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Autore: Padme Undomiel    18/02/2024    0 recensioni
[Soulmate!AU]
Miyako ha sempre avuto due grandi convinzioni, fin da quando ricorda. La prima: non c’è dono più grande, al mondo, di avere un’anima gemella che ti aspetta da qualche parte, e un modo per riconoscerla. La seconda: se sai come cercarla, dovresti iniziare a farlo senza indugiare.
Chissà perché, allora, la vita si diverte a cercare di disintegrare le sue convinzioni come se non fossero altro che castelli di sabbia.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Miyako Inoue/Yolei
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Against the rules



 
9.

 
 
 
 



"Io non me la bevo", dice Miyako rompendo il silenzio.
Il vento sembra essersi placato, ora. E' una sensazione strana: è come se il giardino intero in ogni singolo filo d'erba, in ogni singola foglia stesse trattenendo il fiato, osservando con placida curiosità quei due ragazzi in yukata seduti l'uno accanto all'altra sulla panchina, accanto al lampione. E' come se loro due fossero stati accettati, come se non potesse esistere un posto più adeguato per loro dove sostare e raccontarsi.
Ken si volta di scatto, come risvegliandosi da un sogno troppo vivido. "Non te la bevi", ripete.
"No."
Lo vede aprire le braccia, con la sicurezza di chi ha parlato per quelle che sembrano ore, e sul suo viso compare un sorriso spiazzato. "Ho paura che dovrai essere più specifica."
Beh, ha ragione, accidenti. Ma figurarsi se potrebbe mai dargliela vinta in un momento simile.
"Ti sei convinto per anni di una cosa che non ha alcun senso!" Esclama Miyako. "Tu mi hai salvato, hai detto. Giusto?"
E' curioso che Ken riesca ad arrossire ancora dopo la confessione a cuore aperto che le ha appena fatto.
"Giusto", conferma.
"Bene, non è vero!" Conclude Miyako.
Ken aggrotta le sopracciglia. Sembra di colpo l'espressione confusa di un bambino che non sa dove ha sbagliato, ed è tenerissimo a vedersi, ma Miyako non ha tempo per questo adesso: sta cercando di risolvere una questione importante.
"Perché dici così?" Le domanda Ken a voce bassa.
"Senti, ormai conosco questo tipo di meccanismi." Miyako si posiziona meglio sulla panchina, voltandosi verso Ken tanto che le loro gambe quasi si toccano. Lo sa che entrambi se ne sono accorti, nello stesso momento. Nessuno dei due si muove dalla posizione. "Tu non ti riconosci mai uno straccio di merito personale. Ottieni qualcosa di bello? E' fortuna. Risolvi un problema? Chiunque avrebbe potuto farlo. Qualcuno ti vuole bene? D'altronde i masochisti esistono a questo mondo..."
"Esistono per davvero, non dovresti essere scettica", ribatte Ken. Le labbra si sono di nuovo incurvate in un sorriso, quasi senza che lui lo volesse.
Miyako lo fulmina. "Sei stato zitto per secoli, proprio ora devi metterti a parlare?"
"Comincio a pensare che forse avrei fatto meglio a tacere", commenta Ken ironicamente. Eppure c'è una certa mestizia nel modo in cui solleva il capo a guardare le stelle sopra le loro teste: come se non stesse scherzando, non fino in fondo. Come se si stesse chiedendo, ancora una volta, se per caso non ha rovinato tutto.
E' davvero così facile, per lui, pensare di essere sbagliato. La consapevolezza ferisce Miyako.
"Ma lo vedi che lo hai fatto di nuovo?" Geme, disperata. "Ken-kun, è proprio questo che intendo! Tu non ti rendi proprio conto di quanto tu sia importante e speciale. Quello che mi hai raccontato..."
Tutto quel dolore, quella solitudine, quello smarrimento. Quella disperata ricerca di un posto dove stare, di un proprio ruolo nel mondo, di rapporti autentici.
Come si fa a sopportare una sofferenza simile? Miyako sarebbe impazzita. Solo a pensarci ora si sente il cuore pesante come un macigno, stracolmo di emozioni che ancora non trovano un ordine.
"Non hai idea di che regalo tu mi abbia fatto", dice infine. "Ho sperato ogni giorno che mi avresti parlato, ma non che ti fidassi di me fino a questo punto. Questo va oltre ogni previsione, anche le più ottimistiche. Non riesco a capire se si tratti di un coraggio infinito o di una voglia tremenda di parlare di queste cose con qualcuno..."
"O di un tempismo particolarmente sfavorevole?" Tenta Ken.
"Ma per piacere! Un tempismo del genere è molto romantico."
Ken si immobilizza, Miyako si rende conto troppo tardi di quel che ha detto. Arrossisce, distoglie lo sguardo, finge di avere il pieno controllo di quel che dice.
"Comunque io non ho salvato proprio nessuno", continua ostinatamente.
"Invece sì", dice piano Ken.
"Invece no!" Miyako torna a guardarlo, infervorata. "Tutto quello che hai fatto, tutto quello che hai ottenuto, dipende da te! Sei tu che hai saputo tirarti fuori da quell'inferno. Tu hai sfidato te stesso e le tue paure per cercare di stringere legami forti con gli altri, con i tuoi genitori in primis. Tu hai fatto tutto... tu, e Daisuke e Hikari-chan, casomai. Io non ho fatto proprio nulla, e al massimo il mio ruolo è quello della comparsa caotica. Una specie di elemento di disturbo, insomma. O addirittura assumo il ruolo del cattivo - non ne esco molto bene dalla tua storia, no?"
Ken sembra restarci di sasso. "Ma ..."
"Dai, pensaci! Ti ho fatto soffrire come un cane. La tua storia è piena di momenti in cui ci ho fatto la figura della scema o dell'odiosa, nemmeno in grado di parlarti per mezzo secondo. E sono la tua anima gemella! Neanche se mi fossi impegnata avrei potuto comportarmi in modo più stupido. Dovrai riconoscermi una certa abilità nel fare teatrini, non nel salvare - ma si può sapere perché sospiri?"
“Perché non sono riuscito a farti capire.” Ken sta scuotendo lentamente la testa, come se non potesse capacitarsi di aver trasmesso un messaggio totalmente opposto a quel che lui desiderava.
“Guarda che ho capito benissimo, semplicemente credo che tu ti stia arrampicando sugli-”
“Miyako-san.” Ken fa il suo nome, e Miyako si zittisce di colpo.
Non l’ha mai sentito chiamarla per nome prima di stasera, e l’enormità di questa conspevolezza le fa girare la testa.
Settimane e settimane a leggerlo su un display, a immaginare. A chiedersi che intonazione avrebbe usato, che suono avrebbe avuto quel semplice paio di sillabe sulle sue labbra.
Ora, ogni volta che succede le sembra naturale, e dolce, e intimo, e Ken è la sua anima gemella.
E ora i suoi occhi sono nuovamente incastrati in quelli di lei, e Miyako può leggervi, finalmente, qualsiasi cosa.
Quanto l’ha cercata, e quanto l’ha aspettata. Quanto ha cercato di meritarla, quanto ha cercato di proteggerla.
Quanto lei è importante per lui.
Poi lo sguardo di lui si posa sul polso destro di lei.
Esita. “Posso…?” Chiede, una mano porta che non ha il coraggio di schiudersi completamente.
Non ha bisogno di finire la frase.
Miyako allunga il braccio verso di lui, le dita che tremano appena.
Ken le prende il polso con una delicatezza tale che a stento sente le sue dita chiudersi attorno ad esso – ma il calore lo sente eccome, come lo ha sempre sentito, più di quanto lo abbia mai sentito.
Miyako si accorge, distrattamente, di star respirando appena. Ma non ha tempo per minuzie simili.
Perché Ken sta leggendo le sue Parole, le ciglia lunghe che gli accarezzano gli zigomi, l’emozione che sembra accumularsi nella piega delle sue labbra, con la stessa espressione di una persona che assista a un miracolo.
E’ così bello, ora, che il cuore di Miyako le fa quasi male.
“Incredibile”, lo sente sussurrare. Poi solleva il capo, e i suoi occhi brillano di una gioia inesprimibile.
Miyako non si è mai sentita così nuda.
Ken la guarda per un lungo momento, gli occhi azzurri che si fanno distanti.
“Ho pensato a lungo a quel … periodo buio”, dice poi. “Tanto a lungo da sentirmi la testa fumare. Mi sono chiesto per anni cosa stessi cercando, in realtà … di cosa avessi così disperatamente bisogno. Non volevo davvero essere un genio, volevo solo… poter essere me stesso, ricevere amore così com’ero. Ma sentivo di non poterlo ottenere, così ho indossato una maschera, credendo di vincere una partita col mondo … in realtà ingabbiandomi in una vita fasulla. Intrappolandomi in una rabbia che nessuno riusciva a vedere, e che pensavo seriamente avrebbe finito per incenerirmi. Ero terrorizzato dall’intensità di quella rabbia, che non trovava sfogo, che si mangiava il mio dolore, la mia solitudine e il mio senso di colpa come fosse un mostro degli inferi a cui avevo venduto la mia anima in cambio di una pace fittizia. Forse quello che volevo davvero … era qualcuno che riuscisse a vedere la mia rabbia. Qualcuno che mi fermasse, che mi rimproverasse, che mi costringesse a rompere la mia maschera.”
Le sorride appena, e in quel sorriso c’è ogni parola che sta per pronunciare.
“Tu sei stata l’unica”, continua. “Mi hai smascherato. Hai odiato quella facciata che, dopotutto, odiavo anche io. Sei stata la prima a dirmi che ero marcio, che non potevo ingannare gli altri e me stesso facilmente come credevo. E… ti prego di non pensare che io sia masochista sul serio, ma ne avevo disperatamente bisogno. Perché senza quelle Parole, non avrei avuto il coraggio di cambiare. Non ci sarebbe stato Daisuke, non ci sarebbe stata Yagami-san, e per i miei genitori avrei continuato ad essere un estraneo. Non avrei saputo accettare i doni che la vita aveva da offrire, se tu non mi avessi mostrato quanto è facile vivere nei propri panni senza paura.”
La guarda, e il suo viso ritorna serio, più sincero che mai.
“Tu mi hai salvato davvero, Miyako-san”, bisbiglia. “Per favore, credimi.”
“E’ solo che mi sento uno schifo”, balbetta Miyako in risposta.
Questa volta Ken ha proprio la faccia sconcertata di chi considera le proprie parole un gas nervino sganciato a tradimento sui civili. “Eh?”
“Avrei voluto starti accanto!" Miyako, a malincuore, si libera dalla delicata presa di Ken sul suo polso. "Mi si spezza il cuore a pensarti soffrire in quel modo per anni, senza nessuno con cui parlare. Ti scrivevi la pancia, santo cielo! Mi viene da piangere solo a pensarci!"
"Non ne vado particolarmente fiero. Miyako-san..."
"No no no. Niente Miyako-san questa volta." Miyako, in preda all'agitazione, si alza in piedi. Anche senza occhiali si rende conto che l'espressione di Ken cambia di colpo a vederla allontanarsi. Questo rende solo le cose peggiori. "Lo so, non sei stato da solo in ogni caso, e dobbiamo ringraziare Daisuke e Hikari-chan per questo, ma... Avrei voluto esserci anche io."
"Ci sei ora", risponde Ken.
"Ma ora non ne hai bisogno come-"
"Ora ne ho bisogno più che mai", la interrompe Ken fermo. "Perché ora, finalmente, mi sento me stesso. Non ho bisogno di stampelle... non avrei sopportato di rendere te la mia stampella."
Miyako apre la bocca, la richiude. Si guarda intorno freneticamente, cercando di dar voce a quello che prova. Sta cercando in tutti i modi di non cedere, di non arrendersi a una spiegazione così dolce e così bella.
