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Autore: Flofly    14/03/2024    2 recensioni
Andromeda, Rodolphus, Narcissa. Tre vite intrecciate come edera velenosa dalla vendetta e risentimento che esplode quando Andromeda è chiamata al Ministero per essere interrogata sulla fuga di Ted. Mentre le alleanze si rafforzano e si sgretolano, il destino di entrambe è segnato dalle scelte fatte per amore del proprio sangue
Questa storia partecipa all'attività "Un fiore dedicato" indetta dall'Angolo di Madame Rosmerta su FB.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Andromeda Black, Narcissa Malfoy, Rodolphus Lestrange
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Ormai non si preoccupavano neanche più di fare finta che fossero ospiti. Si erano appropriati di ogni stanza, ogni quadro, ogni angolo che le permettesse di ricordare che un tempo quella era stata la sua elegante e curata casa. Entravano sciamando, il rumore delle loro risa sguaiate che rimbalzava contro le pareti scure, attraversando come un’orchestra scordata i corridoi coperti di arazzi. Bivaccavano sulle sue poltrone di broccato, insudiciando i suoi pavimenti di marm, fino a poco prima talmente lucidi da potercisi specchiare, con i resti delle loro scorribande.

Sangue, sudore, eccitazione selvaggia, odori che impregnavano quelle stanze che un tempo sapevano di fiori bianchi e del sole che entrava dolce dalle finestre aperte.

E giorno dopo giorno si era fatto strada nel suo cuore un sentimento che pesava come un macigno. Aveva iniziato ad odiarli, a covare un risentimento profondo per quelli che si erano fatti strada sul dolore della sua famiglia per cercare di brillare alla luce nera del Signore Oscuro, gente che l’aveva adulata e pregata negli anni precedenti pur di avere la sua benevolenza in società e che ora bisbigliava maligna sotto le macerie di un nome che non aveva più  alcun prestigio.

Ma lei aveva reagito come aveva sempre fatto sin da bambina, sorridendo e comportandosi come ci si aspettava da lei, camminando elegante come se non avesse voluto fuggire a migliaia di chilometri lontano da lì. Ormai, tutte le attività cui si dedicava le erano state strappate, ridotte a brandelli come le carni di quelli che passavano per le fauci di Greyback. Le era rimasta solo una cosa, un vezzo che insospettabilmente divertiva il Signore Oscuro: ogni stanza doveva avere fiori freschi, in una orrida parodia delle usanze dell’alta società magica. E lei, da perfetta Purosangue qual era, riempiva gli angoli di bouquet rigogliosi, rossi come il sangue che colava dalle zanne di Nagini. Decine e decine di garofani, che giorno dopo giorno le avevano fatto capire che la rinnegata aveva sempre avuto ragione.

Il Signore Oscuro non era uno di loro.

Andromeda… il suo nome era stato bisbigliato poco prima, un messaggio da riferire a Bellatrix, che in quel momento era nella camera padronale, la sua camera padronale intenta a dimostrare tutta la sua devozione.

Una notizia succosa: Andromeda era stata chiamata al Ministero per essere interrogata dopo la fuga di quel Sanguemarcio di Tonks. E a quanto pareva, per l’occasione c’era qualcuno di speciale, una Black, seppur diseredata non poteva rispondere a qualcuno come quel rospo informe di Dolores Umbridge.

No, per lei ci voleva qualcuno di davvero speciale, uno dei più fedeli seguaci del Signore Oscuro, qualcuno che potesse trattarla da pari.

Rodolphus.

 

 

 



 

Era dovuta passare nel corridoio pieno di maghi e streghe tremanti in attesa di giudizio, seduti sulle sedie appoggiate al muro, i volti cinerei che fissavano con terrore la porta dalla quale provenivano urla e richieste di clemenza.Sentiva lo sguardo affamato dei Dissennatori seguirla, improvvisamente eccitati dal suo passaggio.

«Andromeda Tonks», disse secca a un mago ossuto e dallo sguardo viscido che era seduto dietro un banchetto e che scrutava una lunga lista di nomi. Lo vide passare il dito dalle unghie lunghe e ingiallite con lentezza esasperante, godendosi quel momento.

