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Autore: Gatto1967    29/01/2024    2 recensioni
Un giorno Candy incontra un bellissimo principe... Chi sarà mai?
Subito dopo un maggiordomo di una ricca e nobile famiglia le fa una proposta...
E invece NO!!!
Come sarebbe a dire "NO"? Questo è l'inizio della storia di Candy Candy come la conosciamo tutti. Che razza di storia sarebbe senza questi due eventi fondamentali che danno il "La" a tutte le sfighe della nostra bionda eroina?
Semplice: è la storia di Miss Candy, la direttrice della Casa di Pony.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Jane Brighton sedeva nel suo salottino privato sorseggiando nervosamente il suo tè. 
-Signora Houston.- disse rivolgendosi ad una corpulenta cameriera di mezza età -È rientrata mia figlia?-
-Sì signora, proprio pochi minuti fa. Credo sia andata in camera sua.-
-Può andarla a chiamare per cortesia?-
-Certo signora, vado subito.-

Poco dopo Annie Brighton entrava nel salottino privato di sua madre.
-Grazie signora Houston, ci lasci sole e chiuda la porta per cortesia.-
-Certo signora.-
Annie si sedette davanti a sua madre, con la stessa aria di una bambina in attesa di una ramanzina.
-Dove sei stata?-
-Sono uscita mamma. Sono andata semplicemente a fare una passeggiata con le mie amiche.-
-Quali amiche? E dove?-
-Mamma non stai esagerando? Ho ventitre anni!-
-Certo, una ragazza della tua età ha pur sempre diritto di uscire di casa e avere le sue frequentazioni, ma non di buttare via la sua vita!-
-Di cosa stai parlando mamma?-
-Del tuo vizio del gioco! Di questo sto parlando!-
-Andiamo mamma! È vero: qualche volta ho giocato a poker con le mie amiche ma niente di più! Non ci giochiamo certo i capitali di famiglia, e non lo facciamo neanche così spesso!-
Jane Brighton si alzò e aprì un cassetto di una credenza alle sue spalle. Prese alcuni fogli che per poco non sbatté in faccia alla figlia.
Annie prese quei fogli e li lesse rapidamente, assumendo l’aria di una bambina colta con le mani nel sacco.
-Mamma, posso spiegarti!-
-Come me li spieghi questi ammanchi? Ogni mese prelevi dal tuo conto svariate centinaia di dollari! Dove sono quei soldi? Che ne fai?-
-Mamma… io…-
-Quei soldi dovevano costituire la tua dote! E tu che diavolo ne fai? Li butti sul tavolo verde!-
-Non è così mamma! Chi te le dice queste cose?-
-Ho le mie fonti non preoccuparti…-
-Me le immagino le tue fonti: Sarah e Iriza Legan! O magari le buone dame di carità!-
-Se dici che le mie fonti sono inaffidabili, allora dammi tu un’altra spiegazione!-
Annie apparve in imbarazzo sotto lo sguardo inquisitorio di sua madre.
-Se non sai darmi spiegazioni non mi lasci alternative: da oggi il tuo conto è bloccato. Non potrai più disporre di quei soldi, finché non avrai dimostrato di aver messo la testa a posto!-
Annie si alzò e senza dire niente si avviò verso la porta del salottino.
-Non ho ancora finito con te!-
-Che altro c’è?!!!-
-Da quando ti sei lasciata con Archie non ti riconosco più! Posso anche capire che tu ci sia rimasta male, è capitato a tutti di avere delle delusioni nella vita, ma questo non ti giustifica!-
-Mamma: io e Archie non siamo mai stati insieme! Eravamo amici e io mi ero costruita un po’ troppi castelli in aria, niente di più.-
-Va bene, mettiamo che sia così. Ma da quando non vi frequentate più non sei più la stessa. D’accordo: tu ti eri innamorata e lui non ricambiava. Succedono queste cose!-
-E come faceva a ricambiarmi? Lui non sapeva niente di me! Non sapeva neanche da dove vengo e chi sono veramente!-
-Dunque si tratta di questo! Del fatto che per il tuo bene ti ho sempre fatto nascondere le tue origini.-
-Quali origini mamma? IO SONO UN’ORFANA!- disse scandendo bene queste ultime parole. -Io non ho origini. Sono stata abbandonata da neonata davanti a un orfanotrofio e tu mi hai costretta a vergognarmi di questo, come se fosse una colpa!-
Jane tirò uno schiaffone alla figlia che la squadrò con uno sguardo che non le aveva mai visto prima. Poi Annie prese la sua rabbia e se ne andò dal salottino senza degnare sua madre d’uno sguardo.
Rimasta sola Jane si portò la mano al volto e si mise a piangere.