"Però guarda cosa ti porti sul collo da anni!" Esclama, amaramente trionfante nell'aver trovato la prova definitiva della sua inadeguatezza. Marcia verso la sua schiena, scorge la sua nuca ora coperta dai capelli, si sente sopraffatta. Forse per questo ci mette troppa forza quando, senza pensarci, allunga una mano e indica un punto imprecisato al di là dei capelli scuri del ragazzo.
“Ahi”, dice Ken.
“Sai cosa farei ora? Prenderei un bel pennarello e scriverei un Non davanti al tuo Mi fai schifo – anzi, te lo tatuerei direttamente! Se solo sapessi farlo, sta’ sicuro che lo farei!”
“Sta’ lontana dalle mie Parole”, ride Ken. “Ci ho messo sei anni ad averle.”
“Beh, bel guadagno del cavolo! Sono arrabbiata”, ammette con forza, sentendo, finalmente, di essere arrivata a toccare con mano l’emozione tumultuosa che sta provando. Toccarla non fa che costringerla a risalire il suo petto e inumidirle gli occhi, ma cosa c’è di nuovo, giusto? “Pensavo che le anime gemelle dovessero essere le prime. Nel senso, le prime oltre alla famiglia a far sentire speciali, le prime nelle esperienze importanti. E invece mi sento inutile e dannosa, vedi? Il primo che ti ha fatto sentire importante era Daisuke. Sono stata battuta da Daisuke, capisci quanto sia terribile? E invece la prima che ti ha fatto sentire amato è stata Hikari-chan. D’accordo, lei fa sentire tutti amati, è successo anche con me, ma voi due avete un rapporto speciale, no? Tu-lei- il tuo primo bacio lo hai dato a lei!
Ken si volta, strabiliato. Sembra aver appena avuto un'illuminazione alla quale non riesce a credere, non fino in fondo. "Ma... sei gelosa?"
"Certo che sono gelosa!" L'ammissione le viene fuori come una specie di strillo. "Gelosa marcia. Non credo proprio che sia uno scontro alla pari, gareggiare contro Yagami Hikari su queste cose! Lei è troppo tutto. Avrei dovuto almeno avere, che ne so, delle cartucce extra... tipo avere avuto altri tipi di esperienza finora. Invece in pratica non so neanche che significhi dare un bacio, e tu... Tu lo hai dato a lei!"
"Ah... Asp-"
"Intendiamoci: non penso affatto che non avresti dovuto farlo", lo interrompe precipitosamente. Corre a sedersi accanto a lui sulla panchina. "Hai fatto bene, probabilmente lo avrei fatto anche io al tuo posto! Anzi mi sorprende sia successo solo una volta."
"Cosa..." Nella confusione più totale, Ken arrossisce, di nuovo. "Ma che stai dicendo?"
"E' solo una cosa mia, capito? Nella mia testa farai un sacco di paragoni, e magari penserai..."
"Prima di tutto." Ken solleva una mano per fermarla, perentorio. "Credo che tu abbia frainteso. Non..." Se possibile, riesce ad arrossire ancora di più. "Non è stato un bacio chissà... quanto... beh."
"Ma non importa, perché comunque Hikari-chan-"
"... è stata la prima, sì. E allora?"
Miyako prende fiato, si ferma, si sgonfia.
"Non lo so", dice infine, sconsolata. "Ho la strana impressione di aver sbagliato qualcosa. In qualche punto, in qualche modo..."
"Solo perché ho dato il primo bacio a qualcun'altra?"
Ken la sta palesemente prendendo in giro; Miyako si acciglia, e gliene direbbe quattro, ma il sorriso di Ken la fa fermare.
Che sleale, ad essere così dolce in un momento simile.
"Non c'è proprio niente da ridere."
"Non sto ridendo."
"Bugiardo."
"Ascolta." Ken cerca in tutti i modi di mantenersi serio, così è costretto a guardare altrove, mentre cerca le parole adatte per spiegarle la verità. "Sì, io l'ho baciata. Non ne avevo neanche il diritto, ma so perché l'ho fatto, e non riesco a pentirmi di cosa sia successo. Yagami-san sarà per sempre speciale per me... in un modo che non sarò mai in grado di spiegarti, probabilmente. Ma non nel modo che pensi tu."
"Eri innamorato di lei?" Gli domanda Miyako, una stretta allo stomaco.
Non è la prima volta che gli pone una domanda del genere. E’ già successo, tempo fa, davanti ad una panchina occupata da Takeru e Hikari il giorno in cui hanno deciso di amarsi consapevolmente. E’ già successo, ma Miyako non era pronta a conoscere quella risposta, Ken a fornirgliela.
Oggi è diverso, perché oggi sono temerari abbastanza da essere pronti.
Lui torna a guardarla. "Credevo di esserlo", risponde.
"E..." Miyako stringe forte le mani tra loro. "Lo sei adesso?"
Qualcosa trema, nella sua espressione.
Allunga una mano, lentamente, e la posa sulle mani che Miyako si sta torturando. Le ferma.
Dolcemente, gliele scioglie, con attenzione e meticolosità, finché anche l'ultimo dito intrecciato non è libero. Così è alla mano di Ken che Miyako non può che aggrapparsi, stringendogliela forte.
Così che Ken non può non capire.
Quanto lo ha cercato anche lei, e quanto lo ha aspettato anche lei. Quanto ha rischiato di soffocare, trattenendo il fiato in attesa di riconoscersi nei suoi occhi. Quanto è stata dura, infine, lasciar andare quel fiato trattenuto e respirare ancora, più forte, senza fermarsi, buttando fuori l'idea che i veri cambiamenti vengano solo dall'esterno, senza incentivi, senza avanzare mai.
Quanto abbia paura, ora, nel desiderare così forte qualcosa - qualcuno.
Ken allenta la presa disperata della mano di Miyako sulla sua, ma solo per accomodarsi meglio nella sua presa - per accoglierla, avvolgerla, riscaldarla.
A Miyako piace la sua mano: vorrebbe stringergliela in eterno.
"Miyako-san", lo sente sussurrare. "Davvero non sai cosa sei tu per me?"
Che calore strano che sente dentro.
Somiglia a un fuoco incandescente che scioglie i metalli, che li forgia in forme nuove, in meravigliose opere d'arte.
"A guardarti così", sussurra a sua volta, senza fiato, "direi che è impossibile non saperlo. Ma potrei essere io, che lo voglio così tanto da sentire male. Davvero, male. Non esagero."
"Male?" Forse anche Ken è senza fiato, appena un po'. Forse è perché è vicino a lei, più vicino di quanto sia mai stato. Forse perché la vera felicità ti fa collassare i polmoni, e nessuno è mai riuscito a dirlo, perché non ha mai avuto fiato a sufficienza per farlo. "Male dove?"
"Male ovunque", risponde coraggiosamente lei. "Non credo di poterlo localizzare, il mio corpo è una specie di tutt'uno mescolato in questo momento. Succede anche a te?"
"Difficile esserne sicuri, sembra una condizione spaventosa."
"Ma se stai sorridendo con tutti gli occhi! Dimmi tu se non è un segnale palese di una condizione di organi mescolati."
Ken non può fare a meno di ridere, gli occhi bassi, la gioia sul viso. Non ha mai riso così. Non dovrebbe mai smettere di ridere così. "Dici che i dottori dovrebbero visitarci?"
"Dico che se non mi baci adesso, io potrei morire."
E la risata si spegne.
E sono di nuovo disarmati, entrambi, nel silenzio del giardino, senza più nulla a impedire loro di precipitare l'uno nell'altra.
Ken allunga la mano sinistra - la mano destra sta ancora stringendo quella di lei, naturalmente - e la posa sul suo viso, le dita che arrivano a toccarle lo spazio del collo dietro l'orecchio.
E il vento che sta tirando sarà anche freddo, ma Miyako lo sa che la sua pelle brucia.
Ken la sta guardando come non l'ha mai guardata prima: sembra voglia imparare a memoria ogni singolo millimetro del suo viso - i suoi occhi, l'attaccatura dei suoi capelli, il suo naso, le sue labbra. I suoi occhi, ancora.
Sembra stia ascoltando a fondo il momento, o forse il battito del suo cuore. Che comunque, se batte come quello di Miyako, deve fare un gran rumore.
Poter aspettare è un lusso delle persone felici, dopotutto.
"Curioso", lo sente dire, a voce così bassa che Miyako può sentirlo praticamente solo con lo stomaco. "E' la prima volta che mi togli le parole di bocca."
E poi dischiude le labbra, tira un breve respiro tremante, e i suoi occhi azzurri si posano, di nuovo, sulle labbra di lei, e Miyako va in apnea-
Quando Ken la bacia, il mondo sembra spegnere la luce.
Niente deflagrazioni, fuochi d'artificio, o roba assurda da film: solo le labbra di Ken, calde, morbide, perfettamente modellate su quelle di lei, tanto da sembrare create apposta per baciarla. Niente di più, niente di meno.
C'è poi bisogno di altro?
Quel contatto è come una carezza, la più intima che abbia mai sperimentato, e Miyako resterebbe così per sempre, se potesse: sospesa sul respiro di Ken.
Poi Ken si scosta, e Miyako apre lentamente gli occhi.
Lui ha le guance arrossate, gli occhi accesi. La guarda come se non ricordasse più come si fa a stare separati.
E' Miyako ad avvicinarsi, questa volta.
Le mani sul suo viso e nemmeno un pensiero coerente in testa, Miyako torna a baciarlo, e sente sotto le dita la sorpresa di Ken contrargli i muscoli delle guance, per un solo secondo. Prima di tornare ad abbandonarsi a lei.
Non assomigliava propriamente ad un bacio prima; non a quello che i bambini imparano a chiamare bacio, almeno. Miyako prova a muovere le labbra, appena un po', a posare piccoli baci sulle labbra di Ken, lasciando che le sue labbra le catturino dolcemente, una alla volta. Non le riesce così semplice; non con Ken che fa lo stesso, seguendo il suo esempio.
Sono scomposti, irregolari, completamente scoordinati. Non sanno come si fa: non si conoscono. Stanno solo ascoltando il respiro dell'altro, sperando che sia sufficiente.
La seconda volta che si fermano, non sono in grado di separarsi per più di pochi centimetri.
Non dura molto: giusto il tempo di un paio di respiri rarefatti.
Poi Ken torna a baciarla, labbra dischiuse e mano sui suoi capelli, e Miyako semplicemente si perde.
Incontrarsi, a metà strada, è inaspettato, e la sorpresa non fa che strizzarle ulteriormente ciò che resta delle sue viscere. Ma Ken è timido, gentile, rispettoso, così Miyako ha il tempo di accorgersi di quanto sia bello sentire il suo sapore. Di quanto sia bello che lui senta quello di lei.
Di quanto sia bello avere il potere di fermare il tempo, ancora e ancora, e costringerlo a restare incastrato tra il minuscolo spazio che ancora li separa.
Sfortunatamente, il tempo sa sempre come sgusciare via.
Sono costretti a cedere, infine, e a dargliela vinta, a corto di fiato.
Miyako appoggia la testa sul petto di Ken, lasciando che lui la abbracci delicatamente. Da quella posizione, perfettamente al sicuro, ascolta il battito dei loro cuori frenetici, osserva il giardino rifiorire, gli alberi ricrescere, il vento tornare a respirare, le stelle brillare con maggiore intensità, nella più convincente parvenza di normalità che abbia mai visto indossare al mondo.
"Ehi", dice a un tratto, senza muoversi.
"Dimmi."
"Mi sa che io e te dovremmo parlare più spesso."
Silenzio.
Poi Ken inizia a ridere, molto piano, poi sempre più forte, finché Miyako non si stanca di ascoltare quella risata crescere sotto il suo orecchio e non si unisce a lui. Ridono, senza un senso, si guardano e ridono ancora, e non riescono a smettere.
E poi Miyako torna a baciarlo. Perché è ora, proprio ora, che la gioia le sta letteralmente crepitando tutta attorno, che vuole rubare, sbirciando, l'immagine del viso di Ken mentre la bacia di rimando.
Vuole conservarla per sempre, nascosta a fondo, così a fondo dentro di sé che nessuno potrà mai trovarla.
Quell'espressione, in fondo, parla molto più di mille Parole.
E sarà per sempre solo sua.
 
