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Autore: The_Divine_Fool    06/02/2024    0 recensioni
«Questo tizio mi ha salvato da una roccia gigante…» si vantò Obito, cingendo il Ninja Copiatore intorno al collo con il braccio. «In pratica è innamorato di me.»
Universo nel quale Obito non è "morto" e la broship definitiva ha avuto inizio.
Genere: Comico, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kakashi Hatake, Obito Uchiha
Note: AU, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto, Naruto Shippuuden
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A poco a poco, Kakashi riuscì a rimettere insieme i pensieri e a dar loro un senso.

Stava lottando ancora contro il ricordo degli ultimi dieci minuti; nonostante gli sforzi, non riusciva proprio a comprendere cosa fosse successo e così, alla fine, si era arreso e aveva accettato l’evidenza: lui e il suo cervello erano due perfetti sconosciuti.

L'imbrunire scendeva in modo strano sulla città: era come un respiro caldo, un odore denso e pregno del tanfo dei tombini, dei fumi oleosi degli scarichi, degli aromi di qualche bar aperto alle tre di notte e dell'inquinamento dei veicoli. La puzza si alzava dal cemento delle strade, si appoggiava alla sua lingua e rimaneva lì, indesiderata.

Un autobus raggiunse il capolinea e si fermò in fondo all’isolato con un fischio. Kakashi ascoltò il rilascio lento dell'idraulica. Alcuni motori rombavano in lontananza, probabilmente taxi che andavano in giro per il distretto dei bar. Ogni tanto una moto ruggiva. Ogni folata di vento faceva ticchettare le tettorie di Konoha e foglie nere cadevano sulle strade disegnando spirali.

Una foschia autunnale si era adagiata sugli edifici più alti, intrappolando le lanterne dei demoni in una vera e propria ragnatela di nebbia. I lampioni si spegnevano nelle tarde ore della notte, ma le lanterne rimanevano accese, non curanti dell'orario; fluttuavano come pescherecci in un mare grigio. Risplendevano intermittenti e dorate, una luce abbastanza intensa da attirare le anime fino alla baia.

Nessuno in città era ben informato sui fantasmi, ma tutti sapevano che erano attratti da un particolare tipo di ombra: quella che c'è in uno specchio rotto, o sotto ai ponti, nei ghetti, nei cimiteri e nei pozzi abbandonati, in ogni buco profondo della società. La maggior parte dei fantasmi vagavano nei boschi fuori dalla città, ma alcuni si insinuavano dentro le mura. Occasionalmente, aumentavano di numero e con loro anche le sparizioni di bambini. A quel punto, la Polizia Militare avrebbe evocato qualche demone, l'avrebbe sigillato dentro a globi luminosi e lo avrebbe rilasciato nelle strade sotto forma di lanterna... piccoli schiavi sacrificati per curare il malessere dell'oscurità cittadina.

Ancora stordito e con i muscoli indolenziti, Kakashi continuava a tornare indietro con la mente e ripensare a come avesse fatto il suo compagno di squadra a sconvolgergli così la mente... solo due minuti prima non lo avrebbe creduto possibile. Stava ancora cercando di formulare un pensiero razionale quando la voce di Obito spazzò via il baccano della città e calò su di lui come una tenda pesante che segnava l'inizio di un nuovo atto.

Obito. Il nome gli riemerse nella mente. A Obito piace la mia spada. Obito vuole di più. Kakashi strinse gli occhi, pigro ma con una vena di orgoglio. Nulla avrebbe potuto sconfiggerlo ora.

«Kakashi?»

Poi si ricordò che il suo compagno di squadra gli aveva fatto una domanda. «Uhh...»

Il Ninja Copiatore chiuse la bocca. Lontano, nella stanza a fianco, il suo terzo livello di coscienza si premette una mano sulla fronte, sconsolato. Kakashi si schiarì la gola e deglutì. Il processo produsse un minuscolo mhm dal fondo della gola che involontariamente rispose alla domanda.

«Davvero?» Obito fece un ghigno da rospo a bocca chiusa. «Fico.»

