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Autore: Swan Song    16/03/2024    5 recensioni
Nella pittoresca Venezia, si sta celebrando la festa in onore di un matrimonio molto speciale. L'atmosfera è allegra, e Steve e Susan Sheppard sono tra gli invitati.
E' risaputo, tuttavia, che quando si tratta di matrimoni, qualcosa va sempre storto.
[Mini indagine degli Sheppard, introdotti nel racconto "The Windsor Chalet"]
Genere: Comico, Dark, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'THE 1950s'
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Secondo








«Un delitto a stanza chiusa, ci siamo!» disse il fotografo, superando tutti per entrare nella camera «Questo è ciò che cercavo, fatemi scattare qualche foto, prego. Magari dai matrimoni passo alle scene del crimine.»
Steve non fece trascorrere neppure un battito di ciglia e lo bloccò per il petto «Non metterai mai piede qui dentro. Fuori, state tutti fuori! Non possiamo rischiare che le eventuali prove vengano contaminate!»
Didy restò immobile per qualche secondo dallo shock, poi scoppiò in un pianto disperato, crollando su sua sorella «No! Benny! Benny! Lo devo vedere! Io lo devo...»
«Quando avremo finito una prima analisi della scena.» disse Sheppard con dispiacere «Per favore, tornate tutti al piano di sotto. Per favore.»
Susan era parecchio sorpresa, non si aspettava che il ricevimento in onore del matrimonio di Aisha sarebbe divenuto lo scenario di un crimine.
«Tutti fuori!» ripeté Steve «Anche tu, figliola. Coraggio. Facciamoli andare giù e poi torniamo subito ad analizzare la scena.»
Lei annuì.
Aisha strinse sua sorella ed insieme a lei scese le scale, mentre Nathan affiancava suo fratello «Siamo maledetti, secondo te?»
«Nah. È colpa degli Sheppard. Se sei con loro, il cadavere sbuca di sicuro.» rispose Chuck, finendo il drink «Mai cambiarsi le camice quando è in corso una festa.»
«E questa dove l’hai sentita?»
«Me la sono inventata sul momento. Povera mamma, sarà sconvolta. Il palazzo, dopotutto, è suo.»
Steve fece accomodare ai tavoli gli invitati ed intimò loro di non muoversi di lì, né tantomeno uscire dalla struttura: ciascuno di loro poteva essere un potenziale assassino.
Quindi, questione di minuti, tornò al piano di sopra in compagnia di Susan e il maggiore Price.
Entrarono nella stanza, cautamente, e come prima cosa si diressero dal cadavere.
«Suppongo non ci sia bisogno di chiedersi l’ora della morte, figliola.»
Susan analizzò il foro d’entrata del proiettile «Suppongo di no. Lo sparo lo abbiamo sentito tutti.»
«Confermi che coincide con l’ora della morte?»
«Confermo.»
«Si tratta di una pistola di piccole dimensioni, come quelle utilizzate dalle donne.» disse Steve, piegandosi sul corpo «Una calibro 22, forse.»
Price alzò lo sguardo su di lui «Praticamente un giocattolo.»
«Ipotesi di suicidio?» chiese Steve.
«Da scartare al 99.9%.» rispose la figlia «Se l’assassino voleva farlo passare come tale, ha fallito in partenza.»
Steve annuì.
«Il foro dovrebbe trovarsi sotto il mento o in testa.»
«Esattamente. Invece si trova all’altezza del cuore ed è pure perfetto. L’assassino ha già maneggiato una pistola prima d’ora.»
«La camicia è aperta, segno che il nostro Benny si stava per cambiare.» notò Price «L’assassino ha agito subito, seduta stante. Appena l’ha visto entrare in camera.»
«Anzi, senza stoffe varie tra i piedi, il suo colpo non poteva che andare a buon fine.» aggiunse Susan «Proiettile direttamente sulla pelle, cosa c’è di meglio?»
«Questo sì che è un delitto premeditato!» disse Jonathan «Dire che era atteso è quasi riduttivo.»
