quinto e settimo si sistemarono in mezzo allo sparuto gruppo del primo e secondo anno. Un corpulento ragazzone del settimo invece, puntò una quasi altrettanto robusta coetanea, sorridendole affabile mentre le spiegava che prima si fossero seduti e prima avrebbero iniziato a mangiare.
Fu poi il turno di Luna e Ginny, che andarono a piazzarsi, la prima accanto e l’altra di fronte, ad un allibito Theodore Nott.
«Oh, è davvero stupendo vedere la sala grande da questa angolazione, non ci ero mai stata.» commentò Luna deliziata, manco fosse la prima volta che ammirava l’architettura del castello.
Ginny rivolse a Theodore un sorriso sardonico, più di sfida che amichevole.
«Sono una purosangue, Nott. Puoi sforzarti di mangiare al mio stesso tavolo e magari farmi anche un mezzo sorriso, avanti.» lo provocò.
Il ragazzo la fissò a metà fra indignato e stordito, poi abbassò lo sguardo al proprio piatto e si chiuse dietro un broncio malmostoso che fece ridacchiare la rossa.
Quando finalmente le tavolate furono un po’ più eterogenee, la preside sorrise più serenamente.
«Molto bene. Ovviamente senza fare troppo trambusto, potrete cambiare posto ogni giorno come preferite. Ed ora, buon appetito a tutti.» annunciò, sancendo di fatto l’inizio della colazione.
Quando il cibo apparve fra i tavoli, perfettamente porzionato per i nuovi curiosi equilibri di studenti, una parte dei malumori vennero sedati dalla premura di mettersi finalmente qualcosa nello stomaco.
Gli studenti che si erano spostati per primi sembravano tutti particolarmente contenti, ma anche molti di coloro che non si erano mossi accolsero la novità con un fermento positivo.
Harry e Draco mangiarono in silenzio, cercando di trattenere i sorrisini beoti ogni volta che i loro sguardi si incrociavano.






Qualche giorno dopo l’annuncio della peculiare iniziativa di gemellaggio fra le case, il numero di studenti che aveva cambiato postazione a tavola era cresciuto esponenzialmente. La tavolata di Serpeverde era una fra le meno frequentate, ma i Tassorosso sembravano aver fatto una missione personale il fargli compagnia. Erano anche gli unici ad aver visitato la loro sala comune a parte Harry, Luna e Ginny. La rossa sembrava trovare particolarmente divertente dare bonariamente il tormento a Nott, che dopo i primi giorni di broncio e tentativi di scacciarla si era arreso ad averla seduta di fronte almeno un pasto al giorno.
Al pranzo della domenica infatti, Ginny aveva occupato il posto di fronte a Theodore, riuscendo a strappargli persino qualche chiacchiera svogliata ed esasperata. Il suo umore non era mai migliorato dall’infelice incontro col padre di giorni prima.
A porre fine alle torture della Grifondoro verso il ragazzo arrivò a fine pranzo Snape. Era accompagnato da Draco, che aveva recuperato pochi attimi prima dalla tavolata di Corvonero dove si era seduto in compagnia di Harry. Nessuno dei due aveva ancora osato sedersi alle rispettive tavolate.
«Nott, vieni con me per favore.» lo richiamò serio.
Il ragazzo si alzò di buon grado, lasciando Ginny con un broncio insoddisfatto e giusto un grugnito come cenno di commiato, prima di seguire il pozionista e Draco.
Attraversarono la sala grande sotto gli occhi curiosi di diversi compagni, poi una volta fuori nel corridoio Snape anticipò ogni quesito.
«Draco, vai di sotto nel mio studio. Nott verrà con me nell’ufficio della preside.»
«C’è qualcosa che non va?» chiese il biondo, apprensivo.
«No, anzi.» ammise Severus facendogli cenno di sbrigarsi.
«Va bene, professore.»
Nott non disse niente, si limitò a seguire il vicepreside lungo le varie scalinate e fu ancora una volta l’uomo a parlare.