Non sapeva se Obito era solo onesto e ingenuo o semplicemente noncurante nei confronti di qualsiasi regola o standard sociale. Tutto ciò che Kakashi sapeva era che, fosse stato per lui, avrebbe posto fine a quella farsa noiosa la prima volta nella quale Obito era entrato nel suo letto (se solo avesse avuto le palle di seguirlo attraverso quella cazzo di porta.) Invece aveva preferito scegliere la sicurezza; fin da quando aveva cinque anni aveva iniziato a ergere un muro per proteggersi e creare forzatamente uno spazio tra lui e gli altri. Anche tra lui e i suoi amici più vicini. E persino dopo tutte quelle notti passate al suo fianco in ospedale, stava ancora mantenendo inconsciamente uno spazio fra lui e il suo compagno di squadra.

«Ho davvero bisogno di bere qualcosa però prima,» disse di nuovo Obito. La sua voce da ragazzo a volte lo coglieva di sorpresa, come se fosse qualcosa di completamente nuovo. Kakashi non capiva come potesse essere diventato così rude se da ragazzino era sempre stato così goffo. Ma di nuovo, nell'ultima mezzora erano accadute molte cose inaspettate, cose decisamente senza precedenti: per esempio, Kakashi non avrebbe mai pensato che a Obito piacesse ingoiare. Ma a quanto pareva non era una persona che si curava di quel genere di cose: a Obito non interessava cosa si faceva di solito, o cosa era più giusto fare in certe situazioni. Kakashi capì allora che avrebbe semplicemente dovuto smettere di fare delle supposizioni sul suo compagno. In battaglia era abituato a cercare di prevedere le mosse degli altri, ma ora avrebbe voluto mettere a tacere il fottuto soldato in lui. Almeno fino all'alba.

Obito alzò di nuovo i fianchi. C'era del divertimento nel suo tono, qualcosa nei suoi occhi che lo faceva assomigliare a uno spettro che scrutava un viaggiatore dagli alberi.

Quando si alzò, Kakashi scivolò all'indietro nelle coperte. «Faccio il tè,» disse Obito. «Torno subito.»

«Io… rollo qualcosa da fumare,» disse Kakashi. Avrebbe preferito che non gli fosse uscito così sgarbato e improvviso.

L'Uchiha tirò su con il naso mentre si alzò. «Ch, va bene.» Alzandosi, si spinse una mano sulle mutande per alleviare la pressione della sua erezione, poi sembrò pensare a qualcosa. Qualsiasi cosa fosse, lo fece piegare per afferrare Kakashi con la mano libera. Obito lo toccò sotto alla mascella e fece percorrere al pollice la cicatrice sotto al suo occhio. Il suo occhio.

«Perché lo tieni sempre coperto?»

«Non più. Una volta lo facevo.»

«Ma perché?»

Mi prosciuga il chakra. I segreti sono un vantaggio in battaglia. Non voglio farlo vedere agli altri. Kakashi pensò a un sacco di motivi, sentendosi stanco e distratto e chiedendosi perché il suo compagno avesse voluto fare quella discussione tenendosi il cazzo con la mano.

«Era l'ultima parte rimasta di te, credo. Volevo nasconderla dal resto del mondo.»

«Ma-an.» Obito si inginocchiò, allontanandosi. «Sei innamorato di me.»

Il suo ghigno sparì quando Kakashi non lo negò. La mano lasciò i suoi shorts, come se gli fosse passata improvvisamente la voglia, e dopo un momento tirò di nuovo su con il naso. «Dai, smettila.»

Kakashi sentì la schiena irrigidirsi per la scocciatura. «Perché vi comportate tutti allo stesso modo? È così

Avrebbe voluto prenderlo per le orecchie di nuovo, affondarci le dita e lasciargli dei ricordi a mezza luna sulla pelle. «Io ti amo,» sbraitò con ancora la confusione in testa.

Obito batté le palpebre, guardò a terra, e batté le palpebre di nuovo. «Io, uh, vado a bere qualcosa.»

