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Autore: NPC_Stories    29/03/2024    0 recensioni
O come Dora e Rupert Honeycomb sono sopravvissuti alla propria infanzia.
Grossomodo.
Genere: Commedia, Fantasy, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash, FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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Autore: Dira_
Genere: introspettivo, malinconico




Panico e decisioni



Una locanda vicino a Secomber, Costa della Spada, Inverno 1368.


Erano anni che Dora non tornava alla Taverna dell’Orso.
Sarebbe tornata più spesso, ma d’estate era precettata dai festeggiamenti della Canzone dell’Alba e da quelli, conseguenti, del Solstizio. Come se non bastasse, nella fattoria era il periodo più impegnativo, tra campi da mietere, pecore da pascolare e arnie da curare. Doveva dare braccia e testa alla sua famiglia, non aveva tempo.
Quell’inverno però si era organizzata per avere una settimana libera prima di tornare a Waterdeep. E aveva intenzione di passarla alla locanda dei suoi vecchi amici.
Dora socchiuse gli occhi, guardando il cielo lattiginoso. Minacciava neve. Il carretto procedeva lento sulla strada di campagna spruzzata di brina, ma le coperte che il vecchio carrettiere aveva dato ai passeggeri per tenersi al caldo erano spesse e confortevoli, fatte della lana che si filava nella zona delle colline.
Allungò un lembo della sua sulle gambe di Kethra, seduta di fronte a lei. L’amica, che sembrava dormire, aprì un occhio e sbuffò.
“Ce l’ho già, pensa a non congelare tu…”
Dora sospirò: a primavera si sarebbe tenuta la cerimonia di investitura che da semplici accolite le avrebbe fatte diventare Cerimoniere dell’Alba, il primo grado di una radiosa carriera al tempio delle Spire del Mattino.
La preparazione a quel rito di passaggio - che prevedeva recitazioni di infinite preghiere, e riti complessi - era lunga, estenuante e dura. Le vacanze invernali erano arrivate come una benedizione.
Kethra sbadigliò, alzando la testa verso il cielo. “Dici che nevicherà?”
“Sì, è aria di neve questa.”
“Pensa che bello sarebbe se rimanessimo bloccate qui fino alla Primavera…”
“Non lo sarebbe affatto! Per fortuna Krystel è una strega, mi ha scritto che potrà aiutarci nel caso gelassero le strade. Non possiamo permetterci di rimanere indietro con lo studio.”
Kethra alzò gli occhi al cielo. “Non pensi ad altro tu…” borbottò.
Dora strinse le labbra ma non rispose: a differenza sua, Kethra non stava prendendo granché sul serio quei preparativi. Erano più le volte che doveva trascinarla in biblioteca o pregarla di rimanere a lezione che quelle in cui l’illuskan mostrava sincero impegno. Usciva quasi tutte le notti, scappava dalle lezioni e rispondeva male alle reprimende di sorveglianti e maestri.
Zia Jhessail era ad un passo da strangolarla e buttare il suo corpo nella baia.
Aveva provato a parlarle, capire se ci fosse qualcosa che non andava, ma l’amica l’aveva sempre rassicurata.

“Tranquilla, che alla cerimonia farò un figurone. Non mi serve tutta ‘sta preparazione nevrotica. Potrei fare la Cerimoniera domani mattina!”

Era vero che Kethra era sempre stata un po’ ribelle; però ultimamente era terribilmente oppositiva ad ogni minima osservazione da parte dell’autorità del Tempio. Anche il loro rapporto era diventato teso. Aveva così sperato che quella gita avrebbe fatto bene ad entrambe.
Il suo pronostico si era rivelato azzeccato: Kethra fuori da Waterdeep aveva riacquistato la parlantina e il sorriso. Aveva ripreso a prenderla in giro… anche se non aveva ripreso a toccarla.
Erano mesi che l’amica aveva raffreddato le esternazioni fisiche: non si infilava più nel suo letto e non invadeva più il suo spazio fisico, neanche per sbaglio. Niente abbracci, niente mani intrecciate, niente morsetti sulla faccia o solletico per farla incavolare.
Stavano diventando adulte e forse non era più… appropriato… interagire a quel modo: però le mancava comunque.

La locanda era rimasta identica a come Dora la ricordava: grande, dagli infiniti spazi che ricordavano il vecchio passato monastico del luogo, ricolma di bambini e di chiasso. Per tanti inverni era stata casa sua e ritrovare tutto uguale, ospiti a parte, era stato dolcemente nostalgico.

