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Autore: M a k o    10/04/2024    5 recensioni
• Datastormshipping (Ryoken/Yusaku)
• Mini long Curse!AU
• Dal testo:
Yusaku sussultò nel momento in cui la mano di Ryoken sfiorò la sua e, d'istinto, la ritrasse velocemente. Ryoken sorrise ancora una volta.
«Non aver paura,» gli disse con un tono di voce che voleva essere rassicurante, «lascia che si nutra. A differenza delle altre persone, a me non fa del male».
«E se poi ne volesse sempre di più?»
«E se invece dovesse saziarsi?»
Yusaku guardò Ryoken come se quest'ultimo avesse iniziato a parlare in una lingua arcana e sconosciuta.
«In tutti questi anni non ha mai dato segno di essere in grado di saziarsi» rispose con una punta di disprezzo nel tono di voce.
«Questo perché hai sempre fatto del tuo meglio per evitare il contatto fisico» spiegò Ryoken. «Di conseguenza, più le neghi il suo nutrimento, più lei diventa affamata. L'ho percepito quando ci siamo toccati: pare davvero disperata. Per questo non posso fare a meno di domandarmi: se provassi a darle ciò che vuole… non credi che ti lascerebbe in pace?»
• Questa storia partecipa alla Challenge “Fissa un obiettivo (e superalo)” indetta dal forum Siate Curiosi Sempre
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Ryoken Kogami/Revolver, Yusaku Fujiki/Playmaker
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Datastorm mini long'
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A Promise (pt.3)
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Buona lettura!



A PROMISE
(Terza parte)




18

“Fino a quando due anime gemelle condannate alla solitudine perpetua non avranno modo di incontrarsi e completarsi a vicenda, il cuore strappato di Synnöve continuerà a soffrire, trasportato dal vento della disperazione.
Solo due vere anime gemelle saranno in grado di spezzare la maledizione e, così facendo, Synnöve potrà finalmente riposare in pace”.
Yusaku aveva letto e riletto quelle ultime frasi così tante volte che gli si erano impresse nell'anima, sottopelle. La leggenda di Synnöve giaceva sempiterna su quelle pagine carezzate dallo scorrere inesorabile del tempo, parole nero pece che pulsavano di vita, dolore e un altro sentimento al quale Yusaku aveva imparato a dare una forma nel corso del tempo da quando Ryoken si era fatto spazio nella sua esistenza, raccogliendola da terra con mani calde e gentili e trasformando le sue giornate vuote e solitarie in momenti degni di essere vissuti.
Ma quella non era solo la leggenda di Synnöve: era qualcosa di molto più grande e immenso, un frammento di storia che aveva viaggiato nel corso dei secoli alla disperata ricerca del proprio posto nel mondo. Aveva sorpassato un'infinità di epoche e si era perso tra miliardi di persone differenti prima di trovare Ryoken e poi, settecento anni dopo, trovare anche Yusaku.
E fu lì, proprio in quel momento che Yusaku si rese conto fin nel profondo che ciò che aveva appena letto non fosse un'antica leggenda, bensì la realtà di un mondo lontano e sconosciuto che aveva lottato fino allo stremo per poterlo raggiungere.
Quella era una storia che, da qualche parte del pianeta, era capitata per davvero. Si era avverato tutto ciò che aveva letto in quelle pagine scolorite e in quel presente tanto distante stava ancora proseguendo nel suo estenuante cammino. Perché non era finita. Non ancora, almeno.
Si stava avviando lentamente verso la sua conclusione. Ma se il sole fosse esploso in quel momento, loro se ne sarebbero accorti solo otto minuti dopo, poiché la sua luce impiega quel lasso di tempo per raggiungere la Terra.
    (E i loro personali otto minuti prima del vero finale erano ancora tutti da vivere).
Yusaku chiuse il voluminoso tomo e lo poggiò sul tavolino. Si voltò verso Ryoken il quale, seduto sul divano accanto a lui, attendeva trepidante la sua risposta in merito.
    «Cosa ne pensi?» gli chiese infatti a mezza voce, con una nota di titubanza che gli fece tremare le corde vocali.
Yusaku non replicò nell'immediato. Aveva quasi il terrore di spezzare in due quel momento, proprio come il cuore di Synnöve era stato strappato in due parti uguali prima di dissolversi nel nulla e vagare per secoli interi prima di trovare due anime gemelle in grado di completarsi a vicenda.
Avvertì i battiti cardiaci farsi più concitati e le punte delle dita iniziarono a formicolare. Yusaku non si era mai sentito così strano in vita propria, nemmeno quando aveva realizzato che il modo in cui Ryoken lo guardava sempre fosse pregno di desiderio e quel sentimento incondizionato e impronunciabile.
    (Qualcosa che ricambiava con ogni fibra del suo essere).
Il solo fatto di avere così tanto bisogno l'uno dell'altro al punto tale da dormire abbracciati ogni notte era una prova evidente e concreta di quanto il loro legame fosse diverso rispetto a tutti gli altri, la stella più luminosa di una costellazione infinita.
E ora, mentre si voltava verso Ryoken e lo guardava dritto negli occhi, Yusaku provò l'atavico desiderio di diventare una cosa sola con lui. La sua anima, ancor prima della sua carne, fremeva per questo.
Si avvicinò a Ryoken lentamente, le labbra un poco schiuse e gli occhi che brillavano di una luce soffice e carezzevole. Quando i loro respiri trovarono un punto d'incontro caldo e compatto, Yusaku comprese che da quel momento in poi niente sarebbe più stato come prima; che ogni nuovo abbraccio, ogni nuovo contatto fisico e ogni nuovo intreccio di dita sarebbe stato più intenso, amplificato, incandescente come il nucleo di una stella in procinto di collassare su se stesso.
Ryoken ricambiò il suo sguardo e gli prese il volto tra le mani, lasciandogli intendere che desiderasse la stessa cosa. E questa volta, anziché nutrirsi di quella vita eterna che tanto l'appagava, la maledizione — o ciò che ne rimaneva — sospirò di sollievo.
E quando le loro labbra si incontrarono per la prima volta, qualcosa, da qualche altra parte in un altro universo, si accese per un piccolo istante in un mondo ormai sull'orlo del declino eterno. Una rassegnazione dolce come il miele che profumava come la notte dei tempi.


