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Autore: Star_Rover    25/03/2024    4 recensioni
Jari e Verner sono uniti fin dall’infanzia da un legame che nel tempo è diventato sempre più intenso e profondo. Nell’inverno del 1915 però i cambiamenti sociali e politici che sconvolgono la Finlandia finiscono per coinvolgerli, così i ragazzi sono costretti a separarsi per seguire strade diverse.
Nel 1918 i destini dei due giovani tornano a incrociarsi sullo sfondo di una sanguinosa guerra civile.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
Capitoli:
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Carissimi, siamo ormai giunti all’ultima parte del racconto, mancano ancora pochi capitoli.
Ringrazio i fedeli lettori che son giunti fin qui.
Un ringraziamento speciale ai gentilissimi recensori.


 
 
XL. La stagione del disgelo
 

Il giudice Manner abbandonò la spiaggia deserta e proseguì la sua passeggiata lungo il sentiero che conduceva alla fortezza. I tiepidi raggi del sole scaldavano la pelle, mentre la brezza di mare gli scompigliava i capelli. Era ormai giunta la primavera, sembrava che la guerra dovesse terminare con lo sciogliersi della neve.
Sebastian pensava a questo quando nel cortile interno alle mura incontrò il tenente Lehtinen. Il militare aveva un’espressione severa sul volto, l’aria stanca suggeriva che avesse trascorso l’ennesima notte insonne. Manner non porgeva mai domande indiscrete, ma sapeva che a tenere svegli quei soldati erano i fantasmi della guerra.
L’ufficiale accompagnò il giudice all’interno della fortezza.
«Mi chiedo perché stia continuando a perdere tempo con questi criminali»
«Ritengo di dover svolgere al meglio il mio mestiere» fu la pacata risposta.
«Lei deve essere un incorreggibile idealista per credere che possa esistere la giustizia in tempi di guerra»
«Forse ha ragione tenente, ma lei in questi uomini vede dei nemici, io invece devo essere imparziale»
«C’è chi non esiterebbe a giustiziare tutti i prigionieri senza alcuna remora»
«Sono un giudice, non un boia»
Lehtinen sorrise.
«Deve scusarmi, non sono più abituato a rapportarmi con i civili»
«Comprendo il suo punto di vista» rispose Manner con tono diplomatico.
I due uomini scesero le scale dei sotterranei.
«Vuole visitare sempre lo stesso prigioniero?»
Sebastian annuì.
«Temo che non riuscirà ad ottenere molto dal suo interrogatorio» continuò il tenente.
«La costanza e la pazienza sono fondamentali per arrivare alla verità»
Lehtinen avanzò nel lungo corridoio per raggiungere la porta della cella. Le guardie combattevano contro la noia, sicuramente per loro la condanna dei prigionieri sarebbe stata soltanto una liberazione. Era evidente che quegli uomini volessero soltanto tornare a casa dalle loro famiglie. Manner non poteva biasimarli, essere bloccati su quell’isola per colpa di una manciata di prigionieri non era affatto piacevole.
Il giudice però aveva un lavoro da svolgere e non considerava la sua permanenza a Viapori come uno scomodo inconveniente o una perdita di tempo.
Lehtinen aprì la porta.  
«Per qualsiasi problema, i miei uomini sono pronti a intervenire»
«Non si preoccupi tenente, il prigioniero non è pericoloso»
L’ufficiale si allontanò in silenzio, ancora una volta Manner ebbe l’impressione che quell’uomo provasse compassione per la sua ingenuità.
 
