Videogiochi > Zelda
Segui la storia  |       
Autore: Afaneia    22/03/2024    1 recensioni
Link viene condannato ingiustamente per alto tradimento.
Impa e i Campioni escogitano l'unico, folle piano possibile per salvarlo.
Succedono cose.
La mattina del terzo giorno Zelda è stata confinata nei suoi appartamenti dalle guardie e a Link è stato ricordato senza mezzi termini che, rifiutando un ordine diretto del re, rischiava la corte marziale. Senza scomporsi, Link ha pranzato con calma, ha indossato la divisa della guardia reale, ha congedato il suo attendente e si è seduto nei suoi alloggi ad aspettare che venissero ad arrestarlo; ha scritto qualche lettera, nel frattempo, e ha annotato delle idee sulle mappe che campeggiano da mesi sul suo tavolo da lavoro. Quando i soldati mortificati si sono presentati con l’ordine d’arresto, ha chiesto solo la cortesia di non essere ammanettato, ha deposto la Spada sul tavolo e li ha seguiti senza opporre resistenza.
Revalink, ovviamente.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Impa, Link, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo VII – Interferenze
 
“Pareva piena di attenzioni, ma la conosco: lo faceva per gelosia. Non mi ha voluto lasciar solo con lui.”
“Perché vi amava. Non c’è gelosia senza amore.”
André Gide, I falsari.
 
Il giorno successivo Link mette da parte l’orgoglio e l’offesa e plana di nuovo verso il Volodromo, perché Hyrule è più importante e verrà sempre prima delle scaramucce verbali coll’altezzoso Rito che gli è toccato in sorte per marito: Revali, come sempre, vi si è recato stamani prima ancora dell’alba, dopo l’ennesima nottata trascorsa lavorando. Non fanno menzione della discussione del giorno precedente: va benissimo così. Quando si lavora, non c’è tempo per le sciocchezze.
Dopo tre ore di allenamento, Link comincia a comprendere perché gli altri guerrieri Rito non approfittano del Volodromo tanto quanto potrebbero: persino negli allenamenti, Revali è implacabile. Per loro, comprende Link d’un tratto mentre Revali vortica sopra la sua testa e una pioggia di frecce si conficca nello scudo ch’egli ha fatto appena in tempo a sollevare sopra di sé, avere a che fare con lui è scoraggiante perché semplicemente non esiste un termine di paragone.
«Chissà come sarebbe finita quel giorno se la principessa Zelda non ci avesse interrotti» gli dice quando si fermano per bere. Pensa al loro primo duello, quando i Rito, scambiandoli per nemici, li hanno attaccati mentre scortavano la principessa e il piccolo guardiano al loro Borgo: è stata la prima volta che hanno combattuto, quella. Non che ce ne siano state altre, dopo, se non per allenarsi, cogli altri Campioni, nei giardini del Castello di Hyrule; ma seriamente mai.
«Non mi pongo domande delle quali conosco già la risposta» risponde Revali facendogli cenno di passargli la borraccia: Link deve esercitare un notevole sforzo di volontà su se stesso per non scaraventargli addosso anche quella.
«Certo» risponde a denti stretti mentre si limita a passargliela non troppo vicina, in modo che Revali debba comunque protendersi e sbilanciarsi verso di lui per prenderla. «Ci mancherebbe.»
Revali riprende la conversazione dopo aver bevuto. «Non devi prendertela quando ti dico queste cose. È la pura sacrosanta verità, e non è tutta colpa tua, sai. Semplicemente, tesoro mio… tu non puoi volare. Mi limito a enunciare un dato di fatto. Non puoi planare dall’alto scagliando frecce e fare tutta una serie di cose che io, modestamente…»
A questo punto Link fa una cosa che ha sempre punito severamente ai suoi uomini di fare durante gli addestramenti, perché è una cosa puerile e inutilmente pericolosa ed è contraria a ogni norma di buon senso sull’uso delle armi, ma che può permettere a se stesso di fare perché lui è lui e perché questo maledetto Rito è troppo arrogante per non essere messo a tacere: solleva la spada, con un gesto apparentemente casuale eppure controllato, e la punta in mezzo ai suoi occhi. Revali ammutolisce all’istante. «Ti ho mai detto che è proprio la tua modestia che mi ha convinto a sposarti, sì?»
Revali contempla la spada che punta tra i suoi occhi con uno sguardo un po’ più compiaciuto di quello che sarebbe lecito aspettarsi in questa circostanza. A quanto pare, l’esser stato appena colto di sorpresa da lui lo fa sorridere. «Immagino che tu stia cercando di dimostrare che ho allentato la guardia mentre parlavo con te. Molto divertente. Però non prova niente.»
«Ne sei sicuro?» chiede Link rinfoderando la spada. «Non è che, per caso, non prova niente solo perché non prova una tua teoria?»
«No. Non prova niente perché tu sei mio marito e dunque non mi attaccheresti mai in battaglia.»
Link apre la bocca per protestare senza saper bene che cosa dire per primo tra non credevo che mi considerassi davvero tuo marito e non essere così sicuro che non ti attaccherei; poi decide di lasciar perdere. Può impiegare il suo tempo in modo più produttivo che sfiancandosi in discussioni con lui, per esempio sistemando il suo equipaggiamento.
«Potresti provare il mio stesso allenamento, comunque» propone Revali quasi distrattamente.
Link è talmente concentrato a estrarre punte di freccia dallo scudo di legno che usa per gli allenamenti che quasi non lo sente. «Eh?»
Revali fa un cenno in direzione della voragine che si spalanca al centro del Volodromo. Link segue il suo sguardo senza capire: per quanto lo riguarda, non è che un profondo buco nel terreno attorno a una rupe disseminata di bersagli. Aggrotta la fronte perché quello è troppo gratuitamente insultante persino per lui.