19

Si erano toccati, sfiorati e carezzati un'infinità di volte. Si erano abbracciati e stretti forte l'uno all'altro per notti interminabili, allacciati in un legame che li voleva uniti nell'anima, due cuori che in realtà erano le due metà complementari dello stesso spirito.
E ora, mentre si scambiavano il loro primo bacio d'amore, compresero entrambi il vero significato della storia di Synnöve. Per secoli interi il suo cuore strappato a metà aveva a lungo cercato qualcuno che potesse infondergli nuovamente speranza e scaldarlo col proprio calore, e se aveva scelto loro due doveva davvero esserci un motivo. Forse settecento anni addietro Ryoken non avrebbe mai amato per davvero e forse, nell'età contemporanea, Yusaku sarebbe sempre rimasto solo. In un modo o nell'altro, erano destinati a incontrarsi e incastrarsi tra loro al punto tale che c'era voluta un'antica leggenda nordica per far sì che ciò accadesse.
E ora che tutto ciò si stava realizzando, ora che le loro labbra erano unite in un dolce sospiro d'amore e ora che le loro mani vagavano sulla pelle accaldata, si sentirono più completi che mai. Perfetti e insostituibili, armonia allo stato puro.
Mentre Ryoken lo spogliava e coi polpastrelli percorreva i sentieri del suo corpo, Yusaku provò una profonda pace interiore in grado di renderlo un tutt'uno con il centro dell'universo; non aveva mai provato sensazioni simili né aveva mai creduto che un giorno le avrebbe sperimentate con qualcuno, e fu proprio per questo che la sua felicità si amplificò al punto tale da toccare le stelle: perché ogni suo timore era stato scacciato via dalla sua testa e tutto ciò che rimaneva era il dolce suono della neve che si poggiava sui tetti delle case.
    (Quindi era questo ciò che significava essere importante per qualcuno, essere il suo tutto, la sua ancora di salvezza).
Lui e Ryoken si erano salvati a vicenda, avevano colmato le loro perenni solitudini con lunghi abbracci e notti a perdersi in fiumi di parole e racconti sussurrati sotto le candide lenzuola; erano stati l'uno il sostegno dell'altro, la Stella Polare che non smetteva mai di indicare la giusta direzione da prendere.
E allora Yusaku capì, mentre diventava una cosa sola con Ryoken, che tutta la sofferenza che avevano provato aveva avuto un senso. Un senso dolceamaro che permeava ancora sulla lingua, ma che prima o poi si sarebbe dissolto nel nulla.
Mentre facevano l'amore e si guardavano negli occhi riscoprendosi un'altra volta ancora, entrambi si resero conto che le loro anime erano fatte per perdersi altrove, lontane da tutto ciò che concerneva la caoticità del mondo contemporaneo.
Tra la neve sarebbe andato tutto bene.
    (Tra la neve sarebbe stato tutto più bello).