«Davvero è una cosa così difficile?» scattò esasperata, strappando la pergamena dalle mani dell’uomo, mentre la folla sussultava alle sue spalle. Un incantesimo non verbale e le lettere si incurvarono, danzando sulla pagina.

Tonks, Edward-  Sanguesporco- ricercato per non essersi presentato al Censimento.

Lupin Nymphadora,nata Tonks - Mezzosangue, Metamorfomago, sospettata di essere membro dell’Ordine della Fenice, sposata con un lupo mannaro.

Di lei, nessuna traccia.

«Non penserai davvero che qualcuno con il sangue puro dei Black possa stare su quella lurida lista, vero?» disse una voce vellutata e profonda dietro di lei, mentre nel corridoio scendeva un silenzio irreale. «Persino se è una sporca traditrice come te».

L’ometto davanti a lei si sdiliquìi: «Signor Lestrange, che onore averla tra noi. Non mi avevano avvertito della sua presenza, signore. É qui per la signora Umbridge? É in sessione, signore, ma se vuole…» 

Un gesto secco della mano di Lestrange e l’uomo si zittì di colpo.

«Andiamo? Abbiamo tante cose di cui parlare» , disse Rodolphus, con una luce maligna negli occhi azzurri.  Gli anni di Azkaban avevano scavato il suo fisico, una volta muscoloso e pieno, ma il volto elegante e duro era rimasto lo stesso del ragazzo che aveva conosciuto.

«Immagino che non prenderesti un no come risposta. Non ora che ne hai la possibilità, vero Lestrange?»  commentò secca, parandoglisi davanti e ignorando il suo sorrisetto compiaciuto.

«Temo proprio di no. Sempre che tu non voglia ricevere il Bacio, ovviamente» , sorrise il mago, come se invece di minacciarla fosse intento in una piacevole conversazione. «Prego, ultima porta a destra, l’ho fatta preparare appositamente per te» .

 

Due sedie, una di fronte all’altra in una fastidiosa parodia di un salotto borghese. Rodolphus si sedette rilassato su una delle due, guardandola con un sorriso, mentre dei rami di edera le si avvitavano attorno alle gambe e alle braccia.

«Una piccola precauzione, immagino potrai capirmi, specialmente dopo che ho visto come hai ridotto Rookwood», chiosò il mago, rigirandosi la bacchetta di legno scuro tra le mani con noncuranza.

«Che coraggiosi che siete, in sei contro due. Dimmi ti sei fatto raccontare per bene come ci hanno torturato? E per nulla, poi, immagino che il Signore Oscuro fosse piuttosto arrabbiato…»  rispose con un finto sorriso, riferendosi a quando i Mangiamorte erano andati da lei e Ted per costringerli a confessare di aver aiutato Harry Potter a scappare da Privet Drive.

Rodolphus alzò le spalle con indifferenza. «Grossolani. E piuttosto inutili, a dire il vero. Sappiamo tutti che sei piuttosto portata per l’Occlumanzia, visto che hai mentito alla tua famiglia per anni, giorno, dopo giorno, dopo giorno», cantilenò. «E per cosa? Per quel Sanguesporco schifoso che non ha avuto neanche il coraggio di presentarsi qui? Che ti ha lasciato sola?».

«Coraggio?»  sbuffò Andromeda di rimando, fissandolo con astio. «Cosa ne sai tu di coraggio, Rodolphus?» 

Crucio.

L’aveva letta sulle labbra, prima ancora di vedere la bacchetta leggermente levata, prima che il dolore le esplodesse in ogni singola fibra del corpo.

«Sei sempre stata testarda, Andromeda, ma devo riconoscere che ti ricordavo molto più intelligente di così. Allora, dov’è?» chiese di nuovo, con voce dolce, in totale contrasto con il gelo dello sguardo.

«Bellatrix? A scoparsi qualcun altro, presumo. Per Merlino, Rodolphus, sei così cieco… è evidente anche ai Troll che sei stato solo un ripiego. Un ricco ripiego, lo ammetto, ma pur sempre una seconda scelta» .

