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Autore: Chillram9    17/03/2024    1 recensioni
Elizabeth Belvoir ha un sogno: incontrare il suo idolo Aldric, il mago più potente del regno.
L'occasione per riuscirci si presenta quando riceva una lettera d'ammissione dalla misteriosa Accademia di Magia Reale Duelcrest.
Di questa scuola si sa poco e nulla, se non che Aldric è l'unico ad averne mai ottenuto il diploma.
Elizabeth è determinata a fare lo stesso. Non sa però che il terribile segreto che si cela dietro l'Accademia e l'incontro con una strana ragazza cambieranno per sempre la sua vita.
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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22. La natura del mana



Per un istante rimasi pietrificata.
Amy era distesa sul pavimento davanti a me, pancia a terra.
A giudicare dall’accappatoio che indossava, doveva essere appena uscita dal bagno. Probabilmente si stava dirigendo verso l’armadio per prendere un’uniforme pulita, ma era crollata a metà strada.
Parte di me sperava che fosse inciampata, ma era ovvio che ci fosse qualcosa che non andava.
Infatti, sulla sua gamba destra, c’era qualcosa di estremamente luminoso. La luce che emetteva era così accecante che non riuscii inizialmente a discernere cosa fosse.
Strinsi gli occhi, cercando di capire di cosa si trattasse.
Con orrore capii che, quel qualcosa, era vivo.
Lungo una decina di centimetri, dotato di due alette trasparenti,  quello che sembrava essere un grosso insetto dal ventre brillante era appollaiato sulla povera Amy. Potevo vedere le sue zampette muoversi erraticamente, strusciando sulla sua gamba..
Fu come un segnale.
Finalmente riuscii a scrollarmi di dosso lo shock.
Estrassi la bacchetta e la puntai con precisione verso quella creatura:
«Freeze
L’insetto smise all’istante di muoversi e, immobilizzato, scivolò sul pavimento con un lieve thud.
Quando si staccò dalla sua vittima intravidi una sorta di proboscide, non dissimile da quella di una zanzara.
Spostai il mio sguardo sulla gamba di Amy. Non sembrava esserci il segno di una puntura…
Ma non era importante adesso, ci avrei pensato più tardi. Mi avvicinai ad Amy, urlando il suo nome.
Nessuna risposta, doveva essere priva di sensi.
Con mani tremanti, puntai la bacchetta verso di lei.
Al mio comando il corpo di Amy si sollevo. Lentamente, con grande attenzione, la girai a pancia in su, per poi farla adagiare sul letto.
Mi precipitai al suo capezzale.
“Ma che…?!”
Il volto di Amy era estremamente pallido. Forse quella creatura doveva averle succhiato il sangue, proprio come una normalissima zanzara.
Ma c’era qualcosa di molto più strano e preoccupante. Amy sembrava stranamente deperita, smunta, come se avesse vissuto di  stenti per lungo tempo. Ma questo… non era possibile. L’avevo vista giusto qualche ora fa e stava benissimo!
“Che diavolo le ha fatto quell’affare?!”
Con mio enorme sollievo comunque, sembrava respirare. Con attenzione le poggiai due dita sul polso. Il suo cuore batteva debolmente. Qualunque cosa avesse, aveva necessità di cure immediate.
Prima che potessi decidere su come procedere, qualcuno irruppe nella stanza in tutta fretta.
«Che diavolo sta succedendo qui?!»
Era Sophia. Le mie urla dovevano averla allertata.
Il suo sguardo si mosse velocemente per la stanza, si spostò dal corpo di Amy, allo strano insetto sul pavimento ed infine su di me.
«Che stai aspettando?! Portiamola in infermeria, ti do una mano!»
In un lampo si precipitò accanto a me e si passò un braccio di Amy sulla spalla. Annuii e feci lo stesso. Quando la sollevammo tuttavia, non potemmo fare a meno di scambiarci un’occhiata confusa.
Il corpo di Amy era estremamente leggero. Troppo leggero. Seppur fosse minuta di statura, non era possibile che pesasse così poco.
Però, non era quello il momento di pensarci, ora la priorità era portare Amy in infermeria il prima possibile.
Ci dirigemmo per i bui corridoi della scuola, senza proferir parola. Eravamo in allerta. Da parte mia temevo che dietro un angolo, avremmo trovato uno sciame di quelle strane creature, pronte ad aggredirci.