«Non so come prepararti a ciò che sta per succedere, Nott. Non so se sia il mio ruolo dirti alcunché per spronarti in un senso o in un altro.» spiegò incerto, mentre Theodore lo guardava sempre più perplesso.
«Di cosa si tratta?»
«Ti verrà fatta una proposta nell’ufficio della preside. Qualcosa che potrebbe aiutarti a cambiare la tua vita. Non voglio influenzarti però, dovrai decidere da te.»
Theodore, ancora più confuso di prima, guardò il docente con la fronte aggrottata.
«Qualcosa che potrebbe cambiare la mia vita?»
«Già.»
Arrivarono fino all’ufficio della preside, e prima di pronunciare la parola d’ordine Snape si rivolse al ragazzo con un'ultima occhiata serissima.
«Non dovrai decidere oggi così su due piedi. Pondera bene la tua scelta.»
«Non vuole proprio darmi alcun consiglio, signore? Forse stavolta potrei darle ascolto.» ammise, teso ma ironico.
Snape esitò, ma alla fine negò.
«Non ora. Ma mi troverai nel mio ufficio più tardi, se vorrai parlarmi.»
Nott annuì, quindi gli fece cenno di procedere, braccia incrociate e una posizione tesa, chiusa.
Quando entrò nell’ufficio della preside, vi trovò dentro solo una persona ad attenderlo.
Accomodato su una delle poltrone davanti alla scrivania della McGonagall, c’era Lucius Malfoy. Elegante e pallido come sempre, l’espressione altezzosa tornata quasi completamente ai vecchi fasti sul suo volto sbarbato.
Theodore rimase fermo sulla porta a fissare l’altro con aria confusa, mentre quello appena lo vide piegò leggermente il capo in un cenno di saluto e gli indicò col bastone da passeggio la poltrona accanto alla propria.
«Vieni qui, Theodore. Parliamo come persone civili.» spiegò mellifluo.
Nott strinse la mascella, ma lo raggiunse e si mise a sedere dove indicatogli.
«Il professor Snape ha parlato di una proposta. Mi aspettavo qualcuno del Ministero, non lei, signor Malfoy.» ammise, digrignando quasi i denti nel pronunciare il suo nome. Lo fissava con un astio attento, vivido e cocente.
«Di fatto, è una proposta quella che ho per te.» confermò l’uomo, spendendo uno dei suoi sorrisi gelidi. «Dovresti placare il tuo rancore. Sono quanto di più vicino hai ad un alleato, ora come ora.»
«Che tipo di proposta?» mormorò diffidente Nott.
«Non sei uno che si perde in convenevoli.» rise ironico Lucius. «Va bene, ti verrò incontro. Narcissa ed io siamo venuti a conoscenza dei dettagli di quanto accaduto qui ad Hogwarts nei mesi scorsi. Ed anche di quanto accaduto con tuo padre ad Azkaban, del tuo ultimo confronto con lui e le relative conseguenze.»
Theodore strinse se possibile ancora più forte l’incrocio delle braccia al petto.
«Gliel’ha riferito Draco?» sibilò, nervoso.
Lucius non negò né confermò, ma anzi continuò come non fosse stato interrotto.
«Mio padre e il tuo, come ben sai, erano profondamente legati. Non è un caso che tu sia venuto al mondo tre mesi dopo Draco. Tuo padre decise di avere te quando seppe della gravidanza di Narcissa, nella speranza di unire un giorno le nostre famiglie.»
Theodore abbassò lo sguardo e incassò un po’ il capo fra le spalle.
«Dicono abbia sofferto più la morte di Abraxas Malfoy che non quella di mia madre e che fossero profondamente uniti.»
Lucius storse leggermente il naso.
«Temo di non poterti dare conferma o smentita di questa voce, mio padre tendeva a tenermi lontano dalla sua vita privata.» spiegò, un po’ freddamente. «Sicuro è che i loro ideali fossero i medesimi, ed anche i loro metodi come educatori.» ammise con lo sguardo immoto di chi ricorda qualcosa di spiacevole troppo rapidamente. «Il progetto di un’unione matrimoniale naufragò parzialmente tuttavia, quando tu nascesti, maschio come Draco.»
