Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: MelaniaTs    07/04/2024    0 recensioni
I Keller sono una facoltosa famiglia di Boston. Thomas Keller è il primogenito di Tobias e Rosalie, uomo di successo ha sparso gloria, fama e figli per il mondo- Ciò che gli è mancato è stato però esaudire il suo desiderio d'amore. Riuscirà Thomas ad essere felice?
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Wing of freedom Saga dei Keller'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia i primi tre capitolo si svolgono in contemporanea e sono in ordine di lettura La storia di Thomas Il tesoro più prezioso; la storia di Gabriel Keller in Liberi di essere se stessi e da questo momento anche con la Thomas & Sapphire story. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE Albero Genealogico:I Thompson - I Keller - Kleinsten

La storia dei principi di Lussemburgo è inventata, la scelta del nome Nasseaux è voluta proprio per far capire che sono personaggi di invenzione <\br>________________________________________________________________________________________________________________


Feci l'esame d'ammissione alla London school of Economy, che oltre ad avere corsi di economia e studi sociali, aveva anche la facoltà di legge. Fortunatamente , nonostante mi fossi diplomata sei anni prima, il Rosey e i miei voti, mi aiutarono a venire ammessa. Entrai fuori corso, avendo fatto tardi l'esame di ammissione. Scoprii di avere abbastanza fondi per iscrivermi grazie ai guadagni della mia quota societaria in quegli anni. Avevo un bel credito, su un conto che Thomas mi aveva aperto quando ci eravamo conosciuti. Non ne conoscevo l'esistenza e da quando lavoravo alla KCG, Drake mi consegnava mensilmente un assegno per il lavoro svolto. Non avevo un fisso, poiché non andavo sempre in sede e mi gestivo con Ebony le ore avendo entrambe le bambine piccole.

Quel conto era molto proficuo, erano gli introiti della società ricavati in base alla mia quota. Come mi aveva spiegato Drake, essendo io la socia fondatrice con Tom, nonostante la piccola percentuale, avevo guadagnato successivamente per ogni sede aperta e per i fatturati annuali. 

Non pensavo fosse così facile. Da ragazza ero stata talrnente ingenua da non informami su quanto stava accadendo. Avevo accettato il mio destino e a testa bassa mi ero fatta sottomettere. Da quando lavoravo alla KCG invece alcune cose mi erano state più chiare. Io ad esempio non ero una persona perseguibile fiscalmente parlando. Era stato mio padre ad essersi indebitato, ma se avevo capito bene anche lui non era stato segnalato alle autorità competenti. 

Dovevo informarmi, vedere tutte le carte e soprattutto saperle leggere e decifrare. In pratica dovevo studiare ed entrare in qualche studio a fare uno stage formativo. 

Era assurdo rimettermi a studiare a venticinque anni, con pensieri più maturi e tanti impegni. Se non mi fossi fatta soggiogare dal fallimento di papà forse a mente lucida avrei potuto far andare la mia vita diversamente. Sarei andata all'università e forse ancora non avrei avuto un fidanzato. Forse Stefan Nassaux appunto e probabilmente non avrei conosciuto il mio amato Thomas. 

Lui sarebbe stato l'unica persona di cui avrei avuto il rimpianto.  Lui e i nostri figli e anche Joel. 

No. Era stato meglio se non fossi tornata indietro. Avrei acquistato in cultura, ma avrei perso tanti legami cui non volevo rinunciare. 

Così di buona lena mi misi a studiare, alle mattine andavo in facoltà, al pomeriggio alla KCG a lavorare e alla sera quando tornavo a casa mi godevo la mia piccola Diamond.

Me la tenevano Hannah ed Elisabeth che poco alla vodka stava riprendendosi dal cancro. Margot pensava a suo figlio Samuel che iniziando a camminare dava più da fare.

Sentii anche mio padre, invitandolo a portarmi tutta la documentazione del fallimento, gli estratti i conti correnti passati, tutta la nostra contabilità da quando erano sposati. Chiamai anche i miei zii nel Surray per chiedere loro come era funzionato il pagamento del periodo scolastico in Svizzera e la gestione delle proprietà degli Ashely Cooper. 

Mi avrebbero mandato tutto tramite fax alla KCG. 

A Natale finalmente rividi i miei figli. La LSE era chiusa per il periodo natalizio e potevo godermeli senza problemi.

"Abbiamo conosciuto il papà di Gabriel." Raccontò Thomas quella sera, ebbi un tuffo al cuore. Fissai mio figlio, aveva un'espressione felice e vivace. "È fantastico, lui è un vero papà mamma. Ci abbraccia e ci bacia, ci porta in giro quando è a Monaco, mi fa anche il solletico." 

"Ci fa parlare e ci ascolta tanto mamma. Ho tenuto anche in braccio Rafael." Raccontò felice Joel. 

"È vero, anche a me fa fare tutto. E ci carezza, ci dà tanti baci mamma. Mi piace tanto tanto il papà di Gabe." 