Krystel l’aveva accolta con calore offrendo a lei e l’amica la camera migliore, ed era stato emozionante riabbracciare il posato Tek’ryn, l’ironica Amber e la piccola palla di energia e chiacchiere che era Geyla… era stato persino tollerabile salutare Luel, anche se poi l’idiota aveva fatto il cascamorto con Kethra rischiando un cazzotto sul naso.
Era stato bello rivedere Tinefein. La giovane guaritrice l’aveva accolta come sempre nella sua infermeria, e Dora era stata felice di presentarle la sua migliore amica. Erano entrambe persone molto importanti per lei e aveva sperato che diventassero amiche.
…non era andata così.
Appena le aveva presentate Kethra era stata gentile, ma dopo una ventina di minuti di conversazione, fatta a gestualità drow che l’altra padroneggiava quasi meglio di lei, un broncio incomprensibile le si era stampato in faccia, e non c’era più stato verso di farle cambiare espressione. Non aveva più voluto accompagnarla in infermeria, e ogni volta che Dora pronunciava il nome della drow l’altra la piantava dov’era e andava a farsi un giro.
Non è perché Tine è drow… con gli altri non ha problemi. Anzi!

Kethra, infatti, dopo un iniziale comprensibile timore, si era comportata splendidamente con chiunque tranne che Tine: rintuzzava Luel con battute salaci che purtroppo sembravano deliziarlo, chiacchierava piacevolmente con Krystel e aveva acconsentito a tenere una lezione su Waterdeep alla classe dei bambini più grandi di Tek’ryn. Si intendeva alla perfezione persino con Amber, la figlia più sfuggente di Krystel!
Dora non capiva il perché di quella chirurgica antipatia, ma aveva deciso di non insistere; era inutile, la prima risposta che Kethra dava era sempre quella definitiva.

Non ho niente che non vada. Va’ ad aiutare Tinefein, a me non va di chiudermi in infermeria.
Vado a farmi un giro.


Quando Dora non capiva una cosa però, precipitava in uno stato d’ansia autogenerante, notabile da… chiunque. Tanto che quel pomeriggio, uno dei tanti dove Kethra era chissà dove a fare chissà cosa con Amber, Tek’ryn la prese da parte, togliendole di mano le tavole da scrittura con cui avevano insegnato i rudimenti dell’alfabeto comune fino a poco prima.
“Prendiamoci una pausa,” propose. Dora annuì e si sedettero accanto al fuoco con una tazza di tisana bollente ciascuno. Era il terzo giorno che minacciava neve e forse sarebbe stato quello buono. Faceva il freddo giusto.
“Va tutto bene? Mi sembri preoccupata.”
“Kethra è arrabbiata con me,” buttò fuori. Tek’ryn era in grado di leggere le persone, e non metaforicamente. Era inutile tener su la facciata. “Non capisco perché.”
Il ragazzo bevve un sorso dalla propria tazza. “La tua amica mi sembra una persona piuttosto arrabbiata in generale…”
“Non è così di solito! È sempre allegra e spensierata! Ma è da quest’estate che c’ha una piva che non finisce più, e credo sia perché a Primavera ci sarà la cerimonia di investitura, e siamo tutti stressati, ma lei…”
“Lei lo è di più?”
“Non lo so. Forse no. Hai ragione tu, è più arrabbiata che stressata. Vorrei aiutarla, ma mi dice che va tutto bene. Non me lo lascia fare!”
Tek’ryn rimase un attimo in silenzio. “E come vorresti aiutarla?”
“Boh, ascoltandola? Risolvendo un problema, se lo ha? Sapessi qual è ti direi la soluzione!”
Tek’ryn sospirò. “Forse non c’è soluzione.”
Dora serrò le labbra. “Posso sempre aiutarla!”
“Vedere star male le persone che amiamo è brutto,” convenne il drow. “Però a volte ci sono cose che non abbiamo il potere, o il diritto, di risolvere. L’unica cosa che puoi fare è starle vicina, suppongo.”
Dora inspirò. Tek’ryn era in grado di leggere nei cuori e nelle emozioni delle persone, e quelle parole sembravano frutto di un’esperienza diretta. Non poteva controbattere.
“Quando saremo finalmente chieriche si risolverà tutto…”
Kethra si tranquillizzerà, io mi tranquillizzerò. Avremo la nostra investitura e cominceremo a fare sul serio a Waterdeep. Tornerà tutto com’era prima. Andrà tutto bene.
“... e voglio starle vicina! È lei che non fa altro che scappare di qua e di là con tua sorella,” borbottò. Nonostante concordasse con l’approccio di Tek’ryn non apprezzava comunque esser stata piantata in asso. E da giorni.
Tek’ryn sorrise. “Ah, ma quello è perché tu stai sempre con Tinefein.”
“…In che senso?”
Tek’ryn ampliò il sorriso bevendo un altro sorso dalla propria tazza. “Dora, alla tua amica piace essere al centro delle tue attenzioni, e tu passi molto tempo in infermeria. Ti sta semplicemente ripagando con la stessa moneta. Questo è risolvibile. Basta che la rassicuri del tuo affetto.”
“Ma lo sa!”
Tek’ryn si strinse nelle spalle. “La gente ha la memoria corta quando si sente trascurata. Amber sa di essere mia sorella, ma guai se ha solo la vaga impressione di non essere la mia preferita.” Ci penso un po’ su. “Quelle due si somigliano…”
Dora sbuffò, rigirandosi la tazza tra le mani. “Anche lei ti manda costantemente a gambe all’aria la vita?”
Tek’ryn annuì divertito. “Certo, ma mi annoierei molto se non lo facesse. E poi, qualcuno deve essere con loro quando si cacciano in guai fuori dalla loro portata, no?”
Dora sorrise di rimando. “Già.”
Rimasero in quieto e riposante silenzio, bevendo la tisana guardando il fuoco scoppiettare nel grande camino di pietra scura.

