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Autore: Scribbling_aloud    08/03/2024    0 recensioni
Siete anche voi dell'idea che un ragazzo come il nostro Harry Potter dopo: infanzia con gravi carenze di affetto e tutori abusivi, traumi pesanti in adolescenza con minacce di morte, perdite di affetti rilevanti nel corso della vita, non avrebbe mai potuto avere una vita troppo facile con una famiglia alla mulino bianco e soprattutto una mente equilibrata e serena?! Secondo me PTSD come se non ci fosse un domani. Questa è una trilogia molto poco magica che, in un crescendo, esplorerà la sua mente e la sua vita famigliare con i suoi mille problemi e difficoltà data da tormenti mai risolti, una popolarità cresciuta a dismisura che non lo fa vivere bene, fragili equilibri nelle sue relazioni che si frantumano. Partiamo diciannove anni dopo, esattamente dove ci ha lasciati la Rowling. Il Natale di quell'anno.
ATTENZIONE: comincia molto leggero, quasi frivolo, ma ci tengo a precisare che non è un testo per bambini. Da più o meno metà del primo libro e poi nel terzo, ci sono parecchi punti intensi, violenza e tratta temi delicati. Specie il terzo libro, dove ho raffinato un po' la mia scrittura quindi le immagini sono più vive.
E' una traduzione dall'inglese.
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Teddy/Victorie
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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Oggi tutto indica l’inizio di un’altra giornata particolarmente noiosa.
Mohini ha passato gli ultimi giorni adocchiandomi come un cane bastonato tutte le volte che le nostre strade si incrociavano, circondata da un gruppo di amiche che, al contrario, mi riservavano gli sguardi peggiori della storia, chiudendosi attorno a lei come se avessi intenzione di spiccare un balzo per attaccarla o cosa. Tutta questa ipocrisia mi infastidisce alquanto. Perché sono sicurissimo che se mi saltasse in mente di volerne una, si dimenticherebbero dell’amicizia di Mohini, se non anche della sua esistenza, in un battito di ciglia. Comunque, la maggior parte del tempo ero così fatto dalla mia pozione che non ho sentito né senso di colpa nei suoi riguardi, né irritazione contro le sue amiche stupide. Provavo solo una magnifica esilarante assenza di pensieri.
In uno di quei momenti, sono andato a dare un’occhiata alla yankee. Testa vuota non sorprendentemente, ma grazie alla mia pozione quello che mi ha veramente colpito è stato solo che aveva lasciato i primi tre bottoni della camicetta aperti permettendomi di indovinare la taglia di quello che ci stava sotto.
Un’ora dopo mi stava facendo una pompa in uno dei bagni, quella notte me la sono scopata nella sala dei trofei. Neanche il bisogno di far finta che volessi uscirci o qualcosa. Apparentemente, le sono piaciuto a prescindere dalla storia di essere Potter. Non male. Sto cominciando a cambiare idea verso queste Serpeverde, almeno sanno quello che vogliono, e non sono ipocrite come le Tassorosso o violente come le Griffondoro.
Ho incontrato Ophelia nei corridoi di tanto in tanto, qualche volta con Davis (e non mi faccio mai scappare l’occasione di riservargli qualche gestaccio; ogni giorno uno diverso; la mia creatività è alle stelle) e qualche volta con delle amiche ciarlanti. In quei momenti sembrava quasi incline a parlarmi, ma l’ho ignorata volutamente, sono ancora mortificato per via delle mie stupide speranze nei suoi confronti e non molto prono ad ascoltare patetiche scuse che non cambieranno la situazione.
Sto per chiudermi nelle segrete per Pozioni sentendomi parecchio distrutto da una notte senza sonno. I corridoi sono pieni di studenti che vanno e vengono e mi sto aprendo la via stancamente verso la porta seguito da Francis e Patrick che invece sono su di giri.
La nostra attenzione è catturata da un’improvvisa esclamazione che risona chiaramente su tutta la confusione formata dalle chiacchiere degli studenti.
‘Romulus Lupin?? È impossibile!’
Ci giriamo giusto in tempo per vedere un’estremamente livida McGonagall che ci sguscia veloce a fianco, seguita goffamente dal custode, ignorato completamente da lei, che balbetta mozziconi di parole.
Faccio una smorfia, vagamento ricordando che quello è il nome del padre di Ted. Strano. È un nome insolito.
La lezione sta per cominciare quindi prendo posto vicino al calderone concentrando la mia fievole attenzione solo su un modo di intascarmi degli ingredienti per il mio uso personale e due secondi dopo me ne sono completamente dimenticato.
È quasi ora di pausa e sto morendo di fame, questo pomeriggio non abbiamo lezioni. Francis e Patrick hanno proposto di giocare a Quidditch nel cortile visto che non sta piovendo e potrei unirmi a loro. Già un bel po’ di compiti si sono accumulati ma la mia mente è troppo annebbiata per farli e non ha neanche senso.
La lezione di Arithmacy è quasi conclusa. Una materia che ho scelto solo perché mamma pensava potesse rivelarsi utile per il mio futuro e che quindi sto fallendo miseramente ora.
