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Autore: Fiore di Giada    11/03/2024    0 recensioni
[Partecipante alla challenge "I giorni della merla" indetto sul gruppo "Non solo Sherlock: gruppo eventi multifandom. Prompt suggerito da Elena Scarsella.]
− Che… Che ne è stato di Mabon? − domandò ancora.
Un lampo d'orgoglio brillò nelle iridi di Rhiannon.
− Gli ho dato la pace. Le mie frecce di lacrimargentea hanno spento l'ultimo legame con la terra. Il Maledetto di Manersia è scomparso. − spiegò lei.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo sguardo di Kaidan vagò sul paesaggio.
Una densa caligine grigia copriva la pianura e rari alberi scheletriti emergevano, come deboli miraggi.
L'aria risuonava dei lugubri lamenti dei divoratori di anime e si scorgevano le loro figure dalle ali scheletriche, i volti umani rossi di sangue.
Il vento, gelido, ruggiva e increspava l'ampio mantello di Kaidan e l'uomo, con gesti pazienti, se lo riavvolgeva attorno al corpo, quasi cercasse calore. A cosa è servito tutto questo?, si domandò, il cuore greve d'amarezza. Quella nebbia, pur così fitta, non celava la realtà.
Quel luogo, così gelido, era l'ingresso dell'Abisso delle Anime Urlanti.
D'istinto, strinse la mano a pugno e serrò le labbra in una smorfia amara. Non temeva la sofferenza di quel luogo, pur così doloroso.
Lui, che pure era definito il Silenzioso, non aveva saputo proteggere Roran da un disonore immeritato.
Cos'altro volete?, si chiese ancora, amareggiato. Erwen e Morrigan, con le loro manipolazioni, avevano condannato Namida.
Il sangue dello sfortunato Aidan Laios ricadeva su di loro.
Un sospiro fuggì dalle sue labbra e l'uomo sollevò la testa verso destra. Che senso aveva recriminare?
Chi si è macchiato di disonore accetta della punizione il dolore., si disse ancora l'uomo. Negli anni giovanili, questa frase gli era stata ripetuta spesso.
E lui si era lasciato impregnare l'anima da quelle parole, così sublimi.
Ma a cosa erano servite?
La sua forza, tanto decantata, si era rivelata inutile contro di loro. − Perdonami, Roran… Non sarò con te. −sussurrò. Quel giovane, tanto coraggioso quanto sfortunato, era per lui un figlio. Ma a cosa serviva evocare simili ricordi?
I loro destini erano ormai separati.
L'uomo scosse la testa e, a passo lento, ma deciso, riprese il suo cammino.
Un calpestio lugubre, ad un tratto, raggiunse le sue orecchie.
D’istinto, Roran si scosse dai suoi pensieri e guardò verso il basso. Sotto i suoi piedi, si stendeva un torrente ghiacciato piuttosto ampio, simile ad una lama metallica. Sulle rive, crescevano dei cespugli di orchidee viola, grosse come un pugno chiuso, dai quali si spandeva un profumo dolciastro. D’istinto, l’uomo si coprì la bocca con la mano, trattenendo a stento conati di nausea. Quel fiore, d’una bellezza letale, era Il Messaggero.
Doveva allontanarsi!
‒ Perché ti allontani, amore mio? ‒ domandò una voce femminile, vibrante d’una nota serica.
A quella voce, il corpo di Kaidan si irrigidì e il cuore accelerò i battiti, quasi volesse spaccargli le costole. No, non poteva essere lei.
Lunghi brividi attraversarono il suo corpo, mentre le lacrime scendevano dai suoi occhi chiari. Perché lei era prigioniera di quel luogo?
No, non meritava un simile destino.
‒ Tesoro, perché ti tormenti in dubbi insensati? Guardami. ‒ mormorò ancora la voce, apparentemente pacata.
L’uomo strinse le labbra e scosse la testa. Avrebbe riconosciuto il suo effluvio di mirto e ginepro.
Una mano femminile, leggera, si posò sul petto dell’uomo e dei lunghi capelli, come serpenti, si avvolsero attorno al suo corpo. L’uomo rimase immobile. Forse, era quella la punizione più crudele della sua incapacità.
Quei tocchi, apparentemente delicati, vibravano d’odio.
E hai ragione a odiarmi, amore mio., si disse l’uomo, il cuore greve d’amarezza. Su di lui ricadevano le vite di Roran e di Aine.
La sua forza si era rivelata inutile.
Poco dopo, la mano scese sull’addome di Kaidan, creando piccoli cerchi sulla pelle, ruvida di cicatrici.
Poi, risalì sul petto e sfiorò il marchio di Morrigan.
D'istinto, l'uomo sbarrò gli occhi e violente fitte di dolore trafissero il suo busto, come lame. Aveva riconosciuto quella mano…
Ad un tratto, davanti ai suoi occhi, si materializzò la figura di una donna alta e snella, vestita d'un lungo abito verde, stretto in vita da una cintura d'oro.
I lunghi capelli rossi scendevano sulle spalle, fin quasi a metà della schiena, e i suoi occhi dorati, dal taglio allungato, fissavano sull'uomo uno sguardo divertito.
− Morrigan… − articolòlui, sgomento.
Un mezzo sorriso sollevò le labbra di lei e la donna si toccò le labbra col dito indice sinistro.
‒ Siamo giunti alla fine. La mia vittoria è completa. ‒ mormorò lei, un lampo ironico nelle iridi dorate.
Kaidan, disgustato, si divincolò.
I capelli, tuttavia, come tentacoli, si strinsero attorno al suo corpo.