20

La sottile patina che distorceva lo scorrere del tempo gli si era adagiata sugli occhi più di settecento anni addietro. Ryoken ai tempi aveva diciotto anni e sempre diciotto anni aveva quando suo padre era invecchiato al punto tale da non riconoscerlo più, quando la sua prima infatuazione aveva perso la luce nelle iridi grigie come la nebbia e quando tutti gli abitanti del villaggio nel quale viveva si erano armati di coltelli e torce rudimentali per dargli la caccia poiché considerato un demonio che si nutriva della vita di tutti coloro che gli stavano accanto.
Aveva capito fin troppo bene che c'era qualcosa che non andava, di essere diverso rispetto a tutti gli altri abitanti del villaggio; a lungo andare, però, gli era bastato ancora meno per rendersi conto di essere diverso dal resto del mondo intero.
Vagava in un limbo eterno nel quale la sua vita era perennemente spaccata a metà; era circondato da persone che avevano un rapporto diverso col tempo, ne temevano lo scorrere inesorabile delle lancette e lo pregavano di essere clemente nei confronti dei loro corpi, delle loro menti, delle loro ossa.
Ryoken temeva il tempo per un altro motivo: perché erano alla pari. Il tempo scorreva e Ryoken scorreva con lui, alla stessa velocità, una scheggia di luce che attraversava l'universo e al contempo una chiocciola che vagava con placida calma lungo un sentiero di campagna.
Il tempo era diverso per ogni essere umano presente sul pianeta, ma per lui era una certezza inconfutabile, l'oggettività assoluta, un fidato compagno che gravava sulle sue spalle doloranti. Le sue lame affilate non lo scalfivano minimamente e questo era il dolore più atroce che avesse mai provato: lui era una costante in mezzo a tante varianti, un punto fisso, un disco rotto.
Il tempo scorreva placido senza alcuna alterazione: un secondo dopo l'altro, senza mai accelerare o frenare bruscamente.
    (E lui assisteva inerme).
Era vittima di qualcosa che non sapeva spiegarsi. Aveva compreso di essere diverso, ma gli sfuggiva il perché.
Perché proprio lui? Quali peccati aveva commesso per meritare una simile condanna?
Perché non poteva che trattarsi di questo, della condanna più crudele fra tutte: godere di una giovinezza sempiterna e inscalfibile mentre il tempo divorava la vita altrui senza lasciare scampo.
Aveva amato e voluto bene e stimato e ammirato persone che poi si erano spente davanti ai suoi occhi mentre lui rimaneva sempre uguale e quella patina, quella maledetta patina le distorceva in un modo talmente atroce da mozzargli il respiro. Più gli anni passavano e più Ryoken percepiva l'alienazione dal mondo intero farsi sempre più pesante e opprimente.
    (La condanna della vita eterna gravava sulle sue spalle sempre più doloranti. Era una pesantezza indescrivibile, un macigno che lo schiacciava sempre più giorno dopo giorno).
Aveva viaggiato per tutto il mondo, l'aveva esplorato in lungo e in largo, ma mai nessun luogo lo aveva fatto sentire davvero a casa. E più le lancette ticchettavano inesorabili, più Ryoken si rendeva conto, con un'amarezza senza fine, che non avrebbe mai avuto una vita normale. Nessuno comprendeva appieno cosa significasse vivere — e vivere e vivere e vivere — con l'eterna costante di rimanere uguale in mezzo a persone destinate a mutare nel corso degli anni; Ryoken durante i secoli era maturato, aveva sviluppato una adattabilità necessaria per poter sopravvivere agli svariati spostamenti che doveva compiere ogni cinque o sei anni e aveva studiato all'università tutto ciò che poteva apprendere per rimanere al passo coi tempi e trovare una risposta, anche solo vaga, a ciò che lo affliggeva. Solo che, come c'era da aspettarsi, ogni suo sforzo era risultato vano, un ammasso di polvere trasportato via dal gelido vento invernale.
Poi però aveva incontrato Yusaku. In un giorno come tanti, dove il susseguirsi dei secondi, dei minuti e delle ore era lo stesso di sempre
    (la solita immagine riflessa allo specchio, il solito sguardo spento, la solita maschera di finta disinvoltura da sfoggiare davanti a dei perfetti estranei)
e Ryoken dopo decenni aveva deciso di tornare in Giappone, la sua terra natia, spinto soprattutto dalla curiosità di vedere di persona quanto fosse mutata nel corso della sua assenza che per altro.
L'incontro con Yusaku fu del tutto casuale, eppure gli bastò un solo attimo per rendersi conto di aver trovato il suo incredibile punto d'inizio: per la prima volta, la sottile patina che gli copriva gli occhi non distorceva la figura di quel giovane ragazzo che si trovava di fronte a lui e Ryoken ebbe modo di vederlo per ciò che era realmente.
    (Bellissimo. Quel ragazzo era bellissimo e fragile e spaventato. E proprio per questo gli apparve come una creatura meravigliosa).
Yusaku era destinato a entrare nella sua vita allo stesso modo in cui Ryoken era destinato a farsi spazio nella sua; lui che, dopo secoli in cui era sopravvissuto a tutti i suoi affetti, aveva tentato in ogni modo possibile e immaginabile di non legarsi più a nessuno poiché non si era mai abituato al dolore della perdita.
Dopo tanta sofferenza e solitudine, aveva finalmente trovato qualcuno non solo in grado di comprenderlo fino in fondo, ma anche di alleviare il fardello che gravava sulla sua intera essenza. Il senso di pesantezza che gli opprimeva il petto andava scemando sempre più ogniqualvolta stringeva Yusaku a sé e mai in vita propria aveva provato un benessere simile. Yusaku era la cura di ogni suo male.
Per questo, a lungo andare, Ryoken si rese conto di ciò che effettivamente il loro legame comportava: più rimanevano l'uno accanto all'altro, più Yusaku diventava come lui e maturava dentro di sé una concezione del tempo sempre più lontana e diversa rispetto a tutto il resto del mondo.
Non voleva essere la sua condanna. Anche se questo significava doversi allontanare dalla cosa
    (persona)
più bella che la vita gli avesse mai donato.