Carezzai il suo bel viso, così simile a quello di Tom. "Lui è..."

"Bravissimo." Intervenne Joel tirandomi la mano. "Gli ho detto di Diamond, è contento della nostra sorellina." 

"Veramente? Cosa gli hai detto?" Chiesi a Joel col cuore in gola. 

"Che ha gli occhi bellissimi e scuri." Rispose. "È stato felicissimo quando lo ha saputo." 

Ingoiai il groppo, Tom sapeva di Diamond e Joel sapeva che era il padre del fratello maggiore. 

"Tommy...."

"Lui non ci fa caso a queste cose mammina." Mi sussurrò Joel.  "È un nostro segreto?" 

Baciai mio figlio sulla fronte. "È un nostro segreto." Gli sussurrai. 

"Domani verranno i nonni?" Chiese Tom che stava giocando con Diamond. 

"Si! E consocerete anche i miei amici, Sbony, Drake e Molly con la sua famiglia. Sarà un Natale pieno di gente." Li avvisai.

"Wow! Non è mai successo." Esordì Thomas. 

"Beh! C'è sempre una prima volta. Come la vostra vacanza a Ginevra." Affermai. 

"Ci è piaciuta tanto." Disse Joel.

Anche a me era piaciuta e mi aveva aperto gli occhi. 

Quella sera prima di cena giunsero anche i miei genitori in previsione delle festività natalizie. 

"Vi aspettavo domani." Dissi abbracciando mamma e papà. 

"Domani Andrew potrebbe arrivare prima di noi. Preferisco esserci dal mattino." Disse papà.

"I miei ometti sono cresciuti tutti tanto." Affermò mia madre rivolta a Tom e Joel. 

Ci preparammo a cenare e nel frattempo mamma e papà si informarono su tutti. Sugli studi dei bambini e anche sui miei, sulla crescita dei due lattanti e sulle possibili incursioni di Andrew. 

"Ho fatto cambiare la serratura. Drake mi accompagna tutte le sere, ci assicuriamo che non ci sia nessuno quando va via. Mi chiudo dentro fino al mattino poi. Riapro quando arriva e Elisabeth che aiuta Hannah a tenere Diamond. Se anche venisse non mi troverebbe e nessuno lo aprirebbe." Spiegai. 

"Mi piace come ti sei organizzata. Ottima l'idea di cambiare la serratura." Disse papà.

Lasciai che Margot portasse i bambini a dormire dopodiché affrontai il tema che mi stava a cuore. Ovvero il fallimento di papà e la cessazione di tutti i nostri beni.

"Mi spieghi come hai fatto a indebitarti?" Gli chiesi con calma. 

Papà si guardò le scarpe. "Io e Paul, il mio caddy abbiamo iniziato a scommettere poco prima che iniziassi il tuo ultimo anno alla Rosey. Paul divenne il mio nuovo caddy per i major di luglio. Lo hai conosciuto Saph, era a festeggiare la mia vittoria dei Major nel Regno Unito. C'eravate anche tu e tua madre in quell'occasione." Mi raccontò.

Cercai di ricordarlo, stranamente non ne avevo memoria. In quegli anni ne avevo passate fin troppe da potermi mettere a pensare al passato. 

"Quindi si trattava di scommesse? In cosa consistevano?" Chiesi. 

"Si scommetteva sui giocatori di golf, sulle vittorie e sui par con cui si riusciva a vincere. Un po' come quando vai al cinodromo e scommetti sui cavalli." 

"E tu scommettevi contro i tuoi avversari?" 

Papà sorrise. "Io scommettevo su me stesso." Disse con aria amareggiata. "Ma non so come iniziai a giocare male, mancavo i par, non entravo nei limiti dei tiri e... ho perso." Concluse amareggiato. 

"Quindi parliamo di scommesse. Chi era il tuo creditore? Si sono presi il golf club della tua famiglia? Per questo non hai più giocato a golf?" Chiesi a papà che aveva una scuola di golf con relativi campi da golf in giro per l'Inghilterra. 

Papà scosse la testa. "No! Tuo zio George quando scoprì delle scommesse disse che dovevo tenere la società fuori dai miei casini. Fu allora che aprii il conto alla London Bank."

"Era un conto giovane?" Chiesi.

"Si! Vi feci girare i guadagni dell'ultimo anno. Apri il conto a dicembre e mi fu bloccato a giugno." Mi spiegò. 

"Per curiosità." Gli chiesi per scrupolo. "Ma quanto guadagnavi? Cioè come si fa a guadagnare con uno sport come il golf?" 

"Io che fino a sette anni fa vincevo almeno due tornei o mi classificavo nei primi cinque." Mi rispose. "Avevo quindi degli sponsor che mi supportavano, guadagnavo circa cinquantacinque milioni di dollari annuali." Mi confessò papà. 