E se ne andò.

Un'altra lanterna dei demoni volò sotto alla finestra della camera da letto. Da qualche parte nel cortile, cinque piani più sotto, uno scooter elettrico si avviò con un rumore inconfondibile.

Kakashi odiava le dinamiche della società degli shinobi, odiava il bisogno di costruirsi una reputazione. Un tempo non se ne curava molto, ma adesso odiava quanta importanza avessero assunto per lui: le voci, le storie, le scommesse che si diffondevano sempre più nei rank. Tutta quella roba serviva solo a tenerti per la gola, colpire alle spalle e lanciare pietre... era un modo che i superiori usavano per raggirare la realtà, per tenere buoni i loro sottoposti mentre cercavano un nuovo arrivato da mettere sotto.

Con Kakashi non c'erano andati giù leggeri, e pensandoci era stata tutta…

Tutta colpa sua.

Anche lui era pieno di storie e bugie, forse anche peggiori di quelle di tutti loro messi insieme. E Obito non avrebbe dovuto essere coinvolto. Non avrebbe dovuto esserlo.

«Sicuro che non vuoi… K? Che succede?» Obito inciampò e sibilò sulla soglia della porta. «Cristo santo!» Abbassò la tazza fumante sul pavimento con concentrazione. Si asciugò la mano sui pantaloncini e tornò nelle lenzuola. «Cosa cazzo...?»

Non finì la domanda, ma si avvicinò e lo abbracciò. Kakashi si mise una mano sulla faccia, chiedendosi vagamente cosa cazzo stesse mandando il suo compagno di squadra nel panico.

Inspirarono insieme. Il petto nudo di Obito si schiacciò contro il suo e fu tutto quello che Kakashi avrebbe potuto desiderare... era semplicemente patetico che avesse dovuto piangere per ottenerlo.

«Nah, avanti, non fare così,» bisbigliò il suo compagno di squadra. Obito probabilmente non aveva mai confortato nessuno in tutta la sua vita, ma alcune persone sono semplicemente portate per questo genere di cose.

Dopo un po', parlò di nuovo. «Mi dispiace, bello. È che è davvero troppo per me. E so che non funzionano così queste cose generalmente, ma... un avvertimento sarebbe stato gradito.»

Kakashi sorrise debolmente.

«Dio,» Obito imprecò a bassa voce. «Sei sexy anche quando piangi.» Gli passò le mani sulla schiena e se lo portò di nuovo in braccio.

Kakashi si mise contro di lui... gli piegò una mano dietro al collo e provò a memorizzare la grana degli spessi capelli sotto le dita, l'odore della sua pelle, il mormorio del suo battito del cuore. Ogni persona è una società, e ogni società ha i suoi anfratti bui... l'oscurità può insinuarsi al suo interno, sempre.

Sembrò passare molto tempo prima che parlassero di nuovo.

«Meglio?»

«Hm

«K-dot» mormorò Obito in risposta.

«Um» Kakashi si spostò. La mancanza di contatto visivo era rilassante. Mise il mento sulla sua spalla per cercare di mettersi comodo. «Non ho mai condiviso il mio oceano di lacrime con nessuno prima d'ora.»

Un leggero prurito gli infastidì l'occhio, e se lo strofinò. Obito scivolò sul sedere e spinse le gambe in su una alla volta. Se il silenzio si fosse protratto ancora, Kakashi avrebbe dato di matto e, era strano dirlo e anche solo a pensarlo, non c'era modo di tornare indietro ormai.

Una paura simile alla vertigine si posizionò fra le sue orecchie e iniziò a girare dietro ai suoi occhi.

Il polpastrello del pollice di Obito tornò sulla sua cicatrice, passando sull'incavo sotto al suo occhio. Kakashi sentì il freddo delle lacrime.

«Non ti ho dato molta scelta quella volta, eh?»

«Non devi…» Kakashi fece una pausa per deglutire. Non avrebbe più pianto, ma la nausea gli stava facendo contrarre la gola. «Non devi sentirti in colpa.»

