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Autore: Emma Speranza    04/04/2024    0 recensioni
Il Ministero è caduto, le lettere di convocazione al Censimento per i Nati Babbani sono state inviate e quando Lydia Merlin riceve la sua, sa che è arrivato il momento di nascondersi. Ma una lezione che ha imparato durante i sette anni ad Hogwarts è che i suoi piani non vanno mai come dovrebbero.
Un incontro fortuito con un ex compagno di scuola ed un bambino troppo chiacchierone le ricorderanno che la fuga non è un’opzione, e che in un mondo magico che ha dimenticato cosa sia l’umanità e la pietà, c’è ancora qualcosa per cui vale la pena combattere.
Una storia di sopravvivenza, ingiustizia e dei mostri che si annidano nei luoghi più oscuri.
Dall'Epilogo:
​«Corri!»
Lydia sapeva che era arrivata la loro fine.
Nulla li avrebbe salvati.
Sfrecciò in mezzo ad un gruppetto di anziane signore, che reagirono lanciandole imprecazioni che mal si addicevano a delle così adorabili nonnine.
«Scusate, scusate!»
E ovviamente Lance perse tempo a cercare di farsi perdonare piuttosto che correre per salvarsi la vita.
Genere: Avventura, Guerra, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mangiamorte, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Vari personaggi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Capitolo 36
L’alba
 
