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Autore: StormyPhoenix    20/03/2024    0 recensioni
Los Angeles, primi anni del nuovo secolo. Quasi per caso si incrociano le strade di una ragazza sola e in fuga dal suo passato spiacevole e di una delle band più famose del posto; un sentimento combattuto che diventa prepotente salderà il legame.
(Prima storia sui SOAD, so che è un po' cliché ma vabbè.)
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daron Malakian, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ciao a tutti!
Probabilmente non mi aspettavate così presto, e vi capisco, eheh :B non mi dilungherò troppo qui sopra con le note, per cui buona lettura, e grazie a chi ancora mi segue nonostante tutto <3


 

-Serj- 
L’ultima settimana di tour europeo, che ci porta in Francia e Belgio e, attraverso il Canale della Manica, in Inghilterra e Irlanda per due date del prestigioso Ozzfest, è un turbinio che in conclusione lascia tutti un po’ storditi mentre rientriamo negli Stati Uniti, cercando di non pensare a ciò che ci aspetta ancora per qualche ora, o magari qualche giorno. 
Nella mia mente si rincorrono due pensieri principali, che sono la ripresa delle esibizioni a partire dal 7 giugno e l’album in studio da completare, poi ve n’è un altro collegato alla mia professione “accidentalmente”, potremmo dire: prima di ripartire, appena ho avuto la chance di utilizzare un computer in un internet point, ho trovato un’e-mail di mio fratello Sevag. Fin qui nulla di strano, dato che io e mio fratello manteniamo una regolare corrispondenza quando siamo distanti, se non fosse per l’argomento della sua missiva digitale: durante una serata al Whisky à Go Go non solo ha incontrato Georgia, l’amica d’infanzia di Nikki che ho conosciuto anche io a dicembre, ma è stato bersaglio di insulti xenofobi insieme ad alcuni suoi amici e si è sfiorata la rissa; apparentemente, lui e Georgia hanno entrambi riconosciuto persone sgradevoli del passato, quali l’ex groupie di Daron, Tina, e l’ex fidanzato abusante di Nikki, Jake.
Il biglietto ricevuto da Nikki a inizio maggio, a questo punto, non è uno scherzo stupido ma un pericolo piuttosto concreto e, quanto prima, devo parlarne con i ragazzi per capire il da farsi per mantenere la sicurezza nostra, di Nikki e dell’intero staff, ma non ora che siamo in viaggio, stanchi morti. Nel frattempo ci rimuginerò su, chissà che non venga in mente qualcosa.
 
Al ritorno a Los Angeles, dopo aver smaltito il più possibile il jet lag, decidiamo tutti e quattro di recarci in studio per salutare Rick e magari, se riusciamo, lavorare un altro po’ all’album prima di ricominciare la tournée; il nostro produttore è contento di rivederci e ci invita a restare un po’, anche senza dover per forza tornare subito al lavoro sull’album, perché vuole sentire com’è andato il tour e qualche chicca aggiuntiva da parte di ognuno di noi. 
Per non sospendere i miei racconti seguo Rick in pausa sigaretta all’ingresso dello stabile, restando al fresco nell’ombra, ma il mio discorso viene comunque interrotto dalla comparsa di due persone dall’aspetto familiare: riconosco Mike Shinoda, membro di un’altra famosa band losangelina di nome Linkin Park, e il produttore della sua band, Don Gilmore, amico di Rick.
«Rick, vecchio mio!» Don saluta allegramente il collega con un abbraccio fraterno. «Passavo da queste parti e ho pensato di venire a salutarti. Come butta? Lui è Mike Shinoda dei Linkin Park, non so se vi conosceste già.» 
«Non c’è male, amico» risponde Rick, sorridendo. «Sono contento di averti visto, e contento di conoscere te, Mike» stringe con vigore la mano del ragazzo, apparendo decisamente allegro. «Mi sono preso una pausa per una sigaretta, e Serj mi sta raccontando del tour appena concluso.» 