«L’assassino si è nascosto qui, ma la porta era chiusa dall’interno e le finestre anche. Quando siamo arrivati noi, non c’era più nessuno tranne il corpo.» ragionò Steve, passeggiando per la stanza «Odio doverlo dire, ma...»
«Delitto a stanza chiusa.» Price gli risparmiò la sofferenza e lo fece al posto suo.
«Detesto i delitti a stanza chiusa!»
«Non sono male, invece.» intervenne Susan «Vuoi mettere il brivido di scoprire il Come?»
«A me preme più scoprire il Perché
«Dissento. Non dà la stessa emozione del Come
«Controllate immediatamente che non ci siano passaggi segreti.» Price sembrava ironico, dati i trascorsi, invece era serio «D’accordo, lo faccio io.»
S’inginocchiò sul tappeto, piazzato al centro della stanza, e lo sollevò «Niente botole.»
Steve si diresse alla finestra «Non credo si sia calato da qui. Questi palazzi sono altissimi, la morte è certa. E poi la finestra era chiusa dall’interno, per cui su questo punto non mi soffermerei più.»
«Fate venire Adam Windsor, li trova lui i passaggi segreti.»
«Non ci sono passaggi segreti, Jonathan.»
«E perché no, Sheppard in miniatura?» chiese questi, sollevando lo sguardo su Susan.
Lei curvò le labbra in un sorriso «Perché non sono mai gemelli.» ricordò.
«Sì, capisco che intendi.» Price infilò le mani nelle tasche della divisa «Questo caso non può essere identico all’altro, giusto?»
«Giusto.» la detective si avvicinò alla riproduzione di un cavaliere in armatura, posizionato esattamente di fronte al letto dove giaceva Benny «Un tantino inquietante, ma...»
Steve l’affiancò «Secondo voi un uomo non troppo grosso può nascondersi qui dentro?»
Sentì Price rabbrividire alle sue spalle «Adesso mi spaventi, Steven...non c’è nessuno, lì dentro. E’ un’armatura vuota.»
«Certo, l’occupante ha approfittato del trambusto e del momento in cui la stanza, sebbene per pochi minuti, è rimasta priva di sorveglianza, per fuggire. In parole povere, poco fa.»
Price non voleva crederci «Avresti già risolto il caso? Serio?»
«Non ho affatto risolto il caso, amico mio. E le mie sono soltanto ipotesi.»
«Quindi stai affermando che quando hai aperto la porta, l’assassino era ancora qui dentro?»
«Non puoi davvero dissolverti nel nulla, se si tratta di un delitto a stanza chiusa. Non convieni? E l’unico posto dove poteva nascondersi il nostro criminale, è proprio dentro l’armatura.»
«Sotto il letto no?»
«No.»
«Perché no?»
«Sei un Maggiore, dovresti averlo capito.»
Price osservò la stanza e fece schioccare due dita «La traiettoria del proiettile.»
Steve annuì «Il colpo è partito da questi paraggi.»
«Ma la pistola è sparita. Se la sarà portata via l’assassino.»
«Probabile.»
«Mi state dicendo che un cavaliere in armatura ha fatto fuori Benny?» chiese Price «Pensa la faccia del poveraccio prima di morire.»
Steve fissò il corpo «Dobbiamo capire Chi e Perché.»
«Chi? Steven, eravamo tutti giù alla festa.» Price non aveva mai creduto nei fantasmi, ma un brivido in quel momento gli attraversò l’intero corpo, facendogli provare il dubbio e riportandolo indietro nel tempo, al caso dello Chalet «E i camerieri non hanno accesso alle camere.»
«Ma l’armatura non può essere stata posseduta da uno spettro, no? C’era una persona, una persona vera, lì dentro.» controbatté il marine «E da questo momento in avanti, tutti i partecipanti alla festa sono sospettati.»
«Eravamo di sotto.» insistette il Maggiore «Eravamo di sotto quando abbiamo sentito lo sparo. Nessuno ha il dono dell’ubiquità, Steve. E’ qualcuno venuto da fuori.»