Restai basita. Non ebbi modo di rispondergli dalla sorpresa, era una cifra relativamente alta. "Già tassati?" Chiesi in un sussurro. 

Lui annuì. "Escluso di tasse e tutto ciò che dovevo pagare. Mio padre era il mio coach, ma dovevo pagarlo, poi il caddy, la manutenzione delle dei bastoni e tutto ciò che era inerente il mio team. Ovviamente grazie agli sponsor il mio cachet aumentava. Io guadagnavo bene, perché ero comunque nella Top Twenty dei campioni mondiali di golf. Molti sponsor, dopo il mio ritiro, mi hanno chiesto anche il perché, nonostante  non rendessi più al meglio. Ho risposto che al momento avevo la mente annebbiata per potermi dedicare al golf." Mi disse confessandomi tutto. "È la verità. Ero ossessionato dal desiderio di vittoria per poter vincere le scommesse." Concluse. 

Lo stesso non mi tornava qualcosa. "Sì ma col reddito che avevi, non c'era neanche bisogno di scommettere. Poi scusami. Se guadagnavi anche solo diecimila dollari annuali, mi spieghi come hai fatto a indebitarti in questa maniera papà?"

Non mi tornava, non mi tornava proprio. Se papà guadagnava così tanto, come mi aveva insinuato il dubbio  anche Janine,  non avrebbe dovuto indebitarsi non fino a ridursi al punto in cui era arrivato.

"Mi hanno bloccato il conto." Disse mio padre scrollando le spalle. 

"Ovvio, hai aperto il conto alla London bank, quando avevi un'altra banca con cui c'era comunque un rapporto di fiducia. Perché lo hai fatto?" 

"Paul mi consigliò la London bank per avere un rapporto più chiaro sui movimenti così da poter pagare i debiti in modo pulito. Dovevo pagare i debiti delle scommesse."

"Ma tu i debiti potevi pagarli anche sull'altro conto? Perché non sei rimasto all'altra banca?" Chiesi continuando a confrontarmi con lui. 

"Perché quel conto è legato alla mia famiglia, ho staccato i conti proprio per non andare a danneggiare la mia famiglia o la famiglia di tua madre." Questo lo potevo comprendere. 

"Ma hai lo stesso fatto confiscare i nostri beni, hai spostato il mio conto personale alla London Bank. Motivo per cui mi sono ritrovata senza nulla poi." Gli dissi. 

"Capisco che per te è difficile..." Biascicò papà. 

"No! No papà! Per me non è difficile da capire." Gli dissi. "Io sto cercando di comprendere infatti  cosa sia effettivamente successo. Siamo sinceri, se potevi mantenere la mia retta scolastica e concederti il lusso di partire da un paese all'altro del mondo per partecipare ad un campionato, uno staff tecnico e anche la presenza della mamma con te ai tornei. Allora papà tu non dovevi andare in bancarotta, mi hai praticamente gettato tra le braccia di Andrew per un debito che probabilmente non esiste." Gli dissi. 

"Ma il debito c'era ed era sulla London Bank. Smith mi chiamò dicendomi che il debito era salito troppo."

Quindi si parlava di interessi? "Ma papà chi era era il tuo creditore? Potevi parlare con lui direttamente no?"

"Paul." Rispose papà. 

"Il tuo caddy? Scusa papà, il tuo creditore e l'uomo che pagavi come caddy è diventato il tuo creditore?"

Al che mio padre annuì. "Perdevo le scommesse contro di lui e di conseguenza io dovevo dargli dei soldi."

Paul il daddy! Impossibile. Papà non aveva mai scommesso, arrivava questo Paul e lui non solo scommetteva, ma perdeva anche ai tornei? Scossi la testa sconvolta. "No... papà non mi è chiaro ancora, quindi tu hai aperto un conto su una banca che non ti dava le garanzie dovute ad anni di rapporto. Perché il tuo creditore ti ha detto di aprire lì papà?" Chiesi esterrefatta. 

Ora più che mai sentivo che iscrivendomi a legge e finanza potevo capire che cosa diamine era successo. "Mi mi sembra assurdo che noi siamo finiti dall'oggi al domani in povertà per un anno un anno di scommesse." Affermai guardandolo. 

Mia madre si era coperta il volto. Sembrava che ricordare ciò che aveva passato le facesse male.  "Andrew non vuole concedermi il divorzio." Rivelai ai miei genitori. "Ho cambiato la serratura di casa per evitare visite a sorpresa. Ma domani non posso evitare di farlo entrare in casa mia. È il padre di Joel ed è loro diritto incontrarsi." Conclusi alzandomi stanca da quella discussione. 

"Posso chiederti un'ultima cosa?"  Papà sospirò. "Per caso è stato Paul a istigarti al gioco?" 

Mia madre mi fissò stupita, allo stesso modo guardò mio padre. 

"Lui lo faceva sempre. Mi disse che era un hobby innocuo."  Rispose.