 
Lance O’Brien pensava di sapere cosa fosse il dolore.
Scoprì che non era così.
Una nuova fitta attraversò la parte sinistra del suo corpo. Strinse i denti e strizzò gli occhi, mentre un’ondata di nausea accompagnava il dolore.
«Dobbiamo andarcene da qui.»
Lance socchiuse un occhio. «Sto bene.»
«No che non stai bene.»
«Sto benissimo, Duncan, davvero. Mai stato meglio.»
Decise di richiudere gli occhi piuttosto che vedere l’occhiataccia che suo fratello gli riservò.
«Appena tornano papà e Kate, noi ce ne andiamo.» sentenziò Duncan categorico.
Lance sospirò. Il suo corpo si rilassò mentre il dolore scemava, anche se il sollievo sarebbe durato solo pochi secondi, lo sapeva. «Non possiamo andarcene adesso. In un modo o nell’altro questa storia finirà tra un’ora. Me lo sento.»
«E infatti tra un’ora saremo molto lontani da qui.»
Lance ne ebbe abbastanza. «E dimmi: come facciamo ad andarcene se tu non riesci neppure a camminare?»
Questa volta sostenne l’occhiata omicida di Duncan. «Posso camminare.» disse, nonostante fosse sdraiato a terra, la gamba frantumata in molteplici punti e avvolta in una steccatura grossolana.
«E io posso combattere.» ribatté Lance, bugiardo come il fratello. Perché anche lui era consapevole che Duncan aveva ragione: non sarebbe mai riuscito a combattere con la mano e il polso squarciati, soprattutto considerando che era la stessa mano con cui impugnava la bacchetta. E preparava le pozioni, pensò con una stretta al cuore, prima di rendersi conto di quanto fosse sciocco essere in lutto per la propria professione quando entro un’ora sarebbero potuti essere tutti morti.
Duncan grugnì e tornò ad appoggiare la testa sul maglione di Katherine. «E va bene. Ti concedo dieci minuti. Ci facciamo curare e poi ce ne torniamo a casa. Abbiamo già contribuito abbastanza alla causa.»
Lance avrebbe ribattuto se non fosse stato per la nuova ondata di dolore che lo assalì. Mentre il suo corpo cercava di combattere la nausea, Lance tentò di distrarsi guardandosi attorno. Anche se c’era ben poco di allegro in ciò che li circondava.
La Sala Grande era gremita.
Da quando Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato aveva annunciato la tregua di un’ora, tutti i combattenti si erano involontariamente recati nella sala più importante di Hogwarts.
Lance ripensò a quanto fossero state surreali le parole del loro nemico. Aveva riconosciuto il loro valore, lodandoli persino per il loro coraggio, per poi dire che se avessero continuato a combattere li avrebbe uccisi uno per uno. Un discorso motivante. Espirò mentre l’ondata di dolore scemava. Sapeva di essere vivo solo per miracolo, lui e Duncan erano finiti in una trappola e si erano ritrovati circondati da Acromantule e Mangiamorte. Una strana accoppiata che era quasi riuscita a finire i loro giorni. La gamba di Duncan si era rotta nella presa di una Acromantula grande quasi due metri. Lance aveva cercato di liberarlo dalle grinfie del ragno, distraendosi dal nemico contro il quale stava combattendo e venendo così colpito da una Maledizione sulla mano. Rabbrividì al pensiero. Era stato proprio in quel momento che la voce di Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato era risuonata nelle mura di Hogwarts, talmente vicina che per un istante, in preda al dolore, Lance aveva pensato che fosse proprio lì, accanto a lui, in procinto di ucciderlo. Era stato l’attimo più terrificante della sua vita.  Acromantule e Mangiamorte si erano immediatamente ritirati all’ordine del loro padrone ed era proprio quella l’unica ragione per cui Duncan e Lance non erano stati uccisi.
Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato aveva salvato la loro vita. Certo, era anche la causa principale per cui l’avevano rischiata, ma non era il momento per puntualizzare i dettagli.
Katherine e il padre di Lance li avevano raggiunti subito dopo, aiutandoli a trascinarsi fino alla Sala Grande. Era lì che li avevano lasciati, momentaneamente al sicuro, prima di allontanarsi di nuovo alla ricerca di Silas e Cyril.
Lance scorse lo sguardo sulla piccola folla che riempiva la stanza. Erano tutti esausti, ed ognuno di essi pareva avere il peso del mondo sulle spalle. E probabilmente era così. Qualcuno piangeva, altri guardavano il vuoto, qualcun altro ancora chiedeva di poter tornare a casa. E in mezzo a tutto questo, proprio al centro della Sala Grande, sotto un cielo incantato intriso di stelle, vi era una fila di persone che non avrebbero mai più rivisto la loro casa.
Il cuore di Lance si riempì di un dolore ben diverso da quello fisico. Per quanto volesse evitare di guardare in quella direzione, si sentiva attratto come da un magnete. Ogni volta che veniva aggiunto un corpo, implorava che non fosse qualcuno che lui conosceva. Il sollievo di non vedere Silas e Cyril aggiungersi alla fila dei morti veniva però ben presto rimpiazzato dal senso di colpa per quello stesso conforto. Aveva riconosciuto alcuni di quei volti. Tutti troppo giovani, troppo coraggiosi, troppo amati, come dimostrava un corpo in particolare, circondato dall’intera famiglia in lacrime e devastata per la sua perdita.
«Uno dei gemelli Weasley.» Aveva riferito mestamente Kate prima di partire nella sua ricerca «George o Fred… non riesco mai a distinguerli. Beh… adesso riusciremo tutti a farlo.»
La signora Weasley singhiozzava disperata, accasciata sul petto del figlio. Lance distolse lo sguardo velato dalle lacrime.
Anche lo spazio in cui si trovava lui non era in condizioni molto migliori. Appena avevano fatto il loro ingresso nella Sala Grande, Lance sostenuto da Katherine e Duncan portato di peso dal padre, erano stati indirizzati verso la pedana sul fondo, dove Madama Chips e un gruppetto di volontari stavano correndo disperatamente per riuscire a guarire tutte le ferite riportate durante i combattimenti. Ma i feriti erano troppi e le medicazioni troppo poche. Lance aveva insistito affinché fosse Duncan a ricevere la dose di Dolorfort, sostenendo che la sua mano non gli facesse poi così male. Madama Chips lo aveva squadrato ben consapevole della verità, ma la carenza di pozioni l’aveva costretta ad accettare. Aveva mandato alcuni studenti con il nuovo professore di Pozioni (un certo Lumacorno, vestito con un pigiama color smeraldo) nei sotterranei per poter prendere ogni pozione disponibile. Lance, che aveva origliato gli ordini, si era permesso di aggiungere che sarebbe bastata anche solo qualche erba di Ers o delle radici di Meltrel per alleviare il dolore. In cambio aveva ricevuto un’occhiata indagatrice da parte del professor Lumacorno che lo aveva messo a disagio. «Un grande potenziale…» aveva borbottato lo strano professore prima di essere costretto da Madama Chips ad affrettarsi verso i sotterranei.
L’ennesima ondata di dolore gli tolse la capacità di pensiero. Serrò i denti, immobilizzandosi, smettendo persino di respirare nella speranza che così facendo potesse alleggerire le fitte.
Era talmente immerso nel proprio dolore che sobbalzò quando una mano si posò sulla sua spalla.
«Scusa.» Duncan era riuscito a mettersi seduto e lo guardava preoccupato.
«Sto bene.» replicò automaticamente Lance.
Duncan scosse la testa. «Non c’è bisogno che continui a ripeterlo. Risparmia il fiato.»
Lance lanciò una rapida occhiata alla propria mano. Non riusciva a guardarla per troppo tempo senza farsi prendere dalla nausea e dal panico. Non stava bene. Lo sapeva lui, lo sapevano Duncan, Madama Chips, Katherine, suo padre e persino il ragazzino che appena aveva visto la sua mano era scappato via, probabilmente per andare a vomitare. Lance si era sentito vagamente offeso, in fondo la sua non era la ferita più grave presente in quella sala. Faceva solo impressione. O almeno era quello che continuava a ripetersi per non dover affrontare la verità.
La sua mano era messa male. Molto male. E l’incapacità di piegare le dita confermavano i suoi peggiori timori. Non solo era squarciata, ma erano stati colpiti anche i nervi, l’unico quesito rimasto era comprendere quanto a fondo fossero stati intaccati. Anche se, si ripeté per l’ennesima volta, non aveva molta importanza considerando che Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato aveva dato una scadenza ben precisa alla loro tregua ed essa si stava avvicinando inesorabilmente. Strano come la prospettiva di una morte imminente lo aiutasse a superare il terrore di una mano squarciata.
«Lance, ti prego, ragiona. Dobbiamo tornarcene a casa prima che sia troppo tardi.» Duncan cercò di spostarsi leggermente verso di lui «Anche io non vorrei lasciare altri a combattere al posto nostro, ma guarda in faccia la realtà. Messi così siamo solo un peso. Non possiamo difenderci, e non ho intenzione che qualcuno si faccia male per cercare di salvarci la vita visto che non siamo in grado di farlo da soli.»