Fortunatamente però, riuscimmo a raggiungere l’infermeria senza intoppi.
Stavo per aprire la porta con la mia mano libera quando Sophia si fermò:
«Riesci a fare da sola da qua?»
«Mmmh, credo di sì...»
Normalmente non ce l’avrei mai fatta, ma Amy era così stranamente leggera che non penso avrei avuto problemi.
«Ok, ci vediamo qua fuori.»
Sophia corse via. Per abbandonarmi in quella situazione, doveva essere qualcosa d’importante…


***


Circa mezz’ora più tardi, mi chiusi la porta dell’infermeria alle spalle.
Come mi aveva detto, Sophia mi stava aspettando là fuori, appoggiata al muro. Era così immersa nei suoi pensieri che il cigolio della porta la fece sobbalzare.
«Allora?! Come sta?» mi chiese. Il suo tono tradiva preoccupazione.
«S-se la caverà…» risposi, la voce rotta dal sollievo. Mi lasciai scivolare lungo la parete con un sospiro. Ora che la scarica di adrenalina causata da quella crisi improvvisa era passata, mi sentivo completamente esausta.
Sophia si sedette sul pavimento accanto a me.
«I-io… Mi dispiace,» si scusò Sophia evitando il mio sguardo, «se non ti avessi fermato nel corridoio, avresti potuto intervenire prima e…»
«Non dire stupidaggini… Che cosa ne potevi sapere? Se la metti così allora la colpa è la mia. Se non fossi andata in camera sua, non avrebbe tenuto la porta aperta e non sarebbe stata aggredita!»
«Anche tu non ne potevi sapere nulla…»
«Allora diciamo che siamo entrambe colpevoli!» risposi con forza, «e ci faremo perdonare facendola pagare a quello stronzo che ha osato fare del male ad Amy!»
Sophia si voltò e mi guardò stupita, dopo un attimo però annuì: «Per una volta, mi trovi pienamente d’accordo…» disse con un mezzo sorriso.
«Meglio iniziare subito allora…» riprese dopo qualche secondo di silenzio, «Ti hanno detto che cos’ha che non va? Non ci ho fatto molto caso, vista la fretta nel portarla qua, ma non mi sembra che avesse alcuna ferita. Che diavolo le ha fatto quella… cosa?» mi chiese, tornando seria.
La risposta era semplice, quanto terrificante. Quando, poco prima, il guaritore mi aveva spiegato cosa aveva scoperto, non avevo potuto fare a meno di rabbrividire.
Se non l’avessi fermata, quella strana creatura avrebbe certamente ucciso Amy nel giro di pochi secondi.
«È il suo mana... Quell’insetto deve averlo prosciugato. Non ne ha praticamente più.»
Ricordai l’accecante bagliore che il ventre di quell’essere sembrava emettere. Non c’erano dubbi, quella luce non era altro che il mana di Amy, di cui la creatura si stava cibando.
«Può recuperarlo però, vero?» mi chiese Sophia, in apprensione.
«Mi hanno detto di sì. Ma ci vorrà tempo. Avrà bisogno di diversi incantesimi rinvigorenti e di stare a riposo per almeno due o tre settimane.»
Sophia sembrò sollevata. Dopo un po’ però il suo viso si tinse di confusione.
«Ma veramente perdere mana l’ha ridotta in quello stato? Sembrava come se fosse a digiuno da mesi e pesava quanto un bambino piccolo!»
«Beh, conoscendo gli effetti della carenza di mana, mi sembra logico, no?»
Per qualche ragione, le mie parole sembrarono irritarla.
«Scusa tanto, ma non sono molto esperta dell’argomento,» sbottò, poi con un filo di voce continuò, «il mio mana è così insignificante che non mi sono mai posta il problema di cosa succederebbe se lo finissi…»
“Eh?”
Non l’avevo mai vista reagire in quella maniera.
Che… Sophia… avesse un complesso sul suo potenziale magico?!
Ma con il potere che aveva, che importava? Non aveva alcun bisogno di lanciare incantesimi per sconfiggere praticamente chiunque!
Normalmente l’avrei punzecchiata, ma non era quello il momento. E qualcosa mi diceva che, in questo caso, Sophia non l’avrebbe presa sul ridere.
Per un attimo pensai al modo migliore di spiegarle cosa intendevo.