«So che ci sei rimasto male per la questione della spada, ma questo è puerile, Revali. Non me l’aspettavo da te. L’hai detto tu che non sono in grado di scagliare frecce planando.»
«Non ti sei chiesto perché il Volodromo è stato costruito qui?»
«No, ma presumo che la risposta sia che è facilmente raggiungibile dal borgo e che è un luogo che hai scelto tu sulla base della tua inestimabile saggezza, perché tu sei il grande Revali e sai sempre che cosa è meglio per la tua gente.»
Revali lo guarda quasi con soddisfazione perché evidentemente, per una volta, Link ha azzeccato entrambe le risposte. Il suo sarcasmo dev’essere passato inosservato. «Mi sorprendi, Link. Hai quasi indovinato, ma ti manca l’elemento fisico. Non hai sentito che in quel punto le correnti d’aria sono più forti?» A questa domanda Link evita accuratamente di rispondere, perché ha la sensazione che a me sembra che faccia lo stesso freddo dannato ovunque non sarebbe considerata una risposta adeguata. «Ho scelto questo posto perché ci sono degli sfiatatoi naturali che la mia gente poteva usare per sollevarsi in volo. Non ti nascondo che li ho usati anche io mentre perfezionavo il mio vortice.»
«Ma senti» commenta Link, cui l’ennesimo autoelogio del vortice di Revali interessa immensamente meno che sistemare il proprio scudo. «Pazzesco.»
Il suo sarcasmo comincia a diventare abbastanza evidente perché Revali inizi a infastidirsene. «Perché non ci provi anche tu?»
«L’hai detto tu, Revali. Perché non posso. Non ho – com’è che le chiamate voi? Ah – le ali
«Hai quella tua paravela, no?»
Link non può negare di averla. Leva gli occhi su Revali con una certa curiosità perché non capisce dove voglia andare a parare. «Va bene, ma dovrei comunque riporla per poter mirare. Non ho la stessa struttura fisica dei Rito.»
Revali scrolla le spalle. «Se vediamo che funziona, possiamo lavorare a un modo per adattarla. Le poche volte che ti ho visto tirare con l’arco, la tua mira non era proprio pessima.»
Quello è l’unico modo che Revali conosca di fargli un complimento. È sorprendente come riesca a rassomigliare anche a un’offesa in una discreta varietà di modi diversi.
«Naturalmente, capisco che tu non te la senta di metterti alla prova con me, ma…»
Non è per la sfida: è per Hyrule. Quantomeno è questo che Link ripete a se stesso mentre ci pensa per un po’, osservando l’enorme buca con un interesse che finora non le ha mai destinato. Tutto sommato, Revali non ha torto: con la paravela, forse, qualcosa potrebbe pure combinare; un giorno potrebbe trovarsi in una situazione in cui potrebbe pentirsi di non aver sviluppato quest’abilità; e poi, soprattutto, nessuno dei due lo ammetterà mai, ma sono in uno stallo maledetto. Hanno passato le ultime ore ad allenarsi perché ciascuno dei due è il miglior guerriero che l’altro conosca – altra cosa che nessuno dei due ammetterebbe mai – ma non andranno da nessuna parte, così. E Link è piuttosto stufo di parare le sue frecce senza scopo.
«Proviamo» risponde stringendosi nelle spalle.
 
Ci sono state molte occasioni in cui Link ha rivalutato le sue scelte di vita, che non sono state sempre giuste o felici.
Nessuna è come oggi, però. Nella fattispecie, Link è nervoso, frustrato, scoraggiato; il sudore gli si è ghiacciato sulla schiena nell’aria gelida che esce a fiotti dagli sfiatatoi naturali del Volodromo; gli fanno male le braccia, la schiena, persino la testa; ma, soprattutto, nutre un profondo desiderio di commettere un uxoricidio.
Avrebbe dovuto ascoltare quella voce dentro di lui che gli sconsigliava di accettare quella sfida, se mai quella voce c’è stata; o, se non quella voce, quantomeno il poco buon senso che aveva dimostrato di avere quando ha detto non posso farlo, non ho le ali. Ora che ha iniziato, tirarsi indietro sarebbe come ammettere di fronte a Revali che non è alla sua altezza; il che è stupidamente ovvio, da un certo punto di vista, perché lui non è un Rito e non sa volare più di quanto Revali sia in grado di risalire a nuoto una cascata; ma fa lo stesso. A questo punto, Link è troppo orgoglioso per dire semplicemente basta.
Lo stupisce l’assenza di commenti da parte di Revali: è insolitamente tranquillo. Neppure quando Link rovina a terra all’interno della buca, stranamente, gli sfugge una delle sue battute: si accerta persino che non sia morto, il che è insolito ai limiti del commovente, da parte sua. Sembra più interessato a risolvere il problema che non a deriderlo, il che, per lui, è un’assoluta novità.
Alla fine, verso il tramonto, quando ormai il gelo si fa insostenibile e rischiano di restare ad allenarsi alla sola luce di torce e fiaccole, Link si sfila di dosso la faretra e dichiara: «Senti, lasciamo stare. È un problema perso in partenza.»
Revali lo osserva in silenzio per un po’. Sta pensando.
«Non ne sono sicuro» dice infine. «Fammi fare ancora un tentativo.»
Veramente a Link sembra che i tentativi siano qualcosa che sta facendo lui, fino a prova contraria. «E cosa pensi che cambi?»
«Non lo so. Aspetta, però… dammi il tuo arco. Fammi vedere una cosa.»
Link glielo porge senza troppe aspettative: qualunque cosa pur di smettere di discutere con questo dannato Rito e andare a casa. Si scalda le mani soffiandovi sopra mentre Revali studia il suo arco nella poca luce rimasta, tendendolo e piegandolo cogli stessi gesti lenti, metodici, di quando lavora il legno la sera mentre Link lo osserva pigramente dall’amaca.