Hobby innocuo? Ebbi il sospetto che mio padre fosse stato imbrogliato. Altro che hobby ingenuo. "Dove si trova adesso Paul? Come fa di cognome?" Chiesi sempre più sospettosa. 

"Paul Adams." 

"Perfetto. Domani chiederò a Oscar cosa sa di questo Paul Adams, se è un correntista avrà delle informazioni o potrà fornirmele. Tu lasciami tutte le carte che hai di quel periodo. Avevi qualcosa di scritto delle scommesse e del debito?" 

"Ho conservato tutto io." Intervenne mamma. 

Annuii. "A quanto ammontava il debito?" Le chiesi. 

"Circa seicentomila sterline." Rispose mamma. 

Poco più del saldo approssimativo che mi aveva detto papà. "L'altro conto è ancora aperto?" Chiesi. 

Mia madre lanciò uno sguardo interrogativo a papà. "Ovvio che si." Rispose lui. "La mia quota della scuola di golf e della società di famiglia entrano solo lì."  

Lo fissai. "E i risparmi degli altri anni? Quelli da golfista?" Chiesi ancora. 

Lui sembrò pensarci su. "Credo siano sempre lì."

"Non hai più controllato il tuo conto?"  Gli chiesi sorpresa. 

"Ti ho detto, mio fratello mi ha invitato a non mettere in mezzo la società e..." 

"Ma il conto c'è sempre e dovresti gestirlo e controllarlo." Sbuffai guardando i miei genitori. "Gli estratti mensili non vi arrivano? Potete farmi una delega per fare un controllo?" Chiesi. 

"Forse siamo stati un po' pigri." Ammise mamma.

"No mamma!" Dissi dura. "Avete permesso che vi imbrogliassero. Perché con un saldo minimo di cinquanta mila dollari e una semplice ipoteca solo su questa casa, voi non avreste avuto debiti. Io sarei stata libera da Andrew e voi adesso non sareste così amareggiati per la mia vita." Dissi loro. 

"Ma..." balbettò papà. 

"Ma cinquanta mila dollari sono circa trecentocinquantamila sterline papà. Se avevi soldi sull'altro conto tu saresti stato lindo e pulito.  Ma non voglio parlarne più, domani parleremo con Oscar Davis." Conclusi congedandomi. 

Ero stanca, quella discussione mi aveva spossata. 

Il giorno dopo la famiglia Davis fu da noi di buon ora. Invitai Joel ad andare a salutare il padre anche se lui reticente si stava sulle sue. 

Andrew dal canto suo si avvicinò a me.

"Dov'è la mia bambina?" Chiese in modo teatrale. 

Assurdo, tutti in quella stanza sapevamo che non era sua. A che gioco stava giocando? 

"Nella culletta ovviamente." Gli dissi stando al gioco. 

Lo osservai di sottecchi mentre si dirigeva alla culla in vimini di Diamond, intanto Elisabeth si avvicinò a me per salutarmi. Il marito come sempre le era dietro. Forse quella era l'unica occasione che avevo per evitare Andrew. 

"Oscar ho una domanda." Sussurrai per non farmi sentire. 

Lui mi guardò sospetto. "Dimmi." 

"Conoscete un certo Paul Adams?" Chiesi diretta. 

"Oh cielo." Esclamò Elisabeth. 

Oscar alzò gli occhi al cielo. "Quarant'anni circa, sguardo vuoto e nullafacente?" Chiese.

Io guardai mio padre scuotendo la testa. "Età e sguardo vuoto ci sono. Ma lavorava per me, era il mio caddy." Disse a mio padre.

Oscar rise. "Quel nullafacente non ha mai lavorato. È un amico di Andrew e suo padre è uno dei dipendenti della London bank." Disse. "Perché siete così curiosi di lui?" 

"Era il creditore di papà. Ha un conto presso la vostra banca." Risposi. 

Lui scosse la testa. "Nessun conto da noi, ma anche altrove." Rispose guardando Andrew che si avvicinava a noi. "Nessuna banca aprirebbe un conto a un truffatore." Concluse borbottando. "Stanno arrivando i tuoi amici?" Urlò allontanandosi. 

Un truffatore?  Il creditore di papà era un truffatore? 

Mi sentii afferrare il braccio da mia suocera. La sorressi e nel farlo lei mi sussurrò poche parole all'orecchio. "Ne parleremo in sua assenza." 

Quindi lo conoscevano.  

Affrontai quella vigilia accogliendo i miei amici con Molly, Sean e loro figlio Isaak.  Appena incrociai lo sguardo del bambino riscoprii gli occhi di Thomas. Era veramente suo figlio. 

"È bello averti qui Isaak. Benvenuto e buon Natale." Lo salutai. 

Trascorremmo una bella serata, a parte gli inopportuni commenti di Andrew. Cenammo tutti insieme il giorno della vigilia e il Natale a seguire. 

Fortunatamente Andrew andava via appena suo padre lo chiamava. 