«Perché parzialmente e non del tutto?» fu il turno di Theodore di storcere il naso.
«Perché entrambi desideravano degli eredi diretti del nostro sangue. Un’unione fra due uomini o due donne sarebbe stata quasi del tutto inutile, specialmente vista la carenza di bambini purosangue da adottare. Tuttavia, proprio per questa incognita, tale sentiero rimase comunque potenzialmente viabile. Per questo vi abbiamo fatti avvicinare fin da bambini e siamo stati lieti di vedere quanto andaste d’accordo.» emise un sospiro lento mentre il suo sorriso mutò in un’espressione amareggiata. «Chi l’avrebbe mai predetto, che il recente conflitto avrebbe lasciato diversi purosangue orfani.»
Theodore alzò uno sguardo allarmato verso Lucius.
«Non vorrà mica propormi … » sussurrò, con le guance velate di rosa.
Lucius tornò a sorridere con un piccolo sbuffo. Tirò fuori da una tasca del mantello un rotolo di pergamena tenuto fermo da un laccetto verde smeraldo. Disfò il nodo e gli porse il documento.
«È stata un’idea di Draco. Sei maggiorenne, puoi scegliere tu. Non così su due piedi, chiaramente, prenditi il tempo che desideri. Anche se l’ideale sarebbe che tu scegliessi prima della fine della scuola per questioni legali e organizzative.»
Theodore lesse attentamente le righe eleganti che segnavano la pergamena, gli occhi sgranati, improvvisamente fermissimo.





Nell’ufficio di Snape intanto, Draco si era accomodato alla scrivania e di fronte a lui sedeva Narcissa. La donna aveva recuperato ancora meglio di Lucius l’antica regale bellezza e compostezza. Aveva abbracciato stretto il figlio, in pochi attimi di una solitaria e intima dolcezza, prima di tornare seduti ognuno al proprio posto. 
«Papà non vuole vedermi, giusto?» fu la prima cosa che le chiese.
Narcissa gli fece un sorriso ironico.
«Temo di no, è ancora piuttosto risentito per la questione di Potter. Ogni nuova missiva che mi mandi la prima cosa che mi chiede è se stiate ancora insieme. Tuttavia è rimasto molto colpito dalla tua ultima lettera e la proposta che gli hai fatto, se la cosa andasse in porto non escluderei possa degnarsi di salutarti presto.» spiegò con leggerezza.
Draco abbassò lo sguardo a terra, con un sorriso vuoto, un po’ infelice.
«Mi dispiace che le cose non siano andate per il verso giusto. Che - io - non sia andato per il verso giusto. Se Theo accettasse sarebbe un buon rimedio, ma ad essere sincero l’ho proposto più il suo bene che per il nostro. Non avrei dovuto lasciarlo solo la prima volta: in questo modo dunque potrei stargli accanto.»
«In effetti mi hai molto stupita, pensavo quasi fossi ammattito e la lettera fosse un falso.» ammise la donna con un sorrisetto acuto.
Gli tese una mano e Draco la afferrò, confuso. 
«Non dire mai più che tu non sei “il verso giusto”, Draco. Sarebbe come insinuare che ti ho fatto e cresciuto male. Le cose sono andate nel verso più strano e sgradevole possibile, è vero, ma tu sei giusto. E sei vivo, il che è ancora più importante.»
Draco tornò a sorridere più spontaneamente, le labbra scosse da un piccolo fremito e le palpebre improvvisamente più attive.
La porta dell’ufficio si aprì, e il legittimo proprietario entrò senza troppe cerimonie mentre i due Malfoy interrompevano il contatto.
«Narcissa.» piegò il capo lui, in un saluto cortese.
«Severus.» ricambiò lei, studiandolo da cima a fondo con un’occhiata ferma, penetrante. «Hai tenuto i capelli corti.» constatò in tono compiaciuto. «Ti trovo incredibilmente bene, nonostante tutto e nonostante il bastone.» concesse.