«Non è tutta colpa tua» dichiara infine Revali. «Questo arco…»
«Fammi indovinare. Il mio arco fa schifo e non è neppure comparabile a quelli prodotti dalla tua maestria» sbotta Link, che si sta congelando il culo per stare a sentire questo Rito pretenzioso e arrogante elargire le sue massime di saggezza a chiunque sia disposto a stare a sentirlo abbastanza a lungo; che, nel caso specifico, è lui. Tutto sommato non è poi sorprendente che non fosse già sposato, prima del suo processo. «Ora che l’abbiamo appurato possiamo andare?»
Revali alza gli occhi su di lui come se fosse sorpreso della sua presenza. «Che c’è? Hai freddo?»
Link non ha neppure la soddisfazione di scaraventargli addosso l’arco. Si avvia imprecando lungo la strada che porta al borgo, maledicendo se stesso, Revali e anche Impa per l’idea che ha avuto: forse aveva ragione quando lo ha salutato sulla collina, quel giorno, e gli ha chiesto di perdonare lei e i Campioni per averlo condannato a questo matrimonio.
Questa sera, per non dichiarare pubblicamente a tutta la sua gente di essere il marito peggiore del mondo, Revali non può limitarsi a tornare al borgo in volo come fa di solito. È costretto a camminare con lui, percorrendo l’ampio semicerchio che si snoda nella valle girando intorno alla loro dirupata città, per imboccare l’unica via d’accesso a piedi. Continua a studiare il suo arco: se può servire a farlo star zitto e a risparmiarsi qualcuno dei suoi commenti, Link è più che disposto a lasciarglielo. Tanto più che, a quanto pare, come ha appena scoperto, è un arco che fa schifo.
Quando varca la porta principale del villaggio si sorprende di scoprirlo addobbato in modo simile alla sera del loro arrivo: Link solleva gli occhi sulle decorazioni mentre salgono attraverso le strade strette verso casa loro. Revali deve notare la direzione del suo sguardo.
«Domani è il giorno del matrimonio di Avaris e Leta» gli ricorda. «Finalmente vedrai un matrimonio Rito in piena regola.»
Link era stato tanto preso all’idea di costruire la casa, a dire il vero, che non s’era neppure chiesto precisamente quando quel matrimonio sarebbe stato celebrato. «Non come il nostro, intendi dire.»
«Già. Puoi scrivere al tuo cucciolo di attendente che qui ci sarà il banchetto nuziale, a differenza del nostro.»
Il fatto che Revali insista a definire Lelek un cucciolo di attendente lo diverte sempre molto, in parte perché è una definizione che gli calca a pennello; ma soprattutto perché gli comunica quanto Revali sia ancora indispettito per la questione delle rivelazioni nel cortile del castello. «Gli farà piacere saperlo. Gli scriverò anche che oggi l’attività con te mi ha sfiancato, così avrà qualcos’altro da raccontare per metterti in imbarazzo la prossima volta.»
Revali non risponde solo perché stanno attraversando un punto particolarmente affollato: sembra che metà della popolazione maschile del villaggio si sia addensata in questo particolare tratto di strada, di fronte a una specifica casa. Revali si ferma.
«Andiamo a porgere i nostri saluti allo sposo» sospira dopo un istante. Link lo guarda con curiosità perché non gli sembra entusiasta della cosa: per lui, evidentemente, è una perdita di tempo. «Sarebbe scortese non andare, giacché siamo qui. È tradizione.»
Si fanno largo attraverso la folla che si assiepa sulla soglia della casa: Link deve presumere che sia la casa dove Avaris ha vissuto finora con la sua famiglia d’origine, ma evita di chiedere spiegazioni. Avaris è raggiante di felicità ma un po’ nervoso: ringrazia entrambi abbracciandoli con braccia tremanti.
«Grazie di essere venuti» risponde loro macchinalmente, come se l’avesse detto già decine di volte, ormai; il che non è sorprendente. Un’anziana Rito, forse sua madre, porge loro tazze di tè bollente: Link tiene la sua tra le mani nel disperato tentativo di scaldarsi. «Maestro Revali, domani ci farete entrambi l’onore di esserci? Ci sarà anche Derdran, sapete» aggiunge, come se fosse un dettaglio carico d’informazioni per entrambi. Per Revali, evidentemente, lo è, perché la sua espressione cambia subitaneamente; ma non sembra essere una buona informazione. Per Link, invece, quel nome non vuol dire niente. «Ha preso un giorno di licenza per poter venire. Mi ha scritto che sarebbe partito dalle cime di Hebra stanotte per fare in tempo.»
«Che bella notizia» risponde gelidamente Revali. È una fortuna che Avaris sia sufficientemente preso dal pensiero del proprio matrimonio da non accorgersene. «Lo rivedrò volentieri. Per Link sarà quasi la prima volta, non è vero?» chiede passandogli un braccio sopra le spalle: Link rimane sufficientemente esterrefatto da quel gesto da avere la prontezza di annuire solo con qualche secondo di ritardo. Non ricorda di essergli mai stato vicino così. Si sente avvampar le guance, ma, per fortuna, Avaris non sembra far caso neppure a questo. «Non credo che ti ricordi il suo nome. Stavi troppo male, quel giorno, ed eravamo troppo presi da altro. Derdran è l’ufficiale che ci ha sposati.»