«Mhh… Ok. Immagina di correre e correre, senza sosta. Cosa succederebbe se, anche dopo aver esaurito ogni energia, non ti fermassi?»
«Beh, immagino collasserei per terra o forse finirei per svenire…»
«Esatto, a prescindere dalla tua volontà, arriverebbe il momento in cui il tuo corpo si rifiuterebbe di andare avanti,» le dissi annuendo, «con il mana è praticamente lo stesso. Quando ne utilizzi troppo, inizia ad essere difficile lanciare incantesimi. Ci si sente esausti proprio come dopo aver corso troppo. E se i livelli di mana sono troppo bassi, il tuo corpo non ce la fa più e praticamente si spegne.»
«Per questo, in condizioni normali, è praticamente impossibile esaurire il proprio mana,» continuai, «se cercassi di lanciare un incantesimo che lo porterebbe a livelli critici, finirei per svenire. Vedilo come un meccanismo di sicurezza che il tuo organismo mette in atto per non farti far male da sola.»
«Ed Amy…»
«Il suo mana è ben oltre sotto il livello di guardia e questo ha avuto effetti diretti sul suo corpo. È come se avesse iniziato ad erodere tutte le sue energie, fino a ridurla in quello stato.»
«È terribile… ma… perché?» chiese Sophia, ancora non convinta, «ho sempre visto il mana come qualcosa che serve solo a lanciare incantesimi… Perché perderlo dovrebbe causare tutti questi problemi?»
«Mmmh… qua entriamo in una branca della magia che è ancora molto fumosa,» le risposi, «quella che cerca di dare risposta a cosa sia il mana…»
«Vedi, se adesso tu mi aprissi a metà con la tua spada, riusciresti a trovare il mio mana?» chiesi.
«La prospettiva è allettante, ma no, non saprei neanche dove cercarlo, in effetti…» rispose Sophia accennando un sorriso.
«Idiota… Beh, comunque non hai torto. Nonostante tutti gli studi fatti, nessuno è finora riuscito a scoprire dove risieda il mana. È senza dubbio dentro di noi, se ci concentriamo possiamo avvertirlo e i maghi possono manipolarlo… ma non sappiamo di preciso dove e cosa sia.
In alcuni casi è possibile osservarlo fuori dal corpo, ma oltre a misurarne l’intensità, non sembra ci si possa fare niente. È inodore, insapore e intangibile. Solo molto luminoso…»
«Vuoi dire che… qualcuno ha provato a mangiarlo?!» chiese Sophia sbalordita.
«Penso fossero disperati di scoprire qualcosa,» ridacchiai.
«Quindi, alla fine, ancora nessuno ha una risposta su cosa sia?»
«No, ma c’è un’interpretazione che penso mi convinca.»
«Sarebbe?»
«Se il mana è così legato al nostro corpo e perderlo ne causa il deperimento… alla fine forse non è altro che la nostra forza vitale.»
«Forza vitale…»
«Ciò che ci mantiene in vita. È intangibile, ma sempre dentro di noi. Praticamente… è come se fosse la nostra anima.»
«Se fosse come dici… se tutto il nostro mana venisse prosciugato…»
«Perderemmo ciò che ci tiene in vita o meglio… smetteremmo di esistere!»
Esclamammo l’ultima parte all’unisono.
Il modo in cui eravamo arrivate a quella conclusione era decisamente ben poco razionale, ma… era l’ultimo pezzo del puzzle! Finalmente ciò che era successo nelle passate settimane aveva un senso.
«Quindi, mi vuoi dire che in giro per la scuola c’era una specie di zanzara che ha risucchiato per intero due dei nostri compagni?!» esclamai. Dire quelle parole a voce alta, rendeva tutto ancora più assurdo. Ma per quanto strampalata, la spiegazione aveva senso.
Non avevamo trovato alcun cadavere, non perché fosse stato nascosto o distrutto, ma perché non ce n’era mai stato uno.
Le condizioni di Amy erano una prova schiacciante. Dopo essere stato esposto all’attacco di quella creatura, il suo corpo aveva perso massa, tanto da arrivare a pesare poche decine di chili.
Quale fosse la vera natura del mana, non era azzardato pensare che, se l’insetto avesse finito il suo pasto, il corpo di Amy sarebbe completamente appassito, fino a cessare di esistere.
Quello era l’orribile fato che aveva colpito Mary Stillwater e Frank Boyle.