Finalmente arrivò la neve. Grossi fiocchi si posarono sulla terra gelata, imbiancando rapidamente le colline e i campi. Dora e Kethra come ogni sera cenarono nel salone, e l’amica intrattenne tutti con un colorito racconto di come lei e Amber per poco non fossero affogate sfidandosi ad una gara di pattinaggio sul ghiaccio.
Kethra era di buonumore quindi a Dora sembrò il momento giusto per tentare di risolvere la questione attenzioni mancate.
“Andiamo a guardare la neve?” le propose a pasto concluso, quando i bambini si erano ormai ritirati per la notte e gli adulti trascorrevano le ultime ore della giornata accanto al fuoco a leggere, rammendare o a raccontarsi storie.
Kethra inarcò le sopracciglia. “Con ‘sto freddo?”
“Ci copriamo bene, e non hai mai visto la prima neve sui campi … è veramente bella.”
Kethra esitò, poi fece un ghignetto. “Rischi di prenderti una pallata di neve in faccia.”
“Ah, ma questo anche tu.”
“Lo vedremo!”

Non si presero a pallate di neve in faccia. Kethra di fronte allo spettacolo dei campi innevati sotto la luce argentea di una luna quasi piena perse ogni verve pestifera. Spalancò gli occhi e camminò lentamente in mezzo agli ultimi fiocchi di neve, rapita. Dora la affiancò in silenzio.
“Hai ragione… sembra di essere su un altro Piano. È magico.”
“La neve non è così in città,” convenne Dora. “Quest’anno poi ne è caduta tanta.”
“Eccome!” Kethra si voltò verso di lei con un sorriso. “Grazie per avermi convinta.”
Dora inspirò, mentre l’altra si voltava e continuava a camminare.
Forza, inizia tu o non inizierà nessuno.
“Lo sai che ti voglio bene, vero?”
Kethra si bloccò, voltandosi verso di nuovo. Aveva un’espressione indecifrabile nonostante la luce della luna illuminasse l’atmosfera. “Sì, certo che lo so…” disse con un mezzo sorriso.
“Cos’è, con la neve mi diventi emotiva?”
“Mi pareva giusto ricordartelo. In questo periodo litighiamo spesso e … sono pesante con la faccenda dello studio, e delle responsabilità, me ne rendo conto… e forse ti ho un po’ trascurata per dare una mano a Tinefein…”
Prevedibile come un tramonto il volto di Kethra si adombrò. “Non fa niente, è chiaro che ci tieni a lei…”
“Sì, ma tengo di più a te!” ribatté. “Sei la persona più importante della mia vita. Tinefein è stata la mia mentore, e le sono grata per tutto quello che mi ha insegnato, e quando sono qui cerco di sdebi…” si fermò perché Kethra aveva annullato la distanza tra di loro, arrivandole praticamente ad un soffio. Quando erano così vicine l’amica doveva alzare la testa per guardarla in faccia.
“Sono la persona più importante della tua vita?” mormorò.
“Sì, è quello che ho appena detto.” Dora ebbe la sensazione che dovesse fare qualcosa: Kehtra la stava guardando, mordicchiandosi un labbro indecisa, come se stesse aspettando qualcosa… o volesse fare qualcosa anche lei.
Invece parlò. “Non voglio diventare un Cerimoniere dell’Alba. Voglio fare l’avventuriera.”
“…come scusa?”
Kethra inspirò, guardando un punto a caso vicino alla sua clavicola. “Non… non voglio rimanere a fare la muffa in città. A Waterdeep ci sono più chierici che in un Tempio il giorno della Canzone dell’Alba! Voglio fare del bene dove ce n’è bisogno, e non in un posto dove degli stramaledetti tuniconi mi tarpano le ali! Voglio essere in grado di fare la differenza!”