***
 
02:40
Da: Tachikawa Mimi
A: Inoue Miyako
 
Hello!
Il volo extra comfort è stato piacevole... per essere un volo così lungo ovviamente. Che ora è da te? Non riesco mai a ricordarmi i fusi orari!
Volevo solo dirti che ho amato ogni momento della nostra piccola gita a Tokyo. Michael è entusiasta del Giappone e di voi, dice che già non vede l'ora di ritornare... e succederà presto, ma non così presto. Sarà pure ricco, ma purtroppo non miliardario!
E, tra parentesi, neanche io ce la farei a riprendere l'aereo a così breve distanza...
Mi mancate tanto. E' stato difficile non avervi tutti accanto durante la nostra gita, vedervi così tristi. Ma sono contenta che ci abbiate accontentati per le terme! Detto tra noi, credo che abbia fatto bene a tutti. Hai visto come sorrideva Taichi-san? Credo sia stata una vittoria farlo divertire in una situazione tanto brutta. E per una volta non me ne prendo tutto il merito! E' che passare del tempo assieme è magico, e tu lo sai bene.
Miyako-chan, lo so che lo sai, ma neanche tu sarai triste a lungo. Semplicemente non sei fatta così.
E' la cosa che mi piace più di te: una volta che sai cosa provi e cosa vuoi, non può fermarti più nessuno. Non avere paura di essere quello che sei! Sii sempre sincera con te stessa, e non avere paura di amare con tutte le tue forze.
Spero davvero che il tuo Mr Wonderful ti ricambi come ti meriti!
A proposito... qualche possibilità che si tratti di Ichijouji-kun?
Non sono riuscita a parlarci praticamente affatto durante la nostra gita, ma so quello che ho visto: quel ragazzo non ha fatto che guardarti come se non potesse esistere nient'altro di più meraviglioso al mondo. Te ne sei accorta? Non puoi non essertene accorta!
Secondo me dovresti dargli una chance. E' anche decisamente carino, cosa che non guasta mai!
Naturalmente io ESIGO di essere aggiornata su qualsiasi novità! Se non ne avrò verrò a cercarti personalmente, non importa quante ore di viaggio mi ci vorranno!
Ti voglio tanto bene,
La tua onee-sama Mimi
 