21

Il mare profumava di incanto e meraviglia e la rena era fresca sotto i polpastrelli. Un migliaio
    (o forse un miliardo)
di stelle vegliavano su di loro, incastonate nel cielo in un senso logico che a loro ancora sfuggiva.
Avevano cenato in riva al mare, quella sera. Un grande telo colorato e sottile ricopriva una minuscola porzione di spiaggia tutta per loro e il cestino da pic-nic era ormai mezzo vuoto. Avevano speso i minuti così, sotto lo sguardo vigile del firmamento illuminato.
    «Yusaku». Ryoken lo chiamò piano, in un sussurro che si perse tra le stelle riflesse sull'acqua cristallina del mare. Temeva di rovinare la serata dando una forma ai tarli che gli divoravano la mente.
Yusaku voltò il capo nella sua direzione e sorrise candidamente. «Sì?» domandò, e in quello sguardo Ryoken vi intravide così tanta innocenza da sentirsi quasi stordito.
Deglutì e proseguì: «Non voglio girarci intorno, quindi te lo chiedo direttamente» disse, avvicinando una mano alla sua. La sfiorò e il solo tocco con la pelle di Yusaku gli fece raggiungere vette altissime, come se fosse diventato un tutt'uno con le punte innevate delle montagne. «Non vorresti vivere un'esistenza normale?»
Yusaku sembrò pensarci su un attimo, poi rispose: «Dipende da cosa intendi per “esistenza normale”».
    «Quella che vivono tutti gli altri».
    «Perché, la nostra non lo è? Non è un'esistenza normale quella che viviamo insieme tutti i giorni?»
Ryoken sussultò e ritrasse un poco la mano. Toccare Yusaku significava renderlo sempre più simile a lui e non voleva trasformare la loro vita insieme in una condanna per la persona che amava.
    «Lo sarebbe se il tempo scorresse in maniera differente anche per noi» sussurrò. Aveva la gola riarsa e lo stomaco chiuso per la paura. «Ma non è così e penso che ormai te ne sia reso conto anche tu: stai diventando come me, Yusaku, e non voglio condannarti a—»
Subito dopo, il mondo si capovolse e per un attimo Ryoken ebbe la sensazione che le stelle stessero per cascargli addosso. Erano vicine, sempre più vicine, pietre preziose di grandezze indefinite, salvo poi realizzare che fossero gli occhi di Yusaku.
Yusaku che gli si era letteralmente buttato addosso e ora lo sovrastava come la creatura meravigliosa che era.
    (E Ryoken temeva di averlo rovinato per sempre).
    «Se stare con te significa vivere una condanna, allora sì, condannami per il resto dei miei giorni».
Il cuore di Ryoken perse un battito. Quello stesso cuore che avrebbe dovuto smettere di pompare il sangue circa settecento anni addietro. Quello stesso cuore che si era illuso di conoscere a fondo ogni sentimento mai provato dall'essere umano, ma si sbagliava: prima di conoscere Yusaku, Ryoken non si era mai innamorato per davvero. La sua unica priorità, ora, era il ragazzo dai stupendi occhi verdi steso su di lui.
    «Io voglio che tu sia felice» parlò piano, sostenendo il suo sguardo. «Non voglio farti patire ciò che ho subìto io per settecento anni. Forse siamo ancora in tempo per…»
    «Per che cosa, Ryoken? Per vivere lontani l'uno dall'altro? È davvero questo ciò che vuoi?»
    «No». Lo disse subito, senza pensarci due volte. Lo disse subito, senza riuscire a frenare la lingua, perché in fondo era la verità: tutto ciò che desiderava era poter vivere accanto a Yusaku, l'unico in grado di farlo sentire in pace col mondo. E si sentì egoista nel dare una forma a quel pensiero, perché così facendo non lo proteggeva affatto.
    «Io voglio vivere con te, Yusaku. Ma non voglio nemmeno che tu soffra come ho sofferto io. Per secoli interi ho vissuto nascondendomi dal resto del mondo, spostandomi di città in città quando capivo che non c'era più posto per me, quando la gente iniziava a insospettirsi sulla mia vera identità. Non ho mai avuto una vera casa o delle amicizie stabili e… non voglio che tu patisca tutto questo per causa mia. Io lo so che siamo legati, lo sento fin nel profondo, ma è davvero giusto che tu subisca il mio stesso destino? Sei davvero disposto ad accettare tutto questo pur di restare con me?»
Yusaku annuì, avvicinando le labbra alle sue. «Tu mi hai salvato dalla solitudine. Ora è giunto il momento che io faccia altrettanto. E se per farlo dovrò vivere altri settecento anni senza invecchiare mai, lo accetto. Se questo significa restare con te e alleviare il vuoto che hai dentro, lo farò. Non sei più solo, Ryoken. Ora potremo essere soli insieme e trovare il nostro posto nel mondo, un giorno».
    (Tra la neve, amore mio. Dove tutto è più bello e profuma di un nuovo inizio).
    «Cosa ne pensi?»
Ryoken gli rispose con un bacio. In quella notte d'estate, tra sospiri trasportati dalle onde e il chiaro di luna che impreziosiva il cielo, Ryoken giurò a se stesso che mai più avrebbe anche solo pensato di rinunciare a Yusaku, la sua vera anima gemella.
Si sentì finalmente liberato da tutto quel peso che aveva gravato su ogni cellula del suo corpo per secoli interi. Era libero, e Yusaku con lui.
Erano liberi insieme.
    «Ti ho mai detto che sei bellissimo?»