I nervi si tesero, esasperati dal fuoco che li infiammava, il corpo come attraversato da centinaia di coltelli affilati, il cervello che si chiudeva come coperto dal velo spesso della sofferenza.

«Non osare parlare di mia moglie!»  minacciò il mago con un ringhio basso. Dopo un secondo sembrò, però, ritrovare la sua compostezza. «Non dirmi che sei già stanca, speravo di poter giocare un po’ con te, prima di rimandarti da quella mezzo sangue di tua figlia. A proposito, come sta? Ha già partorito quell’abominio?» .

Andromeda rimase in silenzio, il fiato ancora mozzato nei polmoni contratti dal dolore.

«Sai, il Signore Oscuro ha grandi piani per lui. Vuoi che te li descriva nel dettaglio? Così, per occupare il tempo» sorrise il mago, sedendosi di nuovo con eleganza. «Sempre che tu non mi voglia dire dove è il Sanguemarcio» .

«Perché sei così ossessionato da Ted, Rodolphus? Come mai un Purosangue  come te»  sputò la parola insieme a un fiotto di sangue « si interessa così tanto a un Natobabbano?» .

«Sanguemarcio, Andromeda, le parole sono importanti. Ed è colpa sua se tu hai portato il disonore  sulla famiglia Black. Ho deciso che porterò la sua testa sulla tomba di tua madre. Ma, prima, passerò a fartela vedere, non preoccuparti» , sibilò. «Bellatrix…» 

«Ancora Rodolphus? Ancora ti illudi che lei ti vedrà in maniera diversa? Uccidere Ted, uccidere tutti i Natibabbani non cambierà nulla, vuoi capirlo? Per lei sarebbe stato mille volte meglio se fossi morto ad Azkaban, sei solo un peso» .

Dolore. Urla. Il sapore del sangue, il suo stesso sangue, che le ricadeva in gola, soffocandola.

Poi, d’improvviso, cessò.

Rodolphus era in piedi davanti a lei, di nuovo composto nel suo mantello nero, macchiato da gocce cremisi pesanti che si allargavano sul bordo come petali arricciati e crespi di un fiore.

«Devo andare, sarà per un’altra volta» ,le disse secco, distruggendo il biglietto che teneva in mano. Poi si avvicinò con l’eleganza sinuosa di una pantera, posandole delicato la bacchetta in grembo.

«Fossi in te cambierei i miei piani, se fai un solo movimento ti manderò a casa in tanti piccoli pezzi, così piccoli che neanche la tua figlia mezzosangue riuscirà mai a ricomporli»,le sussurrò in un orecchio, scostandole un ricciolo sudato dalla fronte. «Ci vediamo presto, Andromeda cara.  Non preoccuparti, ci vorrà circa un’ora ma poi l’edera incatenaria ti libererà. Certo, la libertà ha sempre il suo prezzo, ma tu lo sai bene, no?» .

La porta si chiuse pesante dietro di lui, facendola ricadere nel buio maleodorante di quella stanza dalle pareti scrostate, mentre i tralci si stringevano e contorcevano sulle sue carni, improvvisamente ricoperti di spine acuminate.

Ma Ted era lontano, era al sicuro. Al sicuro, lontano da lei e dalla maledizione che il suo sangue ancestrale si portava dietro.

 

 

 

 

I minuti passavano lenti, dilatati nella paura che qualcuno potesse notare la sua assenza troppo prolungata. Nascosta nell’ombra, il cappuccio nero del mantello ben calato in testa, Narcissa si chiedeva se non fosse arrivata troppo tardi. Le sue sorelle avevano sempre avuto lo stesso carattere ribelle e irrequieto e poteva ben immaginare come avesse reagito Andromeda di fronte all’interrogatorio di Rodolphus. Tra quei due, inoltre, non era mai corso buon sangue, non si sarebbe stupita se Rodolphus avesse approfittato della sua nuova situazione di forza per vendicarsi del passato.

Il passato, quando che aveva smesso di essere così importante?  Quando le parole di quella sorella che l’aveva abbandonata nella notte erano tornate a tormentarla?

