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Autore: Nina Ninetta    20/02/2024    6 recensioni
Un pensiero costante non riesce a smettere di assillare la protagonista di questa storia: confessare alla persona che ama il suo amore o continuare a fingersi una semplice amica? L'addio al nubilato che le ha organizzato sarà l'occasione giusta per trovare una risposta? Fra conigli e profumi alla cannella non sarà una scelta facile...
Questo testo partecipa al Contest introspettivo indetto da elli2998 e inky_clouds sul forum di EFP
Questa storia partecipa al "Rabbit Lunar Year Contest indetto da Spoocky sul forum di EFP
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pensiero stupendo
Nasce un poco strisciando
Si potrebbe trattare
di bisogno d'amore
Meglio non dire…
 
“Pensiero stupendo”
Patty Pravo
 



Pensieri Conigli


 
 
 
L'acqua a contatto con la pelle nuda è calda al punto giusto. Anzi, quasi scotta, proprio come piace a me! Devo sentirla che brucia, devo sentire la pelle che da fredda diventa bollente, si arrossa, mentre ogni muscolo si rilassa e il sangue fluisce nelle vene. Le guance avvampano e io – finalmente – posso abbassare le palpebre e tirare un sospiro di sollievo. Adagio la nuca al bordo della vasca, immergendomi fin con le spalle in questo bagno adorabile. La schiuma mi ricopre per intero.
È una sensazione piacevole, di quiete, benessere, se non fosse che un pensiero costante non mi abbandona più. Credevo di averlo taciuto, di essere riuscita a farmene una ragione, di essermi rassegnata, e invece eccolo qui! Ancora e ancora, tornato – riaffiorato – con una tale prepotenza da far vacillare ogni certezza. 
Il profumo dolciastro del bagnoschiuma alla cannella, insieme a quello delle candele accese alla vaniglia, permeano l’aria, mi pizzicano il naso, solleticano la gola, e a stento trattengono uno starnuto. 

Tutto intorno è silenzio. 

Agito i piedi e le dita delle mani per udire lo sciabordio leggero dell’acqua; la superficie si increspa e piccole onde muovono verso l’alto, verso me, fino ad arrivare alla gola. La sento: l’acqua calda mi sfiora il collo, simile a polpastrelli che lo cingono con delicatezza. E se fossero le sue mani quelle? Le dita sottili, la pelle candida, le unghie dipinte di bianco latte…
Il pensiero è ancora qui, vivido più che mai, a briglia sciolte, completamente libero.
Cosa devo fare?
Glielo dico o non glielo dico? 
Glielo dico che la amo prima che sia troppo tardi e pronunci il fatidico sì? Oppure, continuo a comportarmi come ho fatto finora? 
Glielo dico che lei mi ha sconvolto l’esistenza o proseguo a essere l’amica perfetta, quella che c’è sempre, che rinuncia ai suoi impegni, ai suoi programmi pur di correre in soccorso quando ne ha bisogno?
Glielo dico o non glielo dico? 

Riapro le palpebre con una lentezza esasperante e mi guardo attorno, sorridendo. Cosa non si fa per la persona che si ama!
Le ho organizzato un addio al nubilato coi fiocchi, o meglio, coi conigli! Non solo ho prenotato in questo hotel a cinque stelle, con tanto di pernottamento e cena MICHELIN, ma ho anche ingaggiato delle persone – wedding qualcosa – affinché addobbassero la suite con ogni gadget a forma di coniglio: peluche, tazze, fodere per cuscini. Addirittura sono stati cambiati i quadri appesi con altri che riprendessero dei teneri coniglietti immersi in immensi prati verdi! Perfino le candele alla vaniglia che bruciano di fronte a me sono state messe in bicchieri di vetro con sopra disegnati dolcissimi conigli. La saponetta per le mani è a forma di coniglio! Ho speso una fortuna, è vero, ma l’espressione di gioia che si è manifestata sul suo viso quando è entrata nella camera e l’abbraccio spontaneo, vero e commosso che ne è conseguito sono valsi fino all’ultimo centesimo. 
E in quell’istante ho avuto il primo momento di dèfaillance: dirglielo o non dirglielo che la amo? 
Mi asciugo le mani con la coda dell’accappatoio appeso alla mia destra e sorrido di rimando al coniglietto ricamato su di essa e che sembra biasimarmi con i suoi occhietti neri. Conigli ovunque, cosa ci troverà mai in questi esserini?
Cerco a tentoni la bottiglia di spumante che mi sono portata su, dopo cena, e ne bevo un lungo sorso attaccandomi direttamente al collo. Sapevo ne avrei avuto bisogno, anche se forse sarebbe meglio restare quanto più lucida possibile. Le bollicine frizzanti mi solleticano la lingua e il palato. Il sapore è fresco, fruttato, un po’ troppo dolce per i miei gusti, ma a lei piace così, quindi… 