22

    «Ryoken».
Yusaku lo chiamò durante la notte, conscio che non stesse dormendo. E infatti era così, aveva trascorso ore intere a fissare il soffitto senza riuscire a chiudere occhio, complici la calura estiva e gli innumerevoli pensieri che ancora vorticavano nella sua testa.
Nulla che avesse a che vedere col separarsi da Yusaku, però. Erano pensieri più belli, un desiderio che aveva iniziato a maturare dentro di lui da quando la storia di Synnöve aveva dato un senso alla sua esistenza.
Alcune volte Ryoken si domandava se non fosse stato un caso che quel voluminoso libro contenente le leggende dimenticate dal mondo fosse finito proprio tra le sue mani. Riflettendoci bene, quante possibilità vi erano che un volume simile, del quale non si sapeva nulla — l'autore e l'anno di pubblicazione erano ignoti — fosse capitato proprio tra le sue mani e, guarda caso, proprio dopo aver conosciuto Yusaku?
Ryoken non poteva fare a meno di pensare che fosse stata la stessa Synnöve a fare in modo che quel libro giungesse a lui. Perfino la ragazza che lavorava in biblioteca era rimasta sorpresa quando aveva cercato quel tomo per registrare la prenotazione di Ryoken: non risultava nell'elenco dei libri ed era come se da un giorno all'altro fosse apparso tra gli scaffali circondato da uno spesso alone di mistero, la stessa patina che distorceva lo scorrere del tempo che Ryoken conosceva fin troppo bene e che, oramai, anche Yusaku aveva imparato a fare sua.
    «Sì, Yusaku?» rispose, senza smettere di fissare il soffitto, conscio che anche Yusaku stesse facendo altrettanto.
    «Dove vorresti essere, ora?»
    «Tra la neve. E tu?»
    «Anche io».
Ryoken sorrise. «Un giorno ti ci porterò, Yusaku. Te lo prometto».
Non lo vide, ma immaginò che anche Yusaku avesse sorriso. «Non vedo l'ora. Anche se… ho come la sensazione di dover ancora fare qualcosa, qui. Ma non so quanto tempo mi ci vorrà».
    «Che intendi dire?»
    «Che nonostante desideri ardentemente andarmene da qui, mi sento… ancorato. Come se ci fosse qualcosa di irrisolto che devo portare a termine».
Ryoken gli sfiorò la mano con la propria e riuscì a percepire tutta la sua ansia al semplice tocco. «Non ti preoccupare. Abbiamo tutto il tempo del mondo dalla nostra parte. Quando ti sentirai pronto, ce ne andremo. Ma fino ad allora, non farti pressioni di alcun tipo, d'accordo?»
Yusaku ricambiò quel piccolo gesto e sfiorò la mano di Ryoken a sua volta.
    «D'accordo. E grazie… per tutto».