«Oh» risponde Link, incerto su quello che ci si aspetti di sentir dire da lui e ancora piuttosto concentrato sulla strana inusuale vicinanza dei loro corpi. Si rende conto solo in questo momento di non aver mai pensato alla misteriosa figura dell’ufficiale Rito la cui firma deve campeggiare sul loro certificato di nozze: eppure ricorda chiaramente che Revali e Mazli ne hanno parlato come di qualcuno che esisteva e che conoscevano entrambi. «Ricordo vagamente. Mi farà piacere rivederlo» aggiunge, poiché gli sembra una cosa gentile da dire, e questo sembra bastare a convincere Avaris. La pressione del braccio di Revali sulla sua spalla si allenta impercettibilmente: a quanto pare, Link ha detto la cosa giusta. Anche se non sa bene quale sia stata.
Glielo chiede quando rientrano in casa e fanno bollire l’acqua per lavarsi dopo gli allenamenti, accendendo bracieri per scaldare la casa a sufficienza. Finora, quando gli ha chiesto direttamente qualcosa legato alla vita del borgo, Revali è sempre stato sufficientemente bencreato da rispondergli risparmiandogli battute superflue; volendo, perciò, potrebbe limitarsi a chiederglielo senza stratagemmi né girarci intorno. Ma oggi Revali ha messo a dura prova la sua pazienza in ogni modo possibile, perciò, sfilandosi con noncuranza il mantello per avere una scusa per guardare distrattamente altrove mentre parlano, Link chiede a bruciapelo: «Derdran è il tuo ex?»
«Il mio cosa?»
«Ex» ripete Link, che non sa come scandire quella parola più chiaramente di così. «Sai, tipo… ex fidanzato?»
Sperava veramente di aver indovinato, ne era quasi sicuro: glielo ha chiesto così, a tradimento, nella speranza di coglierlo alla sprovvista e di strappargli la verità, come quella volta che su Medoh ha mentito e ha fatto il nome di Impa per bluffare; ma non è servito. Revali lo scruta perplesso per un po’.
«C’è qualcosa che te l’ha fatto credere?»
«No» deve ammettere Link a malincuore. Odia che gli fallisca una strategia. «Speravo solo di scoprire perché hai cambiato espressione quando hai sentito il suo nome.»
«E hai pensato subito a una storia romantica?» chiede Revali. Dal tono della sua voce, sembra che trovi l’idea divertente. «Geloso, eh?»
Link non aveva mai pensato che la sua strategia potesse ritorcerglisi contro a quel modo. Forse Revali non è l’unico colpevole di abbassare la guardia, tra di loro. Dev’essere avvampato d’improvviso, perché Revali appare estremamente divertito. «Sai che non me l’aspettavo da te?»
«Finiscila» sbotta Link scagliandogli addosso il mantello. Revali si limita a prenderlo al volo senza smettere di ridere.
«La tua gelosia mi lusinga» prosegue ignorandolo bellamente. «Non sapevo che ti sentissi così. Posso tranquillizzarti dicendoti che non ho avuto storie di nessun genere né con Derdran né con nessun altro?»
«Per quanto mi riguarda puoi anche esserti scopato tutto il creato» risponde Link dandogli le spalle.
«Questa è proprio una cosa che direbbe qualcuno a cui darebbe un dannato fastidio se mi fossi scopato anche solo mezzo creato» ribatte Revali ridendo. Il che, deve riconoscere Link ripensando alle proprie parole, è più vero di quanto gli piaccia ammettere: suona esattamente come se gli desse fastidio. «Comunque, se la cosa ti può tranquillizzare, noi Rito tendiamo a sceglierci un partner per tutta la vita, perciò…»
«Revali» lo interrompe Link, che non vorrebbe sorbirsi un sermone sulla monogamia dei Rito neppure se non fosse sposato con uno di loro. «Ho afferrato il concetto. C’è qualcosa che devo sapere su questo Derdran oppure no?»
Revali è quasi dispiaciuto di dover abbandonare l’argomento della gelosia per tornare a concentrarsi sul presente. È evidente che sperava di poterlo prendere in giro ancora per un po’.
«È solo l’ufficiale il cui nome figura sul nostro certificato di matrimonio, Link. Devo però ammettere che, come hai intuito, effettivamente non mi è particolarmente simpatico. Tutto qui.»
Link decide che potrà scoprire con calma le ragioni di quest’antipatia. «Lui sa di averci sposati?»
«Ufficialmente sì, visto che lo ha fatto.»
«E nella pratica?»
«Kagan ha falsificato la sua firma, quella notte» ammette Revali. «Ma gli ha scritto subito per informarlo, naturalmente, e non mi risulta che abbia protestato. Perciò, fino a prova contraria e chiunque lo chieda, Derdran ci ha sposati quel giorno nella tua tenda.»
«Va bene» risponde Link senza troppa convinzione. C’è ancora qualcosa che gli sfugge. «Non potevate scegliere qualcun altro, se lui non ti piace?»
«Non è che non mi piaccia, è che…» È raro che Revali non trovi parole per esprimere la propria disapprovazione per qualcuno: Link attende invano da lui chissà quale rivelazione su questo personaggio misterioso senza riuscire a comprendere. «Non importa. Lo vedrai da te. Comunque, non è che avessimo tanta scelta. Quel giorno a Hebra eravamo solo in tre al comando, e uno di loro è morto. Di certo non potevo sposarmi da solo.»
La sua voce si abbassa d’improvviso: Link non sa cosa dire. Non ricordava che un ufficiale Rito fosse morto durante la battaglia di Hebra, forse non lo ha neppure mai saputo: è stato troppo occupato a riprendersi dalle proprie ferite, prima, e a organizzare lo spostamento dei propri uomini poi; gli dispiace scoprirlo così, a distanza di così tanto tempo che qualunque parola egli possa dire per manifestare a Revali il suo dispiacere non avrebbe più alcun significato.
«Mi dispiace» mormora. «Non lo sapevo. Era tuo amico?»