Fece un passo indietro, indicando con braccio attorno a loro. “Il mondo è vasto ed ha bisogno di aiuto! Amber mi ha raccontato un sacco di storie, e altrettante le ho ascoltate nelle taverne. Gli avventurieri non sono soltanto mercenari al soldo dei potenti come dice tua zia… sono eroi! Io voglio essere un eroe! Tu no?”
Dora ascoltò le parole che uscivano dalla bocca dell’amica, e vi trovò senso e ragione. Erano così da lei.
Come aveva potuto essere così miope da non capire che l’insofferenza di Kethra non era soltanto per lo studio?
Non ne può più del Tempio.
“Dora…” Kethra le prese le mani, “vieni via con me. Porteremo la luce di Lathander dove ce n’è davvero bisogno. Saremo delle eroine e la faremo vedere a quelle tuniche polverose del Tempio. Che ne dici?”
Dora per un attimo immaginò quel futuro: lei e Kethra, a combattere fianco a fianco contro le ingiustizie, mazza, scudo e incantesimi nella punta delle dita. Come nei libri. Come nelle ballate migliori.
Poi arrivò la doccia fredda.
E la tua famiglia?
Aveva abbandonato la sua famiglia per diventare una chierica. Se ne sarebbe andata all’avventura come una disperata qualsiasi?
Dopo tutto quello che hanno sacrificato per te?
Dora si scostò. “No. Devo servire il Tempio. Non posso farlo.”
Kethra abbassò lo sguardo e fece un sospiro, quasi se lo fosse aspettato. “Certo… no, è un’idea stupida. Scusami se te l’ho chiesto.”
“Dobbiamo studiare, e poi potremo migliorare le cose da dentro…”
“Non fa per me,” sbottò. Alzò lo sguardo ed era duro e determinato. Quando Kethra diceva una cosa, era quella, e non si tornava indietro. “Non diventerò Cerimoniere. Appena andrà via il gelo mi metterò in viaggio. Me ne andrò da Waterdeep.”
Dice sul serio. Se ne andrà.
Dora sentì il cuore cominciare a battere all’impazzata, come se volesse uscire dal petto. Era ansia, ma era cento volte peggio del solito perché era così forte, così totale che cominciò a girarle la testa.
Rimarrai sola.
“…Dora, ehi…” Kethra fece per toccarle una spalla, ma Dora fece un paio di passi indietro.
“Scusami… io… credo di dover rientrare.”
Non diede il tempo di ribattere all’altra: le diede le spalle e corse via.
Dora corse come una furia nell’unico luogo che era sicura fosse vuoto in quel momento: l’infermeria.
Si accovacciò nell’angolo più lontano dalla porta, dove, anche aprendola, non sarebbe entrata luce rivelando la sua posizione: aveva imparato quel trucchetto quando doveva nascondere Rupert dalla furia di suo padre.
Fu lì che Tek’ryn la trovò. Il giovane drow entrò zoppicando nella stanza, reggendo un candelabro che spandeva luce fioca, ma bastevole per identificare la sua forma rannicchiata dietro uno scaffale pieno di ingredienti e pozioni.
Invece di chiederle cosa fosse successo, il ragazzo sospirò. “Quando eri piccola ti rifugiavi sempre qui quando gli altri bambini facevano troppo chiasso… Stavolta però non credo sia questo il caso.”
Dora non rispose: stava tentando di tenere a bada l’orribile sensazione di non avere più fiato nei polmoni e di stare per morire. Strinse gli occhi e due lacrimoni le scivolarono lungo le guance.
“Dora… respira,” sentì che le diceva Tek’ryn. “Fai dei respiri profondi e conta con me.”
Dora, che era abituata ad obbedire, all’udire quel tono gentile ma perentorio attivò gli schemi familiari. Imitò Tek’ryn e dopo qualche minuto percepì che la stretta al petto si allentava.
Riprese a respirare.
“…che…”
“Attacco di panico,” la anticipò il ragazzo sedendosi accanto a lei e posando il candelabro a lato. “Non stavi morendo, è solo la tua mente che era entrata in modalità sopravvivenza… ma queste cose le studi, non ti dico niente di nuovo.”