«Potrei farne a meno, ma mi sono abituato.» ammise quello, che di fatto camminava abbastanza bene. Andò a sedersi dall’altro capo della scrivania con calma.
Draco fissava entrambi con aria tesa.
«Dimmi Severus, tu pensi che Nott accetterà?» lo interrogò la bionda.
«Dipende da quanta devozione o meno gli è rimasta verso il padre, e da quanto rancore o meno gli è rimasto verso Draco e i Malfoy. Sul primo punto mi direi ottimista, visto come l’ha scacciato Nott senior, ma un figlio deluso e ripudiato può comunque avere la sfortuna di vivere nel rimpianto.» spiegò ironico il pozionista.
«Abbiamo inserito una clausola nel documento. Potrà tenere il suo cognome, se lo desidera.» aggiunse la donna.
«Una buona idea.» confermò Snape.
Calò un breve silenzio teso, rotto poco dopo da Narcissa.
«Ho saputo del gemellaggio fra le casate.» spiegò arricciando un po’ il naso. «Ragazzi che si siedono dove vogliono, che entrano nelle sale comuni degli altri … »
«Non credere che io ne sia entusiasta.» convenne Snape. «Ma era una misura necessaria ed ho votato positivamente.»
«Necessaria? Necessaria a chi, e per cosa?» obiettò lei stizzita.
«Per i Serpeverde, Narcissa.»
La donna lo fissò accigliata, ma non lo interruppe.
«Sai che da dopo il conflitto il numero dei nostri si è praticamente dimezzato. Fra ritiri e poca voglia di farsi smistare nella casata che oggi è considerata la più infausta.»
«Perché, da quando si può scegliere dove farsi smistare?»
«A quanto pare si può.» intervenne Draco. «Harry … Potter dice che il cappello parlante gli propose Grifondoro o Serpeverde e fu lui a pregarlo di non mandarlo da noi.»
Sia il professore che sua madre lo guardarono stupiti. Narcissa poi rise.
«Un Serpeverde mancato, questa devo proprio raccontarla a Lucius. Sempre ammesso non scelga di filarsela senza di me pur di non incontrarvi.» aggiunse divertita sebbene con una punta amara sul finale. «Mi dicevi, Severus. A parte le defezioni, perché questa infelice iniziativa delle case?»
«I ragazzi di Serpeverde stavano venendo isolati, e in diverse occasioni direttamente bullizzati dai compagni.»
«Beh, meglio soli che con altri in giro fra le proprie cose.»
«No, Narcissa. Soli non è mai una buona scelta. Soli significa estinti, ghettizzati e incattiviti.» ammise l’uomo, guadagnandosi un’occhiata stupita dalla donna. «Forzarli all’interazione significa salvare loro e l’intera casata di Salazar, credimi.»
Narcissa emise un sospiro lento, sul viso pallido un’espressione poco convinta.
«E sta funzionando?»
«In parte sì. I Tassorosso sono stati i primi ad avvicinarsi, e sono quelli che stanno riuscendo a socializzare meglio. Gli altri, salvo qualche elemento, sono ancora restii. Se dicembre non dovesse bastare protrarremo l’iniziativa.»
«Mh.» mugugnò scettica la bionda. «Costringere alla vicinanza non sempre risolve i conflitti. Lucius ci ha messo tre mesi a parlarmi di nuovo eppure dormiamo nello stesso letto.»
Draco arrossì leggermente e distolse lo sguardo dalla madre, mentre Severus non si scompose.
«A volte ci può volere più tempo ma parlandosi, tendenzialmente, ci si viene quasi sempre incontro.»
Narcissa lo guardò meglio, la fronte leggermente aggrottata.
«C’è qualcosa di diverso in te. E non parlo delle migliorie estetiche. Sembri quasi più ... sereno.»
«Lo sono. In parte.» 
«Che stranezza, Severus. Avrei pensato di trovarti tutt’altro che tranquillo, visto quello che ti è successo.»