«Il famoso Serj Tankian!» esclama Don, tendendo la mano, e gliela stringo. «Un gran piacere incontrarti, ho sentito dire da molti che in Europa tu e i tuoi colleghi avete fatto faville, è così?» 
«Così pare» replico con una leggera risata.  
«Mi sono ricordato di una cosa, per cui io e Don ci allontaniamo un attimo a discutere di business, ragazzi, scusateci» dice Rick, e io e Mike replichiamo con un sorriso e un gesto della testa, prima di tornare a guardarci in faccia.  
«Ciao Mike, da quanto tempo!» 
«Eh già! Ne abbiamo fatta di strada, entrambi, coi nostri gruppi, da quella sera del 1997 al Whisky à Go Go» sono le prime parole di Mike, che fino a quel momento si era limitato ad assistere ai nostri scambi di battute con un sorriso. «Abbiamo un nuovo cantante, lo sapevi?» 
«Me ne sono accorto la prima volta che ho beccato un vostro singolo in radio e la voce non era quella che ricordavo! Appena ho modo vorrei ascoltare il resto del vostro album per apprezzare al meglio, ma già da ora mi complimento per il lavoro che avete fatto, siete bravi e avete finalmente anche un cantante all’altezza.» 
«Grazie! Siamo molto contenti dell’album che abbiamo pubblicato e siamo molto orgogliosi di Chester.» 
Un’idea si forma improvvisamente nella mia testa. «Te la butto lì: ma se ci si beccasse un giorno di questi, anche in sala prove? Io e i miei colleghi, tu con i tuoi, magari anche qualcuno dei nostri tecnici più affezionati se vuole aggregarsi. Ci stai?» 
«Eccome se ci sto!» esulta Mike, stringendomi una mano. «Un po’ di cazzeggio agli strumenti accompagnato da una birretta ci vuole proprio. Anche io, Chester e gli altri veniamo da un periodo estenuante, ci vuole un po’ di leggerezza e socializzazione.» 
Una volta concordati luogo e orario, mentre io e Mike ci scambiamo i rispettivi numeri di telefono, Don e Rick si riavvicinano a noi. 
«Noto che è nata un’amicizia!» commenta Don. 
«Nata ora non proprio, ci conosciamo già da anni» rispondo «e finalmente ci siamo ribeccati, è bello.» 
«Evviva!» si aggiunge Rick. «Don, Mike, è stato un grande piacere, ora torno dentro al lavoro. Ci si becca!» 
«Ciao Rick, alla prossima!» si congeda Don con una stretta di mano, seguito da Mike, e i due si allontanano. 
Una volta tornato dentro, riferisco la proposta ai miei colleghi e tutti l’accolgono con entusiasmo, e siamo concordi nel voler far aggregare a noi anche Nikki, Sako e Beno. Shavo chiama al volo Beno, mentre John acchiappa Sako di fronte a una delle consolle per aggiornarlo; forse attirati dal rumore compaiono alcuni tecnici, inclusa Nikki, e Daron le corre incontro per informarla. 
«Serata con i Linkin Park? Seriamente?!» la ragazza è esterrefatta. «Sono senza parole, ma al tempo stesso sono super curiosa di conoscerli!» 
«Sapevo che l’idea ti sarebbe piaciuta» commenta Daron, abbracciandola. 
«Ammetto di essere un po’ in ansia, trattandosi di musicisti celebri, ma è un problema mio di insicurezza personale. Ormai un po’ mi sono abituata ad avere a che fare con celebrità, aiuta pensare che sono persone come me e come tutti gli altri... beh, ha aiutato un po’ anche il fatto di stare con una celebrità» aggiunge poi, dando di gomito a Daron per scherzare, e lui ride, tenendola per mano, prima di darle un bacio. 