***
 
"Miyako-chan, hai finito? Guarda che arrivi tardi!"
La voce di sua madre sa essere bella squillante anche di prima mattina. Deve per forza esserlo, così può rincorrere sua figlia facilmente tra gli scaffali.
Miyako studia ancora un paio di onigiri, pensierosa, soppesandoli come se lo spazio occupato sulle sue mani potesse farla propendere per l'uno o per l'altro. "Aggiungimi un altro tuna mayo, ok?" Le grida di rimando, ficcando rapidamente l'onigiri prescelto nel piccolo carrello che porta al polso. "E- biscotti al cioccolato!"
"Miyako-chan", ripete sua madre, e questa volta la sua voce è spazientita. "Guarda che è arrivato Iori-kun."
Oh cavolo.
"Digli che ho finito!" Esclama di corsa, correndo un'ultima volta avanti e indietro nel suo scaffale preferito. Prende il suo pacco di biscotti, indugia davanti alla sezione bevande, aggiunge un'aranciata e poi una limonata. "Ho finito, ho finito!"
"Mi dispiace, è sempre stata un disastro con gli orari", sente sua madre sospirare.
"Non si preoccupi, Inoue-san", arriva, pacata, la risposta di Iori. "Ormai sono abituato ai suoi continui ritardi."
Pacata e crudele, ovviamente.
"Iori, sei cattivo!" Miyako emerge, il carrello pieno e il broncio accentuato. Afferra una busta alla cassa e inizia a mettere tutto dentro, il più rapidamente che può. "Stavo lavorando per tutti, tra qualche ora sarai più che grato che io abbia lavorato anche per te!"
“Prima di tra qualche ora c’è il problema di tra qualche minuto”, replica Iori, avvicinandosi per aiutarla a mettere i suoi acquisti – o qualcosa di simile, visto che il konbini è dei suoi – nella busta. La sua divisa scolastica è perfetta: neanche una grinza, meticolosamente stirata e ordinata. In effetti, sono rare le volte in cui lo ha visto in disordine: persino a casa sua è comodo, ma impeccabile. “Se non ci presentiamo a scuola in orario sarà un problema, lo sai.”
“E’ solo il primo giorno, cosa vuoi che succeda? Tanto, ci scommetto che saranno tutti troppo impegnati a leggere i nomi dei propri compagni di classe di quest’anno per preoccuparsi della puntualità!”
“Credo che la maggior parte delle persone sappia informarsi sulla composizione della classe e nonostante tutto essere puntuale.”
“Uffa! Saremo puntuali, vedrai!”
Iori le prende la busta senza commentare ulteriormente. “Le auguro una buona giornata, Inoue-san”, dice, rivolto verso sua madre, un inchino e un sorriso.
“Passate un buon inizio di anno scolastico, ragazzi!” Esclama la mamma. “Non correte per strada.”
“Mamma, ho preso anche un’aranciata e una limonata, ok?” Aggiunge Miyako, salutandola con la mano. “Ci vediamo per cena!”
“Ah-Miyako-chan!”
“Dai, Iori. Se usciamo ora non avremo problemi, vedrai!” Miyako si avvia a rapidi passi verso la porta del konbini, senza voltarsi ulteriormente, con la voce di sua madre, sconvolta, che la insegue: “Miyako-chan, torna qui! Fammi rivedere il polso!”
Sente Iori seguirla appena qualche istante più tardi.
La strada è piena di ragazzi in divisa scolastica, cartelle in mano e sorrisi e sbadigli, e chiacchiere energiche che sono tipiche solo del primo giorno di scuola, e dell’ultimo. Miyako sorride, dando un’occhiata ai petali di ciliegio che sono caduti dagli alberi, portati via dal vento. Gioca a scansarli, per non calpestarli.
“Credi che il tempo reggerà? Guarda che nuvoloni!” Esclama poi, guardando con preoccupazione il cielo. “Se venisse a piovere questo pomeriggio sarebbe davvero un problema… Ah! Chissà se ho portato l’ombrello.”
“Ce l’ho io eventualmente, non preoccuparti”, risponde Iori.
“Mi preoccupo invece! Lo sai che devo fermarmi un po’ più tempo a scuola oggi.” Miyako si imbroncia. “Detesto arrivare in ritardo!”
“Pensavo che il ritardo non fosse un problema per te.”
“Lo è per le cose importanti!” Ribatte Miyako. Per sbaglio finisce su un grumo di petali; il broncio si accentua.
“Ma è una cosa importante anche essere eletti presidenti del club di informatica, no?” Insiste Iori.
Miyako si ferma. “Puoi giurarci che lo è!” Esclama, con orgoglio. “E sta’ sicuro che sarò la migliore presidentessa che la scuola abbia mai visto! Ah… dopo Koushiro-san, naturalmente. Lui è decisamente inarrivabile, ma farò del mio meglio!”
“Purtroppo avere ruoli di responsabilità richiede dell’impegno in più, ma vedrai che oggi pomeriggio non ti peserà arrivare un po’ più tardi”, la rassicura Iori.
“Però non volevo perdermi neanche un minuto della partita”, si lamenta Miyako sospirando. “Ci tenevo!”
Iori la osserva un po’, con un’espressione strana.
“Sei molto carina oggi”, le dice a un tratto.
Iori è incredibile. Riesce a dire cose simili con un candore e una franchezza che farebbero impallidire qualunque timido, e arrossire qualunque ragazza che non fosse Miyako, che conosce questo ragazzo come le sue tasche. Sa che questo commento è esattamente quello che è: una verità in cui Iori crede, senza doppi fini o allusioni amorose.
Per questo Miyako lo prende così sul serio.
“Parli dell’acconciatura? Volevo provare a inaugurare il nuovo anno con qualche novità!” Miyako fa un mezzo giro su se stessa, tremendamente orgogliosa delle due piccole trecce che partono dalle tempie e sono legate insieme, dietro la testa, con un laccio rosso fiammante. “Quindi ci sto bene? Ci ho perso una mattinata!”
“Volevi inaugurare il nuovo anno”, ripete Iori. Ha di nuovo il tono scettico di chi non crede a una sola parola, ma vuol vedere fin dove il suo interlocutore può spingersi.
Miyako solleva coraggiosamente il mento, tentando di essere imperturbabile. “Che c’è? Bisogna pur festeggiare i piccoli, importanti nuovi inizi!”
“Vale lo stesso anche per il tuo polso destro?”
La risposta spavalda di Miyako le muore sulle labbra.
Lo sapeva che non l’avrebbe fatta franca ancora a lungo. Non dopo che sua mamma aveva urlato in quella maniera; non con Iori che è un cane da tartufo per qualsiasi minimo cambiamento che la riguardi.
Miyako si guarda il polso, agitandolo appena. Il bracciale di perline è strettamente legato attorno alla sua pelle, splendidamente efficiente nel coprire le sue Parole. Eppure basterebbe allentare appena il laccetto di cuoio…
Sorride, toccando le perline con le dita.
“Te l’avevo fatto vedere, questo?” Gli chiede, leggera. “Me lo ha regalato Ken-kun. E’ il braccialetto che credevo di aver perso alle terme, ti ricordi?”
“Quello che hai ritrovato prima di partire?” Iori si avvicina per osservarlo, probabilmente incuriosito dal tono che sta usando Miyako. “Non ho ben capito come avessi fatto a perderlo.”
“Oh, perché sono una distratta di prima categoria. Mi è caduto accanto ai tavoli da ping-pong e gli addetti alle pulizie lo hanno trovato il giorno dopo. Che bello spavento che ho preso!”
E che bello era stato, tornare a stringere, con le lacrime agli occhi, quel braccialetto come se possedesse un’anima che Miyako aveva rischiato di perdere. Incontrare un paio di occhi azzurri a pochi passi da lei, condividere un sorriso segreto, non aprire bocca davanti agli altri perché non serve farlo.
Perché, per una volta, non voleva altri spettatori della sua gioia se non chi gliel’aveva donata.
“E’ un bel bracciale”, commenta gentilmente Iori. E poi fa un passo indietro, e il suo sguardo sembra diversa: è come se la vedesse ora sotto una luce del tutto nuova, che mette in discussione quello che aveva sempre pensato di lei.
“Lo vedo che c’è qualcosa che è cambiato in te”, le dice, soppesando ogni parola. “E va bene se non sei ancora pronta a parlarne, non devi necessariamente dire tutto a me o a chiunque altro. E’ solo che non posso fare a meno di preoccuparmi. Nella tua testa ci sono continue esplosioni, e a volte è difficile capire se si tratti di bombe nucleari o di Big Bang… mi chiedevo di quale delle due si trattasse, questa volta.”
Miyako scoppia a ridere. “Esplosioni? Che modo assurdo di descrivere la mia testa!”
“Ti chiedo scusa, è solo che mi sembrava una metafora calzante.”
“Guarda che mi piace. Non è una cosa di cui molti potrebbero vantarsi!”
“Non ne parlavo come di un vanto…”
Miyako guarda il cielo color latte sopra la sua testa, provando ad ascoltare quello che succede dentro di sé.
“E chi dice che non possa trattarsi di entrambe le cose?” Risponde infine. Poi torna a guardarlo, sorridendo dell’espressione confusa che gli legge in faccia: sa che non ha la minima idea di cosa lei stia parlando, e probabilmente neanche lei ce l’ha. Ma perché questo dovrebbe essere un problema? “Creazione, distruzione: va bene lo stesso, purché quelle esplosioni non mi annientino del tutto. L’importante è che qualcosa continui a scoppiare… ha senso per te?”
“No”, risponde sinceramente Iori.
“Quello che intendo dire è che sto bene. Riesci a credermi?”, continua Miyako. Sono davanti scuola: il gruppo di ragazzi che si accalcano davanti ai tabelloni che segnalano la composizione delle nuove classi sono un’immagine familiare, e al tempo stesso elettrizzante. “E che sto iniziando a pensare che sono le esplosioni più intense che creano le meraviglie più incredibili… perciò non importa se il boato fa paura. Metterò un paio di cuffie con la mia musica preferita a tutto volume e aspetterò, perché so già che amerò quello che ci sarà dopo, qualunque cosa sia!”
Riconosce Aoko tra le teste accalcate, che la saluta a gran voce e la chiama. Miyako risponde vivacemente al saluto agitando la mano sopra la testa.
“Prima o poi ti racconterò tutto, promesso!” Continua, gettandogli un’occhiata di sfuggita, già presa dalla curiosità di raggiungere le sue amiche e di leggere i tabelloni. “Devo solo capirci qualcosa in più, ma appena lo farò sarai il primo a saperlo! Adesso sarà meglio – toh guarda, ma quello non è Jiro-senpai?”
“Riesco a crederti.”
“Cosa?” Chiede Miyako distrattamente, e si volta nuovamente.
E si ferma, sorpresa, di fronte al sorriso pieno di affetto di Iori.
“Riesco a crederti”, ripete. “Perché mi fido di te. So che starai bene, qualunque cosa succeda.”
E’ la prima volta che le dice una cosa simile.
Miyako corre ad abbracciarlo forte, sentendo la gola liberarsi di un nodo che non sapeva neanche di avere.
“Ti voglio bene, Iori”, gli dice, la felicità che le riscalda il cuore.
Lui la abbraccia a sua volta. “Questo non significa che non saprai dove trovarmi, se avrai bisogno di me.” Aggiunge.
“Ma lo so.” Si stacca da lui, gli sorride, inizia a camminare in direzione dei tabelloni, una mano sollevata e le guance accese di entusiasmo. “Ci vediamo dopo, non mangiate tutto prima che io arrivi!”
E corre via, lasciandolo lì ad osservare la sua schiena che si allontana, dov’è sempre stato, dove è sicura lo troverà sempre.
Il suo punto fermo, qualunque cosa succeda, pronto a guardarle le spalle, ma disposto a lasciarle combattere le sue battaglie senza intervenire.
E’ bello esplodere, se si sa che ci sarà una barriera infrangibile a contenerti.
 
***
 
Si mette a piovere, a metà mattina.
E’ una pioggerellina fitta e sottile, fastidiosa, fatta apposta per rovinare i piani organizzati da giorni.
Accidenti.
Miyako osserva fuori dalla finestra, sbirciando insistentemente l’asfalto del cortile che si scurisce, i fiori sugli alberi che sembrano ravvivare il loro colore man mano che si bagnano. Sembra che ne avrà ancora per un po’, considerando la nuvola gigante che troneggia sulla loro scuola. Ma si può ancora sperare che per l’ora di pranzo smetta, giusto?
Basterebbe anche che smettesse nel primo pomeriggio…
Incontra per caso il suo riflesso sul vetro della finestra, e un po’ si sorprende che si veda così tanto, che è impaziente. Ha ancora la penna tra le mani: non ha smesso un attimo di giocherellarci. Il quaderno, aperto sul suo banco, è palesemente immacolato, non fosse per qualche schizzetto senza significato tracciato con la matita all’angolo in basso a destra. Le lancette dell’orologio, alle sue spalle, sono ancora ferme a pochi minuti più avanti dell’ultima volta che ha controllato, nonostante sembrino passate ore.
Ma i capelli sono ancora a posto, giusto?
Se li appiattisce un po’ con le mani, tentando di capire se qualche ciuffo un po’ ribelle possa darle un’aria più sbarazzina o più trasandata. Forse non avrebbe dovuto correre per le scale, questa mattina…
All’improvviso comprare, sul vetro, il riflesso della sua professoressa di matematica, arcigna e decisamente accanto a lei, e Miyako si volta di colpo, scattando in piedi e scusandosi a voce alta, le guance rosse per essere stata beccata.
“Ti dispiace ripetere la risposta al problema che abbiamo appena svolto?” La interroga, con la soddisfazione perversa tipica dei professori più sadici: quelli perfettamente consapevoli che una risposta corretta – o persino una risposta qualunque, visto lo stato colpevole del suo quaderno immacolato- non potrebbe mai arrivare, rendendo la sventurata una perfetta candidata per una bella sfuriata di inizio anno scolastico.
Miyako annaspa, tenta disperatamente di dire una cosa qualunque, sapendo perfettamente di star solo prendendo tempo. Sta per costituirsi alla strega, mani giunte e un inchino di scusa, quando per caso volta la testa, e nota la sua nuova compagna di classe alle spalle della professoressa, quaderno aperto davanti a sé e quella che ha tutta l’aria di essere la soluzione del problema scritta a caratteri giganti. Gliela indica pure, come se non fosse abbastanza chiaro, un paio di occhi castani e furbi che fanno capolino dalle pagine del suo quaderno.
Miyako recita quel risultato con la stessa foga con la quale un uomo disarmato afferrerebbe un bastone di legno per sfuggire ad un assalto nemico.
La professoressa non sembra convinta. Un sopracciglio inarcato su quel viso decisamente troppo truccato, che la invecchia invece di ringiovanirla – come forse voleva -, si volta di scatto alle sue spalle, e per un momento Miyako suda freddo. Ma la sua salvatrice inaspettata deve essere una professionista, perché è completamente disinvolta nel tornare rapidamente con la testa china sul quaderno, l’espressione concentrata e la penna chiusa che picchietta ritmicamente contro le sue labbra. Inattaccabile.
La professoressa non sembra affatto felice nell’arrendersi, ma in mancanza di prove ritorna alla lavagna, cominciando a dettare una nuova traccia.
Miyako si sgonfia, ricadendo sulla sedia con evidente sollievo. Getta un nuovo sguardo verso la ragazza nuova, accorgendosi che la sta osservando di sottecchi. Le fa un sorriso e un occhiolino, e Miyako è sicura di aver appena trovato una nuova amica.
“Non ti conosco ma già ti adoro, lo sai?” Le dice in pausa pranzo, correndo al suo banco al primo via libera. “Già mi vedevo impalata sulla sua bacchetta tipo trofeo di guerra!”
“Ehi, ci si aiuta a vicenda in casi simili. Giusto a scopo informativo: non sono molto brava con la chimica. Sai, casomai volessi ricambiare il favore”, risponde lei con un gran sorriso. E’ davvero carina, con quei lunghi capelli castani e quella frangetta sugli occhi. “Sato Satsu. E tu sei…?”
“Inoue Miyako! Il mio nome è scritto col kanji di Kyoto, ma si legge Miyako.” Le stringe le mani in modo caloroso. “Possiamo mangiare insieme, se ti va! Così puoi insegnarmi tutti i tuoi trucchi per sfuggire all’ira dei professori!”
“Mmm. Ci sto. A patto però che tu risponda a una mia domanda.” Risponde Satsu, il mento poggiato sulla mano.
“Spara!”
Satsu la indica col dito. “Tu hai un appuntamento con qualcuno che ti piace. Dico bene?”
Miyako sussulta, colta alla sprovvista, e Satsu sorride soddisfatta.
“Ma come hai fatto, scusa?” Esclama ad alta voce. “Prima il trucchetto con la professoressa, ora questo. Hai capacità sovrannaturali o cosa?”
“Ti agitavi un sacco durante la lezione”, spiega Satsu tranquilla. “Continuavi a guardare l’orologio e la finestra, e ti aggiustavi i capelli. E hai quell’espressione.”
“Quale espressione?”
“Quella di chi non sta più nella pelle ma allo stesso tempo ha un po’ paura. In modo dolce, però. Del tipo, di chi sta mettendo in gioco tutto se stesso, sperando di essere apprezzato così come si è.”
Miyako spalanca la bocca, fissandola.
Il sorriso di Satsu si allarga. “Mi sa che ci ho preso.”
“Tu. Tu sei pericolosa.” Articola Miyako, e questa volta è lei a indicarla. “E hai capito tutto questo a un solo sguardo?!”
“Più di uno, dai.”
“Devi essere super esperta di relazioni sentimentali!”
“Oh sì. Sono praticamente una guru.” Satsu fa spallucce. “Posso vantare una lunga schiera di amori letterari, film sentimentali e shojo manga. E un numero di ragazzi pari a ben 0.”
Ci mette qualche secondo per capire che non sta parlando sul serio.
“Mi stai dicendo che non hai avuto neanche un ragazzo?” Esclama ancora Miyako, sempre più incredula. “Mi stai prendendo in giro! Come sarebbe possibile? Sei così carina!”
“Sono un sacco esigente, è questa la verità.” Satsu fa un sospiro. “Comunque stai cambiando argomento. Allora?”
E poi la guarda, in attesa, con un sorriso incoraggiante.
“Bene! Hai vinto.” Miyako si arrende, aprendo le braccia. “Però non ci hai preso del tutto. Non sto andando a incontrare il ragazzo che mi piace.”
C’è un momento in cui esita, sfiorandosi il bracciale di perline che porta al polso. Ma Satsu è ancora un’estranea: non la conosce affatto, non sa tutto quello che ha combinato per via delle Parole e delle anime gemelle.
E, in fondo, non vedeva l’ora di poterlo rivelare a qualcuno in modo sicuro.
Così si drizza, si illumina, e con entusiasmo misto a una strana nota tremolante annuncia: “Si tratta della mia anima gemella!”
Satsu fa un buffo saltello sulla sedia.
“Conosci la tua anima gemella?” Le chiede, gli occhi brillanti.
“Ebbene sì. E bada bene che ho l’anima gemella più speciale di tutte!” Miyako sente il sorriso affiorarle prepotentemente sulle labbra.
“Oddio, che cosa romantica!” Satsu si sporge verso di lei vivacemente. “E dimmi, l’hai trovata da poco?”
“Pochissimo!”
“E ora state uscendo assieme!”
“Beh…” Il sorriso di Miyako si spegne, lasciando spazio a una smorfia. “A dire il vero, non lo vedo da qualche giorno. Da quando si è rivelato a me, insomma!”
“Come mai?” Le chiede Satsu.
La smorfia di Miyako si fa sconsolata. “Non lo so!” Esclama.
Satsu sbatte le palpebre più volte. “Mi sa che mi sto perdendo”, ammette.
“E’ che lui è stato impegnato, io ho dovuto aiutare col konbini… insomma, in realtà non ho idea del motivo per cui non ci siamo visti in questi giorni”, esplode Miyako, iniziando a parlare a tutta velocità. “Non che non volessi vederlo, ma è tutto così confuso… mi sentivo al settimo cielo, ma allo stesso tempo avevo il cuore così stretto che mi faceva male! E poi sono praticamente inappetente, riesci a crederci? Ho lasciato una fetta di cheesecake a metà l’altroieri! Non ho mai lasciato una fetta di torta in vita mia. E’ che lui mi scrive mail, e io vado in confusione totale, e gli dico che non vedo l’ora di rivederlo, e lui mi dice che succederà presto, e doveva chiedermi di uscire prima nonostante gli impegni!”
“Credo che dovresti respirare, ora”, ride Satsu.
Miyako respira profondamente, come se dovesse andare sott’acqua. Espirare, in ogni caso, non le serve a granché: non si sente affatto calma.
“Credi che potrei morire prima di oggi pomeriggio?” Le domanda supplichevole.
“E’ probabile, ma vedrai che sopravviverai. Hai resistito finora!” Risponde Satsu incoraggiante. Poi inclina la testa, osservandola con un’espressione curiosa. “Però. Non pensavo che fosse così.”
“Così come?”
“Così simile a una cotta normale. Perciò anche con le anime gemelle si può essere insensati e caotici.”
Miyako ci resta di sasso.
“Però immagino che sia comunque molto diverso da una cotta normale, giusto?” Aggiunge Satsu. “Più intenso, magari?”
“Lo è di sicuro!” Si riprende Miyako con forza, nonostante il cuore abbia preso a batterle in modo bizzarro nel petto. “Non ho mai provato niente di simile per nessuno. E me ne sono piaciuti, di ragazzi!”
“Che meraviglia dev’essere”, sospira Satsu.
“Ma tu, piuttosto!” Miyako vira decisamente verso la sua interlocutrice – un terreno più sicuro. Non ha tempo di ascoltare che sta succedendo alla sua testa impazzita, per il momento. “Non ti è mai piaciuto nessun ragazzo? O ragazza. Non sono mica schizzinosa, qualsiasi esperienza va bene!”
“Ma no.” Questa volta è Satsu a sembrare sconsolata. “Non c’è nessuno nella realtà che somigli anche solo vagamente ai personaggi tormentati e profondi che trovi nelle storie. Sono rassegnata a diventare una gattara zitella, ormai.”
“Che sciocchezza! Sicuramente ci sarà qualcuno adatto a te!”
Satsu alza le sopracciglia ironicamente. “Certo. Perché è molto facile trovare qualcuno educato, magari più maturo della sua età, con una certa tendenza al romanticismo vecchio stampo e in grado di dire cose schifosamente sdolcinate senza battere ciglio.”
“Caspita, che tipologia specifica!”
“Che posso farci, sono perfettamente allineata con le mie Parole. Scusami se ti sembro brusco e spero di non deluderti: sono la tua anima gemella, e sono onorato di conoscerti. Molto lunghe e da uomo di altri tempi, non credi?”
Miyako ride, prendendola sottobraccio mentre va a prendere il suo bento. “Ti confesso che i gentiluomini piacciono anche a me”, ammette come se fosse un segreto. “Ma sai che la tua anima gemella parla proprio come il mio migliore amico Iori? Prima o poi dovrei farvi conoscere!”
 