«Eravamo cresciuti insieme» risponde Revali soltanto; ma lo ringrazia con lo sguardo per aver chiesto. «Aveva la mia stessa età. Ma è stato coraggioso, comunque, e si è portato bene per tutta la battaglia. Ha guidato tutte le operazioni nella zona della tundra, prima di… Comunque, non importa. Il punto è che Derdran era l’unico ufficiale che quel giorno avrebbe potuto sposarci. Direi che non ti occorre sapere altro.»
Qualcosa nella voce di Revali gli dice che parlare di quel misterioso ufficiale morto è troppo intimo e doloroso, per lui, ed evita di fare altre domande.  Ha perduto dei compagni anche lui, negli anni.
«Dovremo ringraziarlo, domani?» s’informa sfilandosi la tunica. Non gli giunge risposta, perciò si volta a guardare.
L’ha fatto così, senza riflettere, come ha fatto decine di volte coi soldati, dopo gli allenamenti, ma Revali sembra piuttosto interdetto dal fatto che abbia iniziato a spogliarsi. Il fatto che Link abbia ancora addosso due strati di abiti prima di arrivare alla pelle nuda non sembra tranquillizzarlo in alcun modo. Questo è un vero peccato, pensa Link. Se avesse saputo prima che il solo pensiero della nudità lo mette tanto a disagio, si sarebbe spogliato in mezzo al Volodromo, a costo di assiderarsi, per il solo gusto di fargli dispetto e di farlo star zitto.
«Che c’è? Non sono mica nudo» si riserva di fargli notare. «La cosa ti scandalizza? Che razza di soldato sei? Non ti è mai capitato di doverti lavare con nessuno dei tuoi uomini, neppure in missione?»
«Certo che non mi scandalizza!» protesta Revali a gran voce. «Ma non è mica la stessa cosa.»
Per verificare se davvero non sia la stessa cosa, e soprattutto per il puro desiderio di metterlo ancor più a disagio, Link procede a sfilarsi un’altra delle maglie che si è infilato per resistere al clima della zona. Revali distoglie ostentatamente lo sguardo da lui e si china sul suo tavolo da lavoro, trovando, d’improvviso, irresistibilmente interessante il richiamo dell’arco che stava studiando fino a poco fa. «Benissimo, fa’ come vuoi. Va’ pure per primo a lavarti mentre io cerco di risolvere il problema della tua inabilità con l’arco. Mi ringrazierai dopo cena.»
«Inabilità è un termine piuttosto ingiusto» risponde Link sorridendo, perché è benissimo in grado di giudicare quando si merita effettivamente una critica. «Comunque, non mi hai risposto. Dovremo ringraziarlo o no?»
«Io lo ringrazierò quando il Monte Morte gelerà» risponde Revali eloquentemente senza voltarsi a guardarlo. «Tu fai come credi. In effetti, la pelle che ha salvato era la tua, non la mia, perciò la cosa riguarda più te che me.»
Link decide di portare la suddetta pelle nella stanza da bagno prima che questo dannato Rito abbia un infarto.
 
I matrimoni Rito, a quanto pare, sono infiniti. È cominciato nella tarda mattinata, con una cerimonia sulla sommità della città scoscesa, e ora stanno banchettando da qualcosa come sei ore; e, per quanto gli è dato vedere, probabilmente il ricevimento ne durerà ancora altrettante. Si alternano discorsi e aneddoti e interminabili canti nuziali; gli versano più vino di quanto Link ricordi di averne mai bevuto in tutta la vita: non può rifiutare di brindare.
È il primo vero giorno di freddo invernale. Link ha indossato la pesante tunica di lana che la sposa ha realizzato per lui, sopra una serie di altri strati: è piacevolmente calda; quando va a congratularsi con lei e a porgerle i suoi auguri, Leta ne rimane lusingata come se fosse stato lui a farle un onore indossandola. «Per gli sposi Rito è tradizione intonare i colori dei loro abiti» spiega guardandoli sorridendo, e Link realizza d’improvviso che ha scelto il bianco e l’azzurro non perché fossero i colori attribuiti ai Campioni della principessa Zelda, ma perché per lei rappresentava solo il colore della sciarpa di Revali. Non che per lui cambi niente, a questo punto; ma l’idea lo fa arrossire. Revali finge di non saperne niente volgendo lo sguardo altrove.
Una buona parte dei discorsi pronunciati e degli aneddoti raccontati vengono dall’esercito e da momenti di guerra, dato che Avaris è un soldato; finalmente Link ha modo di vedere anche il famoso ufficiale il cui nome campeggia sul certificato del suo matrimonio, che a quanto pare conosce tutta una varietà di episodi divertenti da raccontare durante un pranzo di matrimonio.
Link trascorre buona parte del tempo sforzandosi di pensare a una versione differente dell’espressione due galli in un pollaio che possa risultare culturalmente accettabile per i Rito. Non ne trova nessuna. In compenso, però, è riuscito a trovare da solo una risposta alla sua domanda del giorno precedente, ossia per quale motivo Revali trovi insopportabile Derdran: la risposta è evidente. È che sono uguali.
Non fisicamente. Derdran è notevolmente più alto e robusto di Revali, ha il petto più ampio e le spalle più larghe e un piumaggio color nocciola che vira al rosso sotto le luci dei bracieri; ha un atteggiamento più aperto e più franco, anche, e una risata roboante che par capace di riempire qualsiasi valle. Ma è innamorato di se stesso e della propria forza come lo è Revali, e questo, suppone Link, è il motivo per cui nessuno dei due può resistere più di qualche minuto al fianco dell’altro; anche della propria voce, a giudicare dalla quantità di tempo che trascorre raccontando aneddoti più o meno avventurosi. Per una straordinaria coincidenza, Revali trascorre esattamente la stessa quantità di tempo alzando gli occhi al cielo.