Il ragionamento di Duncan aveva senso. Lance odiava il fatto che negli ultimi mesi suo fratello avesse deciso di diventare saggio.
«Tu vai pure. Io resto.»
Ed era quasi comico che la testardaggine di Lance fosse cresciuta di pari passo alla saggezza di Duncan.
Duncan sembrò indeciso se strozzarlo o lanciargli una maledizione. Per fortuna l’arrivo di Katherine non gli lasciò il tempo per decidere.
«Tieni, ti ho portato questa.» Katherine si sedette davanti a loro, aprì le mani chiuse a pugno e svelò a Lance un vero e proprio tesoro.
Tre foglie di Ers. Abbastanza potenti da cancellare momentaneamente il dolore.
«Ti voglio bene, Kate.» disse sinceramente Lance, cacciandosi in bocca tutte e tre le foglie ed iniziando a masticarle.
Kate ridacchiò, anche se il sorriso non raggiunse i suoi occhi. «Sono solo brava ad ascoltare i tuoi monologhi sulle proprietà di ogni ingrediente di questo mondo.»
Un piacevole calore si diffuse lentamente in tutto il corpo di Lance, raggiungendo le punte delle dita, anche di quelle che non riusciva a muovere. Il sollievo fu immediato, facendogli sfuggire un sospiro di sollievo. «Avete trovato Silas e Cyril?» chiese con gli occhi ancora chiusi. Si era dimenticato di quanto fosse bello non provare costantemente dolore.
Il sorriso di Kate si spense. «No… ma il castello è grande ed alcune parti sono crollate, potrebbero essere impossibilitati a raggiungerci. Ci sono squadre di soccorso ovunque. Li troveremo.» Ma lo disse con incertezza. Lance la capiva. Erano circondati da morte e dolore, sembrava impossibile anche solo sperare che potessero realmente ritrovarsi.
«Sta arrivando papà.» Lance e Katherine si voltarono verso la direzione indicata da Duncan.
Il padre li raggiunse, mettendosi seduto con un lamento sul gradino davanti a loro. Non ebbero neanche bisogno di porre la domanda che stava già scuotendo la testa. «Non ci sono. Ho provato a chiedere in giro ma nessuno li ha visti. Mi hanno detto però che stanno indirizzando qui tutti quelli che trovano, quindi arriveranno. In un modo o nell’altro.»
Duncan si sdraiò di nuovo e Lance avrebbe tanto voluto fare lo stesso. Sdraiarsi, dimenticare la situazione che stavano vivendo e semplicemente dormire sotto il cielo stellato della Sala Grande. La sua mente corse al ricordo di un’altra notte passata in quella stessa stanza, tanti anni prima. Una notte durante il suo sesto anno ad Hogwarts, quando si temeva che un pluriomicida si aggirasse nei corridoi della scuola e per questo tutti gli studenti erano stati costretti a dormire nella Sala Grande. Lance ricordava la gioia che aveva provato quando lui, Lydia, Paul e Alice si erano sdraiati tutti vicini nei loro sacchi a pelo, entusiasti di poter vivere anche quell’avventura insieme.
Quanto gli mancavano.
Lance sbatté velocemente le palpebre.
Paul era morto.
Alice arrestata.
E Lydia…
«Li troveremo, Lance.» cercò di rassicurarlo il padre, fraintendendo il motivo delle sue lacrime.
«Hai visto qualcuno che conosciamo?» chiese Duncan.
Il padre si voltò verso la fila di cadaveri. Si stava allungando troppo. Talmente tanto che cominciarono a spostare tutti i corpi fuori dalla Sala Grande.
Lance, Duncan, Katherine e Dorian assistettero alla processione in silenzio, così come fecero tutti gli altri presenti nella stanza. Un silenzio innaturale calò su Hogwarts, così lontano dai fragori della battaglia che aveva fatto tremare e crollare le sue mura.
Quando anche l’ultimo caduto uscì, un lieve brusio si risollevò, e anche Dorian rispose alla domanda del figlio. «Diversi, nessuno che conosciamo particolarmente bene, ma alcuni membri dell’Ordine della Fenice, studenti di Hogwarts ed anche commercianti di Hogsmeade. E non hanno ancora finito di setacciare il parco. Poi ci sono gli altri…» Sollevò il volto verso il cielo stellato. «Li hanno messi da un’altra parte, lontani dai nostri, ma lì ne ho riconosciuti ancora di più. C’erano Bryan e Delwyn, erano miei vecchi compagni di classe. Trevor Wright, è stato lui a consigliarmi di regalare un mazzo di gerbere a vostra madre al nostro primo appuntamento. Gren e sua moglie. Erano presenti al nostro matrimonio, e ti hanno regalato il carillon con le fenici d’oro alla tua nascita, Duncan, quello che hai ancora nella tua stanza.» Per la prima volta nella sua vita, Lance si accorse di quanto suo padre fosse invecchiato durante gli ultimi anni di guerra. Le rughe sotto gli occhi, le spalle curve. L’espressione tormentata sul suo viso. «E poi ho visto mio cugino…»
Era tutto iniziato da lui, ricordò Lance. Era per colpa del cugino di suo papà che avevano dovuto abbandonare la loro vera casa nei sobborghi di Oxford il giorno stesso dell’evasione di massa da Azkaban, anche se i ricordi di quel tempo lontano gli sembravano appartenere ad un’altra vita. Eppure era stato proprio quello il punto di partenza che li aveva condotti fino ad Hogwarts, a combattere una battaglia più grande di loro. Casa O’Brien, il rifugio dei bambini, Lydia… tutto era iniziato dal cugino di suo papà, la cui storia era terminata in quella stessa scuola, destinandolo a giacere in una stanza anonima, disteso in un sudario. E un pensiero terribile assalì Lance guardando l’espressione sul viso di suo padre, ma non ebbe il coraggio di pronunciare la domanda. Suo padre non avrebbe mai confessato i propri demoni.
«Lance… stai fumando.» Duncan lo fissava preoccupato.
Lance si guardò il braccio sano e si accorse che effettivamente vi erano delle sottili strisce di fumo che si sollevavano dalla sua pelle. «È solo un effetto collaterale dell’erba di Ers. È per questo che è stata dichiarata nociva ed è illegale utilizzarla nel campo medico. Che c’è?» La sua famiglia lo fissava tra lo stupito e il terrorizzato.
«E non hai pensato di dirmelo?!» esclamò Katherine con voce strozzata.
Lance agitò il braccio per dissipare il fumo. «Non c’è nessun pericolo. Come dicevo, tre foglie aiutano ad eliminare il dolore per diverse ore, a seconda della gravità delle ferite. Se fossero state quattro allora sarei nei guai. Combustione spontanea. Ma non vi preoccupate, la maggior parte degli organismi umani può sopportare tre foglie.»
«La maggior parte?» Il tono di voce di Katherine stava per raggiungere l’isteria. «Vuol dire che potresti bruciare davanti ai nostri occhi da un momento all’altro?»
Lance alzò gli occhi al cielo e sputò il grumo di erbe. «Dovrei già essere incenerito se fosse stato così.»
«E come facevi a sapere che non ti avrebbero ucciso?!»
Lance esitò un istante prima di rispondere alla domanda di Katherine. «Non lo sapevo.»
«Cosa ti salta in mente di-!?»
«Non ho nessuna intenzione di tornare a casa.» la interruppe Lance «Non adesso che siamo così vicini alla fine. Ho visto Harry Potter prima, sono sicuro che lui e i suoi amici stanno organizzando un piano in questo stesso momento per sconfiggere Voi-Sapete-Chi. Io resto e combatto. Fine della storia.»
«No.»
«No?» chiese Lance, voltandosi stupito verso il padre. «Sei stato tu a dirci che eravamo liberi di scegliere se combattere. E io voglio combattere ancora.»
«Eravate liberi di farlo quando la salute era dalla vostra parte. Ma non vi permetterò di rimanere nel castello se non siete in grado di proteggervi, e - non provare neanche a negarlo - tu non sei in grado di difenderti in questo momento. E neanche tuo fratello. Quindi sì, vi riporto a casa appena ti rimettono in sesto la mano abbastanza da poter affrontare la Materializzazione senza danni.»
«Non puoi dire sul serio!»
«Questa è la mia decisione ed è irrevocabile.»
Lance era senza parole. «Ma Silas e Cyril sono ancora qui, e anche i ragazzi di casa Yorgenben!»
«Vi riporto a casa e poi torno qui a cercarli. Anche Katherine è libera di decidere se rimanere al castello o tornare a casa con voi.»
Katherine raddrizzò la schiena. «Rimango.» disse decisa.
«Non puoi essere d’accordo, Duncan!» Lance si rivolse al fratello, sperando di poter ragionare almeno con lui «Non vorrai tornare a casa mentre tua moglie, per di più incinta, rimane qui a combattere!»
Duncan si puntellò sui gomiti e guardò negli occhi sua moglie. «Se è la sua decisione io la accetto. E come ti dicevo, non rischierò di metterla in pericolo prendendo la sconsiderata scelta di rimanere quando non sono più in grado neppure di muovermi.»
Lance si alzò in piedi, esasperato. Una pessima idea. Il dolore alla mano era scomparso, ma la copiosa perdita di sangue lo aveva lasciato completamente debilitato. Barcollò e fu solo grazie al sostegno di suo padre che non cadde faccia a terra.
