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Autore: Epsylon_K    24/03/2024    0 recensioni
Capelli dorati, occhi blu come il mare, pelle bianca come il latte.
“Per te.”
Zoro sbatté gli occhi e tornò al presente
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji | Coppie: Sanji/Zoro
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il sole era alto nel cielo limpido, le onde colpivano la chiglia della nave mentre proseguiva lentamente nel suo viaggio, una brezza leggera riempiva l’aria e gonfiava le vele.

Il tempo stabile dei giorni precedenti sembrava preannunciare l’avvicinarsi di un’isola dal clima mite. Alcuni avevano scommesso su un’isola estiva, mentre altri speravano in un posto meno caldo, magari un’isola primaverile o autunnale.

A lui non importava, l’unica cosa che gli interessava è che ci fosse da bere e si trovassero abbastanza lontani da qualsiasi cosa potesse rivelarsi una minaccia per le loro vite. Ma non avrebbe scommesso sulla loro sicurezza dato che si erano imbarcati con un capitano che continuava a urlare ai quattro venti di voler diventare il Re dei Pirati mentre metteva al tappeto l’ennesimo tiranno.

 

Qualcosa colpì la sua gamba ma Zoro non si mosse, incurante della palla che lo aveva raggiunto proprio nel punto in cui si era appisolato, sicuramente lanciata da uno di quegli idioti che stavano giocando non lontano da lui.

Le scuse di Usopp arrivarono al suo orecchio in un sussurro e Zoro aprì gli occhi. Il suo sguardo irritato ed annoiato fecero indietreggiare il giovane cecchino che corse via spaventato, la palla stretta fra le mani tremanti.

Piegò le braccia dietro la testa, lanciò uno sguardo alle spade appoggiate contro il muro alla sua destra, e chiuse gli occhi, tornando con un sospiro al suo pisolino. Nonostante le prese in giro e le frecciatine sui suoi frequenti riposini e sulla sua capacità di dormire in qualsiasi luogo e a qualsiasi ora del giorno e della notte, Zoro raramente si lascia andare completamente ad un sonno profondo.

Tutto ciò che fa è godersi il dondolio della nave, inalando il profumo salato del mare e lasciandosi scaldare dai raggi del sole sulla pelle mentre il vento, tiepido e leggero, gli accarezza i capelli e gli rinfresca la mente.

 

Il rumore di una porta aperta seguito da quello di passi leggeri e sicuri lo riportarono al presente, una litania di complimenti plasmati da una voce irritante e a lui ben nota riempirono l’aria lo fecero quasi sospirare dall’irritazione. Le due donne, sedute sulle loro sdraio a prendere il sole, ringraziarono Sanji per le bevande e Zoro digrignò di denti sentendo la sua voce mielosa ringraziarle dei complimenti tra un vezzeggiativo e l’altro.

Dopo qualche secondo di conversazione, qualcuno gli diede un calcio alla gamba e Zoro alzò lo sguardo con un grugnito irritato, fissando la figura frapposta tra lui e il sole. Quando i suoi occhi si soffermarono sul viso in ombra della persona in questione, dovette ricordarsi di respirare mentre il suo cervello, bloccato dalla sorpresa, si domandava se fosse quello l’aspetto di un angelo.

Capelli dorati, occhi blu come il mare, pelle bianca come il latte.

Per un momento, la visione gli ricordò del primo momento in cui si era accorto di quei sentimenti, fastidiosi ed insidiosi come un’erbaccia che non voleva proprio saperne di appassire e lasciarlo in pace. Quella pianta era comparsa di notte, in silenzio, radicandosi nei suoi pensieri e prendendo controllo dei suoi respiri, facendogli battere il cuore ad un ritmo strano e senza senso mentre cercava inutilmente di ignorare la fonte di quelle sensazioni.

 

Era successo poco prima di raggiungere Loguetown. Erano stanchi, annoiati e pieni di energia e, come qualsiasi ragazzino eccitato ed annoiato, Zoro aveva punzecchiato il cuoco, irritandolo abbastanza da scatenare una gara di insulti che in pochi minuti si era trasformata in un uragano di lame e calci e sorrisi malamente celati.