Dirglielo o non dirglielo che la amo?

Lascio la bottiglia dove l’ho trovata e questa volta afferro il pacchetto di Merit. Ne accendo una, inspiro a fondo e assaporo il gusto acre, amaro, accentato dallo spumante dolciastro. Osservo il fumo salire in alto, sembra voler raggiungere il soffitto, invece si disperde nell’ambiente. 
Cosa devo fare? Glielo dico che la amo? 
Questa sera a cena era bellissima nella sua semplice eleganza, mentre io sono la solita mascolina in jeans e blusa comoda. “Il mio amico del cuore” mi chiama, ridendo quando lo fa, senza sapere che un pochino mi ferisce.
Amico/amica, allora è vero: sono solo questo ai suoi occhi?
Mi domando se gli altri ospiti dell’hotel, o i camerieri, vedendoci insieme stasera abbiano pensato che siamo una coppia.
Tiro l’ennesima boccata dalla sigaretta, il cui sapore pungente ha coperto quasi del tutto quello amabile e fruttato dello spumante.
Abbiamo riso, brindato, assaggiato i pasti una nel piatto dell’altra, poi lei è diventata seria e ha cominciato a giocherellare con le chiavi della suite, la stanza numero 19-63, mentre mi diceva che aveva paura della strada che aveva intrapreso, che a volte le venivano dei dubbi e temeva di fare la cosa sbagliata sposandolo. Ma che, in fondo, era ciò che tutti si aspettavano da lei, quindi cosa avrebbe dovuto fare? E io, cosa le ho risposto?
«Non ripensarci, va tutto bene».

Vigliacca! Codarda! 

L’acqua comincia a farsi fredda, ho la pelle d’oca, brividi lungo le braccia e le cosce, meglio uscire, asciugarsi e andare a dormire. Domattina, con la luce del sole, mi sembrerà tutto più facile, meno triste. Normale. 
Spengo il mozzicone della sigaretta dopo un’ultima, amara boccata e mi alzo, lasciando che il cotone morbido dell’accappatoio mi avvolga. Sa di pulito, di sapone di Marsiglia. Dovrei sentirmi rigenerata dopo questo lungo bagno, invece i pensieri non mi hanno dato tregua neanche per un momento e sono più stanca che mai. Passo un palmo sullo specchio del lavandino per toglierne il vapore e osservo il mio riflesso offuscato e deformato. Sospiro.
Ormai è fatta, indietro non si torna. Hai perso la tua occasione. Lei si sposerà, andrà a vivere nella casa di proprietà di lui, gli darà dei figli e io continuerò a fingermi l’amica perfetta che tutti vorrebbero avere. 
L’occhio mi cade sulla saponetta verde a forma di coniglio e di nuovo provo un vuoto alla bocca dello stomaco.