Nel pomeriggio, gli sposi cantano l’uno per l’altra secondo un’antica tradizione. È bello e dolce come una leggenda: per quanto Link sappia quanto i Rito amino la musica e il canto, lo stupisce sempre vedere quanta parte rivestano nella loro quotidianità.
«Tu non hai cantato per me al nostro matrimonio» commenta a un tratto voltandosi appena sulla sedia verso Revali, per il solo gusto di vedere la sua reazione.
È quasi il tramonto: la luce fredda e rosata del crepuscolo invernale accende gli occhi di Revali di strane iridescenze, come smeraldi attraversati dalla luce. Revali non li distoglie dalla sposa che canta neppure un momento. «Neanche tu, mi sembra.»
«Io ero ferito, però. E non sono un Rito. Tu che scusa hai?»
«Magari l’ho fatto e non ti ricordi neanche questo» ribatte Revali a bassa voce. L’idea sembra divertirlo. «Perché non scrivi al tuo cucciolo di attendente e gli chiedi se lui se lo ricorda?»
Al calare del sole i Rito spingono da parte gli enormi tavoli e iniziano a danzare. È un caleidoscopio di piumaggi diversi: Link non può non sentirsene incantato. Revali scompare piuttosto rapidamente borbottando qualcosa d’indistinto: conoscendolo, non vuole correre il rischio che qualcuno gli chieda come mai non balla con suo marito a una festa di nozze. Se non temesse d’essere scortese, Link tornerebbe volentieri a casa: si trattiene perché Avaris e Leta lo hanno accolto come un amico fin dal primo momento, senza conoscerlo, e dunque gli sembra quantomeno rispettoso restare. Si sta facendo freddo: stringendosi nel mantello, Link si accosta il più possibile a uno dei grandi bracieri accesi. In quella gioia e in quella musica, può quasi scordarsi della Calamità, per qualche un po’, e non pensare a niente. La vita da civile è più dolce e più pacifica di quanto avesse mai immaginato.
La pace, naturalmente, dura solo qualche minuto.
«Link! Eccoti qua» esclama Kagan emergendo dalla folla che danza: è in compagnia di Derdran. Visto da vicino, colla rigida divisa da capitano e il copricapo di lunghe piume colorate, quest’ufficiale è ancora più alto e più robusto di quanto gli sia sembrato dall’altra parte del tavolo, durante il banchetto: i suoi occhi lo percorrono interamente mentre Kagan parla. «Revali non è con te?»
«Era qui fino a un attimo fa» risponde Link, perché gli sembra che suoni un po’ meglio rispetto a non voleva correre il rischio di imbattersi in uno di voi due. «Credo sia stato trascinato via da qualcuno dei bambini. Lo sai come sono.»
«Ah, allora mio figlio è di sicuro tra di loro» risponde Kagan ridendo. «Spero non gli stiano dando troppo fastidio. Link, posso presentarti Derdran? Anche se ufficialmente lo conosci già. È l’ufficiale che vi ha sposati quel giorno nella tua tenda» spiega strizzandogli l’occhio.
Che Revali lo trovi insopportabile o meno, Link decide che la cosa migliore è porgergli la mano e comportarsi con tutta l’urbanità che a suo marito manca. Bisogna pure che uno di loro dimostri di non esser proprio una bestia, dopotutto.
«Grazie, Derdran» dice perciò porgendogli la mano. «Revali mi ha detto che hai accettato di farci questo piacere, anche se lo hai scoperto dopo. Non eri tenuto a farlo.»
Derdran trattiene la sua mano tra le sue molto più a lungo di quanto Link riterrebbe necessario in qualsiasi situazione, compresa quella.
«È stato un piacere, Link» risponde. «Anche se ti confesso che ero molto curioso di conoscere l’affascinante cavaliere Hylia che ha fatto perdere la testa a Revali. Su a Hebra eravamo convinti che una cosa del genere non si sarebbe verificata mai. Non ti dico lo stupore quando Kagan mi ha scritto che aveva dovuto falsificare la mia firma perché risultasse che il nostro campione fosse sposato da quasi un anno e mezzo…»
«Non ha precisamente perso la testa» cerca di minimizzare Link sfilando la mano dalle sue nel modo che gli sembra il più discreto e educato possibile. Ha la sensazione che Kagan abbia descritto gli avvenimenti secondo una chiave di lettura piuttosto romantica, ma, quando cerca il suo sguardo, l’attenzione del capovillaggio sta già venendo richiamata da altro.
«Scusatemi, temo che abbiano bisogno di me per qualcosa» dice guardando altrove. «Derdran, Link ti racconterà tutto meglio di me. Link, passa da me domattina» aggiunge accomiatandosi. «È arrivata un’altra lettera da Mazli. Non l’ho ancora aperta, ma a giudicare dal volume credo che i tuoi amici siano riusciti a infilarci qualcosa anche per te.»
Kagan scompare nella folla mulinante di colori come se ne venisse risucchiato. Derdran lo guarda sorridendo per invitarlo a raccontare.
«Tipico di Kagan» commenta. «Però su una cosa ha ragione. Penso di meritarmi il racconto di questo travagliato matrimonio, giusto, Link? Revali sposato è qualcosa che non pensavo che avrei mai visto… e da me, poi. Non ti nego che questo sì che è un matrimonio che mi sarebbe piaciuto celebrare, anche se gli articulo mortis non sono proprio gioiosi, di solito. Anche se mi sembra che tu stia piuttosto bene» aggiunge osservandolo interamente.