Dora annuì tremante: quell’attacco doveva essere colpa del periodo di tensione e di studio matto e disperatissimo. L’annuncio di Kethra le aveva dato la botta finale.
Non mi era mai capitato così, ma suppongo ci sia sempre una prima volta.
“Come mi… come mi hai trovato?”
Tek’ryn si strinse nelle spalle. “Non è mia abitudine leggere le emozioni altrui. Solo che voi umani, quando siete giovani, le avete un po’…” cercò la parola. “…urlate. Anche volendo non ho potuto evitarlo. Ho sentito un grido che arrivava da fuori. L’ho semplicemente seguito.”
Dora avvampò. “Scusami, ti ho svegliato.”
“Ero ancora in piedi tranquilla,” le mise una mano sulla spalla. “Vuoi parlarne? A voce però.”
Dora parlò. Più che altro vomitò un fiume di frasi che sperò avessero senso, perché tutto quello che provava era confusione, smarrimento e senso di colpa. Aveva mollato Kethra come una stupida in mezzo alla neve, dopo che le aveva letteralmente aperto il suo cuore e fatta partecipe delle sue decisioni.
Era un'amica di merda.
…e al tempo stesso, lo era anche Kethra perché la lasciava sola, dopo tutti i progetti fatti, dopo tutte le parole spese sul loro futuro.
Mi ha detto un sacco di cazzate allora? Come fa con tutti?
Tek’ryn la ascoltò in silenzio, aspettando che finisse.
“Capisco che tu possa essere arrabbiata,” iniziò. “Kethra ti aveva detto che sarebbe rimasta e non lo farà. Però le persone cambiano idea e non si può fargliene una colpa. Voi umani poi avete una vita breve, quindi credo che capiti persino più di frequente per la vostra razza.”
“Non così di frequente,” ribatté Dora serrando le labbra. “Io non l’ho mai cambiata!”
“Veramente se non ricordo male da bambina volevi prendere in gestione la tua fattoria.”
Dora accusò il colpo e seppellì il viso tra le gambe.
“La tua amica ha scelto una strada che ritiene giusta per sé,” continuò Tek’ryn. “Penso che forse, la sua rabbia, era frustrazione… perché non riusciva a dirtelo. Però alla fine ha preso coraggio e lo ha fatto. Ti ha detto la verità, anche se probabilmente era consapevole che non ti sarebbe piaciuta.”
“Non mi è piaciuta infatti.”
“Però non sta a te decidere come debba vivere la sua vita, no?”
“Ovviamente no!” sbottò voltandosi verso il drow con rabbia. “Non… io…” le veniva di nuovo da piangere. “Vorrei che restasse con me.”
“Puoi convincerla a restare,” ragionò Tek’ryn. “Però quando tieni tanto a qualcuno… a volte bisogna accettare di lasciarlo andare via. Qual è la cosa giusta da fare secondo te?”
Dora riprese la posizione che aveva prima, il volto sepolto nelle ginocchia. “Se… se credi a Lathander questa domanda te la fai spesso.”
Tek’ryn le mise una mano sulla schiena, in un gesto di quieto conforto. “Quindi sei anche in grado di trovare la risposta. Sei allenata.”
“Ci provo…”
Tek’ryn annuì. “Sei una brava persona Dora. Sono sicuro che farai la cosa giusta. Ti lascio la luce, io non ne ho bisogno,” si alzò. “Va’ a letto però, o ti prenderai un malanno.”
Dora annuì, bofonchiando un ringraziamento che il drow accettò con un cenno della mano prima di andarsene. Poi fu di nuovo sola.
Dora non rimase molto in infermeria. Una volta calma capì che doveva tornare in stanza da Kethra: non poteva nascondersi per sempre.
Trovò l’amica già a letto, con le pesanti coperte invernali tirate quasi fin sopra la testa; spuntavano infatti poche ciocche di capelli corvini e la fronte.
