Il cielo, privo di stelle, notturno copriva la città di Londra, come il coperchio d'un immenso sepolcro, e le luci dei lampioni si riflettevano sul Tamigi, accendendolo di mutevoli riflessi dorati.
Merope si appoggiò al parapetto del Westminster Bridge e fissò le acque del fiume. Forse, avrebbe dovuto porre termine alla sua vita.
Le acque del Tamigi avrebbero seppellito, nel loro liquido abbraccio, il ricordo della sua inutile esistenza.
Una fitta di dolore le dilaniò il petto magro e lei, d'istinto, si passò una mano sul ventre appena accennato. Cosa avrebbe potuto offrire a suo figlio, in quelle condizioni?
Meritava una esistenza tanto disgraziata, segnata dalla fame e dalla disperazione?
Le lacrime bagnarono il suo viso. La sua stupidità l'aveva condannata a quella vita miserabile.
Forse, suo padre e suo fratello avevano ragione a umiliarla e maltrattarla.
Ad un tratto, un sussulto percorse il corpo della giovane, come una debole fitta.
Un leggero e triste sorriso sollevò le sue labbra. Suo figlio viveva in lei.
Quella fragile creatura era l'ultimo, struggente ricordo di un sogno finito.
Una parte di Tom cresceva nel suo corpo, martoriato dalla fame e dal freddo.
E non doveva morire con lei.
Si allontanò dal ponte e, a fatica, riprese il suo cammino. No, non era il momento di cedere alla fatica.
Il suo compito non era ancora finito.