L’aria si era increspata appena, un rumore appena udibile. Narcissa trattenne il fiato, mentre Andromeda si materializzava sull’uscio di quella casa troppo anonima e troppo silenziosa, chiedendosi se non avesse sbagliato, se fosse ancora in tempo per tornare indietro.

«Se sei venuta per farti ringraziare, puoi anche tornare da dove sei venuta. Io non ti devo niente» .

Da quanti anni non sentiva quella voce? Narcissa si fermò ad osservare la strega davanti a lei: gli stessi capelli scuri e ricci, gli stessi occhi penetranti, il volto affilato che ricordava. Eppure era completamente diversa, così come diverso era lo sguardo sprezzante con cui la stava osservando.

«Tu mi odi ancora» , le disse semplicemente, allargando le braccia. «Davvero Andromeda? Dopo che te ne sei andata senza mai guardarti indietro? Mi sono svegliata e tu eri sparita, mi hai lasciato un misero biglietto…» 

«Non dovrei? Guardati intorno, guardami! É questo il mondo che volevi Narcissa? Ti senti migliore ora che puoi schiacciare sotto i tuoi pregiati stivaletti di pelle di drago gente la cui unica colpa è non essere nata in una famiglia di maghi? Ti fa dormire più serena sapere che mio marito è in fuga e che hanno messo una taglia sulla sua testa? Per quanto lo venderanno i Ghermidori, dimmi, sono davvero curiosa…»  sibilò Andromeda, squadrandola con furia.

«Io non… io…»  iniziò a replicare, le parole che però le morivano in gola, mentre al volto tumefatto della sorella si sovrapponeva quello di Draco, coperto di ferite dopo un attacco di ira di Lord Voldemort. Inghiottì a vuoto, cercando di scacciare la paura. « Lui… il Signore Oscuro… lui… Draco…credo che stia pianificando di farlo uccidere solo per punire Lucius…» .

«Pianificando, Narcissa? No, non siete abbastanza importanti perché spenda il suo tempo a pianificare di far smembrare vostro figlio da Greyback… oh, ho indovinato, vero? Pensa un po,  il tuo prezioso bambino purosangue infettato da un lupo mannaro, ironico vero?» , commentò la strega con una risata faticosa e priva di gioia, passandole affianco per andare verso la porta. «Perché sei venuta? Per farti compatire come sempre? Beh, perdonami ma stasera proprio non me la sento, puoi chiedere a tuo cognato il perché. A proposito, di chi avrebbe dovuto essere quel biglietto?» .

«Ti interessa del Mangiamorte confuso su cui Rodolphus scatenerà la sua ira per un falso avvistamento di Potter? No? Lo immaginavo», sorrise amara Narcissa, mentre Andromeda le passava accanto per entrare in casa, lasciandola ancora una volta sola.  D’istinto le afferrò il polso, bloccandola. «Non posso permettergli di distruggere la mia famiglia. Draco, Lucius, io…» .

«E allora smettila di aspettare che gli altri prendano le decisioni al posto tuo» , rispose la sorella senza guardarla, ma con una nota appena più dolce nella voce. «Forse sei l’unica che ha davvero l’opportunità di fare qualcosa, oltre a Harry. Vedi di non sprecarla come al solito» .

La porta si chiuse con un rumore secco, mentre Narcissa Malfoy, nata Black, accarezzava quel sentimento che le contorceva le stomaco e le chiudeva i polmoni dalla paura. Avrebbe accarezzato quell’odio, lo avrebbe blandito, vezzeggiato, incanalato dietro lo scudo dell’Occlumanzia. E poi, un giorno, gli avrebbe permesso di uscire, rompendo le barriere del terrore in cui viveva da quella sera di maggio in cui aveva visto il marchio nero di Lucius bruciare. Doveva solo attendere, come in fondo faceva da tutta la vita.

Nel frattempo avrebbe sorriso e chinato il capo e continuato a riempire ogni stanza di garofani rosso puro, puri come il sangue che non avrebbe mai dovuto tradire.



Questa storia partecipa all'attività "Un fiore dedicato" indetta dall'Angolo di Madame Rosmerta su FB.
Il prompt è Garofano rosso: risentimento.
   
 
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