Evert era voltato di spalle, probabilmente aveva appena terminato di lavarsi poiché non si era ancora rivestito del tutto. La schiena nuda metteva in risalto un fisico stremato dalla fame e dalla malattia.
Egli si voltò lentamente, aveva un aspetto più maturo, forse era la barba rossiccia che camuffava i lineamenti più infantili del suo volto.
«Signor giudice, se avessi saputo della sua visita mi sarei reso più presentabile»
Manner ignorò il tono sarcastico.
«Sono qui perché la data del processo si sta avvicinando»
Evert indossò la camicia.
«Il tenente Lehtinen sarà lieto di comandare il plotone d’esecuzione»
Il giudice rimase indifferente a quell’affermazione.
«Devo continuare il mio interrogatorio»
«Ha tutto quel che le serve per accusarmi, che altro vuole da me?»
«Soltanto la verità»
«Riguardo a che cosa?»
«Alla persona che stai continuando a proteggere»
Evert ebbe un lieve sussulto.
«Non sto proteggendo nessuno. I miei compagni o sono morti o sono in attesa della loro condanna»
Manner non credette a quelle parole.
«Allora perché continui a nascondere la tua vera identità?»
Il giovane rimase in silenzio.
«Suppongo che tu voglia evitare che tua famiglia sia coinvolta»
L’espressione afflitta sul volto del prigioniero suggerì a Manner che la sua ipotesi fosse corretta.
«Voglio essere sincero nei tuoi confronti. Non potrò salvare né te né i tuoi cari se continuerai a restare in silenzio»
Evert guardò il suo interlocutore negli occhi, in quel momento realizzò che non aveva altra scelta se non fidarsi di lui. Era consapevole che egli fosse il suo unico alleato.
Dopo qualche istante di esitazione, il giovane riprese a parlare.
«Mia sorella non sa che ho scelto di combattere con i Rossi. Lei ha sposato uno jäger, non ha niente a che fare con le mie decisioni»
Il giudice ascoltò con attenzione quella rivelazione.
«Capisco, la tua è una famiglia separata dalla guerra»
«Non voglio che mia sorella debba pagare le conseguenze delle mie scelte»
Manner si avvicinò.
«Voglio aiutarti, davvero, ma non posso farlo se non sei del tutto onesto nei miei confronti»
Evert aveva le lacrime agli occhi.
«Mia sorella è innocente»
«Ti credo»
Il prigioniero riconobbe la buona volontà del giudice, finalmente si decise a rivelare la verità.
 
***

Verner fu grato a suo padre per avergli insegnato tutto il necessario per sopravvivere nei boschi. Durante la sua esplorazione nel villaggio abbandonato era riuscito a trovare un fucile e una discreta quantità di munizioni. L’arma sarebbe stata utile per difendersi, ma soprattutto per cacciare.
La natura cominciava a risvegliarsi dal gelo. Verner poté considerarsi fortunato a proseguire il viaggio in quelle condizioni, con un clima mite non avrebbe trovato molte difficoltà.
Purtroppo il ritorno a casa non sarebbe stato così semplice. Per evitare di attraversare aree conquistate dai Bianchi doveva allungare il suo percorso, raggiungere il confine con la Carelia avrebbe richiesto più tempo del previsto.
Inevitabilmente Verner tornò a pensare a suo fratello. Si domandò se Leena fosse riuscita a trovarlo e a riportarlo al sicuro. Era convinto che quella ragazza avrebbe mantenuto fede alla sua parola, ma non poteva prevedere l’esito di quella rischiosa missione.
Si sentiva in colpa per aver coinvolto Hjalmar in quella guerra e si riteneva responsabile per la sua sorte. In quanto fratello maggiore, non poteva evitare di preoccuparsi per lui.
Hjalmar era un ragazzo sveglio e intraprendente, aveva fiducia in lui e nelle sue capacità. Quella guerra però era qualcosa di più grande di lui, la sua determinazione non sarebbe stata sufficiente a preservarlo dal pericolo.
Verner ripensò al loro ultimo incontro. Il suo unico intento era quello di proteggerlo, alla fine però non aveva potuto impedirgli di seguire il suo cuore e i suoi ideali.
Nel ricordare il passato, altri volti apparvero nella sua memoria. Rivide Jussi ai tempi in cui entrambi lavoravano alla ferrovia. Poteva sentire ancora i suoi discorsi, non avrebbe mai dimenticato l’importanza di quelle parole. Era stato lui a coinvolgerlo in quella guerra, risvegliandolo dalla sua indifferenza. Per quanto non condividesse del tutto i suoi ideali, aveva ritenuto giusto combattere per la stessa causa. Ad unirli era il desiderio di giustizia e libertà per il popolo finlandese.
Verner tentò di non rammentare l’immagine del cadavere di Jussi nell’edificio in fiamme. Il suo volto coperto di sangue sarebbe tornato a tormentarlo nei suoi incubi.
Verner rivolse lo sguardo alla vallata deserta.
Suo fratello era disperso, Aleks se n’era andato e Jussi era morto. Non aveva più nessuno al suo fianco.
Non voleva pensare a Jari, se soffriva per il suo addio, era perché lo amava ancora.
Il giovane sistemò il fucile e riprese lentamente il cammino, nel mezzo della foresta regnava il silenzio.
Verner non si era mai sentito così solo.
 