Sheppard mise su uno dei suoi sorrisi, che Price conosceva fin troppo bene e che non portavano a nulla di buono «Non è mai qualcuno venuto da fuori.»

S’inoltrarono nei corridoi del palazzo per scendere al piano di sotto; le luci dei lampadari mettevano a fuoco le pareti di travertino logorate dal tempo.
L’aria era densa, carica di storia e, probabilmente, segreti.
«Ho sentito voci...» balbettò Price, al fianco di Steve «Voci che dicono che un’antica maledizione grava sul palazzo. Non credo a queste sciocchezze, ma...Steven...»
«Mantieni la calma, Jonathan.»
A Susan sembrò che le luci tremolassero, proiettando ombre sinistre sui muri.
E’ soltanto suggestione…
Steve si fermò di colpo, ascoltando. Ascoltando chiacchierare sussurrate che sembravano provenire dalle crepe nelle pareti, come se i fantasmi del passato si stessero confidando tra di loro.
Le parole erano incomprensibili, ma il tono era carico di emozioni: rabbia, disperazione, rimpianto.
Si girò, ma non c’era nessuno.
Solo il soffio del vento che s’insinuava attraverso le finestre aperte. Continuò a camminare.
E’ soltanto suggestione…
La sua mano si posò istintivamente dove di solito teneva la pistola, nella fondina. Ma l’aveva lasciata in camera, perché alla festa non sarebbe servita a nulla; in quel momento, avrebbe voluto averla con sé.
Un freddo improvviso lo attraversò, come se le anime tormentate del passato lo stessero trascinando verso il loro destino.
Si girò, ma non c’era nessuno.
Ogni passo sembrava risvegliare l’eco di antichi passi, di intrighi politici, di amori proibiti.
Steve si aggrappò alla sua razionalità, cercando di resistere. Ma il palazzo sembrava vivo, respirante, e lui e gli altri erano soltanto degli ospiti indesiderati.
«E quale sarebbe questa maledizione?» domandò con un filo di voce.
Il Maggiore Price inghiottì saliva, prima di raccontare «Le leggende narrano di un antico patto infranto, di vendette irrisolte e di anime tormentate che vagano tra le sue mura. Nel XV secolo, il cardinale Barbo, futuro papa Paolo II, commissionò la costruzione del palazzo. Tuttavia, durante i lavori, un gruppo di artigiani venne ingiustamente accusato di tradimento e condannato a morte. Le loro anime, intrappolate nell’edificio, avrebbero giurato vendetta contro coloro che avevano causato la loro rovina. Da allora, questo palazzo è stato testimone di eventi oscuri. Ogni generazione ha contribuito alla sua maledizione e, in tutta onestà, non so perché Harper l’abbia comprato. Si dice che chiunque osi violare il silenzio del palazzo, rischi di incrociare lo sguardo spettrale degli artigiani traditi.»
«Ma ad uccidere Benny è stato un colpo di pistola, non una mano soprannaturale.» ribatté Steve, razionalmente.
«Questo è vero, ma...»
«Violare il silenzio del palazzo?» ripeté Susan «C’è solo una festa in corso!»
«Harper non l’ha fatto apposta ad invitarci tutti qui, vero?» azzardò Price «Chi ha scelto la location? Lei o gli sposi?»
Avrebbe voluto una risposta, ma si accorse di essere arrivato nel salone.
«Ora che facciamo, soci? Andiamo sul “palco” e recitiamo la nostra parte?»
Steve gli diede qualche colpetto sulla spalla «L’hai detto.»
Quando superarono i tavoli, la folla si zittì e puntò lo sguardo su di loro.
Nathan ed Aisha si stavano sussurrando parole di conforto, le mani intrecciate dolcemente.
Susan non poteva esserne sicura, non aveva ancora sviluppato un udito da felino, ma poteva ipotizzare che l’argomento principale fosse il classico “perché capitano tutte a noi”.