Ad un tratto, le iridi di lei si posarono sul petto dell’uomo e brillarono d’una viva luce violacea. Il dolore, implacabile, divampò nel petto dell’uomo e la sua testa, di scatto, si reclinò all’indietro. A cosa era servita la sua lotta? Lei aveva vinto.
Non restava più niente.


Con un grido d’orrore, l’uomo aprì gli occhi e si alzò a sedere.
Per alcuni istanti, rimase immobile, raggomitolato su se stesso, i lunghi capelli ramati scarmigliati. Nessun dolore tormentava il suo petto.
Era stato dunque un sogno?
Turbato, si passò una mano sul petto, coperto da una fasciatura macchiata di sangue. Sì, quelle visioni erano irreali, seppur dolorose. ‒ Aine… Tesoro mio… ‒ mormorò il guerriero. In quel sogno, la sua meravigliosa moglie era diventata una Baobhan Sith, bramosa di sangue.
E Morrigan si era servita di lei per compiacere le sue brame.
Si portò le mani sulle tempie, pulsanti di febbre. Le persone a lui care erano condannate alla sofferenza.
Quanto dolore avrebbero dovuto sopportare?
Il fruscio di una porta che si apriva interruppe il corso dei suoi pensieri.
Kaidan, d’istinto, si girò e scorse Rhiannon, che reggeva in una mano una candela.
Sulla schiena di lei, era appoggiata una gerla, mentre alla vita portava un coltello, lungo quanto un avambraccio umano, e un sacchetto di cuoio.
‒ Sei sveglio. E’ una bella notizia. ‒ dichiaròla giovane, un sorriso sulle labbra. Quell’uomo, così provato, aveva mostrato una forza animica notevole.
Gli assalti degli spettri non lo avevano piegato.
Gli si avvicinò e posò la candela su un mobile, collocato accanto al suo letto.
La luce dorata si allungò sul muro, creandovi ombre strane, e rivelò un ambiente rettangolare, di dimensioni piuttosto ampie.
Le pareti erano ricoperte di legno di quercia, mentre sul pavimento era adagiato un tappeto rosso cupo.
Sul letto, appoggiato alla parete destra, erano collocate pesanti lenzuola e cuscini color tortora, mentre una lama di luce lunare filtrava da una finestra quadrata, semiaperta, e illuminava d'argento il pavimento. Un sospiro di sollievo sgorgò dalle labbra dell'uomo. Quel sogno era irreale.
Morrigan, nonostante il suo potere, non era ancora riuscita a ucciderlo.
Rhiannon, quasi si fosse accorta del suo stato, si sedette sul letto e gli appoggiò le mani sulle spalle. Kaidan, quasi sentisse la dolcezza del suo tocco, si distese, senza alcuna resistenza. Lei, in quel momento, gli ricordava la sua amata Aine. −Roran come sta? −domandò. Anche lui era stato ferito in quello scontro… Un mezzo sorriso sollevò le labbra di lei e le sue mani si posarono sul petto del guerriero.
− Lui si salverà. Le ferite dei divoratori sono curabili, ma hanno bisogno di una notte di riposo assoluto. E, pur di starti accanto, avrebbe sottoposto il suo corpo ad uno sforzo pericoloso. Ho dovuto dargli una dose concentrata di succo di mandragora per costringerlo a riposare. − spiegò.
Con un breve cenno del capo, l'uomo annuì. Il suo cuore, in quel momento, era libero da un altro peso.
− Che… Che ne è stato di Mabon? − domandò ancora.
Un lampo d'orgoglio brillò nelle iridi di Rhiannon.
− Gli ho dato la pace. Le mie frecce di lacrimargentea hanno spento l'ultimo legame con la terra. Il Maledetto di Manersia è scomparso. − spiegò lei.
Prese il coltello e tagliò le bende insanguinate di Kaidan.
Le cicatrici, che coprivano il petto dell'uomo, erano umide di sangue vivo, mentre le spirali rosse e l'occhio, al centro del suo petto, erano rinchiusi in un cerchio, sormontato da una croce.
Aprì il sacchetto e ne trasse una polvere verde scuro, dalla quale si spandeva un aroma penetrante, come ginepro.
Cauta, cominciò a posarlo sul petto di Kaidan.
D'istinto, l'uomo si irrigidì, come una sbarra di ferro, poi si rilassò. Poteva concedersi di essere vulnerabile.
Ed era una sensazione meravigliosa.
Poco dopo, lei trasse delle bende dalla gerla e gli fasciò il petto. − Presto, ti riprenderai. La polvere di foglie di lacrima marina aiuterà la cicatrizzazione delle ferite. Ma hai il dovere di riposare e pensare a te stesso. Non sarai utile a nessuno in questo stato di sofferenza. − spiegò lei. L'uomo fissò sulla giovane uno sguardo lucido, grato. Lei gli aveva permesso di posare, seppur per poco, la sua corazza di guerriero.
Avrebbe ricambiato la sua generosità.
− Rhiannon… Io non dimentico chi mi ha fatto del bene… − mormorò lui, il tono flebile, ma deciso.
La guerriera appoggiò una mano sul suo braccio destro.
− Non l'ho mai pensato. Ma non dobbiamo parlarne in questo momento. − affermò, tranquilla, gli occhi fissi nelle iridi dell'uomo.
Poco dopo, le palpebre di Kaidan caddero sui suoi occhi, come fossero diventate di piombo, e lui si abbandonò al sonno.
Rhiannon, per alcuni istanti, osservò la figura addormentata, poi si alzò e si allontanò dalla stanza, come uno spirito silenzioso.
   
 
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