Si era stesa nella parte più esterna, mettendo quanto più distanza possibile tra di loro: sembrava stesse dormendo.
Dora si spogliò e si infilò infreddolita nel letto, rimanendo qualche attimo stesa dal lato opposto. Poi si girò sulla schiena. “Scusami per prima…” esordì. “Mi hai colto di sorpresa ed ho reagito male.”
Kethra non rispose, ma il ritmo del suo respiro non era quello di una persona che dormiva.
Dora sperò che la stesse ascoltando.
“Se diventare un’avventuriera è ciò che vuoi, io … io non lo capisco, ma io ti appoggerò,” continuò serrando le mani sulle coperte. Non era quello che voleva, ma non aveva importanza.
Stavolta, se non altro, sarebbe stato per una buona causa.
“Ti è sempre piaciuto aiutare gli altri a modo tuo, e se andare all’avventura è il modo in cui vuoi farlo… fallo. E poi imparerai sul campo, no? Dicono sia la scuola migliore.”
Kethra continuava a rimanere in silenzio e Dora ebbe voglia di voltarla e scuoterla.
Dimmi qualcosa. Non stai mai zitta un attimo da quando ci conosciamo!
Parlami, per favore.
Contemplò afflitta la schiena dell’altra. Alzò la mano, incerta se toccarla o meno. Non voleva rischiare che si scostasse. Le avrebbe spezzato il cuore.
“Voglio che tu sappia… che sarò sempre dalla tua parte. Anche se non saremo più insieme. Anche se… anche se mi mancherai tantissimo,” inghiottì un singhiozzo ma fece un lavoro orribile, perché le si spezzò la voce.
Concentrata nel compito di non crollare, si accorse in ritardo che l’altra si era finalmente voltata. Così la prese di sorpresa quando le gettò le braccia al collo stringendola con forza.
Kethra stava piangendo.
“Dimmi di rimanere…” singhiozzò. “Se me lo dici tu, non me ne andrò.”
Dora la strinse a sé. Aprì la bocca, ma poi la richiuse.
La cosa giusta. Devi fare la cosa giusta.
Accarezzò i capelli di Kethra, baciandole la testa. “Diventerai l’avventuriera più tosta della Costa della Spada, Kethra Brightraven. E io rimarrò al Tempio ad aspettarti, così quando tornerai mi racconterai storie incredibili e io morirò d’ansia.”
Kethra ridacchiò, scostandosi per asciugarsi maldestramente le lacrime. Dora la aiutò con un lembo di lenzuolo.
“Non dovrai aspettare così tanto, ti scriverò tutti i giorni.”
“Non ci credo manco se lo giuri sul simbolo, bugiarda che non sei altro…” la prese in giro facendola ridere. “Mi basterà qualche lettera.”
Kethra annuì, tirando su con il naso. “Ogni volta che mi fermerò in un posto civile, promesso.”
Si accoccolarono l’una vicina all’altra, le teste posate in un unico cuscino, com’erano abituate a fare nel dormitorio. “E se sarai nei guai…” cominciò Dora.
Kethra alzò gli occhi al cielo. “Te lo dirò. Te lo scriverò,” si corresse con una smorfia. “Sarà strano…”
“Sì, ma andrà bene. Sarà un nuovo inizio e sarà radioso. Per entrambe.”
Kethra sorrise e per un attimo lo sguardo le scivolò sulle labbra dell’altra ragazza.
Dora sentì il cuore perdere un battito, ma poi l’amica sospirò e chiuse gli occhi, sistemandosi meglio contro di lei. “Senti … per stanotte possiamo dormire così? C’è troppo spazio in ‘sto letto… e fa un freddo bestiale.”
Non faceva freddo per niente: il camino della stanza era stato ben alimentato in vista della notte e sotto le coperte c’era un tepore piacevolissimo.
Dora però non la corresse, se la tirò contro e chiuse gli occhi.

   
 
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