Salvo che, questa volta, non era stata la signorina Lopez – ora Solo – ad essersi ritrovata faccia a faccia con un cadavere.
Susan li osservò meglio: le fronti appiccicate, gli sguardi spenti, le lacrime agli occhi...il trucco di lei che colava. O quella era una gran recita, o si sentiva di discolparli a prescindere. Sapeva che un vero detective non si comporta così, sapeva che i sentimenti stavano avendo nuovamente il sopravvento, perché i due erano suoi amici e un amico non può mai essere l’assassino.
Ma un assassino è sempre l’amico di qualcuno.
Si schiarì la gola ed abbozzò un “mi dispiace”; loro sollevarono gli sguardi e mostrarono un’espressione di riconoscimento «Lo troverai, vero?» disse Aisha «Troverai chi ha ucciso Benny.»
«Lo troverò, sì.»
Era una promessa. Infondo, quanto sarebbe stato difficile?
Gli occhi analizzavano l’intera sala, occhi attenti, occhi giudicanti.
Suo padre aveva ragione: uno di loro era l’assassino, nonostante l’ottimo alibi, nonostante si trovasse in sala al momento dello sparo.
C’era davvero qualcuno dentro l’armatura?
O erano soltanto supposizioni dettate dall’irrefrenabile necessità dell’essere umano di aggrapparsi alla ragionevolezza?
«Il personale di servizio è da escludere, sebbene possa muoversi più indisturbato per l’intero palazzo.» sussurrò tra sé e sé.
«Come?» chiese Nathan, che la sentì.
«Niente. Non ho detto niente.» Susan sembrava ipnotizzata, completamente concentrata sugli ospiti.
Poi, suo padre prese la parola «Signori...» posò lo sguardo su Gertrude e socia «E Signore...quest’oggi è stato commesso un orrendo crimine. Un crimine che ha come vittima un povero coniglio pasquale.»
L’omino coi baffetti si accese l’ennesima pipa, così, per smorzare la tensione «Un coniglio pasquale? Ma che diavolo...»
«Lei non è un uomo attento. L’ha detto Benny durante il suo discorso in onore degli sposi.» fece Sheppard «Alla vittima piaceva intrattenere il pubblico, un po’ come sto facendo io adesso, e a pasquetta il pubblico era composto da bambini.»
«Oh, adesso è chiaro.» disse l’altro, sputando fuori il fumo «Ma che c’entra col delitto?»
«Ogni dettaglio è importante. E qualcosa mi dice che quello del coniglio pasquale non è da sottovalutare. Potrebbe esserci un collegamento.»
«Se lo dice lei...è lei l’esperto.»
«Un unico colpo di pistola, uno solo, lo abbiamo sentito tutti.» proseguì Steve «Ma chi può essere stato, se eravamo tutti qui? Ciascuno di noi può sicuramente testimoniare la presenza di almeno cinque persone. Uno sguardo di sfuggita, ma che certifica l’aver visto qualcuno qui, in quel momento, è sufficiente.»
Il vecchietto che faceva la corte a Susan alzò la mano «L’assassino era già dentro la stanza.»
La ragazza alzò le sopracciglia. Quello stava diventando un gioco a quiz, un vero spettacolo d’intrattenimento, a differenza del precedente, dove lei e suo padre avevano fatto abbastanza pena.
E, a giudicare dagli interventi, era pure interattivo.
Steve fece un mezzo sorriso «Sì, è vero. L’assassino dev’essere entrato in anticipo nella stanza, probabilmente rubando una copia della chiave, quella che utilizzano le donne delle pulizie.» scrutò ciascuno di loro, per studiarne le reazioni «Poi si è chiuso dentro ed ha atteso. Per ore, magari, ma prima o poi Benny sarebbe salito. Mi chiedo, a tal proposito: la scena del vino sulla camicia della vittima è stata accidentale?»
La novantenne amica di Gertrude portò una mano al cuore «Come osi, giovanotto?! Certo che è stata accidentale, anzi, è stata colpa tua! È partito tutto da te, non so se rammenti!»
Il marine sospirò «Volevo solo verificare che fosse attenta.»