Zoro negherà con veemenza che quel cuoco da strapazzo sia riuscito a colpirlo, eppure, se qualcuno dovesse chiederglielo, darà la colpa della sua perdita di fiato ed equilibrio a quel calcio ben assestato che lo colpì direttamente al plesso solare. In un millesimo di secondo cadde all’indietro e si trovò con la schiena a terra, un’imprecazione sulle labbra mentre il suo cervello cercava di comprendere cosa fosse appena successo.

Poi, una mano, tesa davanti a lui.

Pelle lattea, l’oceano racchiuso in un paio di iridi, capelli dorati quasi in fiamme col sole che faceva capolino da dietro la sua testa. E, all’improvviso, Zoro non riuscì più a respirare, chiedendosi se fosse l’imbarazzo della caduta a bruciargli la pelle del viso e a rubargli l’ossigeno dai polmoni, caldi e agonizzanti mentre lui giaceva lì, immobile ed incapace di prendere fiato o pensare ad altro che non fosse quell’eterea visione.

Dopo qualche secondo quegli occhi blu, sorridenti e divertiti, si riempirono di preoccupazione e Zoro tornò cosciente del suo corpo e di ciò che era successo, scostando irritato quella mano dal suo viso e alzandosi con un insulto sulle labbra. Si rimise in piedi, spada stretta fra le mani, e si preparò per un altra dose di fendenti e colpi mancati.

Ma era troppo tardi per far finta di nulla e la sua mente, in qualche modo, era cosciente di quel leggero cambiamento che aveva tramutato ogni cosa.

Quella stessa notte non riuscì a dormire, adirato con se stesso e con il suo stupido cuore che, proprio come faceva lui, si era lanciato in una battaglia contro un nemico impossibile da vincere, sapendo che lo avrebbe solo ferito e fatto sanguinare senza remore.

E, come lui, quell’organo imbecille non sapeva cosa volesse dire mollare e tirarsi indietro, perché anche se sapeva che sarebbe stato calpestato e ferito, il suo cuore non avrebbe smesso di scalpitare alla vista di quegli occhi che racchiudevano il mare, iridi blu incorniciate da ciocche dorate come il sole.

Da quel momento ogni sguardo, ogni tocco, ogni sorriso gli avrebbero mandato a fuoco la pelle e lui sapeva che avrebbe dovuto combattere per tenere a freno quel cuore che, folle e tempestoso, non desiderava altro che battere sempre più forte e farsi sentire, urlando al mondo intero i suoi più reconditi pensieri, dando voce a quei sentimenti che cercava inutilmente di ignorare.

 

Io sono qui e continuo a battere nonostante il dolore. Io sono qui e batto per te.

 

“Per te.”

Zoro sbatté gli occhi e tornò al presente, le braccia piegate dietro la nuca e Sanji in piedi davanti a lui con il sole che faceva capolino da dietro la sua testa. Aveva in mano un bicchiere e il giaccio tintinnò quando estese il braccio verso di lui, un sorriso gentile sul viso e le gote leggermente arrossate.

Il sole doveva essere estremamente forte se lo stava già scottando dopo pochi minuti passati in coperta.

“Uh?” Zoro fissò le foglioline che fluttuavano nel liquido verdastro prima di alzare gli occhi sul viso di Sanji. In quel momento notò un chiarore attorno alla sua figura, un’aura che sembrava circondare il suo corpo, quasi fosse lui stesso l’origine di quella luce che schiariva l’aria e gli scaldava la pelle.

Come può un essere umano sembrare così puro ed etereo con il sorriso di un demone sul viso, quasi fosse pronto a compare la sua anima e a trascinarlo in un viaggio pieno di piaceri e peccati mortali?

“Anche le piante hanno bisogno di essere innaffiate con questo clima.” Mormorò Sanji con un sogghigno, chiaramente divertito dall’espressione irritata di Zoro.