«Ragazzi, non so voi ma questa notizia mi ha fatto sentire meglio, quasi quasi vorrei passare un po’ di tempo in studio a lavorare sull’album.» 
«Si può fare, dai.» 
«Mi raccomando, non strapazzatevi!» udiamo la voce di Rick venire dal fondo del corridoio. 
«Va bene, mamma Rick!» 
«Un giorno di questi ci picchierà» mormora John, trattenendo una risata. 

-Nikki- 
È una sera tiepida e uno splendido tramonto ancora illumina tutto nel momento in cui, alla spicciolata, ci raggruppiamo all’indirizzo che Mike ci ha dato. Non so cosa aspettarmi, non ho idea di che faccia abbiano i musicisti che sto per conoscere; conosco soltanto uno o due brani che ho beccato in radio di tanto in tanto. 
«Nervosa, bestiolina?» Daron mi si rivolge con delicatezza, intuendo il mio stato d’animo. «Hai la mano un po’ sudata.» 
«Sì, un po’» rispondo «mi dispiace per la mano appiccicosa, se la lasci l’asciugo un attimo da qualche parte...» 
«Ma no, non serve, non mi dà fastidio» replica lui, e per rinforzare il concetto stringe un po’ la presa. «Può capitare, dai. Respiri profondi, e ricorda che con loro il pericolo di figuracce non esiste; sono come noi, in fondo.» 
Seguo le istruzioni di Daron e subito mi sento meglio. «Va meglio, grazie.» 
Serj si fa avanti e bussa e dopo pochi secondi la porta si apre. Sulla soglia compare un ragazzo, potenzialmente mio coetaneo, fasciato in felpa e pantaloni larghi e grosse sneakers, con capelli e barbetta scuri e occhi dal taglio allungato, asiatico, che brillano quando la sua bocca si apre in un sorriso a trentadue denti. 
«Ciao ragazzi, benvenuti nella mia umile dimora!» il musicista saluta Serj con un abbraccio, poi procede a salutare nello stesso modo gli altri componenti della band, che già lo conoscono; Daron lascia temporaneamente la mia mano quando è il suo turno. 
«Abbiamo con noi tre persone in più» esordisce Serj, facendo cenno a me e agli altri due del gruppo di farsi avanti. 
«Sako Karaian, tecnico della batteria» si presenta Sako. 
«David Benveniste, detto Beno, manager della Velvet Hammer Music.» 
Dopo aver asciugato furtivamente la mano sui jeans, la tendo verso il ragazzo che mi sta davanti, rilassato e sorridente, e improvvisamente non ho più alcuna ansia poiché la mia prima impressione di Mike si è rivelata positiva. «E io sono Nikki Gray, tecnico di assistenza informatica.» 
«Sono contento che ci siate anche voi» dice Mike, guardandoci a uno a uno dopo averci stretto la mano, con genuina contentezza. «Su, venite dentro, di là ci sono gli altri.» 
Giunti nel grande salotto troviamo ad attenderci non solo delle altre persone, ma anche cibo e birre e qualche strumento musicale qua e là, pronto per un’eventuale jam session, una scena estremamente gradevole alla vista. I colleghi di Mike si avvicinano alla spicciolata per salutare Serj e gli altri, con una familiarità che implica di essersi già conosciuti anni addietro, tutti tranne uno che inizialmente resta in disparte: di lui spiccano subito gli occhi castani dietro un paio di occhiali dalla montatura sottile, lievemente velati di malinconia, e le fiamme blu tatuate sui polsi che spezzano la semplicità cromatica della sua maglietta bianca e dei suoi pantaloni cargo neri. 
«Tempo di presentazioni!» irrompe Mike nella piccola calca che si è creata, generando così un po’ di spazio; fa un gesto della mano allo sconosciuto lì vicino, che risponde all’invito facendo qualche passo in avanti ed ergendosi in tutta la sua altezza, che non è poca cosa. «Dall'Arizona a Los Angeles, vi presento Chester Bennington, il nostro fantastico vocalist!» il ragazzo in questione lancia un’occhiata al collega, come a dire “non starai esagerando?”, poi scrolla le spalle. 