«Come no.»
«Quindi Benny non sarebbe dovuto salire in camera a quell’ora. È stato un incidente di percorso per l’assassino, che lo aspettava parecchio più tardi, forse dopo la festa. Ma tale incidente non gli ha sballato i piani, in quanto si trovava già in postazione.»
«Quale postazione?» chiese a tal proposito Harper.
Steve lasciò trascorrere qualche secondo, apposta, poi rispose «Questo non posso rivelarglielo, signora Windsor. Tempo al tempo.»
«Ah, almeno io non sono sospettata a prescindere.» disse Odette, sorseggiando altro vino «Sempre più amaro.»
Essere la moglie di Price, secondo lei, la scagionava automaticamente da tutte le accuse.
«Gradirei iniziare gli interrogatori.» tagliò corto il marine «Se non vi dispiace, convocherò ciascuno di voi nella biblioteca del...»
Un tuono rimbombò nel cielo, squarciando l’aria come una lama affilata.
Nel sontuoso salone veneziano, le persone si voltarono; occhi spalancati mentre le luci traballavano come fiammelle danzanti.
L’atmosfera diventò carica di mistero, quasi soprannaturale.
Le ombre si allungarono, il silenzio si fece pesante, interrotto solo dal fragore del tuono.
Fu come se il mondo intero trattenesse il respiro, aspettando qualcosa di straordinario.
Nel cuore del salone, un lampadario antico oscillò leggermente, come se fosse pronto a rivelare un segreto millenario.
Le persone si scambiavano sguardi, e persino i più scettici percepirono dei brividi lungo la schiena.
«Gli artigiani arrabbiati.» balbettò Harper con uno sguardo di puro terrore.
La mente di Steve era come una tela bianca, pronta per essere dipinta con indizi e deduzioni.
E mentre il tuono continuava a ruggire, si preparò ad iniziare gli interrogatori.
«Signorina Didy Lopez, cominciamo da lei.»

Price e Susan erano in piedi, lui di fronte al camino, lei di fronte alla finestra. Solo Steve era accomodato.
Susan si affacciò. Le strette strade veneziane erano scure e scivolose. Le facciate delle case, ornate di balconi in ferro battuto e finestre a ghigliottina, erano sbiadite e coperte di gocce d’acqua.
I colori sgargianti delle insegne dei negozi erano anch’essi sbiaditi, e le tende dei Cafè erano state abbassate, come se la città stesse cercando di nascondersi dalla tempesta.
L’acqua si raccoglieva nei canali. Le gondole, solitamente eleganti e romantiche, oscillavano grazie al movimento delle onde.
Il suono della pioggia, costante ed inesorabile, creava un sottofondo sinistro.
La città stava piangendo.
In quel paesaggio spettrale, i passanti si muovevano con passo frettoloso, cercando riparo sotto portici ed archi. Le loro ombre si allungavano sulle pareti umide, i loro volti erano oscurati da cappucci ed ombrelli.
C’era un senso di solitudine nell’aria, come se la pioggia avesse portato alla luce vecchi segreti e ricordi sepolti.
«La città sussurra di storie di amori perduti, vendette antiche e fantasmi.» disse Didy, accarezzandosi la collanina che portava al collo.
Steve la lasciò finire.
«E’ un momento in cui il confine tra il reale e l’immaginario si assottiglia.» continuò con sguardo vacuo «Tutto è possibile.»
«Quella è un regalo di Benny?» chiese poi il detective, schiettamente.
«Oh, sì. Una specie di promessa. Per il nostro...matrimonio.» a quella parola scoppiò a piangere «Scusate. È solo che mi sembra tutto così assurdo.» si coprì il volto con le mani «Lui non può essere morto, non può! Chi può aver fatto tutto questo? Chi ha ucciso il mio fidanzato?»
Senza lasciarsi sopraffare dalle emozioni, Sheppard domandò «Lei e Benny come vi siete conosciuti, se non sono indiscreto?»