C’era però ancora qualcosa che non tornava.
«Ma… perché Amy non si è difesa?» domandai, «seppur fosse bello grosso, si tratta comunque di un insetto, anche senza bacchetta avrebbe potuto scrollarselo di dosso…»
«Dovremmo chiederglielo quando si sveglierà, ma ho un’ idea,» rispose Sophia, pensierosa, «sai, quando ti punge una zanzara, non te ne accorgi di solito, giusto?»
Dopo avermi visto annuire, Sophia continuò: «È perché la loro saliva ha il potere di diminuire il dolore causato dal loro morso… Mi chiedo se quella creatura possa fare qualcosa di simile ma, invece di diminuire il dolore, abbia proprietà paralizzanti, così che possa mangiare indisturbata.»
«Non ne saprai di mana, ma a quanto a fatti interessanti sulle zanzare…» la punzecchiai.
«Leggevo molto da piccola,» rispose Sophia sprezzante, «c’è una cosa che mi fa pensare di aver ragione…» continuò tornando seria.
«Sarebbe?»
«Il sangue nella stanza di Frank Boyle.»
Me ne ero quasi scordata. Seppur pungesse le sue vittime, l’insetto non sembrava provocare ferite, per questo non si spiegava la presenza di sangue.
«Ovviamente non posso esserne sicura, ma penso che le cose siano andate così,» iniziò a spiegare Sophia, «per qualche ragione, che ancora non mi è chiara, Frank era nella sua stanza durante la lezione, con la porta aperta. La creatura ne ha approfittato per entrare ed attaccarlo. Frank probabilmente era in piedi in quel momento. La puntura l’ha paralizzato, facendolo cadere in avanti e mandandolo a sbattere contro la scrivania. Il colpo l’avrà fatto sanguinare.»
La teoria di Sophia aveva senso e spiegava anche perché la stanza fosse in quello stato. Cadendo in avanti aveva probabilmente urtato anche la sedia. Poveraccio…
«Quindi l’insetto l’ha prosciugato di tutto il suo mana, lasciando per terra solo i vestiti…» concluse Sophia.
“Giusto, avevamo trovato un’uniforme per ter-”
Fu allora che ricordai un fatto che, per via di quegli strani omicidi, mi era completamente sfuggito di mente. Se solo ci avessi pensato prima…
«Sophia…»
«Che c’è?»
Le raccontai di come, diverse settimane prima, ero scivolata sopra un’uniforme abbandonata nel bel mezzo di un corridoio.
In un’altra situazione ero certa che Sophia mi avrebbe preso in giro. Ma questa volta non lo fece. Eravamo entrambe consce che quelli su cui ero inciampata non erano altro che gli ultimi resti di Mary Stillwater.
Continuammo a discutere per diversi minuti, cercando di riordinare i fatti, ora che conoscevamo cosa aveva causato quelle morti.
Infine, nonostante tutto, non potei fare a meno di provare un minimo di sollievo.
«Almeno a questo giro non si trattava di un nostro compagno, ma di un animale,» dichiarai sospirando, «dovremmo andare di nuovo da Skylark, è l’unico che può scoprire se ci sono altri di quegli affari in giro…»
Il volto di Sophia si incupì all’improvviso.
«Ah… tutta questa storia me l’aveva quasi fatto dimenticare…»
Sembrò armeggiare con qualcosa alla sua destra. Dopo un attimo mi passò quello che sembrava essere un fagotto.
Riconobbi, dal colore, le lenzuola che coprivano i nostri letti.
«Che…?» iniziai a domandarle.
«Aprilo…» mi fermò Sophia.
Districai il fagotto.
«Ma qui non c’è niente…»
«Esattamente.»
Il tono di Sophia era amaro.
«Quando sei entrata in infermeria, sono tornata nella stanza di Amy. Non sapevo quanto sarebbe durato il tuo incantesimo, quindi ho pensato che fosse una buona idea intrappolare l’insetto prima che si liberasse. L’ho avvolto nelle coperte per portarlo qua, ma…» Sophia deglutii, «quando ero a metà strada ho sentito qualcosa agitarsi all’improvviso. Pensavo fosse ritornato a muoversi, ma ha smesso quasi subito. Quando ho aperto il fagotto… era scomparso.»   
«Com’è possibile?»
Che quella strana creatura avesse il potere di teletrasportarsi?!
Non potevo escluderlo, ma c’era una spiegazione più semplice.