«Un po' sì,» disse Obito passando il dito sul sopracciglio dove la cicatrice lo spezzava. «A volte mi sento in colpa. C'è un sacco di gente che ci vuole morti per via di questi occhi. Perché non ci ho pensato prima di dartelo?»

«Stavi morendo.»

Obito sorrise in un modo che fece sobbalzare il cuore di Kakashi, e scostò la mano. «Funziona così.»

Funziona così? Funziona che il desiderio insensato di avvicinarsi a qualcuno finisca con un'automutilazione che mette a rischio la vita della persona alla quale tenevi? Sì, anche Kakashi lo sapeva bene. Obito portava sulla sua pelle il prezzo delle sue azioni e Kakashi, beh, il suo cervello assomigliava all'uovo strapazzato che mangiava a colazione.

Per tutto quel tempo, fra loro due, era stato lui a essere un fottuto rottame. Il suo compagno invece aveva gestito la cosa in modo davvero straordinario.

Kakashi si sentì improvvisamente in colpa per avergli messo tutta quella pressione, ma non sapeva come fare per chiedergli scusa. E ora era lì che cercava di avvicinarsi di nuovo a lui. «Io, uh, non ho rollato nulla.»

«Non fa niente,» disse Obito. Infilò la mano alla tasca e gli porse uno spinello accartocciato.

Kakashi prese e lo raddrizzò un po'. «Questo era per il tuo allenamento di oggi pomeriggio.»

«Io, uh...» Obito fece una pausa, avvicinando le sopracciglia come se stesse tenendo in mano qualcosa di delicato. «Volevo fumarlo con te.»

Kakashi si distrasse mentre lo accendeva e sentì la pelle scottare.

Quando le mani del suo compagno si posizionarono sui suoi fianchi, Kakashi fece quasi cadere quella dannata carta. «Sei pieno di lividi,» mormorò Obito.

Kakashi fece due tiri mentre il sangue gli andò tutto in faccia e fluì via lentamente.

«Oh,» disse l'Uchiha ridacchiando. «Te li ho fatti io prima, vero?»

Dio, come fa questo idiota a essere un così imbarazzante a volte?

«Scusa. Non sapevo fosse così facile lasciarteli.»

Ora Kakashi voleva davvero picchiarlo.

«Ehi, Kashi,» continuò Obito dopo aver accettato lo spinello. Alcune nuvole di fumo fragrante e soffice si alzarono fra loro. Kakashi si svegliò dalla sua trance. Non perché gli era stato richiesto, ma perché il suo compagno non lo aveva mai chiamato così, ed era suonato stranamente impersonale.

Obito aspirò profondamente e poi fissò lo spinello ardente fra le sue dita. Il fumo gli uscì dalle narici. «Pensi mai a quel ragazzino?»

«Quale ragazzino?»

«Quello di Minato.»

«Che cosa esattamente?»

«Chissà se si stanno prendendo cura di lui... è il figlio di un tizio importante, è il bambino che ha salvato il mondo ninja, quindi gli staranno dando un'occhiata, no?»

«Non ci ho mai pensato davvero, ma sì, ha senso.»

«Già.» Obito espirò e passò lo spinello a Kakashi. «Dovremmo controllare, però.»

Kakashi alzò le spalle. «Okay.» Si mise sulle ginocchia, raggiunse le labbra del suo compagno e le inondò di fumo.

«Agh,» Obito borbottò e si spostò di lato.

«Aspira.»

«Sì, okay!» tossì, «ma dammi un segnale prima. Cazzo.»

«L'ho appena fatto.»

La seconda volta che le loro bocche si incontrarono, Obito ingoiò il fumo e lo lasciò uscire dal naso. Kakashi colse l'occasione per alzare la mano libera e correggere l'angolo. Le loro labbra si toccarono appena, un piccolo aumento di temperatura rispetto a quella della stanza, ma la sensazione era stata così soddisfacente che Kakashi la cercò ancora e ancora. I gesti d’affetto che riusciva a estorcere al suo compagno di stanza lo lasciava febbricitante: i suoi pensieri si spargevano sulla pelle di Obito e ritornavano nella sua testa con un po' di frustrazione e incompletezza. Kakashi gemette.