«Ciao!» la voce chiara e sonora di Chester si fa sentire per la prima volta ed è piuttosto diversa dalla voce cantata che ricordavo, certamente più pacata; sorride, e spicca così un labret centrale. «Ho sentito parlare tanto e bene dei System Of A Down, sono felice di potervi finalmente conoscere.» 
Dopo che Mike ha presentato l’altra band al cantante, è il turno di noialtri che abbiamo accompagnato Serj e gli altri; Sako e Beno fanno il loro giro di presentazioni in maniera molto rilassata, poi tocca a me e una punta di ansia torna a farsi viva. Daron lo nota e mi viene vicino, per sincerarsi che io stia bene, annuisco e gli sorrido per tranquillizzarlo, stampandogli poi un bacio su una guancia. 
«Ultima ma non ultima, eccomi anche io» esordisco, sperando di fare una buona impressione. «Sono Nikki Gray, tecnico informatico, chiedo scusa se sembro un’ebete ma ancora non sono abituata ad avere a che fare con gente famosa, nonostante ormai lo faccia per lavoro da qualche mese» sento il mio ragazzo ridacchiare alle mie ultime parole «Daron ne sa qualcosa, in effetti» aggiungo, guardandolo, e lui risponde con un sorriso da squalo, cingendomi le spalle con un braccio e dandomi un piccolo bacio su una tempia prima di incoraggiarmi a fare un passo avanti, con un tocco sulla schiena. 
Mike resta da parte, essendoci ormai conosciuti, mentre stringo la mano agli altri che mi vengono presentati: Brad, chitarrista, con la sua corta criniera riccia, Rob, batterista, alto e dall’aspetto serioso, Dave, bassista, con la faccia fresca da adolescente, il giradischi Joe con i suoi intensi occhi a mandorla. Per ultimo si fa avanti Chester, che mi osserva e poi mi regala un grande sorriso che ricambio senza fatica alcuna; per ora conosco solo il suo nome, ma quel che prima ho letto nel suo sguardo, e ora il suo atteggiamento, sono abbastanza da accendere nel mio cuore un affetto fraterno per lui. 
«Forza ragazzi, il buffet è aperto» scherza Mike, prendendosi una birra dal tavolo, e tutti seguono il suo esempio, andando poi ad accomodarsi in vari punti del salotto. Anche io prendo per me una birra e mi siedo sul divano, in un angolo; Daron mi si siede vicino, intento a parlare con Brad, d’altra parte sono colleghi di strumento, ma non mi sento ignorata poiché ogni tanto si volta a guardarmi, come a sincerarsi che sia tutto a posto. 
Con la coda dell’occhio vedo Chester venire nella mia direzione, con un piatto misto di cibo, per poi sedersi anche lui sul divano vicino a me, e mi volto a guardarlo. 
«Vuoi favorire?» porge il piatto verso di me. «Ho preso abbastanza roba per tre persone.» 
«Oh...» per un attimo resto stupita. «Sì, grazie!» rispondo poi, allungandomi a prendere qualcosa dall’aspetto delizioso. «Gentilissimo.» 
«Non c’è di che» replica lui, con un sorriso. «Mi sei sembrata un po’ spaesata, prima... di’ un po’, ora che ci hai conosciuti ti sembriamo un gruppo di cazzoni, vero?» 
«Dei cazzoni estremamente simpatici, non c’è che dire» esclamo, con una risata. «Scherzi a parte, mi sento meglio ora. Come dicevo prima, sono soltanto una comune mortale che lavora a contatto con gente famosa e ancora non ci ho fatto il callo; non sapevo cosa aspettarmi da questa sera, ma ora che ho capito con chi ho a che fare, sono tranquillissima. Molto carino da parte tua, preoccuparti per me.» 