-Ho qualche notizia sulla nostra bionda direttrice di orfanotrofi dallo schiaffo facile.- disse Iriza Legan a suo fratello mentre sorseggiavano un tè nello studio che quest’ultimo aveva nella residenza dei Legan a Chicago.
-Andiamo Iriza… che vuoi che mi importi di quella pezzente. Prima o poi metteremo le mani sul suo orfanotrofio. Non vorrai mica perdere tempo a vendicarti di quello schiaffo!-
-Quella bionda è ancora a Chicago e alloggia alla pensione di Patricia O’Brien e di sua nonna, ricordi?-
-Sì che mi ricordo di lei, ma cosa fa quella pezzente ancora a Chicago? È passata una settimana da quando ci ha fatto quella scenata in banca.-
-Questo non lo so, ma non vorrei che stesse cercando un modo di salvare la sua casa di mocciosi pezzenti come lei.-
-E come? Le buone dame di carità non potranno aiutarla per sempre.-
-Forse sta cercando altri finanziatori, o forse vuole far scoppiare uno scandalo contro di noi.-
-La seconda ipotesi non mi preoccupa più di tanto, ma la prima sarebbe seccante. Vorrebbe dire rinunciare a un affare che per noi potrebbe essere molto redditizio. Con poche migliorie quell’edificio potrebbe essere  trasformato in una villa di gran lusso. 
Iriza: devi cercare di saperne di più.-
-Non hai considerato l’idea di pagare a Miss… Candy il giusto valore per quella casa?-
-Assolutamente no! Il nostro guadagno diminuirebbe sensibilmente, e poi è una questione di principio.-
-Già…- sogghignò perfidamente Iriza Legan assaporando la vendetta per l’umiliazione subita da quella biondina.

William Albert Andrew distolse a fatica lo sguardo dalla fotografia di sua sorella RoseMary e di suo nipote Anthony quando era molto piccolo. Purtroppo erano entrambi morti da molti anni, e tenere la loro fotografia sulla scrivania gli dava più dolore che consolazione. 
Approfittò del fatto di essere solo nel suo ufficio, per alzarsi e andare alla finestra.
Da quella posizione il suo sguardo poteva spaziare ben oltre gli angusti edifici di Chicago, e intravedere l’azzurro del lago Michigan stagliarsi in lontananza fino a unirsi al cielo.
Sospirò.
Quella visione lo fece sentire ancora di più quello che non avrebbe mai voluto diventare: un capitalista burocrate e potente che tuttavia viveva prigioniero di quattro stupide pareti.
Lui, che aveva visto gli aperti spazi delle savane africane, che aveva attraversato a piedi l’intera Europa, ora viveva la sua vita chiuso in quel dannato ufficio.
Sospirò prima di tornare alla sua scrivania.
Qualcuno bussò alla sua porta.
-Avanti- disse lui con rassegnazione, ed entrò l’efficiente signora Higgins, la sua segretaria, o meglio una delle sue segretarie.
-Signor Andrew, le ho portato la sua corrispondenza.-
-Grazie signora Higgins, lasci pure lì. Adesso vorrei chiederle di fissarmi alcuni appuntamenti di lavoro per la prossima settimana. Può accomodarsi?-

In capo a un paio d’ore William Andrew e l’efficiente signora Higgins sbrigarono il lavoro che avevano da fare, e la matura segretaria si alzò.
-Comincio subito a fare le telefonate signor Andrew.-
Poi quando fu uscita il giovane manager buttò l’occhio sulla corrispondenza che la Higgins aveva lasciato lì, corrispondenza a cui si assommava quella ancora inevasa dei giorni precedenti.
Pazienza, si disse, cominciamo a smaltire queste scartoffie.

Si era fatta quasi sera quando l’attenzione di William fu attratta dall’ultima lettera. La aprì intenzionato a scorrerla velocemente e a sbrigare qualunque incombenza legata a quella lettera all’indomani.
La lettera veniva dal circolo delle dame di carità. Già in passato aveva avuto a che fare con quel circolo, sovvenzionando le cause perorate da quelle donne, ed era curioso di saperne di più.
Cominciò a leggere quella lettera, e ad un certo punto inarcò gli occhi in segno di palese disapprovazione.