***

Il ritorno ad Helsinki delle truppe che avevano combattuto sul fronte di Tampere fu ben accolto da parte della popolazione. Mentre i suoi compagni non esitarono a unirsi ai festeggiamenti, Jari si rintanò all’interno delle caserme.
Il tenente Halvari fu sorpreso di rivederlo, probabilmente era convinto che il suo plotone fosse ancora disperso sulle montagne.
Jari provò una strana sensazione nel ritrovarsi nella capitale, la fine della guerra non era più un’illusione, anche se il nemico non si era ancora arreso l’esito del conflitto era già deciso.
«Tenente Koskinen, vuole unirsi a noi?» domandò Halvari, offrendogli un posto al tavolo degli ufficiali.
Il giovane, seppur con titubanza, accettò il generoso invito.
«Il capitano Keränen ci stava aggiornando sull’andamento della guerra» disse Halvari prima di cedere la parola al suo superiore.
Il capitano riprese il suo resoconto con tono greve.
«Gli ultimi successi sono sicuramente un vanto per il nostro esercito. I Rossi resistono al confine, ma è solo una questione di tempo. Sono state mobilitate altre truppe per l’attacco decisivo. È probabile che il nemico continui la ritirata nei territori russi della Carelia. In ogni caso, la resa dei ribelli è imminente»
«In poche parole: la guerra finirà presto» sintetizzò il capitano Lander.
«È quello che ci auguriamo tutti quanti» concluse Keränen con un sorriso speranzoso.
Gli altri ufficiali iniziarono a discutere sul proseguimento del conflitto, Jari ascoltò in silenzio, per lui era difficile immaginare il futuro. Dopo tanti anni di guerra, la pace appariva solo come una lontana utopia.
«Tenente Koskinen. Abbiamo saputo che anche la sua ultima missione si è conclusa con successo» esordì il capitano Keränen con soddisfazione.
Jari si rivolse al suo superiore con modestia.
«Questo è stato possibile solo grazie all’intervento di uomini coraggiosi»
«Questa guerra ha messo in luce le sue competenze militari. È un buon comandante, oltre che un combattente valoroso. Al termine del conflitto avrà sicuramente occasione di fare carriera nell’esercito»
Jari ascoltò quegli elogi tentando di mascherare il suo turbamento. Dopo quel che era accaduto, non si riteneva più un ufficiale fedele e leale. Sentiva di aver tradito e deluso i suoi commilitoni. Se fino a quel momento credeva di aver trovato il suo posto nell’esercito, ora non sapeva più chi fosse in realtà. Esibire i gradi sulla sua divisa come se nulla fosse accaduto era un atto estremamente ipocrita ed egoista.
Il giovane si riprese da quelle considerazioni, in tutto quel tempo non era rimasto indifferente ad una particolare assenza.
«Ci sono notizie del capitano Winkler?» domandò.
«Le truppe tedesche stanno proseguendo verso nord, è da poco giunto un telegramma che annunciava la conquista di Riihimäki» spiegò il suo superiore.
Il tenente fu turbato da quella notizia.
«Dunque egli ha deciso di continuare a combattere con i tedeschi»
Keränen confermò.
Jari tentò di fare del suo meglio per mascherare la sua delusione. Sperava di rivedere Bernhard, aveva bisogno del suo sostegno. Poteva comprendere la sua dedizione al dovere, ma temeva che il suo allontanamento non dipendesse soltanto dalla guerra.
Mentre gli altri ufficiali brindavano all’imminente vittoria, Jari restò in disparte, solo con i suoi pensieri.
 