Due giorni dopo Natale io e i miei genitori ci trovammo nell'ufficio di Oscar alla London Bank. 

Nella sua poltrona era seduta Elisabeth.

"Adesso posso essere più esaustivo alla tua domanda." Mi disse Oscar. "Paul Adams è un truffatore. Non è e non potrebbe mai essere un correntista poiché è ricercato dalle autorità."

"Come fate a conoscerlo?" Chiesi dal momento che la banca aveva fatto da intermediario col debito di papà.  

"Era un amico di Andrew. Anzi temo lo sia ancora." Rispose Elisabeth. 

"La differenza tra i due è stata che io ho preteso Andrew lavorasse. Lo inserii qui in banca proprio per tenerlo sotto controllo." 

Restai sorpresa a quell'affermazione. "In che senso amici? Andrew ha per caso aperto un conto a Paul qui in banca?" Chiesi.

"Non potrebbe. Ripeto è segnalato." Disse Oscar. 

"Ho scoperto che il creditore di papà anni fa, era appunto Paul." Dissi. "Quando firmai le pratiche di gestione debito, erano a nome suo." 

Lui scosse la testa. "Posso cercare le carte, ma credo che fossero a nome di Andrew. Era lui il vostro creditore." Rispose l'uomo. 

Ebbi un colpo. "Ma papà non lo conosceva Andrew fino a quando non lo abbiamo conosciuto nell'ufficio di Smith." Affermai col cuore a mille. 

"Se Paul lavorava con Edward, allora Andrew lo conosceva. Sono sempre stati insieme, al momento Andrew non è in contatto con lui perché ha lasciato Londra. La sua truffa ai danni di un giocatore di cricket è stata scoperta." Ci informò Oscar. 

"Un giocatore di cricket? Come lo ha truffato?" Chiesi sudando freddo.

"Con le scommesse. Si insinua nel team dello sportivo del momento, lo spinge a scommettere e a seconda della reazione del perseguitato o lascia che vinca le gare o gliele fa perdere. Quando riesce a farseli complici gestiscono i risultati, altrimenti si destreggiano in altri modi." Rispose Oscar guardando mio padre. "Ah... tu eri un golfista. Probabilmente ci sei finito dentro."

"Può aver manomesso i risultati?" 

"Non si può." Intervenne papà. "È impossibile barare nel golf." 

"Non se il tuo caddy raccoglieva le palline per te." Intervenne mamma. "Poteva benissimo modificare il tiro se noi non eravamo presenti." 

"Poteva anche alterare la pesantezza delle mazze se ci faceva la manutenzione." Disse Oscar accendendosi un sigaro. 

"Quindi se è stato truffato papà non avrebbe avuto un debito, anzi." Dissi. 

"Che lo avesse o meno, lui ha pagato. Il vostro conto all'epoca fu  azzerato subito dopo il congelamento." 

"Ma com'è possibile che siano state sequestrate anche le proprietà? Papà ha detto che il credito era di circa settecentomila sterline e sul conto avevamo più la metà della somma richiesta." Dissi. 

"Semplicemente sono state manomesse le carte." Disse Oscar. "Posso controllare e farti sapere."

"Se è realmente così... se siamo stati truffati la proprietà degli  Shaftesbury tornerebbero ad essere nostre?" Chiesi titubante. 

Oscar mi fissò. "Devo controllare la documentazione. Capire cosa è stato firmato e che atti ci sono dietro." 

"Mi farebbe molto piacere saperlo." Affermai intanto che la porta si apriva sbattendo.

Andrew apparve oltre la cornice facendo sussultare mia madre. 

"Ti sembrano questi i modi?" Chiese Oscar rivolgendosi al figlio.  

"Cosa ci fanno loro qui? Sapphire non può accedere al suo conto." Urlò lui. 

Lo fissai. Davvero credeva di potermi tenere in pugno. "Io adesso vado, grazie di tutto Oscar." Dissi rendendogli la mano.

"Cosa fai? Perché sei qui?" Chiese Andrew. "Voi due anche... la banda non è più roba vostra." 

Fissai l'uomo che era mio marito. "La banca è roba loro. I fondatori erano la famiglia di tua madre." Precisai. 

"Tu.... Non essere impertinente nei miei riguardi."

Mi girai verso Oscar. "Voglio le carte del debito dei miei genitori. Vi pagherò tutto così poi, potremo divorziare." Annunciai. 

"Tu sei pazza! Davvero credi di poter estinguere il debito..."

"Ho la documentazione. Con l' azzeramento che c'è stato sul conto di papà mancavano meno di quattrocento mila sterline. Posso pagare, farò un'ipoteca sulla casa e pagherò tutto." Dissi a Oscar. 

"Il restante era di cinquecento mila sterline vi ricordo che li ho pagato io e non Andrew o la banca." Disse Elisabeth. "Non ci devi niente Sapphire, per me e Oscar puoi chiedere il divorzio quando vuoi." 