«Signor O’Brien! Cosa le salta in mente?!» Madama Chips corse verso di lui, affiancata da una studentessa che le portava la borsa di medicinali.
«Io resto.» replicò di nuovo Lance «Posso ancora lottare. Userò la mano destra.»
«Tu sei mancino, Lance.»
«E allora? Ho già usato la destra per lanciare incantesimi quando mi sono rotto il polso anni fa. Saprò difendermi.»
Alla fine fu Madama Chips a costringerlo a rimettersi seduto sul pavimento, con una spinta ben poco professionale e borbottando sulla difficoltà di certi pazienti. Fece cenno alla sua assistente di aprire la borsa e ci trafficò dentro per alcuni istanti, in un rumore di boccettine sbattute tra loro.
«È quasi passata un’ora dalla tregua stabilita dal Signore Oscuro.» continuò il padre di Lance «Il tempo è scaduto. Ce ne andiamo appena possibile.»
Madama Chips trovò la boccetta che stava cercando e quando la estrasse, Lance riconobbe l’Essenza di Dittamo. Le gocce di essenza sfrigolarono a contatto con la sua pelle martoriata, ma fecero il loro effetto. I muscoli, i tendini e la carne cominciarono a tirarsi e stendersi per coprire i pezzi mancanti. Lance distolse lo sguardo, attraversato da un moto di nausea. La pozione avrebbe ricucito la ferita, ma era ben consapevole che non voleva dire che fosse guarita. I danni erano ancora presenti sotto la superficie.
«Aspettate dieci minuti affinché la pozione possa aver tempo di agire indisturbata.» comandò l’infermiera «Poi potrete andare.» E corse via verso la lunga fila di feriti che attendevano il loro turno.
Lance si sfregò gli occhi. Decise di rimanere in silenzio. Duncan, Katherine e suo padre avevano reso ben chiara la loro posizione e li conosceva abbastanza bene da sapere che non sarebbe riuscito a convincerli del contrario. Avrebbe trovato un altro modo. Avrebbe potuto approfittare di un momento di distrazione per confondersi nella folla. E il castello era abbastanza grande da sfuggire al loro controllo una volta uscito dalla Sala Grande.
«Che ci siamo persi?»
L’intera famiglia O’Brien sollevò lo sguardo di scatto.
«Buonasera a tutti. O buongiorno, è giorno ormai no?» Silas stava cercando di sistemarsi il mantello, un tentativo vano considerando che era talmente stracciato da non poter più essere definito tale «Che c’è? Non avrete pensato seriamente che potevamo perderci la seconda parte della festa! A proposito, a che ora inizia?» chiese guardando l’orologio da polso completamente distrutto «Uno stupido Mangiamorte mi ha rotto l’orologio e non ho la minima idea di quando scada l’ora. Dite che posso mandargli la lista dei danni?» Si tolse il cilindro altrettanto demolito.
«Silas!» urlò Katherine, correndo ad abbracciarlo.
Lance si sentì invadere dal sollievo. «Che bello rivedervi.»
Cyril annuì. «Anche per noi. A proposito, ho ritrovato Nikolas.» alzò la mano intrecciata a quella di Nikolas. Lance aveva quasi dimenticato la voce di suo cugino.
«Ragazzi!» Fu il turno di Dorian di abbracciare i nuovi arrivati «Sono così contento che stiate bene.»
Lance sollevò la mano destra in un cenno di saluto. «Un abbraccio da lontano.»
I suoi cugini stavano relativamente bene. Erano completamente ricoperti da fuliggine, polvere e calcinacci, si potevano intravedere numerosi graffi in altrettanti punti dei loro corpi e Silas zoppicava leggermente. Ma tutto sommato sembravano interi ed era più di quanto si potesse dire per molti altri combattenti. «Vi abbiamo cercato dappertutto!» Katherine tornò a sedersi accanto a Duncan.
Silas invece si sdraiò esausto al fianco di Lance. «Stavamo cercando Johan Yorgenben. Abbiamo setacciato tutta la parte ovest del castello ma ancora nessuna traccia. Allora siamo venuti a cercare voi.»
«E adesso che sappiamo che state bene possiamo ripartire.» sentenziò Cyril. Voto del silenzio oppure no, non era mai stato di molte parole.
Silas si mise seduto con un lamento. «Giusto. Anche se il castello non mi è mai sembrato così grande… è come cercare un ago in un pagliaio, o un filo d’erba in una foresta, o scegliete voi l’analogia che preferite. Non poteva essere Kilian Yorgenben a sparire? Anche se grande e grosso come è lo avremmo probabilmente scambiato per un gigante.»
«Andiamo Silas.»
«Sì, sì, arrivo Cy.» Silas si massaggiò la fronte «Non è che voi lo avete visto, vero?» chiese, senza alcuna speranza che la sua domanda potesse ricevere una risposta positiva.
Come da lui previsto, nessuno rispose.
Silas sospirò. «Avete visto almeno Lydia?»
Lance fu sicuro di aver sentito male.
«Lydia? Perché Lydia?» chiese Katherine.
Silas li guardò. «Perché, non l’avete vista?» chiese stupito «Pensavo che fosse qui. Ho visto che là c’è Selwyn.» indicò un ragazzino con un pigiama decorato con boccini d’oro e una sciarpa Serpeverde attorno al collo, che stava ricevendo una sonora strigliata dalla Professoressa McGranitt in persona «Credevo che fosse con lui.»
«Lydia è qui? Ad Hogwarts?» chiese Lance con un filo di voce, incapace di credere che fosse la realtà.
Ma Silas annuì. «L’abbiamo incontrata durante la battaglia. Eravamo al quarto piano, Selwyn ci stava inseguendo quando è esploso tutto. E quando l’abbiamo cercata non c’erano più né lui né lei, abbiamo pensato che lo avesse portato al sicuro…E poi Voi-Sapete-Chi ha dichiarato la tregua e abbiamo dato per scontato che si sarebbe diretta qui con il ragazzino.» La consapevolezza dipinse il suo volto di orrore «Ma se non l’avete vista…»
Lance scattò di nuovo in piedi e questa volta riuscì a rimanerci senza il sostegno di nessuno. Un nuovo obiettivo era marchiato nella sua mente. «Dobbiamo trovarla.»
Duncan cercò di alzarsi a sua volta, senza riuscirci. «Non se ne parla neppure. Non sappiamo dove sia! Potrebbe essere ovunque. L’ha detto anche Silas, il castello è enorme e metà è inagibile, ci metteremmo ore a setacciarlo tutto, un tempo che il Signore Oscuro non ci concederà.» parlava in fretta, le parole che si accavallavano una con l’altra, per timore che suo fratello decidesse di compiere qualche pazzia «Oppure potrebbe essere già tornata a casa!»
Dorian affiancò immediatamente il figlio. «Adesso vi riportiamo a casa, poi io, Katherine, Silas, Cyril e Nikolas cerchiamo lei e Johan.» sentenziò.
«No!» ruggì Lance. «Perché sarebbe tornata a casa se la battaglia non è ancora finita?»
«Perché è quello che dovremmo fare anche noi!» sbottò Duncan.
«La conosci, non se ne andrebbe mai. Se anche avesse avuto l’intenzione di andarsene dal castello, ha visto Silas e Cyril, sono stati separati da un’esplosione, non se ne sarebbe mai andata senza accertarsi che siano sani e salvi. E non lo farò neppure io. È scomparsa da settimane, non mi impedirete di trovarla adesso che è così vicina.»
«Ma potrebbe essere ovunque, e la tregua è quasi scaduta!»
«E allora setacceremo tutto il castello se sarà necessario! Ogni torre, ogni nicchia, ogni passaggio segreto!» urlò Lance «Non me ne vado senza di lei!»
Lance non scoprì mai cosa avrebbe risposto la sua famiglia.
Perché una voce viscida e strisciante sovrastò ogni altra. Lance la sentì sul collo, e gli provocò una sensazione di disgusto su tutto il corpo, mentre brividi di puro terrore si diffondevano nei suoi nervi. Lo stesso avvenne per ogni creatura umana o magica presente nella Sala Grande.
E la voce pronunciò le parole che nessuno di loro avrebbe mai voluto sentire.
«Harry Potter è morto.»
Ogni speranza moriva con lui.
«È stato ucciso. Stava fuggendo, per mettersi in salvo mentre voi davate la vita per lui.»
Una menzogna.
«Vi portiamo il suo corpo a dimostrazione che il vostro eroe è caduto.»
«Abbiamo vinto la battaglia. Avete perso metà dei vostri combattenti. I miei Mangiamorte vi superano in numero e il Ragazzo Che È Sopravvissuto è morto. La guerra deve finire. Chiunque continui a resistere, uomo, donna o bambino, verrà ucciso insieme a tutti i membri della sua famiglia.» Lance guardò le persone che amava, strette al suo fianco. «Uscite dal castello, ora, inginocchiatevi davanti a me e verrete risparmiati. I vostri genitori e i vostri figli, i vostri fratelli e sorelle vivranno e saranno perdonati, e vi unirete a me nel nuovo mondo che costruiremo insieme.»
La voce di Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato si spense.
Ed esplose il panico.
Tutti coloro che erano ancora in grado di camminare si affrettarono verso le porte d’ingresso, tra l’incredulo e il disperato. Non poteva essere vero, la loro storia non doveva finire così. Harry Potter non poteva essere davvero morto.
«Dobbiamo andarcene.» Il tono di Duncan non ammetteva repliche. Era finita. Avevano solo pochi istanti prima di cadere nelle grinfie dei Mangiamorte.