«So cosa significa sentirsi pesci fuor d’acqua, per cui voglio sempre che tutti in nostra compagnia si sentano accolti e a proprio agio.» 
«Mike diceva che sono venuti a raccattarti fino in Arizona, com’è la storia?» 
«Brad conosceva un tipo importante, tale Jeff Blue, e quando il precedente cantante della band è andato via sono stato raccomandato a Mike e colleghi... pensa te, ho lasciato in anticipo la mia festa di compleanno per registrare il mio provino per la band, e ho lasciato di botto il mio pallosissimo lavoro per volare a Los Angeles quando mi hanno preso. Sono stato fortunato perché mi hanno scelto, e si è creata un’ottima chimica internamente alla band.» 
«Indubbiamente sono stati fortunati a trovarti.» 
«E tu come sei stata “trovata”, invece?» cambia argomento Chester, prendendo un sorso di birra. 
«Se intendi in senso letterale, beh, sono stata trovata orizzontale sull’asfalto in un vicolo di questa città» inizio, cercando di usare un tono ironico per stemperare. «Pare che quasi debba ringraziare chi mi aggredì quella notte, perché mi ha messo sulla strada di Serj, che mi ha soccorsa. Da allora ho stretto amicizia con i ragazzi e, quando un loro tecnico informatico ha annunciato di doversi mettere in malattia per lungo tempo, hanno chiamato me perché li avevo messi al corrente di ciò di cui mi sono occupata per anni per lavoro. Poi anche io, come te, vengo da un altro stato, nel mio caso Utah.»  
«Entrambi veniamo da posti dimenticati da Dio, insomma» scherza Chester, anche se nel suo sguardo leggo empatia. 
In quel momento, per l’ennesima volta, Daron si volta in mia direzione nello stesso momento in cui l’altro cantante e io guardiamo nello stesso punto, e ci sorridiamo a vicenda. Il chitarrista, oltre a Brad, ora ha come ulteriori interlocutori Rob, Dave e Mike e non riesco bene a capire di cosa stiano parlando, ma la loro conversazione mi sembra interessante e dai toni pacati. 
«Daron si volta spesso a guardarti» constata Chester, con un sorriso. 
«Penso voglia assicurarsi che io stia bene... sa che ero in ansia prima di venire qui, e sembra sia contento di vedermi tranquilla e intenta a socializzare.» 
«Questo è il bello di una relazione, guardarsi le spalle a vicenda» replica il ragazzo; sorride quando nota il cambio di colore del mio viso e delle mie orecchie, che vanno a imporporarsi. «Vi ho visti entrare mentre ti teneva per la mano, ho visto il suo linguaggio non verbale mentre ti incoraggiava a presentarti... ma il concetto vale per qualsiasi relazione, anche amichevole. Non volevo metterti in imbarazzo, perdonami se per caso l’ho fatto.» 
«Tranquillo, non hai da scusarti!» lo blandisco subito. «È una relazione iniziata da relativamente poco tempo, ecco il motivo della mia reazione.» 
«Ebbene, ragazzi, tutto okay?» chiede Mike alla “platea”, alzandosi. «Che dite, suoniamo qualcosa al volo?» 
«Sì!» rispondono più persone nello stesso momento, quasi in coro. 
«Cominciamo con qualcosa di vostro» propone Serj, con un sorriso «poi proporremo qualcosa di nostro e dopo suoneremo insieme delle stesse canzoni.» 
«Mi sembra un’ottima idea.» 
«Propongo “Papercut”» salta su Chester. «Quando abbiamo girato il videoclip fingevamo di suonarla in acustico, ma secondo me renderebbe bene se la suonassimo per davvero in versione “unplugged”» Brad e Dave annuiscono. «Gli strumenti ci sono tutti... invece a Joe toccherà riprodurre lo scratching a voce, mi sa» Joe scoppia a ridere, facendo poi segno con il pollice in su. 