23

La svolta avvenne durante un giorno afoso di metà agosto. La calura delle ore pomeridiane era sfiancante e Yusaku si era recato al konbini più vicino per fare rifornimento di cibi e bevande fresche.
Aveva perso alla morra cinese contro Ryoken e per tutto il tragitto che lo separava dal konbini non aveva fatto altro che borbottare infastidito circa la cocente — in tutti i sensi — sconfitta e la penitenza da soddisfare. In compenso, però, ebbe modo di scoprire una verità sensazionale che gli avrebbe permesso di comprendere quali fossero i grandi irrisolti nella sua vita.
Non tutte le partite perse a morra cinese venivano per nuocere.
Era ancora intento a meditare la rivincita contro Ryoken quando si accorse che una ragazza che camminava poco più avanti di lui aveva perso il portafogli lungo il marciapiede. Yusaku compì i pochi passi che lo separavano dall'oggetto, si chinò e lo raccolse.
    «Scusa» la chiamò poi, avanzando verso di lei. La giovane si voltò e, quando la osservò in volto, Yusaku la riconobbe subito: era la ragazza dai capelli corvini che aveva accidentalmente sfiorato tempo addietro, quando ancora Ryoken non era entrato nella sua vita e la maledizione implorava di essere saziata in una nenia senza fine.
Yusaku ricordava di aver scavato un poco nella sua vita e di aver indirettamente assistito al suo primo appuntamento col senpai del terzo anno di superiori che tanto le piaceva più altri avvenimenti legati alla sua infanzia. Lei era una di loro: una di quelle persone che avevano nutrito, senza volerlo, la sua maledizione, perdendo così attimi preziosi di esistenza da vivere.
Forse fu proprio per questo che, in un primo momento che durò una frazione di secondo, Yusaku fu quasi tentato di ritrarre la mano e passare erroneamente per un borseggiatore. Poi però rammentò che ora le cose erano diverse, erano cambiate e che tutto questo lo doveva a Ryoken.
    (A Ryoken che lo faceva sentire parte di un mondo più accogliente e gentile).
    «Ti è caduto questo» disse con voce un poco arrochita mentre le porgeva il portafogli.
Lei lo guardò per qualche istante e poi sorrise, allungando la mano verso l'oggetto che aveva smarrito. Nel fare ciò, le loro dita si sfiorarono inavvertitamente e fu in quel momento, proprio in quell'istante che Yusaku avvertì qualcosa staccarsi dentro di sé e dissolversi nel nulla, qualcosa che faceva parte di lui ma che in realtà non gli apparteneva.
Quando guardò la giovane negli occhi e li vide riempirsi di immensa gioia e gratitudine, comprese tutto: le aveva appena restituito la vita che le aveva tolto quando l'aveva toccata la prima volta.
Ciò che accadde dopo fu talmente caotico che riunire i pezzi in un secondo momento risultò difficile, sì, ma anche tanto soddisfacente. Dimenticò il perché fosse uscito di casa e tornò alla villa in riva al mare di corsa, con la fronte imperlata di sudore e il respiro corto.
    «Già di ritorno?» gli domandò Ryoken quando lo vide entrare in salotto, alzando lo sguardo su di lui dalle pagine che stava leggendo — ricette di pietanze che non prevedessero l'uso del forno o dei fornelli, vista la calura di quelle giornate.
Yusaku ignorò la sua domanda e parlò tutto d'un fiato: «Ho capito cosa devo fare!» esclamò, colto da un'euforia che non credeva nemmeno di possedere.
    «Devo ritrovare le persone che ho toccato prima di incontrarti e restituire loro ciò che ho preso… credi che ce la farò?»
Ryoken si alzò dal divano e gli prese il volto tra le mani. «Ne sono più che convinto» disse con un sorriso.
Yusaku ricambiò il sorriso e i suoi occhi si riempirono di una speranza indescrivibile. «Quando avrò restituito ciò che devo, potremo andare a casa».
E Ryoken non avrebbe mai pensato che un giorno sarebbe arrivato quel momento anche per lui ma, a quanto pareva, il miracolo si stava compiendo per davvero. Gli sfiorò le labbra con le proprie e si crogiolò in tutto quell'incanto.
    «Non vedo l'ora, Yusaku».


24

Yusaku si diplomò due anni e mezzo dopo, quando ancora non ne aveva compiuti diciassette. Il tempo per lui aveva iniziato a scorrere in maniera differente qualche mese prima il suo diciassettesimo compleanno e, di conseguenza, solo la sua mente era andata avanti, mentre il suo corpo era rimasto lo stesso.
Non che avesse suscitato sospetti di alcun tipo, in fondo aveva la fortuna di essere un ragazzo abbastanza alto e dal fisico slanciato, motivo per il quale in molti non avevano fatto caso alla staticità della sua persona.
Ryoken aveva assistito alla cerimonia del diploma ed era orgoglioso di lui. Gli aveva donato un voluminoso mazzo di fiori rosa per festeggiare quel bellissimo traguardo e il modo in cui Yusaku l'aveva preso tra le mani e l'aveva guardato con amore aveva reso Ryoken la persona più felice del pianeta.
In quei due anni e mezzo, Yusaku era riuscito a ritrovare quasi tutte le persone che erano entrate in contatto con lui quando la maledizione era ancora fuori controllo, restituendo loro quei preziosi frammenti di vita che aveva sottratto senza volerlo. Mancava solo una persona, solo un ultimo tassello prima di completare il puzzle e poter finalmente tornare a casa.
Erano intenti a camminare mano nella mano lungo il marciapiede quando Yusaku si fermò di colpo. Il traffico di Den City non accennava a fermarsi e c'era una signora, a pochi metri di distanza da loro, che attendeva paziente che il semaforo diventasse verde.
    «Aspetta qui» disse, mentre scioglieva la stretta e gli porgeva il mazzo di fiori rosa. «Credo… credo di averla trovata».
    (L'ultima persona. L'ultimo tassello del puzzle).
Ryoken non rispose, troppo sconvolto interiormente per attaccare le parole tra loro e formare una frase di senso compiuto. Stava accadendo. Stava accadendo per davvero.
Mancava ormai così poco alla coronazione del loro sogno che stentava a crederci.
Gli occhi pizzicarono e lui comprese che fosse tutto reale. Era felice. E, ancor prima che per se stesso, era felice per Yusaku.
    «Mi scusi, signora, posso aiutarla ad attraversare la strada?»