Silas scattò in piedi. «No! Possiamo ancora combattere! Potter è morto? E allora?» Gettò il cilindro a terra «Combatteremo in suo nome, ma non ci arrenderemo proprio adesso. Se lo faremo non saremo mai liberi. Dovremo vivere costantemente nella paura, con il terrore che ci portino via gli uni dagli altri. Se non combatteremo non troveremo mai papà.» Lance non lo aveva mai visto così deciso in vita sua.
Il resto della sua famiglia iniziò a parlare a raffica, coprendosi l’uno con l’altro.
«Silas ha ragione.»
«È tutto finito.»
«Dobbiamo scappare finché siamo in tempo!»
«La battaglia non è ancora terminata. L’Ordine della Fenice è composto da alcuni dei più grandi maghi della Gran Bretagna, e finché loro combatteranno allora avremo ancora una possibilità.»
«Kate! Se neanche Harry Potter è riuscito a sconfiggerlo come possiamo farlo noi!? Dobbiamo tornare a casa e difenderla finché riusciamo! E… Lance!»
Ma Lance era già lontano. Era stato un gioco da ragazzi approfittare dell’inevitabile discussione della sua famiglia per sgattaiolare via. Sentì altre urla, e passi affrettati nella sua direzione, ma continuò imperterrito sulla sua strada, senza voltarsi nemmeno un’ultima volta verso la sua famiglia, nel timore di perdere secondi preziosi. Gli bastò uscire dalla Sala Grande e mischiarsi tra la gente per evitare il rischio di essere raggiunto e costretto ad andarsene da Hogwarts, che lui lo volesse o meno. E lui non lo voleva, non quando Lydia era così vicina.
Una vera e propria calca affollava il portone d’ingresso, bloccando la strada che portava ai piani superiori, e costringendo così Lance a rallentare il passo e spingere da parte le altre persone per riuscire a superarle. Udì delle voci e urla provenire da fuori, ma era troppo lontano e non riusciva a distinguerne le parole. L’unico suo obiettivo era superare la folla e correre verso il quarto piano. Era lì che Silas e Cyril avevano visto Lydia l’ultima volta e avrebbe iniziato proprio in quel punto la sua ricerca. Non se ne sarebbe andato senza di lei. Non l’avrebbe abbandonata di nuovo.
Un boato esplose improvvisamente nella folla, spaventando Lance. Si guardò attorno per capire cosa lo avesse provocato, strizzò gli occhi e riuscì ad intravedere la scena che si stava svolgendo nel giardino.
Per la prima volta nella sua vita, Lance vide il Signore Oscuro.
Un brivido di terrore puro lo attraversò alla vista di quello che un tempo doveva essere stato un uomo, la cui umanità si era persa nel potere del male.  E poi lo sguardo di Lance fu attirato da una figura solitaria che si trovava nello spazio vuoto tra i difensori di Hogwarts e i Mangiamorte. Da quella distanza non riusciva a capire di chi si trattasse, vide solo che Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato gli calò in testa un fagotto. Lance strizzò gli occhi per riuscire a distinguere qualche dettaglio e li sbarrò quando si accorse che il fagotto non era altro che il Cappello Parlante, a cui il Signore Oscuro diede fuoco.
Quello che accadde in seguito, Lance non riuscì a vederlo. Esplose il caos e si trovò strattonato dalla folla urlante, impossibilitato a muoversi in qualsiasi direzione. Nell’agitazione, qualcuno urtò la sua mano ferita e neanche le erbe di Ers riuscirono a coprire l’immensa fitta di dolore che la attraversò. Lance si trovò piegato in due, boccheggiante, la mano stretta al petto e incapace di muoversi proprio mentre la folla iniziava ad indietreggiare. Sarebbe rimasto schiacciato se Katherine non lo avesse afferrato e costretto a seguire i movimenti delle altre persone. «Vuoi farti ammazzare!?» Sempre lasciandosi guidare dalla fiumana di gente, riuscì a dirigersi verso un angolo della Sala d’Ingresso, strattonando Lance per costringerlo a seguirla, ma la folla aveva altri piani per loro. Sia difensori di Hogwarts che Mangiamorte stavano entrando alla spicciolata nel castello e le maledizioni iniziarono a volare in tutte le direzioni. Lance alzò la bacchetta con la mano destra ed innalzò un debole scudo. Katherine spedì due incantesimi talmente veloci che i Mangiamorte non si accorsero neppure da che parte fossero provenuti, prima di cadere a terra e venire calpestati dai loro compagni. Nel frattempo, continuava a stringere il braccio di Lance, per paura di perderlo. «Torniamo nella Sala Grande.» Non avevano altra scelta. Sarebbe stato impossibile attraversare la Sala d’Ingresso e raggiungere la scalinata.
«Lance! Kate!»
Lance cercò Silas nella folla, senza vederlo. Si alzò in punta di piedi, la mano sinistra ancora stretta al petto, ma vide solamente una donna venire scagliata indietro da una maledizione, proprio verso di lui, travolgendolo e facendolo cadere a terra, separandolo così da Katherine.
Sul gelido pavimento, Lance si strinse su se stesso, nel tentativo di non essere calpestato.
«Lance! Lance!» La voce di Katherine diventava sempre più lontana, la folla la stava trascinando via da lui.
Per un attimo, Lance si sentì invadere dal panico. Era a terra, in mezzo a combattenti che stavano cercando di uccidersi a vicenda, con una mano distrutta e la certezza di stare per morire. Qualcuno inciampò su di lui, colpendolo alle costole nella caduta. Lance provò due volte ad alzarsi, ma ad ogni tentativo c’erano altre persone che lo rispingevano a terra. Strinse la bacchetta nella mano destra ed in preda al panico bisbigliò «Aetheris!» Un muro d’aria si creò attorno al suo corpo, proteggendolo dagli urti. Con un sospiro di sollievo, fece leva sul braccio sano per riuscire finalmente ad alzarsi.
«Kate! Silas!» Ma di loro nessuna traccia.
Il suo grido attirò invece l’attenzione di un’altra persona.
«O’Brien!» Lance riuscì ad evitare a stento la Maledizione del giovane ragazzo dai capelli grigi.
Il ragazzo lo guardava con odio, e Lance si sentì spaesato nel trovarsi di fronte a così tanta ira nei suoi confronti da parte di qualcuno che lui neppure conosceva. Ma una cosa che aveva imparato quella notte era che esitare poteva essere l’errore più grave, e l’ultimo, della sua vita.
«Stupeficium!» Il ragazzo brizzolato deviò l’incantesimo con un colpo di bacchetta, il lampo di luce si perse nella cacofonia di colori che riempivano la sala d’Ingresso, mentre continuava ad avvicinarsi minaccioso a Lance, tenendolo sotto tiro. «Dove sono Isaac, Aiden e Blake!?» urlò, sputando saliva.
Lance lo guardò stupito. «Perché mai dovrei saperlo?»
«Perché stavano inseguendo la tua amichetta e non sono più tornati.» ringhiò il ragazzo.
La sua amichetta. Lydia. Stavano inseguendo Lydia.
E all’improvviso, Lance ricambiò l’odio che il ragazzo provava nei suoi confronti. «Stupeficium!» Il suo incantesimo fu talmente potente da far volare il ragazzo per mezza Sala d’Ingresso, fino ad atterrare addosso ad un gruppetto di Mangiamorte che stava attaccando alcuni studenti.
Lydia era stata inseguita da Mills, O’Neill e Moore. Nessuno di loro aveva fatto più ritorno.
Doveva trovarla. Subito.
Tentò di lanciarsi verso la scalinata, ma aveva ormai raggiunto le porte della Sala Grande e prima che potesse sfuggire alla folla, si ritrovò incastrato contro la parete della stanza. Si guardò attorno frenetico alla ricerca di una via di fuga e si accorse che tutti i combattenti si erano assiepati lungo le pareti ed assistevano agli scontri che avvenivano al centro. Vide Katherine e Silas alla parete opposta. Non c’erano tracce di Duncan e di suo padre. Dovevano essere rimasti sulla pedana.
«Harry!» L’urlo riportò l’attenzione di Lance al centro della Sala Grande. E vide l’ultima cosa che avrebbe mai immaginato.
Harry Potter, vivo, che fronteggiava Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato.
Quello che accadde in seguito, Lance non riuscì a comprenderlo.
Harry Potter e il Signore Oscuro parlarono a lungo, di concetti che Lance non conosceva. Di Horcrux, di protezioni. Di Albus Silente, e di Severus Piton. Della Bacchetta di Sambuco. Nulla che avesse importanza per lui, non in quel momento. La sua mente era impegnata a cercare una via di fuga che lo conducesse fuori da lì. Lontano dalla battaglia. Che lo portasse da Lydia. Perché ora ne era sicuro: era in pericolo e lui aveva già sprecato troppo tempo. Doveva andare da lei, doveva trovarla. Doveva scusarsi per averla abbandonata dopo la morte di Paul. Anzi, da prima ancora, da quel maledetto giorno in cui lei non aveva più risposto alle sue lettere e lui si era convinto che se era quello che Lydia voleva, allora avrebbe potuto solo accettare la sua decisione. Come sarebbe stata diversa la loro vita se Lance avesse avuto il coraggio di chiederle di restare con lui.
Lance chiuse gli occhi disperato.
Tutti i rimpianti e le paure degli ultimi anni gli crollarono addosso, lasciandolo senza fiato.
E poi tutto finì.
Due incantesimi.
Due lampi di luce.
Una bacchetta che volteggiava nell’aria.
 