La perderai, mi sussurra una voce nel profondo della mente.
La perderò…

Ricordo quando ci siamo conosciute, era il mio primo giorno di lavoro, avevo solo 22 anni e lei qualche anno di più. Non riuscivo a fare le fotocopie che mi aveva chiesto il capo, così mi si è avvicinata e ne ha fatta una al posto mio per mostrarmi quanto fosse semplice, poi mi ha detto di provarci da sola.
«Il miglior modo per imparare è la pratica» mi ha sorriso e credo di essermi innamorata di lei in quel preciso istante. Da allora sono trascorsi sei anni e non ho mai smesso.
Con un soffio spengo le candele accese, l’incenso aromatizzato si insinua fin dentro le narici e stavolta starnutisco. Esco dal bagno e torno in camera, domandandomi se lei stia già dormendo nella stanza accanto o sia sveglia come me, a rimuginare sulle sue scelte, sul futuro che l’attende. A dividerci c’è una piccola porta di legno scorrevole, nera e marrone, né una chiave, né una serratura.
Mi friziono distrattamente i corti capelli scuri con il cappuccio di spugna, mentre guardo fuori dalla finestra la capitale che si dispiega a perdita d’occhio. È una bellissima nottata di maggio, in cielo non c’è neanche una nuvola. Vorrei avere la mente sgombra come il cielo stesso, invece non riesco a smettere di chiedermi: glielo dico o non glielo dico?
All’improvviso mi sembra di udire dei passi trascinati e un paio di tocchi leggeri alla porta che divide i nostri spazi. Il cuore fa un tonfo e prende a battere un po’ più forte del dovuto. Resto in attesa, ma non accade nulla, sarà stata una mia impressione. Mi dico che è meglio andare a dormire, lo spumante che ho bevuto mi sta giocando brutti scherzi.

Allora perché tutto il mio corpo è in allerta?

Ho la bocca asciutta, completamente, e un sapore ferroso che sale dalla pancia mi fa venir voglia di vomitare; un brivido mi attraversa la schiena e rimane lì, immobile, mentre le mani mi sudano e i capelli si rizzano sulla nuca; sento ancora il profumo intenso e pungente del bagnoschiuma alla cannella che emana la mia pelle. Insopportabile.
Fisso la porta scorrevole e non riesco a muovermi. Sono paralizzata. Qualcosa dentro di me prega, supplica, affinché senta di nuovo un rumore, qualsiasi cosa – passi, ticchettii – ma non accade nulla.

La speranza è una brutta bestia!

Poi eccoli di nuovo, giusto due colpi di nocche e una voce – la sua – flebile, che mi chiama dall’altra parte della soglia.
«Ci sei?» chiede, tremante.
“Certo che ci sono” vorrei risponderle, “per te ci sono sempre”.
Invece, mi muovo piano, è come levitare nello spazio, i piedi nudi neanche sentono il solletico della moquette, fino a raggiungere la porta che lascio scorrere sui cardini e la vedo, finalmente, è davanti a me. Piccola, spaurita, impacciata, le mani strette l’una nell’altra sotto al mento, fra i seni nudi e liberi, velati dal tessuto leggero della vestaglia rosa di satin che le ho regalato lo scorso Natale. Ovunque, spiccano allegri coniglietti disegnati in stile anime giapponese. Infantile, forse, ma perfetto per lei.

Su di lei.

Ha gli occhi languidi, le guance arrossate, come chi abbia appena smesso di piangere. O sia oltremodo emozionata.
Mi guarda, sembra voglia confessarmi un segreto, accenna un sorriso insieme spaventato e imbarazzato. Alle sue spalle, sul suo letto, un coniglio di peluche tiene fra le zampette pelose un cuore rosso e tutto a un tratto ho l’impressione che mi faccia un occhiolino d’incoraggiamento. Anche quello è un mio vecchio regalo che tiene sempre accanto a sé quando dorme. Senza non riesce a prender sonno, mi rivelò una volta.
Mi chiama di nuovo, il suo tono ha un che d’interrogativo. Abbasso gli occhi, la osservo, trattengo il fiato...

Glielo dico o non glielo dico?


 
fine

 
                                                
  
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