25

Era finita. La sua lunga ricerca era finita e ora si sentiva più libero che mai.
Dopo aver aiutato l'anziana signora ad attraversare la strada — la stessa che un tempo gli aveva dato del demonio e che era diventata madre troppo giovane —, Yusaku tornò da Ryoken e lo abbracciò forte.
Fu lì che Ryoken si riscosse dal coacervo che erano i suoi pensieri e ricambiò l'abbraccio, perdendosi nel profumo dei suoi capelli.
    «Ora possiamo andare, Ryoken. Possiamo andare a casa».
Gli occhi pizzicarono un'altra volta ancora. E per la prima volta in tutta la loro vita, entrambi piansero di gioia.


26

Non sapevano in quale punto della Svezia si trovassero esattamente, ma sentivano che quello non poteva che essere il posto giusto per loro. La piccola baita nella quale avevano deciso di vivere era isolata dal resto del villaggio che si trovava a valle ed era tutto ciò che avessero mai desiderato: un punto nel mondo solo per loro da poter chiamare casa, lontano da tutto e da tutti, tra la neve fredda e il cielo intarsiato di stelle luminose.
Il camino quella sera era acceso e le coperte calde e i cuscini erano sparsi lungo il grande tappeto, creando un mosaico accogliente e colorato intorno ai loro corpi. Yusaku gemeva al suo tocco e sospirava a ogni suo bacio. Era eccitato tanto quanto lui e l'erezione che svettava tra le sue gambe necessitava di attenzioni. Attenzioni che Ryoken non esitò a dargli infondendogli piacere con l'ausilio della bocca.
Quanto era bello fare l'amore lì, in mezzo alla neve, in un luogo che apparteneva solo a loro. Quanto era bello abbracciarsi forte e diventare una cosa sola, uniti dal sentimento più forte e puro del mondo.
Quando entrò dentro di lui, affondando nelle sue pareti calde, Ryoken si sentì più vivo che mai. Iniziò a muoversi piano, con la dovuta calma, assaporando quel momento idilliaco fino in fondo. Si perse nelle iridi verdi di Yusaku velate dal desiderio e in quel gioco di luci dovuto allo scoppiettare del fuoco nel camino.
    (Meraviglioso. Era tutto meraviglioso).
Poi accadde. Una piccola scossa gli pizzicò il cervello e lui si ritrovò ad assistere inerme a qualcosa che, in un primo momento, lo sconvolse: vide se stesso inginocchiato a terra, il corpo martoriato da segni, tagli e bruciature dovute a un conflitto apocalittico, mentre teneva tra le braccia un ragazzo che di umano non aveva quasi più nulla — ma i suoi occhi verdi velati dalle lacrime sì, erano un segno di umanità inconfutabile.
Yusaku. Quel ragazzo era Yusaku, il suo amore, la sua anima gemella.
E poi sentì la sua stessa voce pronunciare parole che gli si impressero sottopelle come un marchio incancellabile: «Ora è tutto finito e appena ce ne andremo da qui troverò un modo per farti tornare umano. E potremo finalmente vivere per davvero, io e te, lontani da qui. Immagina una baita in montagna, tra la neve, col camino in salotto acceso, mentre tu ed io facciamo l'amore davanti al fuoco. Pensa a quanto saremo felici quando ci lasceremo finalmente alle spalle questo inferno. Riesci a immaginarlo?»
Tra le sue braccia, distrutto da una guerra che non aveva voluto, Yusaku sospirò, senza riuscire a smettere di piangere. «Sì… riesco a immaginarlo. E non vedo l'ora di vivere tutto questo con te, amore mio».
Li vide baciarsi poco prima che dal cielo piovessero migliaia e migliaia di bombe. Poco prima che il mondo smettesse di esistere. Poco prima che tornasse alla sua realtà.
    «Che succede?» gli domandò Yusaku preoccupato, poggiando una mano sulla sua gota. Le dita si bagnarono di lacrime e Ryoken trattenne a stento un singulto.
    «Niente, è solo che… credo di essere finalmente riuscito a mantenere una promessa che ti ho fatto tanto tempo fa… da qualche altra parte, in un altro universo…»
Sussultò, rendendosi conto in quel momento che l'altro Yusaku fosse un androide — cosa aveva dovuto patire per ridursi in quello stato?
E il se stesso che lo teneva tra le braccia lo amava perdutamente, non c'era altra spiegazione.
    (Forse il loro amore era una costante in ogni universo possibile).
Yusaku sorrise, un'incurvatura dolce delle labbra che Ryoken non avrebbe mai dimenticato. Non vi era alcuna traccia di scherno nel suo sguardo e questo lo rincuorò tantissimo, perché ciò che aveva visto era vero e nessuno gli avrebbe mai fatto cambiare idea a riguardo.
    «Allora ti ringrazio per averla mantenuta».
Ripresero a fare l'amore e mai come in quegli attimi essere una cosa sola fu tutto ciò al quale poterono aggrapparsi per andare avanti insieme. Ed erano solo all'inizio.