«Ehi, attento a dove metti quella dannata cosa.»

«Oh.»

Kakashi si mise seduto, si leccò il pollice e batté la cenere rimanente nella tazza di Obito.

«Sai cosa stiamo per fare?»

«Conosco le basi,» rispose Obito, scorbutico. Gli occhi danzarono, come se fosse rimasto per un momento sopraffatto.

«Incoraggiante.»

«Sei tu quello che voleva stare insieme a me.»

«Mi hai baciato tu per primo.»

«Cosa!?» Le narici di Obito si allargarono. «Sai che non è vero. Sei tu che hai iniziato... con i tuoi nei e le tue cose lasciate intendere!»

Beh, questo non è proprio corretto, pensò Kakashi. Tecnicamente, era stato Obito a chiedere di stare insieme e anche lui lasciava intendere cose. Lo stava facendo anche ora... ora che Kakashi era sotto di lui, seminudo e scompigliato. Gli mise i palmi sul petto. Ormai aveva deciso: avrebbero scopato quella notte, non importava come o chi avrebbe fatto cosa. Lo spinse indietro fino a quando Obito non fu sdraiato.

Il fumo si sparse lasciando tracce sulla sua pelle, una pressione senza peso, un tocco senza calore. La texture sulla lingua gli ricordò l'aria che riempiva della dimensione tascabile di Obito.

Una lanterna dei demoni si affacciò pigra alla finestra e la sua luce dorata si sparse sul pavimento. Giocò sui fianchi del suo compagno e sulle particelle di fumo intorno a loro. Sembravano seduti sul fondo di una clessidra, improvvisamente circondati da dune dorate.

Basta un istante, pensò Kakashi, per andarsene per sempre.

Forse sarebbe stato meglio se avesse mostrato a Obito come si faceva.

«Ehi, cosa stai...»

«Sta zitto un momento,» gli disse Kakashi. «Hai avuto il tuo turno.»

Obito si zittì, ma la sua espressione parlava chiaramente.

Non c'era nessuna logica nel pattern delle cicatrici di Obito, ma Kakashi riusciva a riconoscere alcuni punti nei quali le ferite e le ustioni dei fulmini assumevano forme. Alcune erano simili a costellazioni, archi contorti che ricordavano grandi onde e una luna crescente, altri sembravano occhi intarsiati nel petto. Obito era come un arazzo di guerra e Kakashi, strafatto, pensò assomigliasse a una pergamena dei demoni.

«Quando ce ne andremo da qui?»

Kakashi bofonchiò passando le mani sulle scanalature sui suoi fianchi.

«Intendo, quando ce ne andiamo da questo condominio merdoso?»

«Quando vuoi.» Kakashi si abbassò e assaporò il centro dello stomaco di Obito. «Sono andato a vedere qualche posto.»

«Davvero? Perché non me lo hai detto?»

Kakashi si mise seduto sulle ginocchia e chiuse un occhio. «”Ho bisogno di recuperare gli altri, K,”» lo scimmiottò, «”non ho tempo per giocare. Gli Uchiha non dormono. Si allenano duramente, diventano forti, cento ore a settimana...”»

Obito stava per protestare, ma Kakashi lo zittì. «”Non esco, Kakashi, è quasi l'ora di andare a piangere sul mio vaso di terra...”»

«Stronzo!» sibilò Obito. In quell'esatto momento si capovolse, girò le anche e scaraventò Kakashi nelle lenzuola. Ma quando iniziò a posizionarsi sopra di lui, Kakashi usò la presa di Obito sotto alle sue ginocchia per controbilanciare e invertire di nuovo la posizione.

«Che senso ha fare tutti quei push-up...» disse, ansimante, contro il collo di Obito e passandoci la lingua. «Se pecchi comunque in delicatezza?»

 



 

   
 
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