Sono in uno di quei momenti in cui sto solo pensando a cosa mangiare per pranzo, quando un colpo alla porta ci fa girare tutti. E’ McGonagall con un’espressione più tesa del solito.
‘Mi scuso per l’intrusione professoressa Vector, ma ho bisogno che Potter venga con me’
Francis si china verso di me sussurrando ‘Cos’hai fatto?’
‘Niente oggi’ dico cercando di ricordare, ma non mi viene in mente nulla. Non ho saltato nessuna lezione negli ultimi giorni, né ho fatto cose degne dell’attenzione di McGonagall. Niente che può sapere in ogni caso.
‘Avevamo quasi finito per oggi, preside. Non è un problema’ la professoressa Vector risponde facendo un cenno di dismissione a me.
Raccolgo le mie cose mormorando a Patrick e a Francis che li raggiungerò nella sala da pranzo e vado verso McGonagall seguito da sguardi curiosi.
Appena la porta si chiude dietro di noi, noto Albus che mi guarda inquisitorio, rispondo similmente. Vedo nei suoi occhi lo stesso panico che sto cominciando a sentire anche io. Ci ricordiamo entrambi quando qualcosa del genere è successo in precedenza e McGonagall ci ha detto che tutta la nostra famiglia era al St. Mungo senza conoscenza.
Mamma era ancora viva ma quei bastardi di guaritori non ci hanno permesso di vederla finché ormai era già morta.
Ho sentito lo zio Bill sussurrare alla nonna che era meglio così. Lui l’aveva vista.
McGonagall cammina con passo veloce nel corridoio. Ci affrettiamo dietro e sto per fermarla per avere spiegazioni quando mi precede ‘Avete una visita’ dice senza rallentare il suo trotto.
Accelero per mettermi al suo fianco ‘Una visita, preside?’
‘Sì’ lei risponde senza aggiungere nulla.
Stiamo salendo una rampa di scale ‘Chi?’ chiedo mentre Albus si pone al mio fianco visibilmente scosso. Gli metto una mano rassicurante sulla spalla.
‘Lo scoprirete presto’ lei risponde secca.
Non glielo permetto. Faccio un salto ponendomi di fronte a lei che si blocca nel bel mezzo di un passo, quasi quasi inciampando su di me.
‘Stanno tutti bene, per l’amor del cielo??’ chiedo aggressivo.
La vedo esitante e questo mi rende a dir poco convulso ‘Sunny sta bene?’ grido e la mia voce quasi si spezza dal timore.
‘Sta bene, Potter’
‘E papà?’ Albus chiede con urgenza.
McGonagall lo guarda senza rispondere poi mi sorpassa e riprende lesta sulle scale.
Io e Albus ci scambiamo uno sguardo, lui è quasi sull’orlo delle lacrime e questo mi spinge ad urlare alle sue spalle ‘Non ha risposto alla domanda di Albus!’
Lei si ferma e guarda verso di noi che siamo qualche passo più in basso ‘Sta bene’ dice cautamente ‘Tutti stanno bene. Ora seguitemi’ conclude severa arrivando in cima alle scale e girando a destra nel corridoio.
Faccio un cenno ad Albus di seguirla e siamo entrambi di nuovo dietro di lei. Questa parte del castello è raramente usata, quindi particolarmente vuota e silenziosa. Il mio cuore sta martellando mentre mi domando chi può essere questo visitatore e per dirci cosa.
La mia mente è vuota, probabilmente troppo preoccupata per riuscire a fare ipotesi. La faccia di McGonagall è troppo cupa per essere qualcosa di piacevole. E in qualche modo, penso che qualsiasi cosa che renda necessario il nostro chiamarci fuori dalle classi non può essere positivo.
Ci fermiamo davanti a una porta di legno, è una classe dismessa, l’ho usata un paio di volte ma mai per una lezione.
Noto Albus che segue ogni singolo gesto di McGongall in una palpabile ansia. Una volta che la porta è aperta ci fa cenno di entrare.
I banchi sono in file ordinate e l’intera stanza è illuminata da una grande finestra ad arco. Nel mezzo, seduti su due sedie, due uomini stanno scambiando una chiacchierata con voci sommesse e sguardi cupi.
Uno è il professor Longbottom e ora capisco perché stamattina la nostra lezione di erbologia è stata cancellata e l’altro è un uomo che inizialmente non riconosco. E’ alto con i capelli un po’ lunghi e biondissimi, quasi bianchi sotto i pallidi raggi di luce che vengono dalla finestra, i suoi occhi azzurro ghiaccio.
Appena la porta si apre e ci vede, il suo viso si apre in un sorriso e come si alza, il modo in cui si muove, mi rivela in un lampo chi sia, nello stesso momento in cui Albus grida ‘Papà!’
Mi schizza di fianco e, prima che io possa ricompormi dalla sorpresa, è nelle sue braccia, spalancate, pronte per accoglierlo. Lo stringe ed entrambi scoppiano in una risata.