 
Yrjö raggiunse l’indirizzo riportato sulla busta ritrovandosi in un piccolo paese di campagna non molto distante dalla capitale.
«Aspettami qui, devo occuparmi di una questione importante»
L’autista annuì: «d’accordo, dottore. Ma le ricordo che dovremo rientrare in città prima del tramonto»
Yrjö controllò l’orologio ritenendo di avere tempo sufficiente.
Dopo aver richiuso la portiera si allontanò dalla vettura militare e attraversò la strada quasi di corsa.
Bussò alla porta di una casetta in mattoni rossi. Non ottenendo alcuna risposta decise di riprovare con più insistenza.
Stava quasi per rinunciare quando la serratura scattò e la porta di legno si aprì. Poco dopo davanti a lui comparve l’esile figura di una donna. Indossava abiti scuri, i lunghi capelli biondi le ricadevano sulle spalle. La sua bellezza appariva ormai sbiadita su quel volto pallido e scarno.
Yrjö esitò, la giovane davanti a lui assomigliava solo vagamente alla ragazza ritratta nella fotografia che Lauri portava sempre con sé.
Ella lo scrutò con diffidenza.
«Chi è lei?»
«Mi chiamo Yrjö Schjerfbeck, ero un amico di Lauri»
L’espressione sul volto della donna si rabbuiò.
«Che cosa vuole?» domandò seccamente.
«Lauri mi aveva chiesto di conservare questa lettera. Voleva che la consegnassi a lei soltanto nel caso della sua morte»
Marja prese la busta tra le dita tremanti. Concesse al medico di entrare, ma mantenne sempre un certo distacco nei suoi confronti.
Yrjö raggiunse il salotto e si sedette su una poltrona. Accanto al camino notò una fotografia incorniciata, raffigurava la giovane coppia. Lei in abito da sera, lui in uniforme.
Il dottore sentì una stretta al petto.
Marja si posizionò di fronte a lui, restò qualche istante in silenzio, continuando a fissarlo con freddezza.
«Era con lui quando è successo?» chiese all’improvviso.
Yrjö fu sorpreso da quella domanda così diretta, ma ritenne che fosse normale cercare risposte.
«No, Lauri si era offerto per una missione speciale. Purtroppo nessuno di noi era con lui»
«Dunque era solo quando è morto?»
«È accaduto rapidamente, non ha sofferto»
Marja sembrò credergli, o almeno preferì non dubitare delle sue parole.
«Lauri era un soldato coraggioso, è morto sul campo di battaglia, così come avrebbe voluto» affermò la donna con un sussurro.
Yrjö si commosse nel ricordare l’amico.
Marja esternò il suo dolore: «gli ho offerto tutto il mio amore, ma non è stato sufficiente a salvarlo»
«Posso assicurarle che suo marito non ha mai smesso di amarla. Pensava sempre a lei e al vostro futuro insieme. Se ha deciso di combattere questa guerra è stato solo perché desiderava il meglio per la sua famiglia»
Lo sguardo di Marja si incupì: «se avesse scelto me al posto della guerra…adesso avremmo potuto essere felici»
Yrjö tentò di confortarla, ma lei lo zittì bruscamente.
«Per favore, se ne vada adesso»
Il medico si scusò: «non intendevo affliggerla, volevo solo rispettare la mia promessa»
«Ha consegnato la lettera, ha fatto ciò che Lauri si sarebbe aspettato da lei»
«Vorrei poter fare qualcosa in più per aiutarla»
«Non c’è niente che possa fare, a meno che non riesca a dirmi perché lei è ancora vivo mentre mio marito è stato ucciso!»
Quelle parole lo ferirono come una pugnalata.
«Mi dispiace, davvero»
Marja lasciò scorrere le calde lacrime sul suo viso.
«La prego, non ritorni mai più!»
Yrjö non poté far altro che rispettare la sua volontà, seppur con profondo rammarico. Si allontanò a capo chino, richiuse il portone udendo il disperato pianto della vedova.
Sconvolto da quella visita, il dottore tornò sui suoi passi. Avrebbe voluto aiutare quella donna, invece era solo stato testimone del suo straziante dolore. Ancora una volta Yrjö si sentì sconfitto dalla sua impotenza.
Come avrebbe potuto vivere serenamente con quel peso sul cuore? Era forse sbagliato desiderare la felicità quando ovunque regnava la sofferenza?
Yrjö estrasse dalla tasca un anello d'oro con una piccola gemma incastonata. L’aveva acquistato subito dopo il suo rientro nella capitale, era stato il suo primo pensiero quando aveva saputo dell’imminente ritorno.
Voleva chiedere a Kaija di sposarlo, fino a poco tempo prima era emozionato al solo pensiero, ma ora il suo animo era pervaso soltanto da amara tristezza.
Il giovane ripose il gioiello all’interno della giacca, il suo sogno d’amore avrebbe dovuto ancora attendere.
Rapidamente si infilò di nuovo all’interno dell’automobile.
«Forza, metti in moto. Dobbiamo tornare ad Helsinki, questa sera è in arrivo un altro treno-ospedale»
 