***
 
Succede ad appena dieci minuti dalla fine del primo incontro col club di informatica, a pomeriggio inoltrato: finalmente, miracolosamente, il cielo decide di darci un taglio con quella pioggia fastidiosa, accontentandosi di un cielo grigio topo ma creando condizioni quantomeno decenti per giocare.
Le arriva una mail quasi immediatamente, con mittente Takeru.
Stiamo iniziando adesso, abbiamo temporeggiato finora confidando nel meteo. Se vieni in fretta ti perderai pochissimo!
Miyako vola.
Saluta rapida i membri del club, blaterando ad alta voce che i presidenti hanno tante cose a cui pensare, tantissime, che richiedono calma ed energia, cose che tendon a scarseggiare dopo un primo giorno di scuola così pieno. Promette che domani sarà molto più carica e con idee super innovative – magari si potrebbe pensare a un bel jingle che funga da sigla di aperture delle attività del club? Non sarebbe una figata pazzesca?-, ma per ora batte una mano sulla spalla del vicepresidente, un tipo accigliato e serioso del primo anno per nulla felice dello scaricabarile imminente, dicendo che della conclusione dell’incontro e del verbale se ne occuperà lui, perché siamo in democrazia, avanti, tutti noi siamo elementi fondamentali di questo club! Chiede loro, sull’uscio della porta, di non pensare a niente di troppo incredibile in sua assenza, e senza neanche aspettare risposta è già corsa via.
Non passano neanche tre minuti ed è già fuori dal cancello principale.
Col senno di poi è molto felice di essersi dimenticata l’ombrello: se avesse continuato a piovere sarebbe stato un guaio, ma le gocce fredde che le cadono dagli alberi sui capelli non sono sufficienti per inzupparla. E poi con l’ombrello avrebbe solo avuto un ingombro in più, buono solo a rallentarla mentre corre.
Il campetto dista da scuola circa quindici minuti a piedi, dodici se si è veloci abbastanza.
Miyako ha deciso che ne impiegherà dieci.
Si sollevano piccole goccioline di pioggia ogni volta che mette il piede a terra, da pozzanghere troppo piccole per poter fare altro che schizzarle leggermente le calze ma profonde abbastanza per fornirle una specie di rumore cadenzato alla sua corsa, una sorta di tamburo di guerra che la sprona a tenere il passo, a non rallentare neanche per un secondo. E’ la prima volta, in tutto il giorno, in cui il corpo è finalmente coerente col suo cuore impaziente, scattante e implorante, così decide di assecondarlo. E se i capelli un po’ si sciolgono, beh, pazienza. Non ne può più di esserne schiava, e confida comunque nella tenuta dei suoi elastici.
Inoltre, ne vale la pena, giusto?
Non ha tempo di pensare, sospirare, agitarsi: anche quei pensieri la rallentano. E, in ogni caso, non appena sarà arrivata ogni cosa le sarà chiara.
Finalmente intravede il tanto sospirato campetto da calcio, proprio in sincrono con i suoi polmoni che sembrano riempiti di spilli giganti: Miyako fa un ultimo sprint, che macchia irrimediabilmente la sua calza destra e le fa pensare, per un momento molto vivido, che perderà le gambe, ma non importa, perché infine riesce a toccare con mano la rete.
Ci si aggrappa, respira affannosamente, tenta disperatamente di ritornare umana. Controlla l’orario sul suo cellulare.
“Undici minuti esatti”, esclama ansimando, per nessun altro fuorché se stessa. “Bingo!”
E’ solo allora che si rende conto di non essere sola.
Si volta di scatto, ancora senza fiato.
“Se non fosse stato per il colore dei capelli non ti avrei riconosciuta”, dice, sorridendo, una voce che non sentiva da diverso tempo. “Non sapevo potessi correre così veloce.”
Sora-san!”
Miyako si slancia ad abbracciare la sua amica, dimenticando prontamente che è quasi morta di fatica pochi secondi fa. La stringe troppo forte, tanto che la sente lamentarsi appena.
“Ops.” Miyako scioglie l’abbraccio, una risata di scusa. “E’ che non ti vedo da tanto – caspita. Anche io a stento ti riconosco! Cosa hai fatto?”
Sora arrossisce, stretta nella sua giacca beige che nasconde parte della gonnellina a quadri che indossa. Ora che ci pensa, non è anche leggermente truccata? “Diciamo che sto sperimentando un po’”, dice timidamente.
Ecco, forse questa è davvero la cosa più strana di tutte, più della gonna e persino più del trucco: Sora timida. Non le è mai successo di vederla così, ha sempre pensato che semplicemente non fosse una cosa da lei.
Già, una cosa da lei. Forse in casi come questi non esistono più solo le cose da lei. Forse c’è semplicemente tanto altro di Sora, adesso, di cui Miyako non sa proprio niente, e non crede che sia soltanto perché non si vedono da un po’. Forse è uno dei soliti scherzetti della vita, che cambia le persone anche nel giro di una manciata di secondi.
Quel che è sicuro è che non è il caso di mettersi a filosofeggiare, con un’amica insicura che la sbircia di sottecchi, le gambe leggermente strette tra loro.
“Se questo è il risultato, credo che dovresti continuare a sperimentare! Sei bellissima”, le dice in fretta, un pollice alzato a mo’ di approvazione. “Ti valorizza un sacco vestirti così! Si può sapere perché non ti ho mai vista tanto femminile?”
“Adesso inizi a parlare come Mimi-chan”, sospira Sora sconsolata.
Ah! Sapevo che questo giorno sarebbe finalmente arrivato!”
“E’ solo una gonna.” Sora se ne aggiusta le pieghe con le mani, per avere una scusa per guardare a terra. Poi però le sorride, grata. “Ma sono felice di non starmi rendendo ridicola.”
“Persone come te non si rendono mai ridicole!” Afferma sicura Miyako, una verità incontestabile.
Sora le tocca il braccio, e improvvisamente le sembra di riconoscerla nello sguardo affettuoso e pieno di calore che le rivolge. Averla riconosciuta scioglie un piccolo nodo, dentro di lei, che non sapeva di aver stretto. “Come stai? Oggi era il primo giorno di scuola, vero?”
“Esatto! E’ stato stranissimo non vederti nel cortile stamattina, o non incrociarti per i corridoi”, risponde Miyako, una smorfia sul viso. “Ma tu, piuttosto! Cosa fai ora?”
Ikebana”, risponde semplicemente Sora.
Ok, Miyako si rimangia tutto. Non ha idea di chi sia questa ragazza in gonna che le sta davanti.
Ikebana?! Ma non hai sempre detto di detestarlo?”
Sora ride, stringendosi nelle spalle. “Mille volte. E sempre con convinzione”, dice. “Convinzione resa più battagliera se parlavo con mia madre, naturalmente. Le avrò detto mille volte che non avrei portato avanti la sua attività, che era stupida e non faceva per me. Non che ci avessi davvero provato… mi rifiutavo di provarci, per non darle soddisfazione.”
“Non pensavo che i rapporti tra voi fossero così disastrati”, commenta di getto Miyako.
“Siamo state ai ferri corti per così tanto tempo…” Sora sospira, il sorriso scompare. “Per tanti anni ho creduto che l’unica cosa che ci accomunasse fosse il nostro brutto carattere e la nostra testardaggine.”
“E poi?”
“E poi ho dovuto… rivalutare mille cose.” La vede ritornare a sorridere, debolmente. “Rimettere tutto in discussione, non so come altro spiegartelo, fino ad arrivare a quello che ho sempre pensato di me. Mamma mi ha proposto di provare con le composizioni floreali in un momento… duro. Ha detto: Ti aiuterà a ritrovare il tuo centro. Non le credevo, ma ci ho provato ugualmente, perché non avevo nulla da perdere. E… ho scoperto che mi piace davvero, ci sono anche abbastanza portata.” Sembra farsi piccola, come se stesse aspettando qualcuno sbucare dal vialetto gridandole che non può comportarsi in modo tanto diverso dal Tipo-Sora che ha sempre interpretato. “Ho deciso di assistere mamma e imparare il mestiere.”
“Quello che non capisco è perché ne parli come se fosse una specie di delitto!” Esclama Miyako sbigottita. “Se ti piace cosa ti vieta di farlo? Hai anche tua mamma ad aiutarti!”
“Mamma mi sta aiutando molto, in molti sensi”, dice Sora a bassa voce, dolcemente.
Sembra stia guardando qualche grande dolore dentro se stessa, un dolore che sembra irraggiungibile. Miyako ha improvvisamente tanta voglia di riportarla indietro.
“Senti, che ne pensi di venire con me? Hai da fare?” Propone vivacemente, indicando il campo proprio dietro di loro che sta cercando volutamente di non guardare, per non sentire l’impazienza e la voglia di precipitarcisi dentro lasciando Sora indietro. “C’è una partita che si sta giocando in questo momento, uno contro uno! Vieni a tifare con me!”
“Sì, ho visto”, commenta Sora. Poi il suo viso assume un’espressione di scusa. “Mi dispiace, Miyako-chan. Mi piacerebbe, ma non posso venire con te.”
“Ah, quindi hai da fare! Immagino qualcosa di bello, visto come sei vestita! Dove te ne vai?”
Sora arrossisce. “Sì… ho un impegno, è vero. Ma anche se non l’avessi avuto, non sarei venuta.”
Questa, poi. “E perché no? Il calcio ti piace, ne hai sempre parlato come-”
“E’ che c’è Taichi.”
Il nome piomba tra loro con uno schianto.
Le due ragazze si guardano, improvvisamente consapevoli entrambe della voce di Taichi che stabilisce un calcio d’angolo, da un qualche punto vicinissimo e allo stesso tempo lontanissimo.
“Non lo sapevi?” Chiede Sora, osservando la sua faccia sconvolta.
“No no! Lo sapevo, è solo che non ricordavo… Scusa, Sora-san! Potrebbe essere la prima volta che ci parliamo senza Taichi-san accanto!”
Il viso di Sora assume un’espressione strana: sembra quella di una persona appena punta da uno spillo.
Prima o poi Miyako imparerà a parlare con tatto, davvero. Davvero.
“Hai ragione”, commenta Sora. “Ti confesso che è tanto strano anche per me.”
Miyako non l’ha mai vista tanto triste.
“Senti, ma…  Sei sicura di star bene?” Tenta, l’urgenza che le impedisce di riflettere sul serio su quello che sta dicendo. Non ha tempo per il Filtro Iori, ora. “Lo so, lo so, la questione anime gemelle non è affatto uno scherzo, ma non sei obbligata a dare ascolto alle tue Parole nel momento esatto in cui te le dicono… Non mi guardare con quella faccia!” Gesticola. “Sì, lo so, è strano che lo dica io e blablabla. Sono successe cose, ok? Ma non è questa la cosa importante!”
“Cosa stai cercando di dirmi?” Le chiede Sora, quasi immobile.
“Che se vuoi stare con Taichi-san, sei ancora in tempo!” Esclama infine.
La guarda, cercando di capire se ha esagerato o no – è ancora troppo difficile, per lei, capire quando si spinge troppo oltre. Che farà se adesso si mette a piangere? D’altro canto non ha senso edulcorare le cose, non se c’è in ballo qualcosa di più grosso. Eventualmente si scuserà dopo, con tutto quello che ha.
Ma Sora non piange.
Un breve sospiro, e la vede guardare altrove, verso il campo di calcio alle sue spalle.
“Penso spesso a Taichi”, mormora, e sembra che ogni parola le costi fatica. “Ripenso a tutto quello che abbiamo condiviso negli ultimi anni. A quella volta che ho litigato con lui perché mi aveva regalato un fermacapelli – una cosa da ragazze. A tutte le volte che abbiamo fatto squadra, a tutte le volte che lui c’è stato per me. Al modo che ha sempre avuto di farmi sentire al sicuro, con le spalle coperte, qualsiasi cosa succedesse.” Sorride appena, prima che il suo viso si spenga. “E poi ho pensato anche ad altro. A quando piangevo, e lui pregava che io smettessi il prima possibile, perché non sapeva proprio che fare quando piangevo. A quanto rideva, quando gli parlavo di mia madre e dell’idea che io potessi lavorare in kimono al suo fianco. A quanto si immusoniva, ogni volta che menzionavo le mie Parole e quel che significavano per me. A tutte le volte in cui tra noi diventava una lotta di potere, un continuo litigare per potersi far capire senza rivelare l’un l’altra quanto ci sentissimo insicuri. A quanto mi vergognassi ad avere desideri da ragazza, a volermi truccare, a volermi mostrare debole… perché temevo che Taichi non mi avrebbe apprezzata allo stesso modo.”
Torna a guardarla, ancora una volta, e il dolore nei suoi occhi è brillante e duro come un diamante.
“Il mio ginocchio sinistro è l’unica parte di me che non ha mai sfiorato”, dice.
Lo stesso ginocchio sinistro che ora è scoperto, nota Miyako con un tuffo al cuore, nonostante sia appena nascosto dall’altra gamba che inconsciamente cerca sempre di coprirlo. Un Non voglio parlarti che Sora sta provando a indossare con fatica, impegno e sofferenza, che sembra essere allo stesso tempo una ferita e uno scudo.
Sembra quasi che sia il suo lato fragile, ad essere la vera forza di Sora. Ed è meraviglioso – e doloroso – che stia uscendo fuori solo ora, a questo prezzo.
“Taichi mi manca”, continua Sora, la voce che le trema appena. “Ma non tornerò con lui. E non solo perché è stato lui a lasciarmi…”
“E’ stato lui?” Esclama Miyako, incredula. Il viso di Taichi che sfida il cielo davanti a un campo da calcio le si affaccia prepotentemente alla memoria, totalmente incongruo con quello che Sora sta raccontando.
Sora annuisce. “Si arrabbiava tanto per le mie Parole perché, in fondo, sentiva di non poter competere”, dice, amara. “E’ più insicuro di quel che credi. Il colpo di grazia lo ha dato il fatto che fosse Yamato, la mia anima gemella. Non si sarebbe mai messo in gioco contro di lui.”
Se lui avesse lottato per riprovarci, tu saresti rimasta? Vorrebbe chiederle Miyako. Ma c’è qualcosa, nell’espressione dolceamara di Sora in questo momento, che per una volta la blocca. Questa domanda sembra fin troppo intima anche per lei, Filtro Iori o meno.
“Quindi… per te lasciarvi è stata la cosa giusta?” Dice invece, esitante.
Sora tace per qualche altro istante.
“Io credo di sì”, risponde infine. “So che tornare con lui sarebbe uno sbaglio. Io dovrei mutilare qualcosa di me, e lui qualcosa di sé, per poterci ritrovare. Non è giusto, per nessuno dei due. Non voglio una vita così. E poi…” Si sfiora i capelli, sistemandosi il fermaglio nero che indossa. “Sto scoprendo tante cose di me di cui non ero affatto consapevole, e la cosa mi piace. Sto… provando ad accettarmi, a non mascherarmi come ho sempre fatto. Sto provando a sperimentarmi in tante cose nuove, nonostante ci siano cose che adesso non posso più fare, almeno per ora… come andare a vedere partite di calcio. Sono rinunce dolorose, ma so che è la strada giusta, che non devo più vergognarmi o nascondermi per paura di non meritare amore.”
“Sei felice?” Le chiede di getto Miyako, sporgendosi verso di lei.
Sora sorride, nonostante gli occhi lucidi, ferma e fiammeggiante come l’ha sempre vista – più di quanto l’abbia mai vista.
“Lo sarò.” Le dice, sicura.
Miyako la abbraccia stretta, di nuovo, il cuore gonfio per l’ammirazione e l’affetto che sente per lei. “Ero tanto preoccupata per te!” Ammette sulla sua spalla. “Ma ora capisco che non dovevo esserlo. Sei una persona straordinaria, Sora-san, e sarà meraviglioso vederti raggiungere quel traguardo!”
Sora ride. “Non esagerare adesso”, commenta, ma l’abbraccio che la circonda, di cui sembra avere terribilmente bisogno, è così caldo e grato che Miyako si sente felice. “Non è tutto merito mio. Se sono quella che sono è anche merito di chi mi ha amata finora. E’ stato Taichi a insegnarmi a prendermi cura di me, anche se tra noi non è andata bene… Se non fosse per lui, non sarei qui, ora. Credo che in un certo senso lo amerò sempre, anche se non è la mia anima gemella e non torneremo più assieme. Sarà per sempre il mio primo amore…un posto che nessun altro occuperà, qualunque direzione prenderà la mia vita.”
L’intensità di queste parole ammutolisce Miyako.
Hanno la solennità di una sentenza, e la dolcezza di un legame che non si perde, nonostante tutto. Portano con sé il dolore per una fine, e la speranza per mille rinascite. E il perdono, per non essere riusciti ad essere, l’uno per l’altra, presente e futuro, ma solo un meraviglioso passato imperfetto.
Commossa e turbata, Miyako si stacca da quell’abbraccio sentendo un desiderio impellente di dirle qualcosa, qualsiasi cosa, anche se non saprebbe mettere a parole quello che sente. Non ha tempo di pensare a nulla, in ogni caso: nel momento stesso in cui apre la bocca getta un occhio alle spalle di Sora, e tutto si ferma.
Ah!” Esclama Miyako, come se avesse appena ricevuto un’illuminazione.
“Ma che ci fai tu qui?” Sbotta un Yamato pietrificato e decisamente a disagio, il basso sulle spalle e una camicia nera un po’ elegante che sinceramente non gli ha mai visto addosso, che gli sta così bene che le viene un po’ da ridere. Se lo immagina davanti allo specchio, ora, intento ad aggiustarsi i capelli in modo che ricadano in modo sbarazzino sulla sua fronte per donargli la solita espressione da Lupo Solitario Ma Di Buon Cuore che porta in giro ovunque vada neanche fosse un passaporto.
Beh, dubita che Sora ci abbia messo meno impegno di lui, davanti allo specchio. Sarà passata attraverso il tormento di voler apparire carina ma non sfacciata per il suo appuntamento?
Yamato e Sora si guardano, per un momento fugace. Il rossore che invade i loro visi, perfettamente all’unisono, conferma tutto senza bisogno di dire altro.
“Dovevo immaginarlo che avessi un appuntamento con Yamato-san!” Dice Miyako entusiasta.
La povera Sora supera ben presto il colore dei suoi capelli. “Miyako-chan, non è- I Knife of Day mi hanno invitata ad assistere a una sessione di prove!” Tenta pateticamente, chissà se per convincere lei o se stessa. In ogni caso, non funzionerà.
“Certo, certo, come no. Immagino anche che sia stato Kyosuke a chiedertelo, vero?” Alza bonariamente gli occhi al cielo. Poi le sorride, maliziosa, e corre a darle un bacio sulla guancia. “Facciamo che ti credo e non vi trattengo oltre. Anche io ho un appuntamento importante, tra l’altro!”
“Ehi, la pianti di arrivare a conclusioni affrettate?” Sbraita Yamato, decisamente paonazzo e all’apparenza sul punto di girare i tacchi e correre via. L’unica cosa che sembra fermarlo è che scappare via lo costringerebbe ad abbandonare Sora nelle sue grinfie.
Che carino.
“Ti prometto che le mie conclusioni me le terrò per me!” Miyako gli fa l’occhiolino. “Salutatemi quei babbei, va bene? Tornerò presto a proporvi qualche nuovo arrangiamento, sono piena di idee!”
Non aspetta risposta: con un ultimo sorriso Miyako si volta e si allontana, lasciando i suoi imbranatissimi amici al loro silenzio attonito.
Si sta già pregustando la sua amata partita, a pochi metri dall’entrata del campo, quando sente passi concitati alle sue spalle.
“Aspetta un attimo!”
Miyako, sorpresa, si volta ancora.
Yamato l’ha raggiunta di corsa, probabilmente decidendo che se non poteva scappare poteva almeno inseguire lei. Ha degli occhi strani, pieni di tormento, e sembra chiederle un’assoluzione.
“Se hai capito che io e lei stiamo insieme, sei fuori strada”, dice con fervore. “Non sono un mostro… E lei non è una brutta persona, lei – è troppo presto. E non sappiamo neanche se io e lei- Vogliamo solo passare del tempo assieme.” Tira un respiro sofferto, sembra morire di imbarazzo ma coraggiosamente tiene duro. Solleva il mento. “E finché a lei andrà bene, non smetterò di proporglielo. Ok?”
Miyako ride, tenendosi la pancia, e il viso di Yamato si scurisce. “Che cavolo c’è da ridere?!”
“Sei comico!” Dice impietosa lei. “Se solo ti vedesse Takeru-kun morirebbe! Si può essere così impacciati nel corteggiare una ragazza?”
“Non ti azzardare a coinvolgere Takeru, o ti…!”
“Guarda che si è truccata”, dice poi Miyako, appena si è calmata. Yamato ammutolisce immediatamente. “Si è truccata e vestita di tutto punto, e questi sono segnali di interesse in donnese. Non dirmi che non te ne sei accorto!”
Yamato si guarda fugacemente indietro, passandosi distrattamente una mano tra i capelli. Sembra un uomo a cui abbiano appena fornito la mappa per un tesoro creduto inesistente per secoli. “Co- ma certo che sì, io... Donnese?”
Miyako si solleva sulle punte, sussurrandogli all’orecchio: “Torna indietro e falle un commento su quanto è carina oggi. Se ti vergogni, dille qualcosa sulla sua pettinatura diversa, non lo so, basta che non fai il broccolo e ti decidi a farle capire quanto ti interessi!”
“Senti, tu…”
“E soprattutto”, aggiunge infine, con un largo sorriso. “Sono sicura che, se perseveri, ti dirà di sì. Perciò, non ti abbattere, Ishida!”
Gli dà una pacca incoraggiante sulla spalla, forse un po’ troppo forte, perché il BelloeTenebroso fa una smorfia. Ma lui non si lamenta.
La guarda, invece, meravigliato e tanto insicuro, e Miyako non può fare a meno di sentirsi il petto pieno di gioia. Ha in testa una delle sue canzoni preferite dei KoD, una ballad strappalacrime e romantica su un amore nato prima ancora di incontrare i suoi occhi, e la fa sorridere pensare che Yamato potrebbe casualmente farla sentire a Sora questa sera, in un vecchio garage pieno di patatine e cartacce di merendine, ma trasudante passione e autenticità in ogni angolo.
E’ sicura che Sora capirà.
Chissà come sarà la sua musica, in futuro.
“Sarà per sempre il mio primo amore.”
Il ricordo di quelle parole, per un momento, stride con l’armonia che sente dentro.
Ma è solo un momento.
Non deve avere senso per lei, dice tra sé Miyako. Non è detto che un primo amore sia per forza più importante di uno nuovo, tutto diverso e decisamente stravolgente. Non è detto che un posto occupato significhi carrozza piena.
La vita sa essere più bizzarra di così.
Yamato sorride, cercando di scompigliarle i capelli – e scatenando, ovviamente, uno strillo indignato e proteste vivaci da parte di Miyako.
“Vedi di sparire”, le dice Yamato, gli occhi pieni di affetto.
Miyako gli fa una linguaccia. “Prima tu!”
Ma poi si volta, lasciandogli la possibilità di andarsene indisturbato senza essere spiato.
Lo sente raggiungere Sora, scusarsi, borbottare qualcosa a mezza voce. E’ solo quando le voci si stanno allontanando che lo sente balbettare qualcosa riguardo il fermacapelli di Sora.
Miyako sghignazza tra sé, avviandosi finalmente verso l’entrata del campetto.
Imbranato.
 