Un corpo cadde a terra.
E l’alba illuminò la Sala Grande.
Voldemort era morto.
La guerra era finita. 
 
Ma non per Lance.
 
La Sala Grande esplose in urla di gioia e di trionfo. E Lance diede le spalle a tutto questo, intenzionato a riprendere la sua ricerca.
«Lance! Lance!»
Accelerò il passo.
«Lance! Aspetta!»
La gente si abbracciava, lacrime di commozione inondavano i volti. La stanchezza era stata per un momento dimenticata. Ma non il dolore. Troppi erano morti quella notte.
«Lance!» E finalmente Duncan riuscì ad afferrarlo per il colletto della felpa e a fermarlo.
Lance si torse per sfuggire alla sua presa. «No!» urlò «Lei è là fuori e non ho intenzione di fermarmi fino a quando non l’avrò trovata.»
Duncan si limitò a fissarlo. Katherine, con un braccio del marito attorno al collo per tenerlo in piedi, alternava lo sguardo preoccupato tra i due fratelli.
«Volevo solo dirti che vengo con te.»
Lance rimase spiazzato dalla risposta del fratello. «Come?» balbettò.
«Vengo con te a cercare Lydia. Silas, Cyril e Nik sono già partiti alla ricerca di lei e Yorgenben, papà sta aiutando quelli che sono stati colpiti dalle maledizioni del Signore Os… di Voldemort.» Lance sbirciò la pedana in fondo alla Sala Grande e si accorse che la fila dei feriti stava crescendo a dismisura. Intravide suo padre che correva da una parte all’altra. «Io invece vengo con te a cercare Lydia.»
Lance non riuscì a trattenersi dal lanciare un’occhiata alla gamba spezzata di Duncan. «Posso camminare.»
«Mi rallenteresti.»
«Potrebbero esserci altri Mangiamorte in giro per il castello.»
«Riesco a difendermi da solo.»
«Non se ne parla neppure.»
«Non mi hai visto prima! Ho sconfitto un Mangiamorte con un solo incantesimo.»
«Non mi interessa. O vengo anche io o tu non ti muovi da qui!»
«Ma la volete smettere!?» I due fratelli si voltarono verso Katherine, che aveva perso completamente la pazienza. «Lance, Duncan vuole aiutarti perché in fondo vuole ritrovare Lydia tanto quanto te. Duncan, per una volta potresti ammettere che sei contento che Lance non si è fatto ammazzare gettandosi in battaglia con una mano squarciata.»
«Non è squarciata…» provò a borbottare Lance, prima di essere zittito da un’occhiata di sua cognata.
«Quindi ora voi due andate insieme a cercare Lydia. Io vado a casa. Rose e Caitlin saranno preoccupate da morire per noi. E i genitori di Lydia devono sapere che loro figlia è stata vista al castello e che la stiamo cercando. Vado, li informo della vittoria e torno subito qui ad aiutarvi. Siamo intesi?»
Non li lasciò neppure il tempo di annuire che aveva già scaricato Duncan sulle spalle di Lance ed era scomparsa nella folla.
Duncan aggiustò imbarazzato il braccio attorno al collo del fratello. «E comunque sono davvero contento che non ti sei fatto ammazzare.»
Lance si concesse un breve sorriso. «Anche io, Duncan. Anche io.»
 