In pochi minuti Mike e compagni si predispongono e comincia la loro esibizione, e niente da fare, spaccano anche in versione acustica. Il brano non ricordo di averlo già sentito; ha un’atmosfera peculiare, che avvolge fino a far sentire anche all’ascoltatore il disagio di cui parla, per cui se l’avessi già ascoltata prima ricorderei di aver provato le sensazioni che sto provando ora. 
Appena concludono Serj, io e gli altri facciamo loro un applauso perché sì, se lo meritano eccome, e i ragazzi fanno tutti un breve inchino lì dove si trovano, prima di cedere il posto agli strumenti. In poco tempo Daron aggiusta l’accordatura della chitarra alle sue necessità, John si prepara con il cajon e Shavo si siede imbracciando il basso acustico; fanno segno a Serj, che annuisce, e a sorpresa si parte con “Aerials” che anche in versione acustica riesce ad essere sempre meravigliosa.  
«Spaccate» commenta Mike, applaudendo con gli altri, e di fianco a lui Chester annuisce vigorosamente. «Forza, che si mettano in gioco anche gli altri ospiti, ora! Che si suona?» 
«Io non sono capace di cantare o suonare» mette le mani avanti Beno. 
«Io posso provarci, ma non garantisco qualità» dice Sako «in compenso Nikki può fare qualcosa.» 
«Eh?!» mi volto verso il tecnico della batteria con uno scatto a rischio di colpo di frusta. 
«Vero!» salta su Shavo. «L’abbiamo sentita dal vivo, sa cantare e sa pure suonare un po’ la chitarra.»  
«Me la cavo, nulla di eccezionale» mi schermisco. 
«Va bene lo stesso, qui siamo fra amici, niente ansie» risponde Chester, cercando di incoraggiarmi. «Se non ti senti a tuo agio a cantare e suonare contemporaneamente, nemmeno quello è un problema: sei circondata di baldi giovani che sanno suonare.» 
«Incluso te, che sei niente male!» gli dà di gomito Mike di fianco a lui. «Perché non l’accompagni tu alla chitarra per un brano?» 
«Sfida accettata» Chester finge di gonfiare un po’ il petto come un pavone, poi ride e si fa passare la chitarra, risistemandone l’accordatura in poco tempo. «Allora, Nikki, cosa ti va di cantare? Dimmelo, e ti accontenterò» mi si rivolge, in posizione, pronto per iniziare.  
«Sono pessima con le scelte, soprattutto quando c’è un ampio “catalogo”» rispondo, seriamente in imbarazzo. 
«Proviamo così: ti suono l’intro di qualcosa, se la conosci mi fai cenno e la continuiamo. Okay?» 
«Perfetto, proviamo.» 
Chester inizia a strimpellare un’introduzione dai toni piuttosto cupi e nel giro di poco riconosco “Heart-shaped box” dei Nirvana. Non sono sicurissima di rendere bene, non è uno stile vocale che sento del tutto mio, ma decido di provarci ugualmente, per cui faccio segno a Chester, che a sua volta fa segno a John, e proseguiamo con il brano. Sento gli altri canticchiare con me e questo mi incoraggia. A fine brano si levano delle esclamazioni e un applauso da parte di chi non ha le mani occupate che mi fanno arrossire e chinare la testa per qualche momento, prima di ringraziare tutti. 
«Avevano ragione i tuoi amici!» esclama Chester, mettendo temporaneamente da parte la chitarra. «Dammi il cinque, collega!» e risuona un sonoro schiocco di mano contro mano mentre rido, contenta. 
«Sono piacevolmente sorpresa da tutto questo entusiasmo e apprezzamento» dico, schiarendomi la voce «mi sono sempre ritenuta una cantante mediocre.» 