Sia il docente che Draco la guardarono confusi e lei proseguì.
«Sebbene Draco si sia opportunamente scordato di raccontarci quel dettaglio, la voce su di te e la tua nuova … condizione, è circolata in fretta.» ammise senza celare una smorfia disgustata alla parola condizione. «Per questo mi aspettavo di trovarti in uno stato mentale addirittura peggiore di come ti avevo lasciato mesi fa al San Mungo.» Fece una piccolissima pausa, prese un respiro lento.
«Tuttavia hai salvato la vita di Draco ben più di una volta, quindi se tu stai meglio, me ne rallegro.» concesse, un po’ freddamente.
Snape agganciò con due dita l’orlo della manica sinistra, la abbassò fino al gomito e mostrò l’avambraccio alla donna. C’erano ancora le orrende cicatrici del morso di Greyback.
Narcissa sgranò gli occhi.
«Dov’è il marchio nero?»
«Fra le zanne di Greyback, suppongo.» spiegò ironico mentre riabbassava la manica. «Abbiamo ipotizzato possa essere stato cancellato dalla nuova maledizione. Da quando è scomparso mi sento un peso in meno sul cuore.»
Draco si passò nervosamente una mano sull’avambraccio e prima che Narcissa potesse richiamarlo lo fece il vicepreside.
«Draco. Il tuo marchio è lì da poco, non l’hai quasi mai usato, non ci hai mai creduto davvero, non l’hai mai voluto davvero, e ora è inattivo. Il peso che avrà su di te sarà il peso che vorrai dargli tu. Poco più che una sgradevole cicatrice, se lo vorrai.»
Draco guardò con apprensione l’uomo, poi sua madre.
«La penso alla stessa maniera.» confermò infatti lei.
Il ragazzo non sembrava molto convinto. Espirò con più forza e ammise:
«Quando sono solo e non ho niente con cui distrarmi, come la notte prima di dormire o la mattina al risveglio, ho dei pensieri orribili, delle sensazioni sgradevoli. A volte lo sento pesante, questo braccio. A volte mi sembra di sentire il marchio pizzicare, ma è solo una sensazione brevissima, come il ricordo di un dolore.» rialzò lo sguardo verso la madre, e ammorbidì di poco l’espressione, in un mezzo sorriso. «Quando sono con te e papà, con Severus o con Harry, però, tutto passa e mi scordo di averlo.»
Narcissa tornò a tendere una mano al figlio in cerca della sua più vicina. Gli strinse le dita in un tocco discreto, composto.
«Non hai nominato Zabini, Parkinson né Nott nel tuo elenco. Loro non migliorano questa tua condizione?»
«Un po’.» ammise il biondo. «Con loro ho la sensazione di aver incrinato per sempre il nostro rapporto. In particolare con Theodore.»
«I rapporti si possono aggiustare, Draco.» intervenne Severus. «Credimi, anche quelli in cui ci si è fatto davvero molto male.»
Il ragazzo chiuse gli occhi per qualche secondo e annuì.
«Pensate che Theo accetterà la proposta?»
Snape storse la bocca, in una smorfia incerta.
«Lo convinceremo, vedrai.» dichiarò Narcissa. «Sono certa che Lucius riuscirà a persuaderlo. Hanno molte cose in comune, lui e Theodore: cresciuti come figli unici da un padre solitario e sgradevole. Ha qualcosa in comune anche con me, in fin dei conti. Non ci è mai piaciuto schierarci. Lo faremo ragionare e gli faremo capire che è principalmente per il suo bene. Inoltre per te è un bel sacrificio, Draco. Chissà che non accetti proprio per farti scontare l’averlo abbandonato.» concluse, con un sorriso ironico.
Anche Draco tornò a sorridere, per quanto ancora segnato dall’ansia.
L’attesa di notizie da Lucius si protrasse per poco ancora. Tempo di bere una tazza di tè, e l’uomo bussò alla porta.