 
Galleggiava in un cielo senza stelle.
Nessuna stella. Nessun dolore. Nessuna luce.
L’alba era ancora lontana.
 
 
«Dovrebbe essere qui intorno. Il ragazzo ha detto che era qui. Silas e Cyril hanno detto che era qui!» Lance si mise le mani nei capelli. Erano ore che stavano cercando. O almeno così gli sembrava.
Duncan si appoggiò con un sospiro al suo bastone improvvisato. Durante la loro ricerca si erano imbattuti in un albero sradicato in mezzo ad un corridoio semi distrutto. L’ipotesi più probabile era che un gigante l’avesse usato come arma. Duncan ne aveva strappato un ramo e aveva proseguito come se nulla fosse, anche se Lance si accorgeva di quanto gli costasse ogni passo. Aveva provato solo una volta a convincerlo a tornare indietro. Aveva subito compreso che Duncan non lo avrebbe mai abbandonato fino a quando non avessero trovato Lydia. Lance si era sentito sollevato al pensiero. Non sarebbe riuscito a rimanere da solo. Perché ad ogni minuto che passava, l’ansia e la preoccupazione lo divoravano sempre più. Ad ogni aula o corridoio setacciato, una fredda sensazione si diffondeva dentro di lui. L’ultima volta che era stata vista, Lydia era inseguita da Mangiamorte. Solo la presenza di Duncan impediva a Lance di cadere nella disperazione.
I soccorritori erano giunti ad Hogwarts. Guaritori del San Mungo e semplici volontari stavano setacciando il castello, alla ricerca di vittime e feriti. Ad ogni pochi passi, Lance e Duncan erano costretti a farsi da parte per lasciare passare le barelle.
«La troveremo, Lance. Ti prometto che la troveremo.»
 
Il mondo non doveva essere così scuro.
Così solitario.
Così opprimente.
Provò ad allungare una mano.
E così Lydia si accorse di non stare respirando.
 
«Avete notizie?»
I volti di Duncan e Lance furono una risposta sufficiente. Katherine strinse loro le mani. «Ce la faremo. La troveremo.»
Duncan lanciò uno sguardo preoccupato verso Lance, il cui volto teso tradiva l’angoscia in cui si trovava. Scambiò un’occhiata con la moglie, il messaggio nei suoi occhi era chiaro. Però non disse nulla. Non voleva essere lui a distruggere suo fratello.
«Come stanno a casa?» chiese invece.
«Stanno tutti bene. Caitlin voleva venire a darvi una mano, mi ha implorata di portarla qui. Voleva aiutarci a cercare…» Katherine sospirò «I genitori di Lydia mi hanno chiesto la stessa cosa, ma ho detto loro che qui non è sicuro. Non si sono arresi, sanno essere testardi tanto quanto loro figlia, ma sono riuscita a convincerli dicendoli che Lydia potrebbe non sapere che la stiamo cercando e tornare a casa O’Brien da loro.»
Lance si rianimò. «Ma hanno ragione! Lydia potrebbe essere tornata a casa! Sa che i suoi genitori sono lì, magari è corsa a cercarli!»
Era altamente improbabile, sia Duncan sia Katherine lo sapevano. Lydia era stata avvisata che loro erano lì al castello, e come aveva detto Lance stesso durante la tregua, lei non se ne sarebbe mai andata senza accertarsi che fossero tutti sani e salvi.
«Hai visto gli altri? Hanno trovato Yorgenben?» chiese invece Duncan. Non avevano più avuto notizie da parte dei loro cugini o del padre.
Il viso di Katherine si adombrò. «Li ho visti… giù nella Sala Grande.»
Non ebbe bisogno di aggiungere altro. Duncan e Lance compresero le parole che gravavano nell’aria.
«Ma adesso dobbiamo solo pensare a trovare Lydia. Potremmo usare un incantesimo di localizzazione…» tentò di proporre Katherine.
Duncan scosse la testa. «Ci abbiamo già provato, ma continua a mandarci fuori strada. Stanno cercando dispersi in tutto il castello, ci sono talmente tanti incantesimi di localizzazione attivi che si stanno intrecciando tra loro e si impediscono a vicenda di funzionare.»
«Avete provato anche il Reperio Vinculus?»
Duncan aggiustò la presa sul ramo. «Dici che potrebbe funzionare?»
«Possiamo almeno provarci. Ci serve un oggetto che appartenga a Lydia, però. O che almeno le sia legato.»
Un guizzo si accese negli occhi di Lance. Infilò la mano sana nella tasca della felpa e le sue dita si strinsero attorno ad un piccolo oggetto. Quando era corso in camera per prepararsi alla battaglia, era stato naturale per lui decidere di portarlo con sé. L’oggetto e tutto quello che rappresentava.
«Può funzionare se è qualcosa che mi ha regalato lei?»
«Teoricamente sì.»
E Lance estrasse la piuma dalla tasca.
La stessa piuma che tutti loro possedevano. Lance, Lydia, Alice, Paul. L’aveva portata in battaglia perché così sarebbe stato come averli lì al suo fianco, a combattere insieme il mondo intero come avevano sempre fatto. Ed ora lo avrebbe riportato da lei.
All’ordine di Katherine, la piuma di sollevò a mezz’aria. Roteò debolmente su se stessa. E poi partì a tutta velocità.
 
Lydia non respirava.
Era tutto troppo.
Troppo buio.
Troppo soffocante.
Troppo pesante.
 
La piuma volò e volò. Superò scale, passaggi segreti, nicchie e arazzi. Superò feriti e morti. Cieca a tutto il dolore che la circondava, li guidava verso la fine o l’inizio della storia.
 