Suor Anna era sfinita. Nonostante la sua giovane età sentiva la fatica di quel lavoro immane che ormai da una decina di giorni pesava tutto sulle sue spalle. Badare a ventiquattro bambini scalmanati non era proprio un lavoro rilassante.
E dopo aver passato l’intera giornata a rincorrerli, portarli a scuola, cucinare per loro, badare a loro, ecc. ecc. ecc. ora dopo averli finalmente messi a nanna trovò assolutamente invitante l’idea di andarsene a letto.
Passò prima nell’ufficio di Candy per controllare che qualcuno di quei bambini non vi fosse andato a far danni.
-Bene, sembra tutto a posto.- poi notò la lettera sulla scrivania, l’aveva portata quella mattina il signor Marsh e lei non aveva avuto tempo di leggerla.
-Potrebbe essere importante.- disse fra sé -La leggerò a letto.-

Sdraiata sul suo letto, dopo aver recitato le sue canoniche preghiere, Anna aprì la lettera.
-Ma è di Candy!-
Poi cominciò a leggerla.
-Oh Santo cielo!- disse dopo averla letta lasciandosi cadere sul cuscino -Rischio di stare da sola per un mese!
Speriamo almeno che serva a qualcosa…- 

Flanny Hamilton usciva dall’ospedale Santa Johanna dopo avervi svolto il turno notturno. Non vedeva l’ora di arrivare a casa e mettersi a dormire fino al giorno dopo se ci fosse riuscita, quella notte era stata particolarmente impegnativa.
Mentre camminava sul marciapiede diretta verso la stazione, Flanny passò davanti alla filiale della Banca di Chicago dove anche lei teneva i suoi pochi soldi. Stanca e con la testa rivolta chissà dove, non si avvide dell’uomo elegantemente vestito che la urtò facendola cadere a terra.
-Mi scusi signorina!- disse il giovane uomo biondo chinandosi su di lei -Si è fatta male?-
-Oh no signore, tutto bene non si preoccupi.-
-Sono mortificato signorina.- aggiunse l’uomo aiutandola a rialzarsi.
-Oh non si preoccupi, ero io ad essere distratta.-
-Ma… lei è la signorina Hamilton!-
-Ci conosciamo signore?-
-Certo, non si ricorda di me? Sono il paziente della stanza numero zero! Qualche anno fa fui ricoverato al Santa Johanna per un’amnesia.-
-Certo che mi ricordo di lei signore! Fu poco prima che partissi per l’Europa.-
-Lei è stata in Europa signorina Hamilton?-
-Sì certo, sono stata crocerossina in Francia per un anno, poco dopo che lei fu ricoverato nel nostro ospedale. Sono contenta di vedere che si è ripreso signor…-
-Andrew signorina. Il mio nome è William Albert Andrew.-
-Caspita! Lei è un membro della famiglia Andrew?-
-Sì signorina.- disse William Andrew con un sorriso triste -Ora devo salutarla, ma prima vorrei ringraziarla.-
-Ringraziare… me?-
-Certo signorina. A suo tempo lei fu gentile con me.-
-Facevo solo il mio lavoro.- rispose lei sbrigativamente prima di riprendere la sua strada.
-E meno male che ti ho ringraziata.- si disse William prima di riprendere la sua strada in direzione della filiale della banca da lui presieduta.