***
 
La Partita è un rituale che va avanti da qualche anno, ogni inizio anno scolastico.
Non è certo l’unica occasione in cui quei due si sfidano, naturalmente: conosce i suoi polli, sa quanto sia importante il calcio per loro, qualcosa che li ha uniti da ancora prima di conoscersi. E’ solo che l’evento capita in un felice incrocio di fattori: il meteo più mite, l’energia accumulata nella pausa post esami di fine anno, l’entusiasmo per un nuovo capitolo che inizia, naturalmente l’assenza di moli di compiti capaci di scoraggiare qualsiasi sportivo, per quanto competitivo sia.
Poi, naturalmente, c’è l’elemento più importante, il vero senso di quel rituale: ricordare, ad ogni calcio dato a quel pallone, a se stessi così come a chiunque voglia far parte della loro vita, che potranno anche essere l’uno contro l’altro sul campo, ma saranno sempre compagni nella vita di tutti i giorni, amici pronti a lottare l’uno per l’altro, con lealtà, rispetto, e una sanissima dote di divertimento che non fa male a nessuno.
Forse è proprio questo elemento a rendere il mitico incontro Motomiya-Ichijouji, uno contro uno, uno spettacolo imperdibile.
Spettacolo che lei non ha mai visto, comunque.
Miyako scende i gradini degli spalti in fretta, approfittando del fatto che siano quasi completamente vuoti, gradevolmente vuoti. Sente la voce di Taichi dal campo, che funge da arbitro per l’incontro: non crede neanche che sia la prima volta che lo fa, visto il tono sicuro che sta usando. Avrebbe senso: Taichi deve aver partecipato alla Partita almeno un paio di altre volte, in quanto fratello di Hikari. Due volte prima, in più, di lei.
Non riesce ancora a mandar giù questi anni che si è persa, per quanto ci provi. Sa che lui la rimprovererà per questo, ma dovrà essere paziente, accidenti. Una volta di più.
Perché lei è così elettrizzata da non poter credere di aver cercato per tanti anni la felicità nel posto sbagliato.
E’ quasi un caso che gli sfidanti passino proprio nello spazio di campo sotto di lei in quel momento, accaldati e concentrati e assolutamente ignari di quel che succede sugli spalti. Miyako si ferma di colpo, perché ha commesso il grave errore di posare gli occhi su Ken, e questo ha sempre l’effetto di catalizzare la sua completa attenzione, qualunque cosa faccia.
Ken ha i capelli scarmigliati e il sudore sulla fronte mentre si contende la palla con Daisuke, molto più scarmigliato e molto più energico di lui. Ha l’espressione concentrata, le labbra strette, gli occhi che dardeggiano da una parte all’altra del campo, molto probabilmente cercando una strategia vincente per smarcarsi. Eppure qualche volta incontra gli occhi di Daisuke, che invece ha un’espressione esaltata e battagliera proprio tipica di lui quando gioca. Non ricorda di averlo mai visto guardare negli occhi l’avversario, prima d’ora.
Non ricorda di averlo mai visto con il viso così arrossato durante una partita. Non crede che sia solo perché sta giocando uno contro uno, e deve per forza essere il protagonista assoluto di ogni sua azione, se vuole vincere. E’ solo che Daisuke fa quest’effetto: tira fuori l’entusiasmo e la passione da qualsiasi anfratto nascosto tu abbia dentro di te.
Una cosa che sicuramente Ken desiderava con tutto se stesso, anni fa: potersi appassionare davvero a qualcosa, trovare qualcosa per la quale valesse la pena di impegnarsi.
Miyako sorride, e il calore la investe a tradimento, aggrovigliandole le viscere ma non i pensieri, non più i pensieri: è come se improvvisamente tutto avesse trovato un centro, un equilibrio, un punto di convergenza.
Miyako aveva avuto paura, quella mattina, svegliandosi col cuore a mille ad appena le cinque. Era stata come un’illuminazione, che aveva squarciato giorni e giorni di tormenti e batticuori al pensiero, al desiderio e al bisogno di rivedere Ken dopo quei due giorni alle terme che sembrano al contempo vicinissimi e lontanissimi. E se, rivedendolo, non avesse provato le stesse cose? Se si fosse illusa troppo, gonfiando quel che provava per lui solo per la gioia di aver trovato la sua anima gemella, e prima ancora, qualcuno che ricambiasse i suoi sentimenti? E se i suoi sentimenti non fossero stati intensi come li immaginava, dopotutto? Se quando lo avesse rivisto avesse provato solo un tiepido piacere, quel poco in più che si può provare di fronte a qualcuno che ti piace un po’ di più di un semplice amico? Iori le ha sempre fatto notare quanto fosse, a volte, incredibilmente volubile: sono poche le costanti della sua vita, in fondo, quelle che davvero resistono al tempo e ai suoi innumerevoli cambi di umore. Miyako ha sempre fatto una Vita Stile Flipper, dopotutto. Lei è la pallina del flipper, naturalmente, lanciata da tutte le parti e a volte precipitata per un colpo sbagliato, o troppo irruento.
Il pensiero di perdere Ken l’aveva pietrificata e riempita di dolore. Era stato tutto più doloroso quando aveva pensato, con gioia e tristezza mescolati, che i sentimenti di Ken sicuramente fossero molto più stabili dei suoi, che, cavolo, a giudicare anche solo da come la guarda, Miyako metterebbe la mano sul fuoco sul fatto che lei sia dannatamente importante per lui. Sicuramente lui pensava solo a quanto volesse rivederla, senza tormentarsi con la paura di provare un po’ meno di quanto promesso, dal destino e dalle loro labbra.
Beh, avrebbe dovuto saperlo che Ken è Ken. Le regole della sua Vita Stile Flipper non si applicano a lui, non crede che potrebbero mai farlo.
Perché ora lo guarda, e crede che non si sentirà mai così felice, così piena solo alla vista di qualcuno. Lo vede giocare, e pensa solo che non lo ha mai visto così bello, perché non lo è mai stato, non così, non in modo così unico, un modo che non ha proprio nulla a che vedere con i lineamenti delicati che la natura sembra avergli generosamente regalato ma piuttosto con quanto ora sia molto più se stesso di prima, in un certo senso.
Le sembra ancora più bello di prima, ora che sa chi è davvero Ichijouji Ken – ora che lui le ha permesso di vederlo davvero. Ora che sa che le basterebbe chiamarlo, anche solo una volta, e lui non esiterebbe ad essere di nuovo tutto per lei.
Però non lo chiama, non ancora. Resta a guardarlo ancora un po’, il petto gonfio di quello che sembra una strana, esaltata commozione che non riesce neanche lei a spiegarsi, rubando la visione di un Ken completamente concentrato in altro che non sia lei, completamente ignaro che lei sia arrivata da lui.
Crede davvero che sarebbe rimasta in silenzio ancora per diversi minuti, se solo Ken non si fosse liberato di Daisuke con un paio di tiri ben assestati e non avesse, infine, guadagnato un gol pazzesco nella porta avversaria.
“Grande, Ken-kun! Sei il numero uno!” Esplode infine, ad alta voce e saltellando sul posto, e Ken si volta di scatto, ancora ansimante e reduce dall’azione appena terminata. Anche a quella distanza può vedere i suoi occhi sgranarsi, la sua espressione cambiare completamente, e il suo viso chiazzarsi di rosso a velocità impressionante. Di colpo c’è di nuovo lei nel suo mondo, e tutto è cambiato.
“Ehi, Miyako! Piantala di tifare per Ichijouji!” Le urla Daisuke, alzando un dito nella sua direzione. Apparentemente, e inspiegabilmente, durante la Partita i contendenti tornano a chiamarsi per cognome: non si metterà a discutere con due invasati del calcio il motivo di tutto ciò.
“Io tifo sempre per il migliore, mi spiace tanto per te!” Gli urla Miyako in risposta. “Non sarai mai all’altezza di Ken-kun!”
“Beh, questo lo vedremo!” Replica Daisuke, e sembra ulteriormente stimolato dal tifo avversario. “Dai, Ichijouji. Si ricomincia!”
“Sì”, dice Ken distrattamente. I suoi occhi la cercano, ancora una volta: le sorride per un attimo appena, timido ma grato, e Miyako sa quanto lui sia felice che lei sia qui.
Si può dire quel che si vuole sulla bellezza di sbirciare le persone quando non ti vedono, ma quando Ken ridiventa il suo Ken nient’altro può reggere il confronto.
Sorride teneramente quando la partita riprende, sotto le direttive di Arbitro Taichi, sempre a bordo campo.
E’ solo allora che si rende conto che tre paia di occhi, ad appena due gradini di distanza, sono puntati su di lei.
“Direi che è arrivata Miyako-san”, commenta Takeru con un sorriso. “Non so come io abbia fatto ad accorgermene.”
“Avrai avuto qualche soffiata”, gli fa eco Hikari, gli occhi brillanti, seduta accanto a lui.
“Oh, fatela finita, voi due. Che partita è una in cui non si fa il tifo?” Sbuffa Miyako in modo plateale, e avvicinandosi a loro ruba una patatina alla paprika dal pacchetto che i due si stavano palesemente dividendo. “Voi siete fin troppo zitti!”
“Lo sai che non sono tipa da tifo”, si scusa Hikari, facendo spallucce. Si stringe un po’ a Takeru, facendole posto accanto a lei.
“Io potrei anche esserlo, ma mi distrae”, riflette Takeru, assaggiando un’altra patatina. “Preferisco concentrarmi su quello che vedo in gioco. Sai, sulle tattiche e roba così.”
“Sono 3 a 2”, la informa Iori, seduto accanto a Takeru ma mantenendo, in ogni caso, una discreta distanza dalla coppia. Avrà sicuramente pensato di voler rispettare la loro privacy, anche se si tratta di una Partita e non di un appuntamento romantico. Iori è fatto così, non ci arriva proprio. “Daisuke-san in vantaggio.”
“Come sarebbe, in vantaggio?” Si lamenta Miyako, prima di portarsi le mani alle labbra e urlare, a voce molto alta: “Ken-kun, straccialo! Fagli vedere chi sei!”
Ken la sente, e sbaglia il calcio alla palla in modo clamoroso.
“Oh cavolo”, commenta Miyako, portandosi istintivamente le mani su occhi e occhiali.
Takeru scoppia a ridere. “Che partita è una in cui non si fa il tifo?” Le fa eco. “Una in cui i giocatori si concentrano, forse.”
“Takaishi, ti faccio presente che stai mangiando il mio cibo! Potresti portare un po’ più di rispetto? Sono anche la tua senpai!”
“E per il cibo ti ringrazio immensamente, i prodotti Inoue sono sempre i migliori.”
Miyako guarda scioccata il sorriso da angioletto del ragazzo, prima di rivolgersi a Hikari. “Ma lo senti? Chi gli ha dato quella faccia tosta?”
“Me lo chiedo tutti i giorni”, alza gli occhi al cielo Hikari. Ma non è una grande alleata, visto il sorriso che rivolge al suo ragazzo. “Ma prima o poi si stanca di prendere in giro le persone”, lo rimprovera dolcemente.
Takeru si porta una mano al petto, solenne. “Giuro che è così”. Annuncia. “Miyako-san, fai pure il tifo quanto vuoi.”
“Sai cosa? Non credo che faccia bene a Ken-kun, nonostante tutto”, dice Miyako, osservando con apprensione la distrazione furiosa con la quale Ken sta giocando. “Vorrei incoraggiarlo, ma vorrei anche che vincesse! Dovrei fare il tifo a bassa voce? Ma che senso ha, allora?”
Hikari si avvicina un po’ a lei, con la scusa di porgerle un bicchiere pieno di aranciata.
“Gli fa piacere se tifi per lui”, le sussurra all’orecchio.
Miyako sente lo stomaco farle un buffo balletto all’improvviso.
Vede la sua amica sorriderle, calorosamente e in modo incoraggiante, mentre si allontana appena per tornare da Takeru, come se niente fosse.
Voleva aiutarla, dice a se stessa. Voleva aiutarla perché le vuole bene. Dovrebbe esserle grata, essere felice di quelle parole, di quanto la sua presenza possa condizionare Ken.
Ma allora perché si sente, di nuovo, terribilmente insicura?
Riesce a capire Ken-kun solo con uno sguardo. Lo ha sempre fatto.
Accidenti, non di nuovo con queste stupidaggini.
Miyako sorseggia la sua aranciata, imbronciata con se stessa.
“Scusate il ritardo.”
E poi, all’improvviso, compare Koushiro, divisa scolastica e il solito portatile sottobraccio, che probabilmente non abbandona nemmeno quando dorme. Ha un sorriso tranquillo sulle labbra, come se fosse del tutto normale la sua presenza ad una partita di calcio, quando invece sembra sempre un po’ fuori posto. In modo carino, però; in Modo-Koushiro.
“Koushiro-san!” Esclama Miyako, entusiasta di vederlo. “Non mi avevano detto che saresti venuto anche tu!”
“Non era in programma, ma ho pensato di venire lo stesso a dare un’occhiata”, le risponde Koushiro, prendendo posto appena dietro di lei. “In ogni caso avevo appuntamento con Taichi-san, dopo la Partita.”
“Che dovete fare, dopo la Partita?” Gli domanda lei, aggrottando le sopracciglia.
Koushiro accende il pc. Accende il pc durante una partita di calcio. Chi lo capisce è bravo. “Gli ho promesso che avremmo studiato assieme per i test di ammissione.”
A Miyako quasi cade il bicchiere di aranciata dalle mani.
“I test di ammissione?” Esclama. “Taichi-san?”
Koushiro la guarda, illuminato dalla luce dello schermo. “Tenterà anche lui di passare i test universitari l’anno prossimo”, le dice come se fosse la cosa più normale del mondo. “Ma non riesce a concentrarsi se studia da solo, così mi ha chiesto una mano, visto che ho iniziato a prepararmi anche io.”
Miyako chiude la bocca, attonita. Si volta verso il campo, per una volta fissando lo sguardo sull’arbitro spettinato che segue le azioni a bordo campo, e che corre da una parte all’altra, sospetta, non solo per sapere sempre cosa succede, ma anche perché darebbe chissà cosa per giocare anche lui. Vede il suo viso aprirsi in un sorriso vittorioso mentre solleva un pollice in direzione di Daisuke, per l’ennesimo gol che il maledetto ha segnato. “Nice play, Daisuke!”
“Tu sei l’arbitro”, sente il commento incolore di Ken, decisamente frustrato in zona attacco.
“Oh. Vero.” E Taichi si passa una mano tra i capelli, come sempre peggiorando la loro situazione di disordine. “Che posso farci? Era davvero un bel tiro!”
Miyako si volta ancora verso Koushiro, indicando il campo con aria decisamente significativa.
Taichi-san vuole fare l’università?!”
“Ha sorpreso tutti, a casa”, commenta all’improvviso Hikari, e tutti si voltano a guardarla. Lei, invece, non distoglie lo sguardo da suo fratello maggiore, persa in pensieri solo suoi. “Credo abbia sorpreso anche se stesso: non ha mai pensato di provare i test d’ammissione prima d’ora. Ma è determinato a provarci: conta sul fatto che avrà un anno di tempo per studiare per bene. Per non parlare dell’aiuto di Koushiro-san.”
Miyako, dubbiosa, getta ancora un’occhiata a Taichi, ora di nuovo serio e assolutamente concentrato nella partita. Uno dei soliti momenti confondenti di Yagami Taichi, in cui non sai mai se considerarlo uno sciocco o affidargli la tua stessa vita.
“Beh… chiaramente spero davvero che ce la faccia”, dice alla fine. “Ma non è strano che gli sia venuta così, senza preavviso, la voglia di stravolgere tanto la sua vita?”
Hikari si volta a guardarla, un’occhiata così intensa che è quasi doloroso sostenerla.
“No”, dice a bassa voce. “Non è strano per niente.”
Ah.
Sora.
E così anche lui, come lei, sta scoprendo parti di sé che non credeva nemmeno di avere. O parti che aveva dovuto mutilare finora, chissà.
Avrebbe dovuto pensarci.
Takeru sta guardando Hikari, serio e grave, e Miyako non sa bene a cosa stia pensando. Forse a Yamato, che in questo momento sta tentando il tutto per tutto con l’ex ragazza di Taichi; forse a Taichi, a quanto stia faticosamente tentando di risalire, con tutte le forze che ha; forse a quanto si possa sentire impotente a vedere Hikari così triste.
Ma poi lo vede chinarsi verso Hikari, posandole un bacio sulla testa così dolce e significativo che Miyako non può non sapere, in fondo, a cosa stia pensando Takeru.
Hikari torna a guardarlo, come se fosse riemersa dalle profondità di un oceano.
“Taichi-san ce la farà”, le dice, con un sorriso sicuro, gli occhi incastrati in quelli di lei. “E avrà bisogno di noi quando sarà ammesso all’università che desidera: non ci crederà mai, neanche risultati alla mano.”
Il viso di Hikari si apre nel più bel sorriso che le abbia mai visto addosso. Solo Takeru la fa sorridere così, come se lui fosse il porto sicuro e accogliente in cui attraccare dopo un lungo viaggio nella tempesta. E’ una sensazione strana, che scommette non riuscirà mai a spiegare bene a parole.
“Sì”, gli dice semplicemente. E poi appoggia il capo sulla sua spalla, dimentica di loro e di qualsiasi preoccupazione.
Ecco, se dovesse mai pensare di dipingere l’amore, crede che utilizzerebbe loro come modelli.
Miyako sorride, intenerita e molto felice per loro, e decide di lasciare loro un po’ di privacy – e no, per una volta non è perché Iori la sta guardando in modo eloquente, seduto accanto a loro. O, perlomeno, non solo.
Si volta, invece, verso Koushiro, e nota che lui la sta guardando.
Lo vede arrossire appena, a disagio, mentre distoglie lo sguardo. Miyako gli rivolge un largo sorriso, incoraggiante.
“Quindi stai davvero già studiando per l’ammissione? Non era solo una scusa per abbandonare il club di informatica?” Lo punzecchia.