C’è qualcosa nel suo sguardo, che Link non saprebbe dire a parole, che non lo mette a suo agio. Dal racconto, però, non può esimersi, perciò si sforza di condensare il tutto nel minor numero di parole possibile: dubita che Derdran possa essere molto interessato ai retroscena dei teologi di corte o ai rapporti cogli altri Campioni. Al contrario, Derdran sembra voler contestualizzare ogni sua parola.
«Un momento» lo interrompe a un certo punto. «Quando la principessa Zelda venne a proporre a Revali di pilotare il colosso sacro, quel giorno che combattemmo contro di voi… avevo capito che il suo avrebbe dovuto essere un ruolo di supporto al tuo. Che tu brandisci una spada in grado di esorcizzare la Calamità. E il re era disposto a farti impiccare malgrado questo?»
Link si sente la bocca un po’ più asciutta di prima quando risponde: «Già.»
Aveva temuto di annoiare Derdran coi dettagli, ma, al contrario, il capitano chiede chiarimenti su tutto: è stata la consigliera Impa ad avere l’idea del matrimonio? E perché Revali e non qualcun altro?
«Perché era il più credibile» risponde Link, che non intende parlare dello sventurato amore di Mipha né di nessun altro. «E anche l’unico che potesse fare fisicamente in tempo a ricavare un falso certificato di matrimonio nelle poche ore prima dell’esecuzione.»
«Uhm. Giusto. Andata e ritorno dal Castello a qui in dodici ore, eh? Kagan me l’ha detto» commenta Derdran pensierosamente. «È convinto che sia un record assoluto, anche se io e i ragazzi su a Hebra non ne siamo convinti.» Link rimane in silenzio perché i record di velocità in volo dei Rito sono qualcosa su cui neppure volendo sarebbe in grado di esprimere un’opinione. Derdran sembra riflettere su qualcosa. «Quindi, se ho capito bene, tra te e Revali non c’è nulla. Cioè, non è come se steste veramente insieme. Giusto?»
Link è grato a Derdran, veramente, per aver dato il suo consenso e non aver protestato quando Kagan gli ha riferito di aver falsificato la sua firma per salvarlo; ma in qualche modo è sicuro che questa domanda non sia suo diritto porla. Che quello che c’è tra lui e Revali, di qualunque natura sia, è qualcosa che non lo riguarderebbe in nessuna situazione possibile.
«Beh, siamo sposati» ribadisce, perché in qualche modo gli sembra che sia un fatto importante.
Derdran ride della sua risata roboante. «Certo, certo. Il sacro vincolo del matrimonio, eccetera. Ma intendo dire che sentimentalmente non c’è nulla. Giusto?»
C’è una parte di lui che continua a pensare a quando Kagan gli ha detto che lui, per conquistare sua moglie, ha fatto molto meno di quel che Revali ha compiuto per lui in una sola notte; ma ad alta voce questo non si può dire, e in verità non sa neppure perché questo gli torni in mente. Le supposizioni di Kagan non trovano posto nella realtà.
«No» risponde perciò un po’ a malincuore, perché dovergli dar ragione, in questa circostanza, gli secca immensamente. «Non c’è nulla.»
Derdran sorride come se avesse vinto qualcosa. Link sta iniziando a capire per quale motivo Revali lo detesti tanto, anche se non saprebbe motivarlo a parole neppure a se stesso. Si sforza di trovare qualcosa da dire per condurre la conversazione verso argomenti meno personali. «Sei di stanza a Hebra, quindi.»
«Già. La difesa nel nord» conferma Derdran. È evidente che il suo ruolo gli appare particolarmente importante. «Ormai erano quasi tre mesi che non tornavo giù al borgo. Io e i ragazzi abitiamo lì, ormai.»
«Com’è la situazione lì?» domanda Link. «Dalle mappe di Revali mi è parso di capire che ci sono molti mostri.»
I mostri hanno cominciato a presentire il ritorno della Calamità ormai da molto tempo: hanno iniziato a lasciare le loro tane, sui monti e nel deserto, sotto la terra, ormai da quasi cinque anni; si sono fatti inquieti, nervosi; hanno iniziato ad attaccare i viandanti. È per questo che la gente non si sposta quasi più: ma nelle zone disabitate, dove trovano abbondanza di cibo e nessun nemico naturale, continuano ad avere l’ambiente naturale per prosperare. Le vette di Hebra, come le pendici desolate del Monte Morte e l’aridità del deserto, sono i luoghi in cui maggiormente si sono radunati e i popoli hanno schierato retroguardie e riserve. Derdran annuisce.
«Soprattutto lynel e grublin, ma anche qualche hinox, soprattutto di recente. Stiamo cercando di tenere pulita la zona il più possibile, qualora il villaggio debba evacuare verso nord, ma non è facile. Gli uomini sono pochi e non voglio rischiare di perderne nessuno in attacchi azzardati.»
Questo è qualcosa che Link può comprendere senza troppi sforzi d’immedesimazione: nessun capitano vuole mettere a rischio i suoi ragazzi; ma bisogna tenere le strade libere per facilitare la fuga, casomai servisse. «State approntando sistemazioni per gli abitanti, anche?»
Derdran si lancia in una lunga e complessa spiegazione di quello che stanno organizzando per l’avvento della Calamità: dalla predisposizione di vie d’emergenza sicure per le famiglie con bambini che ancora non possono volare, riparate dall’alto e dai lati dagli attacchi dei mostri senza però rischiare che si trasformino in imbottigliamenti senza via d’uscita, alla costruzione di capanne e rifugi caldi e asciutti dove i Rito possano restare per almeno qualche mese; c’è la questione dei rifornimenti alimentari, perché bisogna prevedere anche una situazione in cui le provviste accumulate non siano sufficienti e si riveli necessario continuare ad approvvigionare gli abitanti anche per molti mesi. Spiegarsi così, senza una mappa, non è facile, Link lo sa per esperienza personale: Derdran si aiuta con ampi movimenti delle braccia, cercando di fargli capire così, senza supporto fisico né punti di riferimento concreti, come siano strutturati i forti di guardia e le vie di fuga e di rifornimento; Link si sforza di seguirlo così, in modo improvvisato, sforzandosi di visualizzare quello che sta dicendo, e avanza domande per chiarirsi le idee ogni tanto; sa bene quanto difficile sia far capire un piano militare a qualcuno che non conosca bene il territorio.