‘Come stai?’ gli chiede passandosi una mano sul volto e poi prendendolo per le spalle.
L’allegria si spegne con quella domanda a cui è chiaramente difficile dare una risposta positiva. Albus annuisce semplicemente, incapace di pronunciare parola sopraffatto dall’emozione. Percependolo papà lo abbraccia di nuovo, facendolo quasi piangere.
‘E tu come stai, papà?’ chiede quando si dividono e Albus ha riacquistato l’uso della voce.
‘Sto bene’ lui risponde solamente scompigliandogli i capelli rossi e lo conosco così bene da vedere tutta l’agitazione e le emozioni che nascondono quella corta frase e finta compostezza.
E io? Ci sono così tanti differenti sentimenti che si scontrano e combattono dentro di me che per qualche secondo sono fuori uso completamente.
Incontrollabilmente ho sentito un guizzo di gioia nel vederlo, poi, quando ha abbracciato Albus, ho desiderato spasmodicamente la stessa cosa, poi, ho provato gelosia per quel prolungato scambio da cui ero stato escluso. Quando finalmente mi sono reso conto di quello che si agitava in me, ho rimesso tutto al suo posto dandomi un contegno e l’ho odiato e volevo punirlo per la mia confusione, per la mia debolezza. Volevo lasciare la stanza e lui lì, solo per ferirlo. L’ho considerato seriamente se non fosse stato che McGonagall stava sbarrando la strada e non me lo avrebbe permesso. Ora so perché non ci ha rivelato chi era il visitatore.  Voleva evitare che non mi presentassi come sapeva che avrei fatto.
Tutto questo è il lavoro di un momento fino a che papà (finalmente) si ricorda di avere un altro figlio e alza gli occhi sui miei ostili e il suo sorriso vacilla. E so che il primo colpo della giornata è stato inflitto e non sarà l’ultimo.
Nonostante ciò, si avvicina, io faccio un passo indietro giusto per fargli capire che non voglio che mi tocchi.
Non prova ad abbracciarmi e mi poggia solo una mano sulla spalla che prontamente mi scrollo di dosso. Vedo con la coda dell’occhio Longbottom che scuote appena la testa intristito e lo sguardo furioso di McGonagall è così intenso che, nonostante mi sia alle spalle, me lo sento perforare la schiena.
‘Come stai, James?’ mi chiede ansioso, a voce bassa.
E in quel momento non so se odio di più lui o me stesso per la confusione che ho nella testa per quelle colluttanti emozioni che mi portano a volerlo abbracciare, odiare, amare e punire tutto allo stesso tempo.
Quindi, raccolgo tutto lo sprezzo che riesco a trovare e, facendo sì che sia ben visibile sul mio volto, abbaio virulento ‘Cosa ci fai qui?’
‘Devo parlarvi’
‘Non voglio parlarti’
Longbottom si avvicina e tocca mio padre, che ha uno sguardo avvilito, sulla spalla ‘Devo andare, Harry, vi lasciamo parlare’ dice a lui ma guardando minacciosamente me.
‘Ok, Neville’ mio papà risponde mentre si stringono la mano e si danno delle pacche sulla schiena ‘Spero che verrai a trovarmi un giorno’ dice con un mezzo sorriso.
‘Nessuna possibilità di vederti qua di nuovo allora?’
‘No, non penso. Non per un lungo periodo perlomeno. Stavo pensando a Natale ma… sai…’ si passa una mano dietro al collo e ride a disagio ‘Ron non mi permetterebbe di mettere neanche un piede alla Tana quindi non ha senso, direi’
‘Proverò a parlarci’
‘Non c’è molto che puoi fare. Sappiamo entrambi che la situazione è senza speranza’
‘Voglio credere che non sia così’ Longbottom scuote la testa ma poi alza il mento ‘Stammi bene, Harry, buona fortuna. Chiamami quando ti sei sistemato’
‘Sistemato dove?’ interrompo innervosito.
Entrambi mi guardano ma non rispondono. Longbottom riporta l’attenzione su mio padre ‘Ciao, allora’ ed esce la stanza prima che un’altra parola possa essere aggiunta.
McGonagall allora lascia la porta; la sua mano era ancora posata sulla maniglia. Si dirige verso mio padre ma quando si trovano uno davanti all’altro nessuno dei due parla. Mio padre fa un sorrisetto ‘Arrivederci, Minerva’ dice.
E assisto a quello a cui non avrei mai pensato di assistere in vita mia, gli occhi della preside sono velati di lacrime, lo prende per le spalle e gli dà un bacio su entrambe le guance ‘Ciao Harry’ dice deglutendo un paio di volte prima di riuscire a pronunciare quelle due parole e poi, sopraffatta, marcia via dalla stanza.
Il sorriso sul viso di mio padre indugia per un po’, poi scrolla le spalle e va a chiudere la porta. E’ con uno sguardo risoluto che si rivolge a noi.
‘Ragazzi, sedetevi. Devo parlarvi di alcuni importanti cambiamenti’
   
 
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