***

Il convoglio avanzava a rilento, impantanato nel fango delle paludi. Frans e i suoi compagni pazientavano sul retro del furgone. Nessuno di loro era entusiasta all’idea di tornare al fronte, ma tutti erano pronti a fare il loro dovere.
Seber era seduto in disparte e ascoltava distrattamente i discorsi dei suoi commilitoni. I soldati ridevano e scherzavano per alleviare la tensione.
Frans ripensò a tutto quel che era accaduto dal suo primo incontro con Leena al loro addio alla stazione di Ruovesi. Dentro di sé sapeva che avrebbe dovuto dimenticarla, ma non riusciva a smettere di pensare a lei. Quella ragazza era un vero enigma, eppure la sua freddezza non l’aveva mai respinto.
Forse, in altre circostanze, senza l’impellenza della guerra, avrebbero avuto una possibilità.
Frans tentò di scacciare quelle fantasie dalla sua mente, per come stavano le cose, poteva solo sperare che Leena e Hjalmar fossero al sicuro.
 
Il furgone aveva appena attraversato il ponte quando all’improvviso si udì un boato assordante. Il veicolo sbandò, finì fuori strada, schiantandosi contro a un albero.
I soldati si ritrovarono frastornati e sconvolti dall’esplosione. Mentre i feriti tentavano di riemergere dalle lamiere, dal fondo della carovana si iniziarono ad avvertire gli spari. Il convoglio era caduto in un’imboscata.
Frans riprese conoscenza sul fondo di un fosso, metà del suo volto era ricoperto di sangue. Il giovane strisciò in superficie scorgendo il bagliore incandescente del veicolo in fiamme.
Istintivamente strinse il fucile tra le mani, arrancò nel pantano, tentando di individuare da dove provenissero gli spari.
Ad ogni passo avvertiva la testa pulsare dal dolore, la vista iniziava ad annebbiarsi.
Il soldato tentò di ricongiungersi ai suoi commilitoni, tra il fumo e la nebbia riuscì a distinguere soltanto immagini confuse.
Frans si gettò nel caos della battaglia, si appostò tra i detriti e sparò in direzione della foresta.
All’improvviso una granata scoppiò a lato del sentiero, Frans gridò dal dolore quando una scheggia si conficcò nella sua gamba. La detonazione lo scaraventò a terra travolgendolo in un’ondata di fango.
   
 
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