«Hai mai sentito parlare di una specie di zanzara gigante capace di assorbire mana?» mi chiese Sophia.
“No, certo che no.”
Non sembrava qualcosa che potesse esistere in natura.
Ma allora…?
«…Un famiglio!»
Sophia annuì.
«Quella creatura è scomparsa perché, avendo percepito che era in trappola, chi la controllava se n’è disfatto.»
Un famiglio non era altro che una creatura evocata tramite un incantesimo. Non si trattava di un animale in carne ed ossa, ma il suo corpo prendeva forma dal potere magico del suo proprietario. L’evocatore poteva poi controllarla tramite un flusso di mana continuo.
Ma…
«Un famiglio del genere… può esistere?»
Solitamente i famigli comunemente evocati erano piccole creaturine, utili per lo più per mandare messaggi o spiare qualcuno. Gli incantesimi di evocazione erano parecchio avanzati dopotutto. Creare qualcosa come quella creatura aspira-mana sarebbe stato difficilissimo, a meno che…
«Un potere innato…»
«È quello che ho pensato anch’io» annuì Sophia, «chiunque abbia creato quell’essere è estremamente pericoloso. Dopotutto se i suoi famigli aspirano mana, ci sarà un motivo.»
In effetti… quelle creature sembravano capaci di immagazzinare il potere magico nel loro ventre. Possibile che poi lo trasportassero al loro evocatore? E a che scopo?
Rabbrividii. Non poteva essere nulla di buono.
«Beh, quello che so. è che sono punto a capo,» esclamò stizzita Sophia.
«Cosa intendi?»
«Anche se ora sappiamo in cosa consiste il suo potere, se questo tizio si limita a mandare in giro questi insetti, come diavolo faccio a catturarlo? Come nel caso di Boyle, può starsene tranquillamente seduto a lezione, mentre manda i suoi servi a fare il lavoro sporco.»    
«Mmmh, forse c’è un modo,» le risposi grattandomi il mento.
«Eh? Come?»
Era la prima cosa che mi era venuta in mente quando avevo pensato ai famigli.
«Beh, non ne sono sicura, dato che probabilmente ci troviamo di fronte ad un potere anomalo. Ma, se funziona in maniera simile ad un famiglio, trovare chi lo controlla non dovrebbe essere difficile…»
«Il fatto che abbia fatto scomparire l’insetto quando ha percepito che era in trappola,» continuai, «indica che mantiene comunque un collegamento magico con le sue creature. Quindi basterebbe seguirne il flusso di mana per risalire al colpevole.»   
«Mmmh, seguire il collegamento tra la creatura e il suo evocatore, dici? Come dovrei fare?» chiese Sophia.
«Beh è semplice. È un po’ come seguire il corso di un fiume. Non devi far altro che inviare un flusso di mana a tua volta e fargli seguire il… Oh!»
Alle mie parole vidi l’espressione di Sophia mutare dalla curiosità alla frustrazione. Non ci sarebbe mai riuscita da sola. Il suo mana non gliel’avrebbe permesso. Ma allora… non aveva scelta…
Con uno strano senso di appagamento assistetti al conflitto interiore di Sophia consumarsi di fronte a me. Alla fine, stringendo i pugni, non poté far altro che ammettere sconfitta. Non c’era altro modo: se voleva scoprire chi era il killer, non aveva altra scelta che cooperare con me.
«... Da domani, dopo cena, faremo la guardia insieme…» mi disse infine. Dal suo tono era come se pronunciare quelle parole le avesse procurato dolore fisico.
Per la seconda volta questa notte, resistetti alla tentazione di punzecchiarla.
«D’accordo. Sarà un piacere lavorare con te,» le risposi sorridendo.
«Non farti strane idee, è solo per necessità. E vedi di non rallentarmi…» disse Sophia girando i tacchi.
Ma, prima che scomparisse nell’oscurità del corridoio, fui certa di aver visto l’ombra di un sorriso brillare sul suo viso.



Note dell'autore: Amy è salva... per ora? Questa settimana big exposition dump. Mi spiace non succeda molto in questo capitolo, ma era anche venuto il momento di dare qualche spiegazione sul magic system. Sono cose che risulteranno utili più in là. Alla prossima si accellera di nuovo, le nostre novelle investigatrici hanno un assassino da assicurare alla giustizia dopotutto...
   
 
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