Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: SeleneMarino    23/02/2024    2 recensioni
— Lo guardo perché voglio imparare a combattere come lui.
— Vuoi imparare come non si tiene in mano una tazza, forse. — Ribatté Nanaba, con un’occhiata sarcastica al gesto peculiare con cui il soldato più musone dell’umanità stava bevendo un tè — o qualche altra sbobba troppo analcolica per la locandaccia in cui si trovavano.

Come appare Levi agli altri personaggi?
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Una raccolta di one-shot e flashfic che esplorano vari momenti e punti di vista:
1. Erwin Smith • Sparviero – pre canon – Città sotterranea;
2. Keith Shadis • Bastardo – post "No regrets";
3. Petra Ral • Sincero – fino a 57ª spedizione;
4. Hange Zoe • Anomalo – post 57ª spedizione;
5. Erwin Smith • Grazia – post 57ª spedizione;
6. Armin Arlert • Abisso – ritorno a Shiganshina;
7. Erwin Smith • Disobbedienza – post 57ª spedizione.
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[Ship: un pizzichino di Eruri e Rivetra platoniche]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Armin Arlart, Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Petra Ral
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Nota dell'autrice
Questa one shot è ambientata al rientro dalla 57ª spedizione, dopo la mancata cattura del Gigante femmina.
Levi è piuttosto malconcio e Hange cerca di farlo parlare, mentre riflette sulle sue abilità.


 

Anomalo


 

— Si può sapere come fai a camminarci sopra?

Silenzio. Occhiata assassina.

— Non dovresti.

Per tutta risposta, Levi accelerò il passo.

— Mikasa mi ha raccontato tutto.

— Quella stronzetta parla solo quando non deve.

Fermati, Levi!

— Fanculo, quattrocchi.

Hange lo seguì imperterrita fino alle stalle, studiandone con attenzione l’andatura. Levi non sembrava dare segni di cedimento, ma stringeva troppo forte le briglie del cavallo accanto a sé: le sue nocche impallidivano. Lasciò l’animale, si fermò per un attimo e la guardò di sottecchi mentre anche lei sistemava il suo.

Temporeggiava per restare solo, ma Hange non gliel’avrebbe data vinta. Con lentezza esasperata ricaricò il foraggio e mise in ordine le bardature. Levi era ancora lì impalato a fingere indifferenza.

Hange fece per incamminarsi al quartier generale e tese le orecchie. Finalmente quel cocciuto si mosse.

L’odore del fieno permeava l’aria calda della sera; i grilli prendevano il posto delle cicale. Il rumore dei passi alle spalle di Hange, dapprima uniforme, si fece asimmetrico. Poi strascicato.

Hange continuò a camminare, senza voltarsi. Attraversarono il cortile, si avvicinarono alla porta — chiusa — che dava nel refettorio — vuoto. I pochi superstiti erano ancora impegnati a fare rapporto, o a farsi ricucire, o a lavarsi di dosso il sudiciume e l’angoscia di quella…

— Giornata di merda. — Fece Levi, come leggendole nel pensiero.

— Non mi hai ancora detto che cosa è successo nella foresta.

— Non ti aveva spifferato tutto quella ragazzina inquietante?

— Voglio saperlo da te. — Ribadì lei con fermezza, girandosi a osservarlo.

Cedimento, infine.

Levi si lasciò cadere su un tronco grezzo che faceva da panca, emettendo un sibilo fra i denti, le mani intrecciate davanti a sé, i gomiti sulle ginocchia.

Hange si sedette sull’erba di fronte a lui. La frangia e il crepuscolo gli adombravano il viso, ma lei non aveva bisogno di vederlo, per sapere che i suoi occhi erano puntati su qualcosa che non c’era, cupi e affilati come le lame che gli pendevano, sconfitte, dai fianchi.

 ***

La prima volta che aveva visto quegli occhi, non erano ancora così disperati. Tetri e taglienti, però, sì. Ardenti di una soddisfazione repressa, per aver abbattuto quel primo Anomalo con innaturale noncuranza.