“Certo che non era una scusa!” Si difende Koushiro, un po’ indignato. “Il club mi portava via troppo tempo, e ho bisogno di restare concentrato. Mi dispiace non partecipare, ma sono sicuro che ve la caverete alla grande.”
“Proprio l’anno in cui avremmo potuto frequentarlo assieme!” Si lamenta Miyako. “Sei un gran guastafeste!”
Koushiro sembra non sapere bene cosa fare della consapevolezza che lei avrebbe voluto passare del tempo con lui. Chissà se ne sarebbe stato imbarazzato anche senza la questione disastrosa delle Parole non appaiate, e del gigantesco equivoco che ne era scaturito. Miyako, a dirla tutta, crede proprio di sì.
“Se vuoi”, dice lentamente, guardingo. “Puoi sempre contattarmi in caso di bisogno. Ma credo non ne avrai, sei davvero brava con il pc.”
Ci crede davvero, che lei sia brava: è stato Koushiro a fare il suo nome ai membri del club, consigliandola come prossima presidentessa nonostante fosse il primo anno, per lei, al club di informatica – davvero, a cosa stava pensando quando aveva deciso di iscriversi al club di chimica, l’anno scorso? Non che Koushiro gliel’abbia detto personalmente, ma, che lui lo volesse o no, lei l’ha saputo lo stesso. Non saprebbe dire quanto si sia sentita orgogliosa di essere considerata degna di subentrare al genio informatico Izumi Koushiro – che lui la stimi abbastanza da spendersi tanto per lei, soprattutto.
Sa solo che è felice, tanto felice, che finalmente sia possibile per loro iniziare ad essere amici senza ingombranti Parole di mezzo, e non.
“Posso davvero contattarti?” Gli chiede Miyako entusiasta. “Cioè, non per chiedere necessariamente aiuto, ma posso raccontarti lo stesso come vanno le cose al club di tanto in tanto? Come stanno gli altri e tutto il resto? O mandarti il jingle del club?”
“Certo.” Annuisce Koushiro, con un sorriso. “Aspetta… quale jingle?”
“Troppo tardi, ormai hai promesso!”
L’espressione di orrore sul viso di Koushiro la fa ridere, ma non la impietosisce: sa che finirà per adorare i cambiamenti che apporterà al suo vecchio club, deve solo smetterla di fare il conservatore brontolone. Gli porge, però, una bottiglietta intera di oolong in segno di pace, cosa che almeno impedisce che il ragazzo si rimangi la promessa appena fattale.
Quanto alla Partita, Ken perde, 6 a 4: 4 meravigliosi gol, bisogna dirlo, ma la verità non cambia. Non lo ha mai visto così distratto durante le partite, così frustrato a bordo campo, così disperatamente disposto a correre dietro il suo avversario: a dirla tutta, si è preoccupata per lui quando lo ha visto perdere, nonostante il suo tifo indiavolato - quel maligno di Takeru direbbe a causa del suo tifo indiavolato-, ma ora che osserva Taichi decretare la fine della Partita con un vecchio fischietto che usava Hikari da bambina sa che non ce n'è motivo. Daisuke si precipita da lui, dopo aver esultato, con un sorriso luminoso, di quelli che non hanno nulla a che vedere col piacere di aver vinto, ma con l'entusiasmo di avere un vero amico con cui giocare.
"Non è stato facile batterti!" Gli dice sinceramente, porgendogli una mano.
E Ken, che fino ad un attimo prima sembrava decisamente scontento di sé, non può che sorridere a sua volta incontrando gli occhi castani del suo migliore amico, contagiato dal suo entusiasmo. "La prossima volta sarà così difficile che non ci riuscirai", gli promette, stringendogli la mano con calore.
Beh, a quanto pare ancora non gli piace perdere, ma gli piace molto più giocare, ora che non deve dimostrare nulla a nessuno. Miyako sorride, orgogliosa di lui.
E poi incontra il suo sguardo, e Miyako si illumina. Gli fa cenno di salire verso di loro, speranzosa; ma Ken indica lo spogliatoio, stringendosi nelle spalle con aria di scusa. Miyako si imbroncia, ma sembra non ci sia verso: Ken fugge di nuovo, seppur per poco, insieme a Daisuke.
"Uffa", sbuffa lei, abbandonandosi di nuovo sul gradino degli spalti.
"Ti sta facendo un favore", interviene Iori, ragionevole. "Dopo aver giocato è sempre meglio andare a cambiarsi."
"Ma io non ce la faccio più ad aspettare!" Si lamenta ad alta voce. Iori la osserva, con tanto d'occhi, ma non commenta nulla. Non ha idea di cosa stia pensando: probabilmente, che è uscita completamente di senno. In tutta onestà, potrebbe anche essere vero.
Miyako freme, quasi saltellando sul posto, continuando a sorvegliare lo spogliatoio senza prestare troppa attenzione alle chiacchiere di Takeru, di Hikari, di Iori e di Koushiro. La sua mente sta frullando, immaginando il momento in cui gli parlerà, cercando di capire quale potrebbe essere la prima cosa che gli dirà dopo tanti giorni passati ad aspettarlo. Potrebbe dirgli quanto sia contenta di essere parte della sua vita, quanto abbia amato vedere tutti i suoi amici -che sono diventati anche amici di Ken- lì ad assistere alla Partita, quanto si senta tremare le gambe al pensiero di essere stata attesa per tutto il giorno tanto quanto lei attendeva di vedere lui. Oppure... potrebbe aspettare che sia lui a dire qualcosa. Se dovesse scegliere qualcosa da dirle, così, su due piedi, cosa le direbbe? Quale sarebbe la cosa più importante, secondo lui?
Gli scenari sono mille, Miyako se li figura uno ad uno, come se avvenissero davvero. Eppure, quando lo vede uscire dallo spogliatoio, nella sua normale divisa scolastica, intento a chiacchierare con un Daisuke ugualmente cambiato, Miyako capisce che la soluzione non può essere che una.
Si alza in piedi, correndo a più non posso, incurante della voce degli altri che le chiedono di aspettarli. Scende ogni singolo gradino quasi senza guardarli, gli occhi fissi su Ken che ora ha raggiunto Taichi e sta parlando con lui della Partita.
Gli getta le braccia addosso, con tanta veemenza che è quasi doloroso.
"Ken-kun!"
"Ah-"
E rischierebbero entrambi di cadere, se solo i riflessi di Ken non fossero così pronti da prenderla istintivamente per le spalle; si sbilanciano per un paio di passi, giusto quel tanto che basta per finire quasi addosso a Daisuke - che fa un passo indietro con tanta enfasi che sembra stia scansando una bomba-, ma poi si stabilizzano.
E poi Ken la guarda, sconcertato e decisamente imbarazzato, e Miyako inizia a ridere, leggera come una piuma, non sentendosi minimamente in colpa.
"Ci avete messo una vita a cambiarvi!" Gli dice vivacemente. E poi il suo cuore inizia a scoppiettare, scomposto, e allora stringe più forte Ken, perché ora può farlo - ha sempre potuto farlo, ma ora di più, ora diversamente. Lui le è mancato così tanto. "Non importa. E' stata una Partita bellissima!"
"Miyako, ci farai venire un infarto così!" Si lagna quella primadonna di Daisuke, aggiustandosi gli immancabili occhialetti sulla testa. In ogni caso, l'unico che sembra stia per avere un infarto è Ken, visto il colore paonazzo del suo viso: dev'essere perché non lo sente più respirare. Miyako lo lascia andare perché ha pietà di lui: c'è una strana bellezza nel sentire la stretta al cuore che le segnala che sta facendo una cosa contro natura, a staccarsi da lui. Se ne sente felicissima, per qualche strano e contorto motivo.
"Dovresti essere grato che una spettatrice entusiasta come me sia venuta a sostenervi!" Si vanta, gonfiando il petto. "A proposito, non male il tuo modo di giocare. Battere Ken-kun è praticamente un privilegio, confido che tu lo sappia!"
"Ehi, con chi credi di avere a che fare, scusa?" Daisuke, se possibile, gonfia il petto ancora di più. "Mi sono allenato duramente quest'anno! Lo sapresti se qualche volta venissi a vedere i miei allenamenti!"
"Sai cosa? Magari lo farò!" Miyako gli dà un pugno scherzoso sul braccio. "Così potrò spifferare tutti i tuoi segreti al tuo rivale per la prossima Partita!"
"Questo è barare!" Si indigna Daisuke. "Ehi, Taichi-senpai, devi dire che non si può fare!"
"Ah, sono arbitro anche quando non gioco?" Taichi sorride, mani in tasca e fischietto al collo, e sembra tanto più giovane della sua età in questo momento. "Allora no, Ken, non puoi avere soffiate, a meno che tu non consenta lo stesso vantaggio anche a Daisuke." Il suo sorriso si fa, all'improvviso, più furbo. "Anche se non so se mi va di vietarlo. La rivalità è rivalità... e in amore e in guerra tutto è lecito."
"Taichi-senpai! Mi fidavo di te!"
All'improvviso Ken si schiarisce la gola. "Giusto per essere chiari", interviene tetramente. "Non volevo soffiate, non ho mai chiesto soffiate, e sul serio, avete idea di quanto sia umiliante pensare di poter vincere solo tramite raggiri?"
"Ecco, Ken, diglielo! Combattiamo in modo onesto!" Si anima Daisuke, battendo una mano sulla spalla del suo rivale di Partita.
Ken, democraticamente, finisce per biasimare con lo sguardo persino Daisuke. "Forse dovremmo evitare di rendere una partita di calcio una questione di combattimento."
Daisuke esclama: "Ken, ma la Partita è importante!" nello stesso momento in cui Miyako si indigna: "E' un combattimento vero e proprio invece! Tira fuori la tua grinta!" I due si guardano, ammutoliti dalla sorpresa di essere d'accordo.
Ken fa un sospiro, udibile solo perché sono tutti in silenzio.
E Taichi scoppia a ridere, voltandosi dietro di lui, dove i loro amici stanno finalmente arrivando. "Credo che sia arrivato il momento di bere qualcosa. Ragazzi, è aranciata quella?"
Takeru lancia loro una bottiglietta per uno, prontamente afferrate dai contendenti e dal loro arbitro. "Splendido incontro", dice loro, sollevando il pollice.
"Siete migliorati tantissimo rispetto all'anno scorso", sorride Hikari.
"Vi ringrazio davvero per avermi concesso di assistere", fa un piccolo inchino Iori.
"E' stato strano vedere una partita uno contro uno, ma piacevole", commenta Koushiro.
E in quel chiacchiericcio tranquillo e rilassato Ken smette di sospirare, e incontra il sorriso gioioso di Miyako.
Non c'è niente di più bello di un sorriso che diventa contagioso, pensa Miyako.
"Non gioco sempre così male", si giustifica Ken, un po' a bassa voce, per non farsi sentire.
"Io invece sono sempre così rumorosa quando faccio il tifo", commenta Miyako. "Ti conviene abituarti!"
"Ah." Ken sembra di colpo molto sconfortato. "Allora non mi vedrai mai giocare decentemente."
"Ma piantala! Devi solo restare concentrato come quando hai fatto gol. Il terzo mi ha fatto venire i brividi! Credo sia proprio il mio preferito!"
"Il-" Ken arrossisce, di nuovo. "Ti ricordi ogni gol."
Non sembra una domanda, non davvero.
"Tutti", sorride orgogliosamente Miyako. "E non vedo l'ora di ricordarne tanti altri!"
"Devo seriamente allenarmi." Lo vede distogliere lo sguardo, rapidamente, e sa che è per non farle vedere quanto sia felice di essere così importante per lei. "Non posso perdere ancora in modo così tragico."
"Senti, Daisuke è bravino, ma lui non vale il tuo dito indice! Fidati di chi ha quattro occhi!"
"Ed è di parte", aggiunge Ken, un sorriso incredulo, rivolto alle sue scarpe, che sembra dubitare di ogni parola che sta pronunciando.
Miyako fa spallucce. "Cambia poco, perché sono dalla parte giusta!"
Ken la guarda. Miyako ricambia lo sguardo.
"Non puoi vincere contro di me, Ichijouji", aggiunge.
Ken sospira, un sospiro diverso. "No", dice infine. "Suppongo di non potere."
Così tipico di Ken, accettare di arrendersi solo sapendo di avere qualcosa da guadagnarci.
Lui si avvicina a lei, un paio di passi soltanto, tranquillo della distrazione degli altri.
Ma poi si ferma, nell'esatto momento in cui capisce che no, non tutti sono distratti.
Miyako non sa da quanto Hikari si sia voltata, da quanto i suoi grandi occhi castani siano posati su di loro. Ma ora è lì, a pochi passi da loro, muta e sorpresa, e non c'è davvero modo che lei non abbia sentito Miyako parlargli, e Ken rispondergli, senza nessuna mail, senza nessun intermediario. Non c'è verso che non abbia notato il loro abbraccio, i loro sguardi, i loro sorrisi.
E' l'unica che può mettere insieme i pezzi, adesso.
Probabilmente Ken non le avrebbe rivolto la parola davanti a tutti, non adesso, non così presto: qualcosa di molto simile, per motivazioni, a quel che ha fatto Miyako stamattina col bracciale. Non voleva essere scoperto; ne ha la certezza, mentre lo vede sbiancare, poi arrossire, nella consapevolezza di non poter tornare indietro dopo essere stato così poco accorto.
Miyako si chiede quanto, però, fosse importante per lui non essere scoperto.
Perché Hikari sta guardando Ken, una domanda muta nell'espressione del suo viso, e per una volta l'interlocutore è lui, e solo lui. Forse sta ricercando in lui una vecchia promessa, un'antica solitudine, un paio di mani intrecciate come unico salvagente per non affondare. Forse il loro passato è ben chiaro e concreto ai suoi occhi, proprio accanto al loro presente e futuro.
Forse è lo stesso che vede Ken, gli occhi ben fermi in quelli di Hikari.
E ritorna in Miyako, pungente, violenta, la consapevolezza che basterebbe un No a quella domanda muta per rendere tutto vano. Per costringere quelle mani a unirsi nuovamente. Chi lo sa, magari per attualizzare un futuro diverso, per creare una relazione diversa, con maggiore affinità caratteriale e un minor bisogno di parlarsi per capirsi.
Ne è valsa la pena?
E Miyako è tagliata fuori: non c'entra nulla con la domanda, non può fornire lei la risposta.
Non può che guardare Ken, resa muta dall'ansia, dalla tensione, dal dolore di sentirsi appesa a un filo, e sperare che la risposta possa essere diversa da quella che teme.
E poi tutto cambia, di colpo, quasi senza che lei se ne accorga.
Le spalle di Ken sono di nuovo dritte, e c'è una nuova intensità nel suo sguardo, una nuova decisione, una nuova vita. E Hikari non è mai stata così bella, gli occhi che brillano di una commozione inesplicabile, il sorriso che nasce sulle sue labbra e sembra illuminarla come un faro nella notte.
E Miyako sa di essere una sciocca.
Come potrebbe essere un No, la risposta?
Come può pensare di non c'entrare nulla?
Ken è al suo fianco, a due passi da lei, e la sua mano è tesa, quasi inconsciamente, verso le sue dita, che sono rimaste strette tra loro in una morsa.
E Hikari si stringe a Takeru, distogliendolo per un momento dalla sua conversazione vivace con Taichi, portandolo a voltarsi verso di lei e a sorriderle con una dolcezza tale che scioglierebbe anche l'acciaio più resistente. La attira a sé mentre continua a parlare, e lei sembra tanto minuta e protetta, con il braccio di Takeru attorno alle sue spalle. Tanto silenziosamente felice.
Si volta ancora, solo per un attimo.
E Ken le sorride, con sincero affetto, con una gratitudine che non esprimerà mai a parole.
Un ultimo sorriso in risposta, e Hikari torna a voltarsi, verso il futuro che ha scelto, verso il ragazzo che la fa sentire a casa.
E Ken prende la mano di Miyako, facendola sussultare, nascondendo le loro dita intrecciate dietro il borsone che si porta al collo. Una mossa che la sorprende, ma che accetta di buon grado, perché è grazie a questo espediente che riesce a tenerle la mano anche quando i loro amici arrivano a salutarli, pronti a ritornare ai loro impegni o ai loro appuntamenti. Miyako pensa che la felicità sia come la fiamma di una candela: così intensa da bruciare, così delicata da doverla proteggere da ogni spiffero. Con la mano di Ken stretta nella sua, sa che un giorno quella fiamma sarà un camino acceso, che la nutriranno con legna e cura, e non ci sarà spiffero che possa farla vacillare. Ma per ora, va bene così.
Saluti, abbracci, sorrisi, e Taichi e Koushiro vanno via, un pc sottobraccio e un borsone pieno di libri su una spalla; Takeru e Hikari si allontanano, ancora abbracciati, parlando di un immancabile appuntamento burger-e-patatine; Iori fa un inchino e corre al dojo, dove ha promesso che sarebbe passato per un allenamento di inizio anno scolastico.
E così restano solo Miyako e Ken, fermi al centro di un campetto da calcio, gli occhi fissi sulle schiene dei loro compagni che si allontanano.
E c'è uno strano silenzio, ora che i borsoni-che-nascondono sono diventati inutili.
"Fanno un gran chiasso quando ci sono, vero?" Tenta Miyako, improvvisamente nervosa, solo per dire qualcosa, qualsiasi cosa. "Pensa se fossero venuti anche i KoD. Oppure Mimi-neesama. O Michael - hai notato che gli americani parlano a voce molto alta? E' una cosa che-"
"Posso baciarti?" Sussurra Ken all'improvviso, e questo mette a tacere qualsiasi tentativo di conversazione vacuo che Miyako stava tentando, nello stesso momento in cui il cuore le balza in gola come se fosse un tuffatore pronto a un grande salto.
Miyako torna a guardarlo.
Ken ha gli occhi del più intensi che lei abbia mai visto.
"Quando smetterai di essere così formale?" Finge di lamentarsi Miyako, un sorriso dolce che le si apre sulle labbra. "Prima Vorrei aiutarti, ora Posso baciarti. La prossima cosa sarà, Potrei avere l'onore di-"
Non riesce a finire la frase, perché Ken si china a baciarla.
Forse stavolta gliela darà vinta, pensa Miyako. Solo questa volta, però.
 