-Ciao zio William!- disse Neal nel vedere l’illustre parente entrare nella sua stanza. -Non mi aspettavo una tua visita, ma accomodati prego! Dico alla segretaria di portarci una tazza di caffè, ma tu intanto siediti.-
Poco dopo Neal e William sorseggiavano il loro caffè.
-Devo dire che sono davvero sorpreso di questa tua visita zio, non pensavo che il direttore della Banca di Chicago trovasse il tempo di far visita a un semplice direttore di filiale.-
-Non è una visita di cortesia Neal. Come hai detto giustamente tu non avrei il tempo per visite ai parenti in orario di lavoro.-
-Bene.- disse Neal prima di mandare giù l’ultimo sorso del suo caffè. -Ti ascolto allora.-
-Nei giorni scorsi ho avuto modo di verificare i conti delle principali filiali della nostra banca, e nei conti di questa filiale c’è qualcosa che non quadra come dovrebbe.-
-Sì, so di cosa parli. Un paio di finanziamenti non stanno rientrando nei tempi previsti, e si tratta di finanziamenti importanti. I nostri clienti comunque mi hanno rassicurato che presto si metteranno in regola con i pagamenti.-
-A quei clienti hai concesso condizioni molto flessibili e generose, decisamente non in linea con le nostre “Policy” aziendali. Quei finanziamenti non mi sembrano coperti da garanzie solide e affidabili.-
-È un rischio calcolato zio. Quei clienti sanno come far fruttare il denaro credi a me.-
-A me risulta che Johnson e Dickart siano due speculatori specializzati in operazioni finanziarie “allegre” e prive di basi solide. Inoltre si vocifera che siano in rapporti con la malavita di Chicago.-
-Sono solo voci prive di fondamento zio. Tutte le indagini su di loro hanno dato esito negativo.-
-Ciò non toglie che siano personaggi discutibili.-
-Zio, fidati di me.-
William squadrò severamente il parente, non ne aveva mai avuto molta stima, ma in quel momento gli trasmise una sensazione di sporco, di viscido. Decisamente non era all’altezza del suo genitore.
Raymond Legan era stato sì un amministratore severo ma integerrimo e al di sopra di ogni sospetto.
-Va bene, attendo ulteriori verifiche. Ora vorrei parlare con te di un’altra questione.-
-Ti ascolto.-
-Ho ricevuto una segnalazione su una nostra cliente, la direttrice di un orfanotrofio nell’Indiana, una certa Candice White…-
-Ah sì! Quella troglodita… non puoi immaginarti che scenata ha fatto proprio in questo ufficio. Ha addirittura dato uno schiaffo a Iriza!-
-Mi risulta che sia una cliente affidabile, che ha sempre saldato puntualmente le rate del prestito che tuo padre le concesse qualche anno fa. Di recente ha avuto un po’ di difficoltà con un paio di rate.-
-Sì certo, e qualche giorno fa ha sistemato tutto, non vedo dove sia il problema.-
-Il problema è che tu hai minacciato di pignorarle la casa dove vive con i suoi bambini.-
-Un atto dovuto zio, sai bene che una banca non è un istituto di beneficenza, noi dobbiamo far quadrare i conti.-
-Con Johnson e Dickart sei molto più flessibile.-
-Johnson e Dickart sono clienti molto più importanti di quella stracciona e dei suoi puzzolenti orfanelli…-
Era troppo! William si alzò in piedi battendo i pugni sul tavolo di Neal
-Adesso ascoltami bene Neal! Tu convocherai subito Miss Candice White e le proporrai una rinegoziazione dei termini delle rate che deve ancora saldare. Nel frattempo io ordinerò una revisione dei conti di questa filiale e se scoprirò qualcosa di irregolare stai pur certo che a quella poltrona siederà qualcun altro!
Sono stato chiaro?-
Neal rimase talmente sconcertato da quella reazione da non avere neanche la forza di parlare. Si limitò ad annuire: non era davvero il caso di contrariare lo zio William.
Senza altre parole William uscì dalla stanza.
Rimasto solo Neal ebbe un gesto di stizza.

Quella stessa sera Neal raccontò tutto a sua sorella.
-Avresti dovuto essere più cauto Neal. Sai bene che lo zio William è molto sensibile a certi temi, chiamare “puzzolenti” gli orfanelli di Miss “schiaffo facile” è stato come sventolare un drappo rosso davanti a un toro. E adesso rischiano di venir fuori i nostri traffici con Johnson e Dickart.-
-Per quello non c’è problema. I bilanci possono essere truccati, le cifre stornate e i buchi riappianati, almeno in parte, ma ci vuole tempo.-
-Bisognerebbe levare di mezzo lo zio William, almeno per un po’.-
-Che diavolo intendi fare Iriza?!!!- chiese Neal atterrito dalle parole della sorella.
-Tranquillo, ho detto per un po’, mica per sempre! Non vogliamo certo far del male al nostro beneamato zio, ma soprattutto non vogliamo che cambino gli equilibri al vertice della Banca di Chicago! Non in questo momento almeno, non siamo ancora pronti a scalzare gli Andrew dalla dirigenza della banca.-
-E allora…- Neal sudava freddo, sua sorella lo inquietava.
-Lascia fare a me. Risolverò entrambe le questioni: quella dei casini della tua filiale e quella della biondina…-
-Ma vada al diavolo Miss Candy o come diavolo si chiama!-
-Lo farà, non preoccuparti, ma ci serve anche lei…-
 
   
 
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