Senza dire nulla, lo spadaccino raddrizzò la schiena ed abbassò le braccia, allungando una mano per afferrare il bicchiere. Le loro dita si sfiorarono per un breve momento e Zoro notò il rossore sulle guance di Sanji espandersi al resto del suo volto. Si chiese se non fosse il caso che tornasse in cucina, lontano da quel sole che gli stava evidentemente bruciando la diafana pelle del viso.

Bevve un sorso e spalancò gli occhi, leccandosi le labbra mentre gustava il sapore per niente dolce e rinfrescante che continuò a diventare sempre più aspro ad ogni assaggio.

“Ti piace? È tè alla menta ghiacciato. Non ho aggiunto zucchero né altro.” C’era qualcosa nel tono di Sanji che Zoro non riuscì ad identificare.

Sembrava diverso all’ombra del sole, gli occhi brillanti e la voce tremolante, parole infuse di qualche emozione a metà tra l’imbarazzo e la meraviglia. E il suo viso era ancora più rosso quando Zoro alzò lo sguardo dopo aver bevuto un altro sorso e non essere riuscito a trattenere un mugolio compiaciuto mentre assaporava la bevanda.

“È davvero buono.” Zoro darà per sempre la colpa alle ore passate a sonnecchiare sotto al sole per le parole scivolate dal suo sorriso e per il rossore che lentamente si espanse sul suo viso.

Il volto di Sanji si tramutò dalla sorpresa, occhi spalancati e bocca leggermente aperta mentre cercava di trovare le parole giuste per rispondere al complimento, i pensieri bloccati da qualche parte tra un respiro e l’altro. Le sue labbra si incurvarono leggermente, come se stesse cercando di trattenere quel sorriso aperto e luminoso, quello che Zoro amava vedergli addosso, dal comparire sul suo viso.

Annuì semplicemente in risposta alle sue parole e si voltò, fuggendo in un battito di ciglia. Un momento era lì, in piedi davanti a Zoro con il sole che faceva capolino da dietro la sua testa, e quello successivo la porta della cucina si stava chiudendo alle sue spalle.

Usopp e Luffy gli corsero dietro, le loro voci sembravano echeggiare nell’aria mentre chiedevano a Sanji perché non avesse preparato qualcosa di fresco anche per loro, chiaramente assetati dalle ore passate a giocare sotto al sole.

 

Zoro abbassò lo sguardo ai cubetti di ghiaccio che fluttuavano nel bicchiere, guardandoli roteare assieme alle foglie di tè. Alzò la testa e fissò le due donne, sedute sulle loro sdraio, che lo fissavano con sorrisi divertiti mentre sussurravano qualcosa una nell’orecchio dell’altra prima di ridacchiare senza nemmeno nascondere il fatto che si stessero prendendo gioco di lui.

Le ignorò e finì il tè in un paio di sorsi, poggiando il bicchiere accanto alla gamba e tornando al suo pisolino, braccia piegate dietro la testa ed occhi chiusi mentre la brezza leggera gli solleticava la pelle accaldata dal sole.

Solo la sua mente era a conoscenza del fatto che i minuti seguenti furono passati a cercare nuovamente di sradicare quell’emozione che continuava a sbocciare nel suo petto, incurante dei suoi vani tentativi di reprimere ciò che provava.

Non gli restava che tacere, labbra pronte a mentire e negare l’evidenza mentre il suo cuore, tenace e testardo, continuava a dimenarsi nel suo petto, cercando di gridare ai quattro venti quel segreto malamente celato in un’alcova nascosta tra le costole e l’anima.

Sono qui, urlava quello stupido organo impavido, sono qui e batto solo per te.







Note
Sono passati anni dall'ultima volta che ho scritto qualcosa in italiano ed ho deciso di cimentarmi con la traduzione e l'adattazione di una storia che pubblicai un po' di tempo fa in inglese.
Per chi volesse leggere la versione originale in inglese: "Under the sun" di Epsylon_K

   
 
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