«Ebbene, ragazza, noi qui adesso ti diciamo che devi avere più fede in te stessa, perché hai del potenziale!» aggiunge Mike, mentre tutti gli altri annuiscono. 
«Se dico che mi sei piaciuta un filino più dell’originale poi sembro di parte, vero?» si inserisce Daron. 
«Assolutamente» scoppio a ridere e mi alzo per andare un attimo ad abbracciarlo e lui mi stampa un grosso bacio sulla fronte, prima di lasciarmi tornare a sedere e chiedere che gli passino una chitarra. 
«Ho avuto un’idea per un brano, sicuramente vi piace, ai nostri fans piace da matti» dice, facendo un occhiolino a Serj che lo ricambia. Già dopo i primi due accordi ho capito di quale canzone si tratta, ma mi trattengo dal ridere per non rovinare la sorpresa agli altri; dopo poco si alza la voce di Daron, chiara e vibrante come sempre, con Serj che lo accompagna dapprima sottovoce. Una volta riconosciuta la canzone, Chester soffoca velocemente una risata mentre Mike e gli altri sorridono divertiti, e a fine esibizione tutti scoppiano in una cacofonia di risate più o meno sguaiate. 
«Questa cover è geniale!» commenta Chester, asciugandosi una lacrima mentre ancora ride. «”La isla bonita” di Madonna nel vostro stile! Vi adoro!» 
«Gentilissimo» risponde Serj, ringraziando a mani giunte e capo chino, imitato da Daron. 
«Chaz!» richiama l’attenzione Mike. «Ho avuto anche io un’idea per un brano!» 
«Avanti, spara!» 
«“Bye bye bye” degli *NSYNC!» 
«Mikey, hai appena avuto un’idea del cazzo che però mi piace da morire!» 
In qualche modo, in mezzo alle risatine e con occasionale incertezza sul testo, la cover prende vita e alla fine scoppiamo tutti quanti in risate rumorosissime a piena pancia. Mentre l’intera stanza è permeata di ilarità osservo le facce di tutti, imprimendo la scena nella mia mente e nel mio cuore: non c’è traccia alcuna di tristezza o tensione su alcun volto e finanche gli occhi castani di Chester ora sono accesi e illuminati, oltre a essere finalmente visibili senza ostacoli poiché il ragazzo, avendo riso fino alle lacrime, si è sfilato gli occhiali per non bagnarli. 
«Dio, vi adoro tutti!» biascica, con la voce ancora deformata dalla risata, e gli altri rispondono con versi o gesti di assenso. 
«Il sentimento è assolutamente reciproco!» gli rispondo, facendogli compagnia con gli occhi umidi e il sorriso a trentadue denti. 
La jam session va avanti per un po’, con qualche pausa per uno snack, e quando ci ricordiamo di controllare l’orologio notiamo che si è fatto lievemente tardi. 
«Ho bisogno di una pausa per fumare, chi vuole aggregarsi?» si alza in piedi Shavo, frugando in una tasca per cercare il pacchetto di sigarette, seguito da me, Daron, Serj, Mike e Chester. «Non ci metteremo molto» aggiunge poi il bassista in direzione di chi non si è alzato, a mo’ di scuse. 
«Andate tranquilli» risponde Brad «io devo andare un attimo in bagno.» 
«E io ho bisogno di almeno un litro d’acqua» aggiunge Joe, e dietro di lui Dave annuisce. 
«E io devo chiamare un attimo la mia fidanzata» si inserisce Rob. 
Ci disponiamo in un cerchio largo sul terrazzo e per un po’ c’è andirivieni di pacchetti e di accendino, dopodiché per qualche secondo restiamo tutti in silenzio, tempo di prendere i primi tiri. Mi distanzio un attimo dal gruppo, affacciandomi dalla ringhiera per guardare un po’ il panorama circostante, quando un braccio mi circonda la vita e avverto il calore di un corpo. 
«Tutto bene, bestiolina?» è Daron ad essersi avvicinato. 