27

Nel corso dei secoli, tante leggende erano nate per raccontare alle nuove generazioni chi fossero i due ragazzi che vivevano nella piccola baita tra le montagne. Alcune narravano che fossero due spiriti che vagavano tra le terre innevate in attesa di dissolversi e diventare un tutt'uno con la natura, altre ancora che fossero due entità benigne che apparivano dinanzi le persone pure di cuore.
In ogni caso, erano sempre descritti come due figure a tratti eteree fortemente connesse al soprannaturale. Nessuno poneva domande quando scendevano a valle per fare degli acquisti, nessuno li additava se raccoglievano da terra un guanto caduto e lo riconsegnavano silenziosamente al legittimo proprietario.
Nessuno diceva o faceva niente poiché non aveva nulla da dire o fare se non rimanere incantato dinanzi quei piccoli gesti o nel modo in cui le dita delle loro mani fossero state fabbricate per intrecciarsi tra loro alla perfezione. Alcune volte gli abitanti del villaggio avevano anche l'impressione che i due ragazzi fossero accompagnati da una giovane donna dai lunghi capelli biondi, bellissima e molto più eterea di loro. Quando però osservavano le impronte impresse sulla neve, di quelle della ragazza non vi era mai traccia.
Erano tutti lontani, lontanissimi dalla realtà dei fatti ed era meglio così. Nessuno doveva sapere che le due metà strappate del cuore di Synnöve si stavano pian piano ricucendo tra loro, ristabilendo così l'equilibrio tra i due poteri contenuti in esse. Nessuno doveva sapere che Ryoken e Yusaku fossero legati per l'eternità e dall'eternità, in attesa di invecchiare insieme dopo aver adempiuto al loro compito.
    (Quello era tutto ciò che era loro rimasto, un segreto coperto da un soffice manto di neve immacolata).
Un giorno il tempo avrebbe iniziato a scorrere normalmente anche per loro. Fino a quel momento, avrebbero continuato a vivere nella loro piccola casa tra le montagne, protetti dal silenzio della neve.
Fino all'ultimo istante trascorso insieme.


Picture a world for us
A promise to set me free
Imagine a place for us
A promise will set me free






… ho davvero scritto una mini long di tre capitoli solo per fixare una vecchia One Shot Android!AU del 2021 in cui Ryoken e Yusaku muoiono durante una guerra contro delle creature aliene ma riescono quantomeno a confessarsi i loro sentimenti reciproci prima di essere bombardati?
SÌ, L'HO FATTO PER DAVVERO.
Innanzitutto: trovate la One Shot in questione QUI, anche se vi SCONSIGLIO candidamente di leggerla perché se ripenso a come scrivevo nel 2021 mi sale lo skif, ma ovviamente siete liberi di fare come più preferite.

La Android!AU è una storia che mi è rimasta sul groppo per tantissimo tempo e questa mini long è nata davvero per dare un senso alla morte dei Ryoken e Yusaku di quell'universo: il Ryoken di A Promise (ora comprendete anche il significato del titolo e della canzone, vero?) ha un flash in cui vede la sua variante stringere tra le braccia la variante di Yusaku e promettergli esattamente ciò che loro riescono a realizzare in questa mini long: vivere tra la neve, in una baita in montagna, solo loro e il forte sentimento che li unisce.
Ora, ero molto tentata di farli invecchiare insieme, nel senso che una volta arrivati in Svezia si rendevano conto che il tempo aveva finalmente iniziato a scorrere in maniera normale anche per loro, ma ho optato per rendere immortali entrambi perché non è ancora arrivato quel momento, diciamo che questa storia non è propriamente conclusa e se voglio citare Doctor Strange, il Multiverso è un concetto di cui sappiamo spaventosamente poco.
Mi fermo qui perché altrimenti rischio di spoilerare troppo.

Come sempre ringrazio i Dead by April che con A Promise mi hanno ispirata a livelli stratosferici e cito anche il mio forum, Siate Curiosi Sempre, se volete dare un'occhiata alle attività attualmente in corso — questa storia partecipa all'iniziativa annuale Fissa un obiettivo (e superalo).
Continuo l'angolino spam dicendovi che voglio provare a scrivere tante altre mini long su Ryoken e Yusaku e proprio per questo ho aperto un serie in cui per ora ne fanno parte questa e Ipernova, altra mini long a cui tengo molto e che ho scritto in occasione della Year of the OTP.
Se poi volete dare un'occhiata alle altre storie scritte per la YOTP, le trovate in questa Raccolta: I can live because of this love.
Ci tenevo a citare la Raccolta e la mini long perché attualmente sono i due progetti a cui tengo di più, oltre ovviamente ad A Promise — tutti e tre progetti CONCLUSI e io sono qui a domandarmi come sia riuscita a compiere una simile impresa, dato che solitamente sono la queen dei progetti lasciati in sospeso.

Spero che quest'ultimo capitolo sia stato la degna conclusione di questa storia.
Avrei voluto aggiornare prima, ma alla fine ho scritto troppo come mio solito e quindi sono stata costretta a rimandare — spero, dunque, che ne sia valsa l'attesa.
Vi ringrazio di cuore per essere arrivati fino a qui.
Alla prossima!

M a k o
   
 
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