"Assolutamente no! È di mia proprietà. Non firmerò il divorzio e non vi consentirò di liberarla dal suo impegno." Urlò Andrew. 

"Proprietà?" Chiese papà. "Si è sposata con te per non farti prendere le nostre proprietà. Non sono tue." Gli disse. 

"Le case no! Ma Sapphire lo è, appartiene a me e voi le state dando troppo agio." 

"Una persona non appartiene a nessun altro se non a se stessa Andrew." Disse Elisabeth guardando il marito. 

"Nel momento stesso in cui hai abusato di mia figlia e l'hai picchiata, hai perso tutto." Disse mio padre. 

"Elisabeth ti ringrazio ma ti restituirò tutti i soldi che ci hai prestato col debito. Così mia figlia sarà libera di fare ciò che vuole della sua vita." Annunciò papà. 

"Ovviamente denunceremo la truffa subita." Disse mia madre spalleggiando papà. 

"No! Assolutamente no." Urlò ancora Andrew afferrandomi per il viso. "Tu non andrai da nessuna parte. Non ti permetterò di tornare da quello."

Istintivamente tremai al suo tocco. Non ebbi la forza di reagire. Ero sola, non c'era più Thomas e non c'era neanche Drake che poteva aiutarmi. 

"Tu toccami ancora e ti denuncio." Sussurrai. 

"Tu non immagini contro chi ti metti ragazzina. Sono più ricco ed ho più potere di te, ho delle conoscenze che solo al pensiero tremeresti."

Scossi la testa. "Come il tuo amico Paul Adams? Portalo a casa 'mia', non vedo l'ora di incontrarlo." Gli dissi mentre mi lasciava andare. 

"Che ne sai tu dii lui?" 

"So tutto. Preparati Andrew perché sarò l'avvocato di me stessa." Gli rivelai sfidandolo con lo sguardo. 

"Certo come no!  Col tuo diplomino... ti tolgo tutto, i bambini e le case e illavoro se non resti al tuo posto, puttana." Mi disse sprezzante.

"Adesso basta Andrew." Urlò Oscar raggiungendoci. "Stai esagerando." 

"Tu non capisci papà. Lei è mia." Urlò Andrew. 

Scossi la testa. "Tu sei pazzo, me ne vado. Non voglio vederti a casa mia se non con i tuoi genitori." Dissi uscendo dalla stanza. 

Non volli più sentirlo, ne avevo abbastanza di lui. Anche se era vero, fin quando non mi fossi laureata non avrei potuto fare nulla contro di lui. Dovevo laurearmi e trovare già uno studio dove fare apprendistato. Non uno di quelli grossi. Se Andrew aveva messo voci in giro nessuno mi avrebbe preso.

Dopo le vacanze ritornai alla mia routine. Lavoro e università, casa e ricerca di uno studio che mi prendesse. A marzo venni contattata da Amelie. Mi ricordò il suo matrimonio ad aprile e che dovevo farle da damigella. 

Intanto Elisabeth mi informò che suo marito Oscar aveva fatto tornare di nuovo Andrew in terapia. Questa volta veniva seguito in una struttura, certi suoi atteggiamenti erano schizofrenici ed era importante che fosse seguito da qualcuno preparato. 

Nella cassaforte del suo  studio Oscar trovò i documenti relativi al finto fallimento di papà, il contratto da me firmato dove accettavo di sposare Andrew, alcune foto mie al torneo Championship, poi alcune che mi ritraevano al rientro dalla Svizzera sempre nello stesso periodo, in giro per Londra a Natale, in abito da sera al mio ingresso in società. Ero in pratica ovunque. Le foto si fermavano al giorno in cui lo avevo conosciuto alla banca. 

Oscar per la prima volta da quando lo conoscevo mi chiese sinceramente e ripetutamente scusa. Non immaginava che Andrew mi avesse presa di mira molto prima del nostro incontro ufficiale. 

Elisabeth intanto era andata dal suo notaio, nella documentazione donò a Joel tutti i suoi possedimenti. Io sarei stato il curatore fino alla sua maggiore età. Inoltre il notaio confermò che le priorità dei miei genitori non erano mai passate a Andrew. 

"Probabilmente tutto ciò che ha fatto è stato mirato ad arrivare a te." Mi disse Oscar. "Ma tu vai avanti con la tua vita Sapphire, esci e incontra i tuoi amici, parti pure per il Lussemburgo. Perché fidati, finché sarò in vita Andrew resterà chiuso in quella clinica privata." Mi disse. 

"Si rifiuta di firmare le carte del divorzio. Però tu hai presentato tutto e la separazione in questo modo è consensuale." Mi informò Elisabeth. 

Io acconsentii alle loro scelte. La notizia che avessero un figlio schizofrenico e stalker, sapevo che avrebbe potuto danneggiarli. Loro mi erano venuti incontro, avevano portato via Andrew, in una clinica privata,  e avevano chiamato i loro avvocati affinché mi aiutassero con la separazione e con la richiesta di divorzio. Ovviamente Andrew non voleva divorziare da me era talmente ossessionato che lo rifiutava.