«Assolutamente» annuisco, appoggiandomi con la testa alla sua spalla «mi sto divertendo e mi sento decisamente meno fuori posto di quando siamo arrivati.» 
«Molto bene» risponde lui, contento, a voce bassa. «Sono contenta che tu abbia iniziato subito a fare amicizia con gli altri, e specialmente con Chester.» 
«Niente gelosia?» 
«Assolutamente no. Penso di capire perché me lo chiedi e sono lieto di confermarti che no, nessuna gelosia, anzi, come detto, sono contentissimo se fate amicizia.» 
«Non so praticamente nulla di lui e del suo passato, ma quando me lo sono trovato davanti gli ho letto qualcosa nello sguardo che mi ha ricordato me» gli confesso. «L’ho percepito quasi fosse un fratello perduto e ora ritrovato.» 
«Anche io ho percepito nei suoi occhi qualcosa, e anche io come te l’ho conosciuto solo stasera, ma mi è già molto simpatico e penso sia davvero talentuoso, magari in futuro potremmo anche fare qualche collaborazione, sia come band che da soli.» 
«Sarebbe splendido e so già che fareste faville, insieme!» 
«Sempre troppo buona, tu...» 
Zittisco Daron per qualche secondo con le mie labbra sulle sue prima che possa eventualmente passare a sminuirsi da solo, e quando mi stacco rimane in silenzio a fissarmi con aria imbambolata e guance un po’ rosse. 
«Sei un’iniezione di serotonina, come sempre» mi dice, dandomi a sua volta un altro bacio prima di allontanarsi per un attimo a spegnere la sigaretta. Insieme ci riavviciniamo agli altri, che stanno finendo di fumare. 
«A breve devo andare via» esordisce Chester, spegnendo la sua sigaretta «avevo promesso a mia moglie che non sarei stato via per troppo tempo.» 
«Come sta il piccolo?» chiede Mike. 
«Sta bene, è tranquillo, non ci sta facendo perdere troppo sonno, per fortuna.» 
Rientriamo in salotto e, dopo qualche altro minuto di chiacchiere, Chester avvisa anche gli altri colleghi del fatto che deve andare via, per cui si avvia un giro di saluti con la sua band e poi con Serj e compagni; in ultima istanza saluta Beno e Sako, poi si avvicina a me. 
«Nikki, sono contento di averti incontrata questa sera insieme ai System Of A Down» inizia, sorridendomi. «Non so chi dei tuoi colleghi ha il numero di Mike, ma ho pensato che potrei lasciare a te il mio numero, per qualsiasi evenienza, che sia organizzare di nuovo una serata come questa, oppure questioni lavorative, cose così...» 
«Per me va benissimo» rispondo, tirando fuori il telefono e porgendoglielo. «Digita pure.» Il ragazzo inserisce rapidamente il suo numero e subito lo salvo. 
«Anche per me è stato un enorme piacere averti conosciuto, sei stato gentilissimo e accogliente con una comune mortale come me e questa è una cosa bellissima che non dimenticherò mai» aggiungo, prima di salutarlo con un abbraccio fraterno. 
«E di che, è il minimo» replica lui, continuando a sorridere. «Buonanotte, ragazzacci!» saluta a voce alta, prima di scomparire nel corridoio che porta all’ingresso.
 






Note dell'autore: ho scelto il 20 marzo per pubblicare questo capitolo perché è il giorno del compleanno di Chester Bennington. Questo capitolo è nato nella mia testa alcuni mesi fa e vuole essere un tributo a lui, alla sua vita e alla sua arte, e fa anche parte del mio personale processo di elaborazione del lutto, iniziato veramente soltanto 2 anni fa circa anche se sono quasi 7 anni che Chester ci ha lasciato. Spero che il capitolo vi sia piaciuto tanto quanto è piaciuto a me scriverlo, ovvero tantissimo <3

  
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