Innaturale. Come aveva fatto a muoversi a quella velocità, conficcare così prontamente le lame nella schiena del gigante, tagliargli la nuca con tale esattezza? Quel teppistello non aveva solo l’agilità che era lecito aspettarsi in un corpo così minuto. Non aveva solo una forza insospettabile per la sua stazza. Sembrava capace di leggere qualunque situazione e adattarvisi all’istante: col corpo e con la mente. C’era qualcosa di strano in quella perspicacia, in quell’intelligenza del movimento. Scienza dell’uccidere. Brutalità calcolata. C’era qualcosa che lo faceva somigliare, per quanto assurda potesse essere questa ipotesi, a uno di quei giganti anomali.

Ancora a distanza di anni, Hange si lambiccava il cervello in cerca di una risposta, ma l’orgoglio di Levi finora le aveva impedito di prelevargli anche solo una goccia di sangue, prendergli misure, sottoporlo a prove sistematiche.

— Non sono uno dei tuoi cazzo di giganti da laboratorio, quattrocchi. — La zittiva ogni volta.

Perciò tutte le supposizioni di Hange restavano prive di fondamento scientifico, e questo era molto frustrante. Le cose non erano migliorate nemmeno con l’arrivo di quella ragazza implacabile e taciturna — Ackerman. Le sue capacità sembravano simili a quelle di Levi, così come il suo caratteraccio; in ogni caso, al momento la priorità del Corpo di ricerca era comunque studiare — e se possibile sfruttare — le trasformazioni di Eren.

 ***

  La mocciosa voleva farsi ammazzare per salvare il suo amichetto. — Si decise a sputare Levi.

  A me ha detto che voleva far fuori il gigante femmina dopo che tu lo avevi reso inoffensivo.

— È lo stesso. — Fece Levi con impazienza. — Mi sono messo in mezzo perché quella... cosa stava per mandare la mocciosa a spiaccicarsi su qualche albero.

Come Petra, pensò Hange, che aveva preso parte al recupero dei corpi.

— Ho tagliato la bocca della stronza gigante, recuperato il moccioso e ordinato alla sua amichetta di ritirarsi. Lui sta bene. Si rigenera come una cazzo di lucertola. Fine della storia.

— Però nel frattempo la "stronza gigante" ha colpito te. — Ribatté Hange, che non aveva più voglia di girarci attorno.

— Sono io che ho colpito lei. La sua mano. Aveva già indurito la pelle, quindi niente spade. Le ho dato un calcio. Mi è venuto di merda, ma almeno la mocciosa è viva.

— Hai rotto qualcosa?

— Può darsi. Ho sentito il rumore. — rispose lui, piatto.

— Posso dare un’occhiata? — Chiese Hange accennando alla gamba sinistra, su cui Levi era andato appoggiandosi sempre meno.

— No.

— Allora vai in infermeria.

— Tsk. Per sentirmi dire di non fare niente per un mese.

Si alzò con aria infastidita e la guardò dall’alto in basso.

— Guarda che Erwin ti metterà a riposo in ogni caso. — aggiunse Hange in un ultimo tentativo di persuasione.

Levi le voltò le spalle e fece alcuni passi.

— Dove vai?

— Dove dovresti andare anche tu: a lavarmi. Puzzo di morte. — Ribatté con un’occhiata di sbieco. Poi si diresse, sempre sforzandosi di camminare normalmente, alle docce ormai auspicabilmente vuote.

Hange lo guardò allontanarsi nel buio.

Tra la capacità del ragazzino di farsi ricrescere interi arti in poche ore e il vizio di Levi di ignorare le proprie ferite c’era forse qualcosa in comune?

 

 


Altra nota dell'autrice
Grazie per essere qui! L'arco narrativo del "Gigante femmina" è uno dei miei preferiti in AoT e spero di avergli reso giustizia, o almeno di non averlo maltrattato troppo. Lo stesso vale, naturalmente, per i personaggi. Sarei felice di conoscere la vostra opinione :)

  
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