Però Oscar, nonostante non avesse più una grande influenza sul figlio data l'età, era riuscito a farlo rinchiudere. Mi informarono che non poteva uscire dalla clinica e che per farlo ci voleva l'autorizzazione del padre. Oscar non era intenzionato a farlo uscire.

In tutti quegli anni vissuti accanto alla moglie non era mai successo che uno scandalo avesse colpito la loro famiglia e di conseguenza la Banca. Non avrebbero permesso che lo facesse Andrew, da quando c'eravamo sposati stava dimostrando di mettere a rischio la loro reputazione.

Mi  raccontarono anche più chiaramente di Paul Adams. Lui ed Andrew avevano frequentato la stessa scuola superiore, subito si trovarono come erano amici e più volte Oscar aveva cercato di allontanare il figlio da lui. Paul era sempre stato uno scavezzacollo e con gli anni si era dimostrato che avesse poca voglia di lavorare. Oscar si era accorto fosse un imbroglione quando aveva provato a derubare la loro famiglia farlo a soli vent'anni. Ovvio gli invidiava il fatto che fosse sveglio e furbo, cosa che Andrew non aveva. Proprio grazie a queste sue peculiarità Paul era diventato negli anni un truffatore di prima categoria, ricercato dalle autorità e segnalato su tutte le banche, al momento non poteva neanche lasciare l'Inghilterra quindi stava nascondendosi proprio sul suolo britannico. A meno che non avesse falsificato i documenti per lasciare il paese. 

"Mi mobiliterò per trovarlo. Intanto tu puoi lavorare quando riesci presso i nostri legali. Senza impegno, così potrai seguire il tuo lavoro, l'università e la tua vita." Mi disse in ultimo Oscar. "Ti chiediamo solo una cosa in cambio."

Li fissai sorpresa. "Ditemi."

"Vorremo continuare a vedere i nostri nipoti." Chiese.

Sbigottita scossi la testa. "Oscar io non vi avrei mai chiesto di lasciare la mia casa e non essere presenti nella vita dei bambini." Dissi sincera. "Non  avete colpe per ciò che ha fatto vostro figlio e so che Elisabeth ama tutti e quattro i bambini. Anche tu, nonostante sappia che Thomas non è il figlio di Andrew, comunque lo apprezzi. Io non potrei mai mai allontanarvi da loro perché vi vogliono bene. siete i loro cari nonni. Gli avete dato la solidità della famiglia al posto Andrew. Non chiedetemi proprio queste cose, voi siete la nostra sua famiglia." 

"Allora non c'è nient'altro da dirti dirti." Mi disse Oscar. "A parte che ho deciso di mettere nel mio testamento Samuel. Sappiamo che il testamento di Elisabeth potrebbe essere impugnato e dal momento che Samuel in quello non è presente, in quanto figlio illegale, ci ho pensato io. Non ho le ricchezze di Elisabeth, ma a differenza di Andrew sono stato parsimonioso nella gestione delle mie finanze, ci sarà sempre per Samuel un fondo fiduciario a cui potrà attingere e una volta che sarà grande e vorrà andare all'università potrà farlo con le sue sole forze." Mi informò 

Lo ringraziai commossa. Samuel non era mio figlio ma era lo amavo come gli altri miei figli. Margot ci sarebbe sposata a breve, avrebbe lasciato casa nostra per trasferirsi e  avrei tenuto io Samuel in quanto alla sua nascita lo avevo registrato come mio figlio. Sapevamo già che sarebbe andato al Santa Maria col contributo di Thomas che si era da subito reso disponibile della sua educazione. Ma non avevamo avevamo parlato mai di un futuro più lontano poiché sarebbe stato troppo prematuro.

Ringraziai commossa Oscar per il gesto che aveva avuto nei confronti del bambino.

Fu così che con Samuel e Diamond li salutai, con tranquillità partii per il Lussemburgo per partecipare al matrimonio della mia amica.

In quella occasione incontrai di nuovo anche alcuni vecchi conoscenti della Rosey e tra questi c'era anche Stephan il ragazzo che mi aveva corteggiato al college e al quale avevo concesso il mio primo bacio.  

Restava sempre un ragazzo affascinate, capelli biondi ramati, occhi verdi, sguardo dolce e lineamenti delicati. Aveva due anni più di me, era il fratello di Pierre principe ereditario del granducato di Lussemburgo e marito di Amelie. Stephan era il terzo in linea di successione, poiché prima di lui c'era ancora un altro fratello, Jean Marie. 

Al party pre matrimoniale cercai di evitarlo. Mi imbarazzava incontrarlo dopo tanti anni e dopo avere scoperto che aveva chiesto a papà di poterci frequentare. 