Didy estrasse un fazzolettino dalla borsetta e si asciugò le lacrime, e nel frattempo Susan si sporse per verificare che non ci fossero strane iniziali incise sopra, come accade spesso nei gialli più famosi «Al circo. Pensate.»
Questa volta fu Price a parlare, dopo essersi scambiato uno sguardo con Susan, sorpresa quanto lui «Al...circo?»
«Sì, perché?»
Jonathan sventolò le mani in aria, in un vero e proprio tentativo di giustificazione «Niente, non mi fraintenda. È una cosa normale… normalissima.»
Susan rise.
«A Benny piaceva intrattenere, quindi gli piaceva il circo. Ero lì con il mio precedente fidanzato.»
Price fischiò «Le cose si fanno interessanti.»
«Ma quando ho visto lui...è stata una folgorazione, detective. Quando i nostri sguardi si sono incrociati, ho capito immediatamente che sarebbe stato il mio futuro sposo. Ma così non sarà!» scoppiò nuovamente in lacrime «E’ la vendetta degli artigiani! Lo sapevo che questo palazzo è maledetto, avevo timore già quando Aisha mi ha comunicato che sarebbe stato il luogo della festa!»
«Non esistono le maledizioni.» taglio corto Steve, sempre più aggrappato alla razionalità «Immagino Benny l’abbia corteggiata fino a riuscire a prendere il posto del precedente fidanzato.»
«E’ andata così, sì. Anche se il precedente mi ha dato della poco di buono proprio per questo. E lui e Benny sono quasi arrivati alle mani.»
«E’ emozionante, sì.» commentò Price con ironia «E’ davvero emozionante. Questo che c’entra col caso?»
«Non c’entra. Apparentemente.» rispose Susan, che era stata in ascolto «Ma ogni informazione è importante. Il passato della vittima, in questo caso, è importante.»
Price la indicò «Non starai mica dicendo che il famoso “precedente” è venuto qui per vendicarsi, vero?»
Didy sgranò gli occhi «E’ una cosa di anni ed anni fa! È impossibile.»
«La vendetta è un piatto che si serve freddo.» disse Susan.
«No, lo escludo. E poi lui non c’era in sala.»
«Può essersi camuffato. Può non averlo visto.»
«Non mi convince.» sospirò la maggiore delle Lopez «Voi...voi pensate che sia stato tutto accuratamente organizzato, vero? Che l’assassino si sia presentato qui apposta per compiere il delitto.»
«Questo è evidente, sì.» rispose Steve «Anzi, sono certo che ci abbia seguiti dagli Stati Uniti. Dove si è tenuta questa festa di pasquetta?»
«Bè, negli Stati Uniti.» confermò Didy «A Portland, nel Maine.»
Steve annuì «La ringrazio per la collaborazione. Può andare.»
Solo quando alzò lo sguardo, notò che anche nella biblioteca era presente un cavaliere in armatura, un’armatura identica a quella della scena del crimine.
La figura stava immobile, riflessa nella lama di una spada posata a terra.
Per un attimo, fu come se avesse una volontà propria.








Angolo Autrice:

Carissimi, bentrovati! <3
Ringrazio tutti coloro che sono arrivati fin qui: come dico ogni volta, i gialli mi danno parecchia soddisfazione, perché è il genere dove ho più lettori!
O forse sono gli Sheppard che hanno fatto breccia nel cuore degli "spettatori" xD
Anche questo capitolo è pieno di riferimenti alla Christie, più sul piano cinematografico, in questo caso: 
"Praticamente un giocattolo", riferito alla pistola, è una citazione di Assassinio sul Nilo.
"Un assassino è sempre amico di qualcuno", invece, di Assassinio a Venezia.
Ci sono poi altri riferimenti riguardanti presunti fantasmi che perseguitano gli ospiti e leggende inquietanti.

Detto ciò, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento e alla prossima!
Eccezionalmente pubblicherò di domenica anziché sabato, quindi domenica  24.

Vi auguro una buona settimana. <3

SwanXSong

 
  
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