***
 
"Sono innamorata di te", dice Miyako a bruciapelo.
Ken soffoca nella merendina che stava mangiando.
Miyako gli dà qualche pacca sulla schiena, cercando di aiutarlo. "Che teatrale, strozzarsi in un momento simile. Ti sembrano cose da fare?"
"Senti chi parla", gracchia Ken alla fine, gli occhi strabuzzati e il viso completamente paonazzo -ci scommette che non è colpa della merendina che gli è andata di traverso. "Tu mi vuoi morto!"
"Macché morto! Io ti faccio un'appassionata dichiarazione d'amore, e tu muori? Che senso ha?"
Ken nasconde il viso tra le mani, disperato.
"Ehi, ascoltami." Miyako si avvicina a Ken, chinando il capo verso di lui per cercare di catturare nuovamente il suo sguardo. "E' una cosa molto seria, sai. E' la risposta che ho trovato!"
Ken la sbircia, da sotto le dita che gli coprono il viso. "Risposta?"
"Alla storia delle anime gemelle!"
E' incredibile il potere che ha anche solo pronunciare quelle due parole: riesce persino a far uscire nuovamente Pomodoro-Ken dal suo nascondiglio dietro le sue mani. Ora la guarda, stupefatto e confuso.
"Non ti seguo", le dice.
Una frase che gli sente spesso dire, in effetti, anche se il canale verbale è una novità.
"Senti, lo so che forse potrebbe essere presto per dirti una cosa del genere. Ci siamo appena messi insieme ed è passata meno di una settimana da quando mi hai raccontato la storia della tua vita per intero, o quasi", premette precipitosamente Miyako. "E poi, non sei l'unico ad essere quasi morto poco fa: avresti dovuto sentire cosa succedeva a me prima di dirtelo! Ho passato un'eternità a tormentarmi sul parlare o meno, e ti assicuro che tormento è la parola giusta."
"Un'eternità? Intendi, quei due minuti che sei rimasta in silenzio?"
"Sì, quelli!" Risponde Miyako senza battere ciglio. "Il punto è questo: era vitale che io te lo dicessi in questo momento. Quindi, morte o non morte di entrambi, ecco qui. E poi è la verità, quindi mi sarebbe sicuramente scappata di bocca molto presto. Non ha senso temporeggiare, se è quello che sento. E lo sentivo forte ora, se vuoi saperlo."
Se c'era stata una minuscola - e stupida, stupidissima- parte di sé che aveva avuto paura di una reazione da parte di Ken, deve essersi sciolta come neve al sole: non ce n'è più traccia, quando vede il sorriso emozionato di Ken nascergli dagli occhi, ed estendersi al viso solo dopo.
Sembra a corto di parole per un istante, come se non sapesse quali scegliere, tra le mille che gli affiorano alle labbra.
"Perché era vitale dirmelo ora?" Le chiede infine. Per un attimo si guarda attorno, osservando il campo da calcio deserto, gli spalti occupati solo da loro due e i pochi prodotti Inoue rimasti, il sole che tramonta dietro gli edifici.
"Perché non mi basta che tu sia la mia anima gemella", risponde Miyako. "Non basta per nessuno, te ne sei accorto? Se c'è una cosa che ho capito da tutta questa storia è che c'è qualcosa di sovrannaturale e divino nelle Parole... ma noi siamo solo umani, non facciamo altro che giocare contro le regole. Perché abbiamo paura, perché siamo presi da altro, perché vogliamo sentirci onnipotenti, o semplicemente perché... non conosciamo nemmeno perché ci siano, delle regole, o a che gioco stiamo giocando! Non sappiamo neanche noi perché abbiamo le Parole, che significhi essere anime gemelle. Ci interroghiamo tanto, ma la verità è che è una cosa troppo grande per noi. Non ne arriveremo mai a capo."
Ken aggrotta le sopracciglia. "Quindi... vuoi far finta che non siamo anime gemelle?"
"Certo che no!" Replica Miyako scandalizzata. "Tu sei la mia anima gemella, io sono la tua. Sono d'accordo con te quando dici che, in un modo o nell'altro, le nostre strade avrebbero finito per incrociarsi. Sento quest'intesa con te che è pazzesca, una cosa che è impossibile da descrivere. Con te so che sono al posto giusto, al momento giusto, e so che lo senti anche tu!"
Ken arrossisce appena, ma annuisce, timido.
"Non possiamo dare per scontato che tutto andrà come vogliamo che vada, ma non possiamo neanche ignorare quanto intensamente siamo legati l'uno all'altra", continua Miyako infervorandosi. "Così, ecco cosa ho pensato: noi ci siamo trovati, e ci sarebbe bastato capirlo per dedurre che proviamo dei sentimenti romantici l'uno per l'altra. Ma io non ci sto, non mi accontento, è riduttivo. E mi fa pure un po' paura."
"Cosa ti fa paura?" Chiede Ken in un soffio.
"Dare per scontato. Pensare: ecco, ora siamo arrivati. E magari, siccome sono distratta a pensare a un mondo utopistico che non esiste, fare qualche stupidaggine che ci allontanerà facendoci soffrire come cani."
Il viso di Ken si adombra, tutt'a un tratto.
"Non voglio fare stupidaggini", sussurra, gli occhi improvvisamente dolenti.
"Neanche io!" Miyako si sporge verso di lui. "Senti, ho passato anni a credere che trovare la mia anima gemella sarebbe stata la fine di ogni mio tormento. Eppure ho ancora un sacco di pensieri sciocchi che non se ne vanno, alcuni sono addirittura più forti di prima! Dovrei pensare di andarti bene sempre, eppure ho passato un’eternità davanti allo specchio oggi pensando che avrei potuto non piacerti. Non voglio nemmeno dirti la quantità di paranoie che mi sono venute in questi giorni, quando non trovavamo neanche un momento per vederci! E sono ancora gelosa di Hikari-chan – non dire niente, di questo non preoccuparti, domani sarà completamente acqua passata.” Tira un respiro, a corto di fiato. “Ora che ti ho trovato, ho paura di perderti. Questo non c’era scritto in nessun manuale d’istruzioni sulle anime gemelle!”
“Nessuno sarebbe così sciocco da tentare l’impresa di scrivere un manuale d’istruzioni.”
“Hai anche tu paura che tutto finisca tra noi, prima o poi?” Insiste Miyako.
Ken distoglie di colpo lo sguardo.
“Perché l’altroieri notte ho sognato che eri sparito dalla faccia della Terra. Mi sono svegliata con le lacrime…”
“Perché mi dici queste cose?” Le dice a fatica.
All’improvviso, Ken le sembra disperato. Non ha solo paura di perderla: ne è terrorizzato. Ha paura di sperarci troppo e di non essere in grado di starle accanto; di deluderla, di vederla andar via.
Ma questo non succederà.
“Perché se non parliamo di queste paure, rischieremo di usare le armi sbagliate. E io sono qui a proporti qualcosa di diverso.”
Miyako gli sorride, sicura e determinata, e non vacilla finché lui non torna a guardarla, prima esitando, poi diretto, perché non può farne a meno. Vuole che lo sappia, che possono farcela: che ce la faranno. Perché ne è davvero convinta, ora.
Non può che essere così, perché anche di fronte alla disperazione a Ken basta guardare il suo viso per rasserenarsi.
"Hai suggerimenti?" Le chiede Ken, le labbra che non possono che incurvarsi in un nuovo sorriso.
"Ricordarci che ogni coppia ha in comune qualcosa, anche quelle non legate dalle Parole: la necessità di essere coltivata ogni giorno." Poi ci ripensa. "Aspetta, due cose: anche l'essere così imbranati all'inizio. Non è possibile che io e te siamo i soli!"
Ken fa uno sbuffo divertito, mettendo giù la merendina che non ha più toccato e probabilmente non toccherà più. "Io mi sento davvero imbranato, se può consolarti."
"Ecco, appunto." Miyako annuisce, convinta. "Io e te saremo anche anime gemelle, ma abbiamo insicurezze come chiunque altro. Una ragazza che ho conosciuto oggi me lo ha fatto capire: le anime gemelle sono qualcosa di divino, ma le relazioni sono decisamente umane. E noi non possiamo che attingere agli strumenti umani per far funzionare la nostra!"
"Strumenti umani", ripete Ken.
Gli prende le mani. "Corteggiarci", spiega. "Ascoltarci, scoprirci ogni giorno. Impegnarci. E dirci quello che proviamo senza stancarci, neanche se siamo anime gemelle e già lo sappiamo. Ecco perché era vitale dirti che sono innamorata di te!"
Beh, se continua a guardarla con quella dolcezza, Miyako è convinta che continuerà facilmente a innamorarsi di lui, secondo dopo secondo.
"E le anime gemelle in questo discorso come si collocano?" Le chiede Ken, la voce più calda ora.
"Che dobbiamo impegnarci il triplo a fare tutto ciò, perché sappiamo che ne vale la pena!" Replica sicura Miyako. "E anche a velocizzare qualche tempistica, perché no. Sarà presto per dirti che sono innamorata di te? Non credo, perché siamo anime gemelle!"
Ken sorride apertamente, ora, ogni traccia di apprensione scomparsa. "Non mi convince. La tua mi sembra una scusa per parlare liberamente ogni volta che vuoi uccidermi senza che tu sia ritenuta colpevole."
"Ehi! Non ho bisogno di scuse per parlare liberamente!"
"La cosa mi puzza di bruciato..."
"Non ti conviene prendermi in giro, Ichijouji! Tra l'altro, la tua dichiarazione d'amore ancora non l'ho sentita!"
Ken arrossisce, ma finge un'espressione indignata. "Quindi era una trappola? Sono obbligato a dirlo anche io in questo momento?"
"Beh, sarebbe cortese, sai!"
"Cortese." Ken scuote la testa. "Non c'è più romanticismo."
"Senti, se non vuoi dirlo fai come ti pare, ma sappi che io aspetto che tu lo faccia! Prometti solo che me lo dirai quando lo sentirai vero."
L'espressione di Ken diventa di nuovo molto seria.
Avrebbe potuto dirle mille cose, e in mille modi diversi, Miyako lo sa: ma non ha bisogno sul serio di sentire dalle sue labbra qualche parola. Perché Ken parla in tanti modi, il canale verbale è solo l'ultimo di questi.
Di quello che prova per lei sono testimoni il calore delle mani che stringono le sue, la dolcezza della sua fronte contro quella di lei, i suoi occhi chiusi mentre respira la loro vicinanza e ascolta i loro cuori battere così vicini.
Miyako lo sa già: sente che glielo sta dicendo proprio in questo momento, con tutta l'anima.
Per questo aspetterà, senza fretta. Sa che le basta, per oggi: che non potrebbe essere più felice di così. Pensa che a volte le parole non siano la cosa giusta da usare.
Ma poi sente Ken prendere un respiro, avvicinarsi rapido al suo orecchio, e sussurrarle quello che prova per lei.
Come se qualcun altro potesse ascoltarlo, se non lei.
Come se per qualcun altro potesse essere così vitale ascoltarlo.
Come se quelle parole fossero persino più intime delle Parole.
Miyako avrebbe dovuto saperlo.
Ken non giocherà mai secondo le regole.
 
 
 
 
 ---

Poche cose da aggiungere.

Chi mi segue da un po' conosce Satsu: è lo stesso personaggio che trovate in Purity. Nella mia testa è sempre tutto collegato, nonostante si tratti di universi così differenti. 

Niente di tutto questo esisterebbe se non fosse per R. Lo sai, questa è per te. Non può che essere per te, e lo sarà per sempre.

Grazie a ognuno di voi per aver seguito me, e Miyako, in questo lungo viaggio. Ho un abbraccio per ognuno di voi.

Ho inventato quasi tutto, eppure è successo davvero.

Padme Undomiel

 
 
 
 
   
 
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