Lydia voleva urlare.
Ma non c’era voce dentro di lei.
L’oscurità era eterna.
Voleva vedere l’alba.
Doveva vedere l’alba.
 
E poi la piuma si fermò. Rimase a mezz’aria, prima di cominciare a fluttuare verso terra. No, non a terra. Su cumuli. Di calcinacci e pietre. E il significato di quello che si trovava davanti ai loro occhi piombò sui cuori dei tre ragazzi che l’avevano inseguita. Senza aspettare un secondo di più, si gettarono a terra e cominciarono a scavare.
Alcuni soccorritori di passaggio si fermarono e, compreso ciò che stavano cercando, si affrettarono ad aiutarli, muovendo le rovine con esperti colpi di bacchetta. Furono loro i primi a trovare qualcuno.
«Non respira.»
Un terrore cieco si impadronì di Lance. Si paralizzò, incapace di voltarsi a guardare.
«Non è lei.» disse Katherine. E Lance riuscì di nuovo a respirare. Azzardò uno sguardo e intravide il corpo di Mills prima che i soccorritori lo coprissero con un telo. Erano vicini. Lance lo sapeva. E scavò con tutte le sue forze.  Imprecò per la sua stessa lentezza dovuta alla mano paralizzata. Doveva trovarla, doveva trovarla. Schegge di legno e vetro graffiavano il suo corpo, ma non si sarebbe arreso. Non quando lei era così vicina. Non quando…
«Lance?» Lance si immobilizzò di nuovo. La voce era stata flebile. Doveva averla immaginata. Scosse la testa e ricominciò a scavare. E si accorse che gli altri si erano fermati.
«Lance.»
Lance si girò lentamente, certo che la sua mente stesse giocando con lui. Poi la vide.
Aveva il viso ricoperto di sangue, si appoggiava al muro per rimanere in piedi e tremava. Ma era lei. Era davvero lei.
«Lydia.» espirò Lance.
L’attimo dopo la stringeva a sé.
La mano urlò di dolore quando avvolse Lydia tra le sue braccia, ma non gli importava. Nulla aveva più importanza. L'aveva ritrovata. E non l’avrebbe più lasciata.
Lydia nascose il viso nell’incavo del suo collo. «Ero sotto… il muro è esploso… sono riuscita a uscire, ma non sapevo… mi sono nascosta…»
«Va tutto bene. Va tutto bene.» continuava a ripetere Lance, cercando di convincere anche se stesso.
La guerra era finita.
Sarebbe andato tutto bene.
Qualcuno lo afferrò per la spalla e lo costrinse a separarsi da Lydia. Avrebbe protestato se non fosse per la scena improbabile che gli si parò davanti.
«Sono davvero felice che tu sia viva.» disse Duncan, e strinse Lydia in un abbraccio.
Lydia si lasciò sfuggire un sorriso stanco. «Anche io sono felice di vederti, Duncan.»
«Per fortuna l’incantesimo era sbagliato.» sospirò Duncan.
«Non era sbagliato. C’è davvero qualcuno qui.» Katherine indicò un punto nelle macerie, proprio sotto la piuma. I soccorritori si avvicinarono e si affrettarono a liberare chiunque vi si trovasse.
Lance lo riconobbe.
Blake Moore.
Lydia si strinse di nuovo tra le braccia di Lance.
«La piuma deve essersi confusa. È stata Lydia a regalarmela, non Moore.»
«L’incantesimo cerca la persona che ha un legame significativo con l’oggetto.» Katherine si allontanò di un passo, per lasciare spazio ai soccorritori.
«Lui non ha un legame con la mia piuma, almeno non che io sappia.»
Lydia fissava il volto esanime di Moore. «Con la tua forse no, ma con la fine della mia sì. E in un modo o nell’altro, siamo tutti connessi. Siamo tutti parte della stessa storia.»
Un soccorritore esaminò il corpo di Blake, un esile fumo verde fuoriuscì dalla punta della sua bacchetta. «È vivo.»
«Ed è un Mangiamorte.» rispose un altro, sollevando un lembo del mantello che lo avvolgeva «Ci sono troppi feriti. Prima dobbiamo occuparci dei nostri.»
Lydia inspirò velocemente. «Mi ha salvato la vita.» E non aggiunse nient’altro. Il suo sguardo era vuoto, e questo spaventò Lance più delle sue ferite. I soccorritori si guardarono tra loro indecisi, ma dovettero credere alle parole di Lydia perché invocarono una barella dal nulla e vi caricarono Blake. Lydia distolse lo sguardo quando passarono accanto a loro.
 
Lydia sapeva cosa si stavano chiedendo Lance, Duncan e Katherine. Sapeva che erano curiosi riguardo a quello che era successo. Alla battaglia, alle settimane precedenti. Ci sarebbe stato tempo per le spiegazioni. Ci sarebbe stato tempo per raccontare. Per guarire. Per imparare di nuovo a vivere.
Avrebbero dovuto aspettare.
Perché c’era solo una cosa che Lydia voleva fare da quando si era svegliata sotto le macerie. Da quando aveva scavato urlando e graffiandosi le dita per liberarsi.
Il muro esterno era completamente distrutto. Da dove si trovavano potevano vedere tutto il parco. Le montagne che circondavano la valle, il Lago Nero, la Foresta Proibita. Alcuni uccellini cinguettavano in lontananza, mentre rondini attraversavano leggiadre il cielo terso. Il mondo si stava svegliando.
Lydia si sedette a terra. Lance alla sua sinistra. Duncan e Katherine a destra.
Erano di nuovo insieme.
A guardare il sole di un nuovo giorno illuminare un mondo libero.
 
 

FINE TERZA PARTE





 
 
Note: E siamo arrivati ufficialmente alla fine della terza (e ultima) parte di "Piume di Cenere"!
La battaglia è stata vinta, la guerra è terminata ma la storia non è ancora finita. C'è ancora molto da raccontare, vite intere da ricostruire, e per questo vi do appuntamento a giovedì prossimo con l'inizio della parte finale, che si articolerà in tre nuovi capitoli più l'epilogo.

Vi ringrazio di cuore per il vostro supporto, spero che la storia vi sia piaciuta e spero nello stesso modo che possa piacervi anche la lunga conclusione che ho in serbo per voi <3
Se volete lasciare una piccola recensione sappiate che mi regalereste una grandissima gioia, sarei troppo curiosa di scoprire quale tra le tre parti vi è piaciuta di più, così come i vostri pensieri sui protagonisti di questa storia... spero che siano riusciti ad entrare nel vostro cuore come hanno fatto nel mio <3

Grazie davvero per tutto e alla prossima settimana <3 
Un abbraccio,
Emma Speranza



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Per informazioni o anticipazioni visitate la pagina Instagram ufficiale: @piumedicenere

 
   
 
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