Proprio per questo, quando Derdran gli posa quasi casualmente una mano sul fianco, Link è abbastanza sicuro che non ce ne sia bisogno e non sia necessario per la spiegazione.
«Scusa tanto.» Revali appare alle loro spalle prima ancora che Link faccia in tempo a dire niente. «Quello che stai toccando è mio marito.»
 
Derdran scoppia a ridere per mascherare l’imbarazzo mentre Revali lo scruta con occhi tempestosi che Link non ricorda di avergli visto mai. Anche Link vorrebbe ridere, ma solo perché la situazione gli sembra troppo ridicola e inaspettata e ridere gli sembra l’unica alternativa possibile per sciogliere la tensione; tuttavia non ride. Revali si sposta lentamente al suo fianco senza distogliere gli occhi da Derdran.
«Non penserai nulla di strano, vero, Revali? Stavamo parlando degli allestimenti su a Hebra per…»
«Ho sentito di cosa stavate parlando, ti ringrazio» risponde Revali con calma. «Non sapevo che tu facessi parte di quella schiera di persone prive di eloquenza che hanno bisogno di gesticolare volgarmente per farsi comprendere, Derdran. Ogni cosa che scopro su di te mi stupisce in negativo.»
Questo è talmente gratuito e aggressivo, persino da parte di Revali, che neppure Derdran trova qualcosa da ridire. Lo fissa in silenzio senza saper che dire né come reagire.
«Va bene, Revali» risponde infine. Solleva le mani in un universale gesto di pace, un po’ scherzosamente, per smorzar la tensione, e continua: «Capisco cosa poteva sembrare e mi dispiace, ma ti prego di voler credere che è tutto un malinteso. Senza rancore?»
Revali osserva la mano che l’altro gli tende come se si trattasse di un ratto di una tipologia che non ha mai visto.
«No» risponde. «Buona serata, Derdran, e grazie per averci nominalmente sposati, ma questo è quanto.»
Link lo segue senza riflettere mentre Revali fende la folla a grandi passi senza guardarlo. È tanto sconvolto che non sa cosa pensare, e forse lo segue soltanto perché dopotutto abitano insieme; altri motivi non ce ne sono, visto che Revali neppure si volta verso di lui. Link sente la sua rabbia nella tensione che gli lega le spalle.
Solo quando sono a casa, e la tenda è ricaduta sull’uscio a separarli dal mondo esterno, Link riesce a raccogliere le idee a sufficienza da domandare: «Che cos’era quello?»
«Uhm?» Revali sta adottando una puerile strategia basata sull’ignorare quello che è appena successo e, a giudicare da come si volta verso di lui come se avesse appena realizzato la sua presenza, anche lui: ma è ancora arrabbiato, nervoso, Link lo vede dal modo in cui evita ostinatamente il suo sguardo. «Quello cosa?»
Se questa è la sua strategia, Link non intende giocare al suo stesso gioco. «Con me non hai bisogno di mentire, Revali. Ci conosciamo troppo bene. Sai di cosa parlo.»
«Non ne ho idea» ribatte Revali chinandosi ostentatamente sulle sue mappe senza vederle.
«Davvero?» ribatte Link. «Perché a me quella sembrava una scenata di gelosia.»
«Non era gelosia!»
Link non ha mai sentito Revali alzare la voce in tutta la sua vita. Rimane immobile di fronte a lui senza saper che dire; e forse neppure Revali è molto abituato ad alzare la voce, perché d’un tratto non sa come proseguire. Rimane appoggiato al tavolo a fingere di osservare le sue mappe per avere una scusa per non guardare nella sua direzione.
«Sei geloso di me?» chiede Link a bassa voce. Tutto è talmente nuovo per lui che non sa come altro porre quella domanda se non così, direttamente. Gli gira la testa.
Revali tace per lunghissimi secondi.
«Non voglio che ti tocchi qualcun altro.» Quelle parole sembrano costargli enormemente per essere pronunciate. «Questo è tutto quello che posso dire. Ma, se non sei d’accordo con me, puoi dirlo. Tu non sei una mia proprietà e io non ho altro diritto che quello di dirti questo.»
Se quella è la massima sincerità che Revali è in grado di esprimergli, Link gli farà la cortesia di fare lo stesso. Cerca dentro di sé le parole per esprimere quello che sente.
«Non mi ha dato fastidio che tu sia intervenuto.»
Revali annuisce gravemente. Ha l’aria di dovergli porre una domanda che non sa come articolare. «Bene. Posso chiederti, invece…»
Link aspetta un po’ prima di incalzarlo. «Puoi chiedere.»
«Ti ha fatto piacere che provasse a toccarti?»
«No» risponde Link con semplicità. «Me la sarei cavato da solo, comunque.»
«Immagino di sì» risponde Revali a bassa voce. «E se…»
«Se?» chiede Link a bassa voce.
«Niente» dice Revali un po’ troppo bruscamente. «Lascia stare. Dimenticatene. Accendiamo il fuoco, piuttosto. Stanotte avrai freddo.»
Link non chiede né insiste perché sa che questa sincerità è costata a Revali più di quanto sarà mai in grado di ammettere. Però gli rimane il dubbio di cos’avrebbe voluto chiedergli.

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Zelda / Vai alla pagina dell'autore: Afaneia