Quando Malfoy senior aprì l’uscio dell’ufficio di Snape diede un’occhiata all’interno. Appena si rese conto che la moglie era in compagnia di Snape e Draco fece una smorfia seccata e uscì, limitandosi a dire:
«Andiamo a casa, Narcissa.» mentre tornava a camminare lungo il corridoio.
La bionda non fece in tempo a rispondergli ed alzarsi, che Draco scattò via dalla sedia e corse fuori.
Lucius fissò il figlio interdetto e spiazzato, quando se lo ritrovò allacciato addosso in un abbraccio così stretto da far male.
«Draco, cosa diamine … » borbottò in imbarazzo. 
Narcissa e Snape uscirono un attimo dopo, la prima sorrise divertita a quella scena, il secondo si limitò a incassare un’occhiata storta di Lucius e guardarsi attorno. Il corridoio era deserto a parte loro.
Draco non disse niente, rimase fermo e zitto con la testa contro il suo petto e gli occhi chiusi.
Sebbene teso e impacciato, l’uomo gli posò una mano su una spalla, ma non lo scacciò.
«Speri che si risolverà tutto così, Draco? Che con un semplice abbraccio possa dimenticarmi all’improvviso della tua vergognosa scelta in fatto di frequentazioni?»
«Perché no, padre?» mormorò dolente il ragazzo. Rialzò il capo e finalmente allentò la presa lasciandolo andare. Tuttavia gli tenne una mano aggrappata al mantello. «Perché deve essere tutto così complicato e doloroso? E se non avessimo tempo per i lunghi rancori?» aggiunse, ansioso.
Lucius aggrottò la fronte, la mano ancora saldamente posata sulla spalla del figlio ebbe una sorta di piccolo spasmo.
«Cosa vuol dire? Perché non dovremmo avere tempo?» mormorò.
«C’ero anch'io fra quelli che Greyback voleva ammazzare oltre ad Harry, Severus e gli altri. Due complici sono ancora in libertà e chissà quanti altri ci detestano, a questo mondo. Non siamo fuori pericolo, padre.»
La mascella di Lucius si contrasse sensibilmente.
«Draco, soldi e fama a parte l’unico vantaggio che hai nel tenerti accanto Potter è la sua forza come mago. Usalo e fatti proteggere come si deve, a costo di usare lui e tutti i suoi amichetti come scudo.»
Draco gli sorrise amaramente.
«E se ti dicessi che sono io a dover e voler proteggere lui?»
Lucius non celò una smorfia irritata.
«Ti direi che ti sei definitivamente mangiato ogni buon senso.» sibilò. «Ma dato che non sembri voler tornare alla ragione beh, immagino di non poter fare niente di più se non manifestarti il mio disappunto per il resto della nostra vita.» concluse, nervoso ma rassegnato. Ritrasse quindi la mano dalla spalla del figlio, dandogli un colpetto leggero col dorso delle dita come a spazzare via qualcosa a mezz’aria.
Draco lasciò andare la mantella del padre con una certa riluttanza e annuì, sebbene il suo sorriso fosse di poco meno amaro. Rassegnato, ma presente.
«Dimmi di Theodore, ha già deciso?» lo interrogò dunque con urgenza.
L’uomo si scordò rapidamente del moto di rabbia e gli sorrise soddisfatto.
«Sì. Ha avuto i suoi dubbi e qualche esitazione, ma alla fine ha detto di sì e firmato oggi stesso.»
Narcissa si accostò a figlio e marito con un sorriso strano, un po’ confuso ma egualmente soddisfatto.
«Che cognome sceglierà?» chiese la donna.
«Terrà entrambi, ma ufficialmente ha scelto Malfoy.»
Narcissa posò una carezza fra le scapole di Draco, che sembrava condividere la sua stordita soddisfazione.
«Non pensavo avrei perso lo status di figlio unico alla mia età.» mormorò, cercando Severus con uno sguardo incredulo.
Snape lo ricambiò con un sorriso sarcastico, quindi sbuffò e si allontanò dopo un vago cenno di saluto che solo madre e figlio si degnarono di ricambiare.
   
 
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