Sinceramente non sapevo cosa avrei risposto all'epoca forse si o forse come mio padre aveva affermato, sarei ritornata a Londra dove avrei frequentato l'università. A sette anni di distanza ero allo stesso punto, io stavo frequentando l'università e lui probabilmente aveva una fidanzata o una quasi moglie. Così durante il party restai tutto il tempo in compagnia di Janine e suo marito racconta loro gli avvenimenti degli ultimi mesi e di come era al momento la situazione. Gli dissi che mio padre non aveva più debiti, addirittura era tornato dal fratello per riprendere il suo posto nella società di golf. Aveva deciso di restare a vivere in Scozia e insegnare lì, l'isola di Muck era la sua casa e si trovava bene. Avevano un giro di compagnie erano piacevoli e poteva svolgere comunque lo stesso lavoro prendendo il traghetto verso l'isola più grande dove avrebbe aperto la nuova sede. 

"Comunque stiamo ancora indagando. Oscar si è messo alla ricerca di Paul Adams e adesso che Andrew è in una clinica mi sento più serena." Le dissi osservandola dondolare Samuel sulle gambe. 

"Sai, ti vedo bene con un bambino a quando il vostro primo figlio?" Chiesi alla mia amica. 

"Ma sta zitta! È presto, voglio godermela mica fare figli giovane come hai fatto tu." Mi prese in giro. 

"Aspetta aspetta! Ho concepito Diamond a 23 anni, è l'età giusta."  

"Adesso, ma hai partorito Thomas a 19 anni." Mi ricordò lei.

Io la fissai dolcemente. "Non si può avere mica tutto dalla vita e non lo cambierei mai con nulla al mondo il mio Tommy." Le dissi carica d'amore. 

"Oh vabbè." Disse alzandosi con Samuel tra le braccia. "Ti lascio, hai una visita ore dodici."

"Non ho capito, cosa intendi?" Le chiesi. 

Lei mi indicò un punto della sala con gli occhi, mi girai notando che Stefan stava raggiungendoci 

"Oh..." sussurrai.  

"Oh?" Mi fece il verso lei afferrando anche il passeggino di Diamond. "Meno male che ci ha pensato lui." Mi disse Janine. "So che è tornato single, approfittane." Concluse andando via.  

Approfittarne? Non sapevo, ero in grado di farlo. Con Charles avevo lasciato andare le mie inibizioni. Ma se Stephan provava ancora qualcosa per me? Aveva chiesto a mio padre di poterci frequentare e dopo poco tempo mio suo rifiuto mi ero sposata con Andrew. Avrei sicuramente dovuto chiedergli scusa, anche se non avrei potuto saperlo, era come se lo avessi tradito. 

Inoltre lui era un granduca di Lussemburgo. Non un medico londinese che stava lontano dai riflettori. Non potevo avere una relazione con lui, non quando io ero sposata e gli avrei fatto avere una cattiva reputazione.

"Sapphire Lucrezia Ashely Cooper, viscontessa di Shaftesbury e figlia del grande campione di golf Edward Crowell." Mi annunciò con un inchino appena mi fu di fronte.  "Eri e sei ancora bellissima, nonostante siano passati otto anni dall'ultima volta che ti ho vista." Mi disse.

Io mi tirai su sorridendogli con una riverenza. "È un onore rivederla granduca Stephan. Ebbene, sono passati già otto anni. Spero che lei stia bene." 

Lui mi guardò sorridendomi. "Adesso si! Pensavo che non avrei avuto più modo di rivederti." 

Lo fissai interrogativa. Janine mi aveva detto che era tornato single, aveva quindi avuto delle relazioni e sicuramente non stava aspettando ancora me. 

"Sono onorata di averla resa felice." Gli dissi cercando di essere quanto più diplomatica possibile.

"Tuo marito non è con te? Ho notato i due bellissimi bambini che hai dietro."  

Scossi la testa. "No, diciamo che al momento siamo in via di separazione definitiva. Per cui lui non c'è e non ci sarà mai in tutte le mie uscite ufficiali." Gli annunciai.

"Un po' come la mia fidanzata." Affermò lui. "Si  è defilata,  è stata una decisione della mia famiglia l'hanno testualmente cacciata di casa." Mi raccontò amareggiato. Non capivo se per l'atteggiamento della famiglia o perché lei se ne era andata. 

"Si è comportata male?" Gli chiesi, non ero stupita e ormai non ero più ingenua. Sapevo che il mondo era fatto di persone cattive e senza scrupoli, anche donne. Senza una spiegazione, non avrei quindi puntato il dito.

"Quando Amanda ha visto che le cose non andavano come voleva lei, mi ha lasciato. È starò uno dei momenti peggiori della mia vita." Mi disse tenendomi la mano. "Ti va di ballare con me?" Mi chiese cambiando argomento. 

Al che accettai, non si poteva rifiutare l'invito di uno dei principi del Lussemburgo per di più nel suo paese e di fronte ai suoi ospiti. Sarebbe stato scortese.

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: MelaniaTs